Oltrepò pavese: vino, cultura e territorio per un’offerta turistica integrata

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01 settembre 2007

Oltrepò pavese: vino, cultura e territorio per un’offerta turistica integrata

La Docg allo spumante Oltrepò Metodo Classico è il traguardo di uno storico percorso.

Davide Oltolini e Natale Contini

L’Oltrepò pavese, noto anche come “Vecchio Piemonte” (venne, infatti, ceduto da Maria Teresa d’Austria al Re di Sardegna in seguito al trattato di Worms del 1743), rappresenta, insieme alla Lomellina ed al Pavese propriamente detto, una delle tre aree della provincia di Pavia, la cui forma, come scriveva il grande Gianni Brera, ricorda curiosamente quella di un grappolo d’uva. A caratterizzare questo particolare territorio la presenza di numerosi antichi borghi, imponenti castelli ed, ovviamente, un’eccellente gastronomia, che ben si accompagna alla produzione di diversi interessanti vini. Fra i manieri, alcuni dei quali ormai ridotti a poche vestigia, si contrappongono strutture in buono stato di conservazione, spesso recentemente restaurate e riportate all’antico splendore. Tra queste il Castello di Stefanago, il Castello dei Dal Verme a Zavattarello (località che grazie alle sue caratteristiche è entrata a far parte dell’associazione dei Borghi più belli d’Italia), il Castello di Cigognola, dall’alta torre munita di merli ghibellini, oggi trasformato in una residenza signorile e quello di Oramala, sede principale del marchesato dei Malaspina, che si erge imponente a 758 metri di altitudine mostrando ancora i segni dell’antica potenza.

A questi si aggiungono quello di Montalto Pavese, Nazzano, Rocca de’ Giorgi, Montesegale, Torre d’Alberi e quello di Voghera, il principale centro oltrepadano, una struttura che nei secoli è stata destinata agli usi più disparati. La storia, ed in particolare quella dell’arte, è riscontrabile in Oltrepò anche nelle varie pievi, nelle chiese di campagna e nelle parrocchiali costruite in stili che vanno dal romano al tardo gotico, come la Chiesa dei Cappuccini di San Germano a Varzi, la Pieve di San Zaccaria a Godiasco e l’Abbazia di San Alberto di Butrio, incastonata in uno scenario ancora incontaminato fra boschi di roveri e di castagni, che emana, ancor oggi, una mistica atmosfera. Per gli amanti della

natura questo territorio è ricco di opportunità come la Riserva naturale Monte Alpe, nelle

immediate vicinanze del passo del Monte Penice, dove è presente un interessante percorso didattico denominato “Strada della faina” volto a promuovere la conoscenza degli aspetti più significativi della vita di un bosco. Ben quattro le altre oasi naturali protette esistenti, come il giardino botanico alpino di Pietra Corva, nel comune di Romagnese, dove sono presenti specie tipiche di vegetazione e di flora delle zone più elevate di differenti catene montuose quali Alpi, Appennini, Ande e Pirenei e dove, in particolare nei mesi di maggio e giugno, molti turisti sono attirati dalle vistose fioriture e dallo splendore vegetativo del luogo. Vi sono poi il Parco palustre di Lungavilla, la Garzaia della Roggia Torbida ed il Parco naturale “Le Folaghe”, nel comune di Casei Gerola, che occupa una superficie di circa 70 ettari. Tra gli altri centri degni di menzione Stradella, cittadina divenuta famosa nel mondo per la produzione della fisarmonica. Si tratta di uno strumento musicale al quale la città ha dedicato un vero e proprio Museo intitolandolo a Mariano Dallapè, di origini trentine, che nel 1876, primo in Italia, ne impiantò in città un laboratorio di produzione.

Segue Broni, circondata da distese di vigneti che ne costituiscono la più importante base economica, sede del Consorzio Tutela Oltrepò Pavese e Casteggio dove, da ben 37 anni, si svolge Oltrevini, rassegna di vini e spumanti simbolo del territorio e dove si trova la Certosa Cantù, importante testimonianza artistica del 700, vero fulcro della vita culturale cittadina, nonchè sede di importanti eventi, spesso legati all’enogastronomia.

