Alla scoperta del Barolo con Francesco Ferrari

Racconti dalle delegazioni
05 dicembre 2022

Alla scoperta del Barolo con Francesco Ferrari

Dopo la pausa estiva, la delegazione di AIS Pavia ha riaperto le danze con un sontuoso evento all’insegna del Barolo. Guidati dal sommelier Francesco Ferrari, abbiamo approfondito storia, terroir, disciplinari e aneddoti di questo nobile vino.

Carolina Bertoli

La bellezza salverà il mondo, ma anche il Barolo fa la sua parte”. Fabrizio Caramagna.

Di Barolo se ne potrebbe parlare per soli cinque minuti, lasciandosi poi subito ammaliare dall’assaggio, oppure per un mese intero, senza riuscire a captare tutte le sue infinite sfumature. Insieme al relatore Francesco Ferrari, piemontese Doc, amante viscerale della sua terra e ancora di più dei suoi vini, abbiamo cercato di approfondire alcuni dei punti salienti del Barolo e delle sue terre. 

Il Barolo è stato il primo vino italiano che potremmo definire “moderno”, grazie anche all’influenza francese: il Piemonte, tra il 1805 e il 1815, era infatti una regione della Francia e in questo periodo aumentò in modo decisivo l’applicazione di tecniche scientifiche all’enologia.
L’importanza del vigneto per l’economia di questo territorio è chiara già leggendo gli statuti medievali: nel ‘600, la madama reale Maria Giovanna Battista, moglie del duca Carlo Emanuele I di Savoia, usa proprio questo vino per tenere i rapporti diplomatici con gli altri nobili, mantenendo così il Piemonte come stato cuscinetto. Nel ‘700 alcuni investitori inglesi vanno in Langa e identificano tre zone di elezione: Barol (ecco che compare per la prima volta il nome Barolo), Serlong e Verdan. Da qui iniziano anche le prime esportazioni che, per una serie di sfortunati eventi successi durante il trasporto e per il fatto che gli inglesi avrebbero poi voluto fortificarlo, sono poi andate a scemare.

Juliette Colbert de Maulévrier, prima moglie del marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, re Carlo Alberto di Savoia e Camillo Benso conte di Cavour hanno vigne proprio a Barolo. La leggenda narra che il re, incontrando la marchesa, le chiese di poter assaggiare quel suo meraviglioso vino di cui tutti parlavano; detto fatto, Juliette Colbert de Maulévrier fece arrivare direttamente a corte 325 botti, ognuna di una vigna diversa, per tutti i giorni dell’anno (esclusi quelli di Quaresima). Il vino conquistò il palato di re Carlo Alberto che decise di comprare dei terreni e vinificare nella sua tenuta a Pollenzo.
Cavour, mandato nell’esercito a vent’anni, incontra il generale Staglieno, appassionato di enologia e forse una delle figure più importanti riguardo alla storia del Barolo. Una volta in pensione, Staglieno, diventa direttore di vinificazione delle tenute reali a Pollenzo e qui scrive un libro che identifica alcune regole lungimiranti per fare un buon vino: pulizia in cantina, fermentazione completa, chiarifiche, solforazione. 

Nonostante l’avvento della guerra, le malattie e la crisi economico-finanziaria che si abbatte su tutta Italia, tra il 1917 e il 1934 nasce del consorzio per la difesa del Barolo e del Barbaresco, con la delimitazione delle zone. Purtroppo, però, il Barolo vede una forte regressione economica durante la Seconda guerra mondiale che si protrae fino gli anni ’80, dove si assiste alla sua rinascita. Sarà proprio in questo periodo che nasce quel movimento denominato “Barolo Boys”. Qui è inevitabile lo scontro tra due generazioni: da una parte i tradizionalisti, nonni e padri legati alle tradizioni enologiche, alle lunghe macerazioni e all’invecchiamento in botti grandi, dall’altra parte i Barolo Boys, figli che hanno studiato in diverse parti del mondo e tornano nelle loro terre “pretendendo” di portare l’innovazione; vengono adottate drastiche riduzioni delle rese in vigna, grazie alla potatura verde, introdotte macerazioni brevi, utilizzati rotomaceratori e barriques per l’invecchiamento. Il risultato è quello di ottenere vini meno chiusi e pronti prima, apprezzati inizialmente soprattutto nel mercato americano.

