Velenitaly & Brunellopoli?

News
12 maggio 2008

Velenitaly & Brunellopoli?

Ovvero quando la libertà d’espressione si trasforma in scandalismo a buon mercato facendo di tutte le erbe un fascio. Bandirali: "sono contrario al cambiamento del disciplinare del Brunello di Montalcino"...

Raffaele Foglia

Velenitaly, Brunellopoli e tanta, tantissima confusione. Anzi, troppa. Una confusione che non fa altro che danneggiare quella maggior parte di produttori seri che lavorano in Italia. Proprio in corrispondenza di Vinitaly, all’inizio di aprile, il settimanale “L’espresso” è uscito in edicola pubblicando un’inchiesta-scandalo sui vini d’Italia. Ma soprattutto con una copertina, che aveva il titolo proprio di Velenitaly, dai toni esasperati, come se tutti aggiungessero acido muriatico nelle bottiglie e rievocando anche lo spettro del metanolo, ormai distante 22 anni. Creando, insomma, moltissima confusione. E generando anche un allarmismo a dir poco eccessivo. Cerchiamo allora di rimettere un po’ di ordine e di chiarire le idee. In effetti ci sono due inchieste, avviate dalle procure di Verona e di Taranto, che avrebbero scoperto un discreto quantitativo di vino a bassissimo prezzo, venduto al consumatore a meno di due euro al litro, taroccato.

Il noto settimanale spiega che ci sarebbero 700 mila ettolitri di “prodotto vinoso” sofisticato, che ha riempito circa 40 milioni di bottiglie, fiaschi, confezioni in tetrapack. Venti le aziende coinvolte: ma se per “L’espresso” il vino conteneva addirittura acido muriatico, utilizzato per “nascondere” le aggiunte di zucchero nel prodotto, secondo i ministeri dell’agricoltura e della sanità “le analisi di laboratorio effettuate sui campioni prelevati hanno evidenziato il mero annacquamento del prodotto vino”. Tanto che la portavoce dell’Italia, Nina Papadoulaki, ha tranquillizzato l’Unione Europea assicurando che non c’è nessun rischio sanitario. A metà aprile i Nas hanno poi condotto un’altra indagine che ha portato al sequestro di due linee produttive e 20 tra cisterne e vasi vinari, per un quantitativo di oltre 180.000 ettolitri di prodotto vinoso e 16.000 bottiglie già riempite ed etichettate. Ma anche in questo caso non si parla di rischi per la salute. E in ogni caso, solo alla conclusione dell’indagine si potrà capire la verità.

Questo per i vini a basso prezzo. Ma “L’espresso” ha maliziosamente affiancato un altro articolo, intitolato “Nel Brunello c’è il tranello”, che parlava di un’altra inchiesta giudiziaria. Ma se un lettore distratto si fosse fermato all’apparenza, avrebbe temuto che anche a Montalcino si usavano veleni per fare il tanto pregiato e costoso vino. Nulla di tutto questo. “Brunellopoli” parla di taroccamenti che di certo non fanno male alla salute, ma al buon nome di Montalcino ne fanno parecchio. Perché gli inquirenti hanno svelato il “segreto di Pulcinella”, scoprendo che in alcuni Brunelli – ricordiamo, 100% Sangiovese grosso e null’altro – erano state aggiunte altre uve, sempre prodotte nella zona, dal merlot al cabernet, arrivando fino al sirah. Tra le aziende coinvolte, nomi altisonanti quali Frescobaldi, Antinori, Banfi e Argiano, dove sono state anche sequestrate partite di Brunello 2003, e una ventina di indagati. Tanto che ora si ipotizza la modifica del disciplinare di produzione, allargandone “le maglie”. In realtà, non si tratta di una vicenda nuova: già se n’era scritto nei mesi passati, ma la scelta di rilanciare l’argomento proprio in corrispondenza al Vinitaly, affiancato all’inchiesta sui prodotti a basso prezzo, ha fatto esplodere una vera e propria bomba facendo di tutta l’erba un fascio.

“Purtroppo – spiega Luca Bandirali, presidente Ais Lombardia – la sensazione è che questa notizia sia stata fatta uscire apposta, nel momento di massima visibilità del settore, spettacolarizzando una situazione seria. Per questo bisogna distinguere le due indagini con chiarezza”. Partiamo dal Brunello. “Qui non si colpisce la salute delle persone

– continua Bandirali – ma il concetto dell’etica. E’ un forte danno all’immagine di Montalcino: chi è preposto, deve andare fino in fondo. Sono stati utilizzati altri vitigni per addomesticare i vini ad un gusto più internazionale. Da parte nostra qualche sensazione in tal senso l’avevamo avuta e non da oggi. Ma ormai si può fare anche l’analisi del Dna del vino, come spiegato anche dal professor Mario Fregoni. In ogni caso, le regole vanno rispettate. Sono contrario al cambiamento del disciplinare. Il Brunello, in questi anni, ha sempre fatto vanto del sangiovese grosso, con il quale ha costruito un mito. Cambiare il disciplinare significa distruggerlo. Bisogna anche tutelare chi non ha fatto il furbo e ha sempre lavorato nella maniera giusta, come tanti piccoli produttori”. Sui vini a basso prezzo, Bandirali è lapidario. “Se fosse vero, è un crimine da stroncare e da punire. Mi auguro che si faccia pulizia, al più presto, perché non si deve perdere tempo. Si tratta di una vera e propria frode”.

In ogni caso, resta l’amarezza per una situazione che poteva essere gestita, a livello di informazioni, in maniera diversa. “La spettacolarizzazione non serve a nulla. Serve fare pulizia, e in fretta, rifuggendo dai facili proclami”.

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

I commenti dei lettori