Situata all’inizio della Valle Staffora troviamo Salice, località frequentatissima per i suoi numerosi locali, in particolare durante la stagione estiva, dove l’acqua termale sgorga

preziosa ed invitante, apprezzata già dai tempi di Giulio Cesare che, si racconta, qui si curò da una grave infezione dopo la conquista della Gallia. Di grande interesse anche i numerosi centri di minori dimensioni quali Santa Maria della Versa, la cosiddetta “capitale del pinot”, Fortunago, che grazie all’armonia architettonica del tessuto urbano e alla qualità del patrimonio edilizio ha potuto aderire all’associazione dei Borghi più belli d’Italia, Canevino, paese arroccato su di un rilievo dove la grande quiete e la solitudine risultano immutate da oltre un migliaio di anni e poi Montù Beccaria, sede di una delle poche grapperie del territorio, Montescano, Castana, Canneto, Codevilla e Varzi.

Qualche citazione in più merita Fortunago posto in posizione baricentrica tra Pavia, Voghera, e Piacenza. Un piccolo borgo di origine medioevale già capoluogo di un Marchesato era all’epoca uno dei principali centri della collina oltrepadana, dominato da un imponenete castello. Attualmente sono presenti alcune significative testimonianze architettoniche. Di grande valore artistico il trittico a tempera su legno nella seicentesca Chiesa di Santa Maria e San Giorgio. Da citare infine il Parco locale di Fortunago recentemente istituito.



Vino e salumi, sapori unici

Il percorso tra i sapori di questa terra inizia, ovviamente, con i vini della Doc Oltrepò pavese fra i quali le tipologie Rosso (Barbera, Croatina, Uva rara, Ughetta e Pinot nero) anche nella versione riserva, Buttafuoco (ottenuto dagli stessi vitigni), Rosato, Barbera, Bonarda (Croatina minimo 85%), Cabernet Sauvignon, Riesling, Cortese, Moscato (anche liquoroso e passito), Malvasia, Pinot Nero, Pinot Grigio, Chardonnay, Sauvignon e naturalmente gli spumanti

ottenuti nelle versioni metodo Martinotti e metodo classico. Quest’ultimo (Pinot nero,

che va da un minimo del 70 all’85%, a seconda delle due differenti versioni, ed, eventualmente, Pinot grigio, Pinot bianco e Chardonnay) ha ottenuto, anche per la versione rosè, il prestigioso riconoscimento della Docg a partire dall’attuale vendemmia. Fra le altre specialità il notissimo Salame di Varzi, ora Dop, che già nel XIII secolo i Marchesi Malaspina, signori di queste terre, presentavano agli ospiti della

propria tavola come una pietanza di eccezionale prelibatezza. In degustazione si presenta sapido, dolce, delicato e leggermente speziato. Il suo elevato livello qualitativo è da attribuirsi al dosaggio ottimale degli ingredienti, alle tecniche di lavorazione contadina affinate nei secoli, comprese le modalità di stagionatura, e dal clima favorevole della zona. Per la sua preparazione vengono impiegati solo alcuni tagli pregiati del maiale come coscia, spalla, lonza, coppa e filetto, oltre a guanciale e pancetta per il grasso, sottoposti ad una tritatura grossolana ed a successiva aromatizzazione con sale marino,

pepe nero, spezie, aglio e vino rosso. A seguire, tra i salumi, coppa, lardo, cotechino e pancetta, mentre tra i formaggi troviamo quelli tipici di alta collina oltre al Siras (ricotta), nonché al noto Nisso di Menconico, ottenuto da latte di vacca e pecora, (il cosiddetto formaggio “che salta”) dal caratteristico sapore piccante e dalle ipotizzate proprietà afrodisiache. Da non dimenticare, infine, il Miccone (o Micca di Stradella), un eccellente pane locale, gli agnolotti (pasta ripiena di carne stufata), il bollito misto (di origine piemontese), la mostarda vogherese, specialità nata per la necessità di conservare

la frutta (e che ha avuto in seguito un ampio sviluppo soprattutto nel cremonese), la torta

di mandorle, i brasadè (ciambelle), i funghi, i pregiati tartufi, il peperone di Voghera, le mele di Soriasco (in particolare renette), le pesche di Volpedo e le castagne, tipiche della zona montana dell’Oltrepò pavese.



