Alla scoperta dello Châteauneuf-du-Pape e dei vini del Rodano meridionale

Una serata di approfondimento nata dalla visita annuale che, nel 2019, ha visto la delegazione bresciana alla scoperta della Provenza e del Rodano meridionale. È stato Artur Vaso il relatore d’eccezione della serata che ha accompagnato il pubblico presente in sala nel percorso storico, ancor prima che enologico, che caratterizza questo meraviglioso angolo di Francia.

Elisa Inselvini

La storia è di quelle che si perdono nella notte dei tempi e che affondano le radici in una tradizione lontana e  profondamente legata alle vicende storiche del clero e del papato. Perché già la denominazione porta, in modo indissolubile, il marchio del papato stesso, l’emblema di questa unione, che molto spesso abbiamo visto essere decisiva nel rapporto tra produzione vitivinicola e clero.

Avignone, in particolare, divenne residenza pontificia ufficiale proprio a partire dal papato di Giovanni XXII. Decisiva fu l’impronta che questo personaggio lasciò al territorio recuperando degli appezzamenti di precedente proprietà dei templari e trasformandoli per mezzo di abili vignaioli dando vita allo sviluppo del vigneto di Châteauneuf-du-Pape.

Un territorio, quest’ultimo, vitato già a partire dalla colonizzazione romana, ma che riprese a pieno ritmo nel Medioevo, epoca della quale si ritrovano tracce scritte della presenza di un vigneto di proprietà del vescovo di Avignone, collocato nella roccaforte proprio di Châteauneuf-du-Pape. Sarà poi dal XIV secolo che questa zona diverrà, a tutti gli effetti, la capitale della cristianità con la residenza papale ufficiale. Questa situazione si protrarrà fino al 1378, anno durante il quale inizia un periodo di profonda crisi e conflitto, il Grande Scisma d’Occidente, con la contrapposizione di gerarchie ecclesiastiche e lo svilupparsi della nota Cattività Avignonese.

Ma in che modo questa vicenda si inserisce nel nostro approfondimento vitivinicolo? La figura culmine della nostra storia può, a ragione, essere considerata quella di Clément V, primo papa di Avignone, che scoprì qui la ricchezza dei suoli di Châteauneuf-du-Pape, divenendo, di fatto, uno dei primi produttori di vino del territorio. Nel giro di pochi anni Avignone si trasformerà in una vera capitale con una corte in grado di attirare l’attenzione di artisti e personalità dell’epoca.

Jean XXII, secondo dei sette papi avignonesi, proseguì in questa valorizzazione del territorio vitivinicolo, conferendo al vino, che qui veniva prodotto, lo status popolare di “vino del Papa”, fin poi a divenire l’emblematico “Châteauneuf-du-Pape”. È lui si deve, inoltre, la costruzione dell’importante fortezza sulle alture del villaggio, luogo che diverrà noto quale residenza estiva dei papi e che, ancor oggi, spicca e definisce d’impatto questi splendidi territori, quasi a volerne ricordare la storia intricata di lotte e conflitti che qui si è vissuta.

A dare spinta propulsiva all’economia della zona ci pensò più tardi, verso la fine del diciassettesimo secolo, il porto di Roquemaure (Gard) che divenne un importante centro di navigazione fluviale, contribuendo così alla popolarità del “nostro protagonista”. La produzione e commercializzazione del vino abbandonò pian piano la botte per presentarsi in bottiglia, con un’operazione visionaria operata nel 1776 da Château La Nerthe. E sempre collegato a questo Château è un altro passaggio decisivo nella storia dello Châteauneuf-du-Pape: nel 1891, infatti, viene definito il famoso assemblaggio dei 12 vitigni autorizzati.
Nel frattempo la fama di questo vino era ormai uscita dai confini della zona per giungere fino a Parigi anche attraverso il contributo della comunità intellettuale: personalità quali Mistral, Lamartine, Dumas e Daudet, solo per citarne alcuni, non potè che apprezzarne e decantarne, è proprio il caso di dirlo, le qualità.

Ormai lo Châteauneuf-du-Pape divenne per tutti il “vino reale, imperiale e pontificio”. Del 4 ottobre 1923 è la creazione dell’unione dei proprietari viticoltori di Châteauneuf-du-Pape, con il riconoscimento della Denominazione di Origine, mentre del 21 novembre 1936 è, invece, l’elaborazione del disciplinare che ne determina, tra le altre cose, la metodica di produzione, il grado minimo di alcol di 12,5° e le varietà autorizzate, un documento ancora oggi in vigore.

