Barbera d'Alba protagonista a Como
Il racconto di Franco Ziliani, tratto dal blog Vino al Vino, dedicato alla serata organizzata dalla Delegazione Ais di Como il 29 Aprile...
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Tratto da Vino al Vino, il blog di Franco Ziliani.
E’ con grande piacere che voglio dedicare qualche riflessione alla bellissima Serata Barbera d’Alba che lo scorso mercoledì, 29 aprile, ho condotto per gli amici della locale delegazione A.I.S. in quel di Como.
Anche se, causa gli “impegni” dei ponti festivi, erano presenti meno persone del centinaio abbondante che accorrono ad ogni incontro promosso dagli amici di questa attivissima delegazione lombarda, credo che i presenti, ed io per primo, che ho avuto il piacere ed il privilegio di scegliere i vini e condurre la degustazione, non possano che essere soddisfatti di aver partecipato alla serata.
Merito innanzitutto della qualità, molto elevata, degli otto Barbera d’Alba in assaggio, che erano, lo ricordo:
Comm. G.B. Burlotto Barbera d’Alba 2007
Bruno Giacosa Barbera d’Alba Falletto 2007
Barale Barbera d’Alba Superiore Preda 2006
Brezza Barbera d’Alba Cannubi Muscatel 2006
Vajra Barbera d’Alba 2006
Sobrero Barbera d’Alba Villero 2006
Cavallotto Barbera d’Alba Vigna del Cuculo 2005
Giuseppe Mascarello Barbera d’Alba Superiore Scudetto 2004
e merito, mi sembra di poterlo dire, di un’impostazione della serata, all’insegna della piacevolezza, che ha dimostrato, com’era nelle mie intenzioni, come anche nella Langa del Barolo e del Barbaresco dove, non dimentichiamolo, alla Barbera non vengono certo riservate, come accade nell’astigiano, le posizioni migliori in vigna, ovviamente destinate al Nebbiolo, si possano produrre grandissimi Barbera nel solco della tradizione.
Proprio come accade con i produttori di Barolo e Barbaresco, per dirla con Veronelli, “del mio privilegio”, i cui vini non mi deludono e non mi tradiscono mai quando li stappo per godere l’emozione di un vino vero e quando ho la fortuna di poterli proporre, e raccontare, ad un pubblico di appassionati in occasione delle serate che conduco, soprattutto in collaborazione con l’A.I.S., in giro per l’Italia.
Non sfuggirà difatti a nessuno che tutti gli otto Barbera d’Alba che ho scelto, di annate molto valide, varianti dal 2007 al 2004, siano prodotti da eccellenti produttori di Barolo di stampo da moderatamente a decisamente tradizionale, vini realizzati secondo uno stile collaudato che non prevede macerazioni “sveltina” di 5 giorni (quelle che proponevano come via canonica al nuovo Barolo produttori come Altare) e tantomeno il ricorso ai piccoli fusti di rovere francese da 225 litri.
Bene, volendo proporre un itinerario, del gusto, prima che didattico, nell’universo del Barbera e della Barbera d’Alba in particolare, ho volutamente scelto vini del genere. Vini molto diversi da quei, non moltissimi peraltro, Barbera d’Alba (ma anche Barbera d’Asti o del Monferrato) che se ci si prendesse la briga di consultare le varie guide sono stati premiati con i massimi punteggi negli ultimi 10-15 anni.
Vini di stampo di chiaramente moderno, dove, molto spesso la specificità della Barbera veniva in qualche modo ad essere sacrificata, con una predominanza nettissima del frutto (magari con abbondanti venature di legno) dimenticando che se pure la Barbera è un vino dove il frutto è importante e protagonista, succoso, polputo, tondeggiante e florido come quel seno abbondante e bene in carne cui spesso in ambito piemontese è paragonato questo vino, non devono mai essere sacrificati, per avere un vino veramente equilibrato, autentico e piacevole, elementi altrettanto importanti come l’aspetto floreale, le componenti terrose e l’acidità.
Che è la vera spina dorsale di ogni vino degno di questo nome e un elemento basilare, anche senza voler riproporre i Barbera classici di una volta, come l’indimenticabile Barbera d’Asti La Bogliona che quel galantuomo di Mario Pesce produceva in quel di Nizza Monferrato in un’azienda, dopo la cessione e la morte di Pesce, non ha nulla in comune con la grande “antica casa vinicola” che fu, se si vogliono produrre Barbera degni di questo nome.