Oltrepò Pavese Metodo Classico: finalmente è Docg

A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale la nuova vendemmia sarà all’insegna della “garantita” L’Oltrepò Pavese brinda al riconoscimento

più ambito per il suo Metodo Classico ottenuto da Pinot nero e alla modifica del

disciplinare che riordina tutta la Doc.

Il Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografi che tipiche dei vini, riunitosi in data 26 luglio 2007, ha infatti sostanzialmente confermato quanto indicato nelle Gazzette Uffi ciali n° 110 del 14 maggio 2007 e n° 111 del 15 maggio 2007.

Il relativo Decreto Ministeriale del 27 luglio è diventato immediatamente esecutivo

con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n° 182 del 7 agosto scorso.

La vendemmia 2007 si svolgerà quindi secondo i nuovi dettami indicati in decreto.



Lo spumante dell’Oltrepò ha una storia lontana

Statua della Libertà, era posizionato il cartello pubblicitario del “Gran Spumante Svic”, prodotto dalla Società Vinicola di Casteggio di cui Svic è, appunto, l’acronimo. La società, fondata cinque anni prima , era guidata da Pietro Riccadonna, uno dei padri della spumantizzazione moderna, in particolare per quanto riguarda il metodo classico, affi ancato da Angelo Ballabio. Già nel 1870 a Codevilla Domenico Mazza aveva iniziato la produzione di spumante a base Pinot nero, con la concessione da parte francese di defi nirlo “Champagne d’Oltrepò”. Dal 1930 le cantine La Versa posero, invece, le basi per una spumantizzazione professionale, commerciando lo spumante Pinot nero Oltrepò Pavese in tutta Italia. La Doc risale al 1970 e 30 anni dopo il suo ottenimento il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese ha avviato l’iter per la Docg, riconoscimento ottenuto a partire dalla vendemmia 2007. Attualmente, gli ettari coltivati a Pinot nero sono, nel complesso,

circa 2000 compresi i nuovi impianti.

L’attuale produzione di spumante è di 1,5 milioni di bottiglie e l’obiettivo è il raggiungimento di 4 milioni nel 2010. La denominazione di origine controllata e garantita “Oltrepo’Pavese” è riservata al vino spumante ottenuto con metodo classico per le seguenti tipologie: “Oltrepò Pavese” metodo classico e “Oltrepò Pavese” metodo classico rosè: Pinot nero: minimo 70%, Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimo del 30% (titolo alcol. vol. tot. minimo 11,50% vol.). “Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero e “Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero rosè: Pinot nero: minimo 85%, Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimo del 15% (titolo alcol.

vol. tot. minimo 12,00% vol.). I vigneti devono essere posti su terreni di natura

calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari ben soleggiate, escludendo comunque

i fondo valle e i terreni di pianura. Il vino deve subire, prima dell’immissione al consumo, un periodo minimo di permanenza sulle fecce di quindici mesi; mentre per il millesimato il periodo minimo e’ di ventiquattro mesi. Tale periodo decorre dalla data di imbottigliamento e, comunque, non prima del 1° gennaio successivo alla raccolta

delle uve.



Vittorio Ruffinazzi: La Docg parte da lontano

“La Docg Oltrepò Metodo Classico, ottenuta con la pubblicazione del Decreto Ministeriale

in Gazzetta Uffi ciale lo scorso 8 agosto, parte da lontano. Parte da una storia fatta di uomini che seppero osare la vinifi cazione spumantistica del Pinot nero, in una terra, l’Oltrepò, sino ad allora affermata come produttrice soprattutto di vini rossi (Bonarda, Barbera) e di Riesling. Era la fi ne dell’Ottocento, il primo scorcio del Novecento. La prima

fase, che oggi potremmo defi nire sperimentale per usare un termine scientifico, diede otanche sulla quantità. Oggi il Metodo Classico ottenuto da Pinot nero in Oltrepò è una storia di numeri importanti, destinati ad aumentare, e di qualità riconosciute per il loro alto livello.