Quali sono le principali peculiarità del Barolo?

Il Barolo è da sempre realizzato esclusivamente con il nebbiolo, vitigno nobile che al di fuori delle sue zone di elezione ha sempre dato risultati abbastanza deludenti. È una varietà che ha un ciclo vegetativo molto lungo e nelle annate troppo calde con vendemmie anticipate si può riscontrare il problema della “non maturazione” del tannino. Proprio per questa sua peculiarità, è uno dei pochissimi vitigni che riesce a restituire nel bicchiere il terroir di origine, donando così vini fortemente identitari.
La denominazione Barolo comprende oggi 11 comuni e 170 MGA. il vino deve obbligatoriamente affinare almeno tre anni e , nel caso della della menzione della vigna, si deve produrre il 10% in meno rispetto a quello che consente il disciplinare.

Il territorio di produzione del Barolo, pur essendo caratterizzato da una superficie complessiva di piccole dimensioni, è dotato di una straordinaria varietà di terreni. La roccia madre, emersa tra i 12 e i 5 milioni di anni fa, ha origine marina: la prima ad affiorare è stata quella di sud-est, in seguito quella di nord-ovest.  Le diverse ere geologiche – Langhiano, Serravaliano Tortoniano e Messiniano – ha creato la formazione di uno dei sottosuoli più complessi e importanti presenti in Italia. Si inizia con la formazione di Murazzano (Langhiano-Serravaliano), proseguendo con la formazione di Lequio (Serravaliano), le arenarie di Diano (Tortoniano), le marne di Sant’Agata Fossili (Tortoniano-Messiniano), i conglomerati di La Morra (Messiniano), la formazione della Vena del Gesso (Messiniano), la formazione di Cassano Spinola ( Messiniano), per finire con le Marne Plioceniche, presenti solo nella zona del comune di Cherasco. Ciò si traduce con rocce stratificate di marne, argilla, sabbia, sostanze minerali e calcare fondamentali per il nutrimento della vite ed il corredo organolettico che rende inimitabile questo vino. 

Oltre al sottosuolo, anche l’eterogeneità dei suoli contribuisce ad aumentare la complessità presente nei vini delle Langhe e del Barolo in particolare. Le terre rosse sono costituite da terreni che hanno fatto in tempo a ossidarsi, favorendo la formazione di argille: in questo caso avremo terreni più pesanti, rispetto invece alle terre bianche, chiamate così perché, trovandosi soprattutto nei versanti più ripidi, subiscono il fenomeno della corrosione e, quindi, non hanno il tempo di ossidarsi e sedimentarsi. 

I vini prodotti nelle zone dove sono presenti le cosiddette terre bianche sono più eleganti rispetto a quelli provenienti dalle terre rosse? È una domanda lecita che ci siamo posti durante la serata e che Francesco Ferrari ha approfondito cercando di andare oltre molti preconcetti. In realtà è bene tenere conto, oltre che della conformazione del terreno, anche di altri fattori. In annate siccitose, ad esempio, come quelle che stiamo avendo negli ultimi anni, i terreni più pesanti, in cui la presenza di argilla contribuisce a trattenere l’acqua, hanno favorito il vigore della vite producendo uve di notevole pregio.

