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14 febbraio 2008

Svanito il miraggio di porre fine allo zuccheraggio e agli aiuti a favore dei mosti concentrati
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Così, nell’ambito di una riforma che su altri punti si è dimostrata positiva, per quanto riguarda lo zuccheraggio, l’Italia e alcuni paesi del Sud Europa hanno dovuto accontentarsi di due “zuccherini”. La riforma sancisce infatti precisi limiti nei possibili aumenti al titolo alcolometrico: fino a 3% gradi nella zona A (Nord Europa), 2% nella zona B (Centro-Europa, Francia, Germania…) e 1,5% nella zona C (Paesi Mediterranei, Italia, Spagna…). In particolari condizioni climatiche è possibile inoltre incrementare ovunque la percentuale di arricchimento di un ulteriore 0,5%. Infine sono stati erogati all’Italia più fondi rispetto al passato: la dotazione complessiva è passata nel 2008-09 da 190 a 251,3 milioni di euro. Andrea Sartori, presidente di Unione Italiana Vini, commenta: “Ricorrere ai mosti concentrati è certo più costoso, complicato e implica tecniche più difficoltose rispetto all’uso dello zucchero. Il fatto di sottrarre per 4 anni per l’aiuto ai mosti soldi negli envelope nazionali che potrebbero essere utilizzati per rinnovare i vigneti e per finalità promozionali ci penalizza a livello competitivo”. Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc, parte dal concetto che la riforma si è comunque dimostrata soddisfacente su altre tematiche e, a proposito della questione zuccheraggio, ammonisce: “Anche per lo zuccheraggio dovrà però essere messo in atto un severo sistema di controllo sui limiti fissati, così come accade per i nostri mosti”. Paolo Bruni, presidente di Fedagri-Confcooperative, che rappresenta il 70% di un sistema cooperativo che copre il 60% della produzione italiana, parla di una riforma “accettabile, ma poco coraggiosa”. E commenta: “Se il divieto di zuccheraggio poteva porci su basi di confronto internazionale più eque, nel momento in cui lo zuccheraggio è rimasto, per non creare discriminazioni, ci sono stati dati aiuti per addizionare il vino con i mosti concentrati, a nostro avviso più consoni al vino rispetto allo zucchero”. Una sorta di tentativo di fissare una “par condicio”, insomma.
Di fatto, per molti paesi dell’Europa del Nord aggiungere zucchero ai vini è una consuetudine normale. Culturalmente ed economicamente importante. Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi, invece sottolinea: “Auspicavamo una riforma che rimettesse al centro il vigneto.
Invece sembra premiare la cantina, le pratiche enologiche, la legalizzazione di quello che non c’è”. Il suo pensiero va ai Paesi con grandi ambizioni commerciali e scarsa vocazione vitivinicola. E allora la questione si amplia e arriviamo al punto: zucchero o mosto che sia, l’arricchimento su quali basi va fatto? Perché rimane un dato: le pratiche di usare zucchero risparmiando o di impiegare mc o mcr per arricchire mosti scadenti, sono entrambe da deprecare. Nemmeno l’utilizzo di mc e mcr può essere in effetti considerato esente da critiche se serve per alimentare un sistema volto a immettere sul mercato vini che vengono prodotti con gli arricchimenti non tanto perché eccezionalmente e limitatamente penalizzati dal clima ma in quanto partono da una base decisamente mediocre.
Vini, insomma, “costruiti”, magari utilizzando mosti concentrati non adeguati, e che remano contro gli interessi di caratterizzazione e di valorizzazione del settore (anche all’estero). “Tutto ciò che va nella direzione più rigorosa del rispetto della qualità, delle origini delle produzioni e della salvaguardia dei vitigni autoctoni ci vede favorevoli, compatti contro ogni distorsione o discriminazione” sottolinea con fermezza Paolo Bruni.
Se per ottenerlo occorre applicare una cura del vigneto certosina, ben venga e, anzi, che questo fatto sia segnalato al consumatore, visto l’impegno che comporta, diciamo noi. Tempo fa il ministro Paolo De Castro aveva proposto di inserire in etichetta l’informazione “prodotto con aggiunta di zucchero”, per penalizzare chi pratica lo zuccheraggio.
Un’idea che sarebbe però andata anche a detrimento degli spumanti italiani che prevedono aggiunta di zucchero. Facendo un ragionamento “virtuoso”, invece, sarebbe “donchisciottesco” premiare i produttori di vini fermi che si impegnano per la qualità, a partire dalla vigna, con un apposito marchio di qualità e con la dicitura “prodotto senza arricchimenti con zucchero, mc o mcr”?
E, a proposito di zuchero e mosto concentrato una vecchia opinione di...
Mario Soldati
Bisogna sapere che, alla base di tutta la produzione enologica italiana, esiste una disgraziata legge della fine dell’Ottocento: legge che proibisce, sotto pene severissime, di vinificare mediante l’aggiunta di qualsiasi quantità di zucchero, e che, contemporaneamente, impone che il vino tocchi almeno i dieci gradi di alcool. (...) Tanto a lungo e con tanta severità fu applicata la legge, che ancora oggi, in tutta Italia, è diffusa la falsa credenza che l’aggiunta di zucchero durante la vinificazione sia nociva alla salute, e che la legge abbia, appunto, questo obiettivo igienico: mentre l’aggiunta di zucchero è assolutamente innocua, e la legislazione francese, così meticolosa in questo campo, la permette. Lo scopo della nostra legge era ben altro: era, molto semplicemente ma non altrettanto esplicitamente, quello di aiutare i baroni viticoltori dell’Italia meridionale, e in particolar modo delle Puglie e di Sicilia, a vendere i loro mosti, provenienti da terre bruciate dal sole e non irrigate: ricchi cioè di zucchero, generatore di alcool”.
Dal libro “Vino al vino”, dell’autunno 1968
...e quella di oggi del prof .
Attilio Scienza
Lo zucchero, “sia esso mosto concentrato o saccarosio, è un anacronismo, lasciamolo pure usare ai tedeschi al Nord, che rappresentano una produzione di circa 10 milioni di ettolitri, un quantitativo equiparabile a quello della sola Sicilia”.
Qualche nostalgico sostiene che certi vini con l’aggiunta di zucchero anziché Mcr sono più fini ed eleganti, ma è una fandonia. Con il cambio climatico in corso non abbiamo più bisogno di arricchire o zuccherare, anzi, con la moderna viticoltura improntata a produzioni per ettaro molto ridotte (70 – 80 quintali) abbiamo il problema inverso, facciamo vini troppo alcolici che arrivano facilmente ai 14 gradi, troppo concentrati per il gusto del consumatore moderno, che beve meno (anche per i controlli sull’alcol) ma beve meglio. E non parlo solo per l’Italia del sud, in Borgogna, una delle regioni francesi più a settentrione, nel 2005 si è prodotta un annata straordinaria, senza alcuna aggiunta di zucchero di sorta”.
(Intervista pubblicata dal Corriere della Sera del 20 dicembre 2007, a cura di Francesco Arrigoni)
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