L’ottenimento della Docg ha per noi anche un significato ulteriore. Significa la coesione, sotto una simbolica etichetta comune, di un territorio che ha ottenuto e può dare garanzie. La storia dell’Oltrepò, oltre alla storia del vino prodotto in Oltrepò, è composita: la Docg rappresenta il superamento di “confini” interni, più virtuali che reali, in vista di un’affermazione comune.

E per affermazione non intendo esclusivamente quella economica, ma l’affermazione di

un’identità che riassume tradizioni, usi, ritmi e riti della campagna e del mondo agricolo, che è l’anima dell’Oltrepò. Essere ed essere stato Presidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese in questi anni che hanno compreso la richiesta, l’avvio dell’iter per la Docg, la sua prosecuzione e l’ottenimento significa aver vissuto passaggi essenziali, spesso delicati, che però sono sempre stati supportati dalla convinzione di fare qualcosa di utile per il territorio e voluto dal territorio. Ne ho avuto conferma durante le assemblee di presentazione della proposta per la Docg, prima, e poi durante gli incontri, a volte anche casuali, con i soci: questa Docg è espressione del territorio. Lo slogan del Consorzio, coniato 4 anni fa, diceva “Un mondo di Pinot nero”: allora era un auspicio, ora è una certezza. Garantita”.



Carlo Alberto Panont: Riconosciuto il valore di una produzione già storicamente affermata.

“La Docg per l’Oltrepò Metodo Classico deriva da un iter di lavoro iniziato, a livello di

fasi di valutazioni e burocratiche, 4 anni fa.

E’ una Docg il cui ottenimento è stato seguito con particolare attenzione dal Consorzio Tutela Vini Olrepò Pavese. Sicuramente l’impegno, così meticoloso, conferisce una grande soddisfazione per il territorio e i suoi operatori. E una grande soddisfazione per il Consorzio, che li rappresenta. Finalmente all’Oltrepò è riconosciuto il valore di una produzione che storicamente era già affermata, sia in Italia sia all’estero, più di un secolo fa. E’ sufficiente pensare che all’inizio del ‘900 il cartello pubblicitario dello Spumante Svic, Società Vinicola Italiana con sede a Casteggio, accoglieva con il “Gran Spumante Svic” i piroscafi in arrivo al porto di New York. Oppure agli spumanti ottenuti, sempre all’inizio del secolo scorso e alla fine dell’Ottocento, da parte di personaggi come Angelo Ballabio, padre storico della spumantistica in Oltrepò. Dalla tradizione al presente, passando attraverso la modernizzazione del ciclo produttivo attuata da La Versa ancora negli anni ’30, le bollicine da Pinot nero in Oltrepò entrano a buon diritto nell’albo dei migliori spumanti a denominazione di origine controllata.

La realtà produttiva dell’Oltrepò si basa, oggi, su circa 2200 ettari coltivati a Pinot nero (ma in aumento), su un territorio che conta totalmente più di 13.200 ettari a denominazione. Sempre parlando di numeri, va ricordato che sul totale di territori coltivati a vigneto in Lombardia, l’Oltrepò rappresenta il 65%. I viticoltori operativi sul territorio sono circa 2500. Si tratta, quindi, di grandi numeri, che pongono altrettanto grandi obiettivi. Nel dettaglio, l’obiettivo primo è quello di immettere nel 2010 sul mercato 4 milioni di bottiglie, raddoppiando la produzione attuale. Metodo Classico Oltrepò, anche Rosé: al Rosé guardiamo con giusta attenzione, sulla scorta della straordinaria affermazione del Rosé nell’ultimo biennio di essere l’unico vero Blanc de Noir italiano”.

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