La degustazione

Comune di Barolo
Barolo DOCG Le Vigne 2018 -  Sandrone

Il nebbiolo proviene da vigneti di proprietà che si trovano nelle menzioni Baudana, Villero, Vignane e Merli: le singole parcelle sono vinificate ed affinate separatamente. Macerazione di 10 giorni in tini di acciaio aperti, maturazione di 24 mesi in tonneaux di rovere.
Rosso rubino luminoso con riflessi granati. Il naso è fitto, fruttato, con sentori di amarena e prugna, per poi sprigionare incantevoli note floreali di viola e iris che si uniscono alla speziatura dolce e al tabacco. Al palato risulta elegante e lungo, con una trama tannica ben presente ma fine, che si contrappone alla sapidità che lo rende succoso. Tutto ciò ci dona un assaggio morbido ed equilibrato, con persistenza fruttata e speziata sul finale.

Comune di La Morra
Barolo DOCG Brunate 2017 - Ceretto

Fermentazione con lieviti indigeni. Macerazione per 15 giorni in acciaio, maturazione di 12 mesi in tonneau e 12 mesi in botte grande.
Naso floreale di rosa, viola, seguito da radice di liquirizia, ciliegia e poi ancora note di torrefazione, sotto bosco, carruba e tamarindo. Il sorso è nitido, pulito, giustamente tannico, con una nota agrumata di arancia sanguinella e chinotto, di ottima persistenza e raffinatezza.

Comune di Castiglione Falletto
Barolo DOCG Villero 2017 -  Giacomo Fenocchio

Proviene da un ettaro di proprietà nella MGA Villero. Macerazione di 40 giorni con lieviti autoctoni in vasche di acciaio e maturazione di 6 mesi in acciaio e 30 in botte grande.
Il naso si presenta complesso, ma dolce, con nuance di frutta scura, ribes, mora, viola, radice di liquirizia, eucalipto e grafite, sbuffi affumicati sul finale. L’assaggio è pieno e succoso, equilibrato e armonico, con un tannino vellutato e buona sapidità. Termina con una piacevole persistenza fruttata di agrume dolce.

Comune di Cherasco
Barolo DOCG Mantoetto 2015 -  Umberto Fracassi Ratti Mentone

Proviene dal vigneto “Mantoetto”, unica MGA ammessa nel comune di Cherasco. Fa una criomacerazione per 24 ore a -5°, una macerazione di 15 giorni a bassa temperatura in vasca orizzontale di acciaio e matura 36 mesi in botte grande.
Sfoggia un granato pieno. Con un naso erbaceo di erbe officinali, per poi proseguire con note più dolci che ricordano la gelatina di lampone, la rosa e il geranio, proseguendo con sottobosco, cannella e un tocco mentolato. In bocca si presenta potente ed elegante al tempo stesso, con tannini avvolgenti, un finale ricco di gusto e buona persistenza con il ritorno delle erbe officinali e frutta matura.

Comune di Serralunga D’Alba
Barolo DOCG Lazzairasco 2015 -  Guido Porro

Proviene dai due ettari del vigneto Lazzairasco all’interno della MGA Lazzarito. Macerazione 20 giorni in acciaio e affinamento 36 mesi in botte grande di rovere di Slavonia.
Naso denso, floreale, di viola, rosa e geranio, seguito da sentori più agrumati e freschi di melagrana, fragolina di bosco, ribes. Sorso equilibrato, che invita alla beva, con un tannino abbastanza incisivo che viene però addolcito dalla freschezza, buona anche la persistenza, con retrogusto balsamico e speziato.

Comune di Monforte d’Alba
Barolo DOCG Ciabot Mentin 2010 - Domenico Clerico

Proviene dall’omonimo vigneto nella MGA Ginestra. Macerazione di 15 giorni in acciaio, maturazione di 16 mesi in barrique e 16 mesi in botte grande. Affinamento di 24 mesi in bottiglia.
Ottima intensità cromatica. Naso portentoso, ammalia con amarena sotto spirito, resina di pino, carrube essiccata e poi ancora liquirizia nera, anice e un tocco di balsamicità. In bocca fanno capolino note di confettura di agrumi e chiodi di garofano. Il tannino è regale, elegante, contrapposto a una meravigliosa freschezza. Morbido, rotondo, succoso e persistente, con un piacevole retrogusto di frutta scura lavorata.