Un vino con una storia così caratterizzata e radicata nelle vicende storico-clericali non poteva che fregiarsi di una bottiglia che possiamo certamente definire emblematica, nata nel 1937 con uno scudo impresso a simboleggiare una tiara papale posta sopra le chiavi di San Pietro. A incorniciare questo emblema vi è poi l’iscrizione “Châteauneuf-du-Pape” in lettere gotiche. 

La storia di questo vino, inoltre, risulta essere intrinsecamente legata a quella del fiume Rodano nella sua influenza estrema sui suoli. In particolare con la presenza di tre conformazioni profondamente diversificate per aspetto, composizione geologica ed esposizione: suoli sassosi di vecchie terrazze, suoli sabbiosi e di arenaria e suoli sassosi su substrato calcareo. Questo terreno fondamentalmente pietroso risulta, per lo più, composto da ciottoli risalenti all’epoca geologica del Miocene. Solo successivamente il substrato venne ricoperto dalle “galets roules”, rocce sedimentarie che, come anticipa il nome stesso, rotolarono frantumandosi dalle Alpi francesi verso il fiume Rodano.

A completare il tutto vi è il clima, di influenza mediterranea, ma che si caratterizza anche per essere caldo, secco, arido e ventoso, mitigato dal soffio del Mistral che, oltre a moderare le temperature, contribuisce ad assicurare una perfetta sanità delle uve.

La degustazione

Domaine de Montvac Gigondas "Adage" 2016

Al colore un rubino classico e acceso che vira al granato pieno, pur mantenendo una bella vivacità. Al naso è la frutta rossa che si esprime per prima con delle note che richiamano la prugna, a seguire la spezia dolce. All’assaggio d’impatto si esprime in una percezione alcolica, subito seguita dal tannino percettibile e dalla freschezza. Lungo nel finale di bocca.
Un vino che si presenta come beverino e leggero nonostante la struttura dai caratteri corposi e muscolosi e che, per il momento, mostra maggiore maturità al naso che alla bocca.

Roger Sabon Chateauneuf-du-Pape Les Olivets 2017

All’osservazione visiva ne osserviamo un vino dal colore granato scuro ed intenso. Al naso d’impatto è una spremuta di piccoli frutti rossi che poi si evolve esprimendosi sempre di più nelle note fruttate. La frutta rossa è seguita dalla spezia e dalle evidenti note balsamiche mentolate. Al palato si presenta come un vino di struttura ed eleganza, con un tannino equilibrato e piacevole. Un finale leggermente amaricante che richiama alla radice, al rabarbaro e alla china. Scuro nei suoi sentori, sapido e lungo nel finale.

Roger Sabon Châteauneuf-du-Pape Cuvée Prestige 2016

Al naso sono accentuate le note vanigliate seguite da quelle di radice di rabarbaro e terrose. A seguire una nota alcolica ed eterea. Il vino entra in bocca morbido, pieno e ricco e permane nella sua opulenza e rotondità. Un sorso sapido con un finale leggermente amaricante.

Famille Mayard Châteauneuf-du-Pape Clos du Calvaire 2017

Il colore è quello granato pieno ed intenso. Il vino si presenta al naso dolce nei piccoli frutti rossi e nelle fragole. L’impronta balsamica è evidente e rappresenta un continuum nell’espressione olfattiva. Anche all’assaggio si ritrova la balsamicità seguita da un tannino importante. Un vino scorrevole ed elegante, dalla ricchezza e lunghezza che fanno presagire un’importante evoluzione.

Château de Beaucastel Châteauneuf -du-Pape Rouge 2016

Già il colore così vivo ed intenso anticipano la beva successiva. All’esame gusto-olfattivo la percezione di una spremuta di frutta in bocca seguita da note speziate. La spiccata acidità e freschezza ne fanno un vino dalla grande bevibilità. Elegante e fresco, ma contemporaneamente ricco e piacevole.

Domaine du Père Pape Châteauneuf-du-Pape 2013

Il colore vivace si esprime nelle tonalità granate ed aranciate. Al naso un’esplosione di profumi. Ricco nella frutta e dolce. La vivacità già osservata al colore si ritrova pienamente nell’espressione olfattiva.
Questa coerenza prosegue anche all’assaggio presentando un vino dall’ottima beva, con un tannino in evoluzione e un ottimo equilibrio in tutte le sue espressioni.