Nell’introdurre la degustazione e nel trattare delle vicende del Barbera in Piemonte negli ultimi vent’anni, dall’epoca del metanolo, quando i “vini” (se così li si può definire) finiti sotto inchiesta per aver causato morti ed invalidi riportavano proprio il nome “Barbera” in etichetta, ad oggi, non ho potuto non rendere omaggio e ricordare il ruolo fondamentale avuto nel dare dignità alla Barbera e portarla ad essere considerata come una grande uva ed un grande vino da quel personaggio straordinario che è stato Giacomo Bologna, padre di quel Bricco dell’Uccellone prototipo della “nuova Barbera” e ho reso un altrettanto doveroso omaggio allo straordinario lavoro fatto su quest’uva, in vigna prima che in cantina, da un grande vignaiolo come l’amico Roberto Voerzio, ma nella degustazione, pur ricordando come gran parte dei Barbera (d’Alba e d’Asti e del Monferrato) che oggi godono di un’immagine più importante, siano Barbera affinati in piccoli fusti, ho scelto altri tipi di vino.
Tutti vini, ad eccezione della Barbera Superiore Preda di Sergio Barale, vino prodotto con la particolare tecnica della vendemmia tardiva di uve molto mature, affinato in tonneaux di rovere francese, e per certi versi della Barbera d’Alba di Bruno Giacosa, caratterizzata da una fruttuosità molto pronunciata, da una scoperta volontà di piacere e di essere diretta e appealing grazie ad una notevole rotondità e assenza di spigoli, dove il frutto è sì importante, ma dove altrettanto protagonisti sono l’acidità, un’acidità importante, nervosa, ben presente, ed i tannini (che anche se nella Barbera non sono protagonisti come nel Nebbiolo sicuramente ci sono) e tutti gli aspetti legati al terroir, ovvero il carattere terroso, la mineralità, le note terziarie, la sapidità, la ricchezza di sapore.
In una serata che ho volutamente impostare all’insegna della piacevolezza, del piacere di gustare un vino, di ascoltarne attentamente la voce particolare, il carattere peculiare, sono felice di aver proposto questi vini, dotati ognuno di un proprio stile, vini non allineati, non seriali, non conformi allo stile dominante (ma quasi tutti vini che quando li stappi ti verrebbe voglia di berne non una bottiglia, ma due, ovviamente in compagnia e abbinati ai piatti giusti che ne sappiano esaltare il carattere “food friendly”, la capacità di richiamare l’abbinamento al cibo e di esaltarne aromi e sapori), che invece di adattarsi alla filosofia dominante hanno saputo rimanere se stessi.
Barbera che sanno di Barbera e non di altro, vini dove l’acidità è gioiosamente presente ed elettrizza e dà energia alla ricca materia presente bilanciandola, vini non insidiati dagli aromi e dal gusto (estraneo e sgradevole) del legno, vini profumati di frutta matura ma mai degenerata in marmellata, di fiori di campo, di terra, vini quasi “nebbioleggianti”, come la Vigna del Cuculo di Cavallotto e la Scudetto di Giuseppe (Mauro) Mascarello, elegantissimi come il Vigna Villero di Sobrero (magnifica espressione di un grande vigneto e di un terroir, quello di Castiglione Falletto, dove l’eleganza, la finezza, l’equilibrio sono parole d’ordine), dagli aromi freschi, floreali e finissimi, perfettamente bilanciati in tutte le componenti come la Barbera di Vajra, nervosi, minerali, scattanti, essenziali come la Barbera di Verduno di Comm. G.B. Burlotto, croccanti, golosi, piacevolissimi, fatti per essere bevuti (magari sulla sequenza degli antipasti tipici di Langa) come il Cannubi Muscatel di Brezza.
Barbera che magari non conquistano gli allori delle guide e delle riviste specializzate, ma Barbera (d’Alba) ai quali il consumatore può tranquillamente dare del tu, entrare in confidenza, acquistare, mettere in cantina (i 2005 e 2004 degustati erano pimpanti ed in splendida forma ed i 2006 mostravano di avere vita davanti a sé) e stappare, sicuro di trovarsi di fronte a vini che non tradiscono le attese, che regalano gioia, piacere, emozioni. Come dovrebbe accadere con ogni vino vero, degno di questo nome.
Anche senza lo Champagne ad affiancarla, quale lato nobile del vino opposto alla componente popolare, come nella celebre canzone di Giorgio Gaber, serata piacevolissima, quella dedicata alla Barbera (d’Alba), di quelle davvero da ricordare!
E’ con grande piacere che voglio dedicare qualche riflessione alla bellissima Serata Barbera d’Alba che lo scorso mercoledì, 29 aprile, ho condotto per gli amici della locale delegazione A.I.S. in quel di Como.
Anche se, causa gli “impegni” dei ponti festivi, erano presenti meno persone del centinaio abbondante che accorrono ad ogni incontro promosso dagli amici di questa attivissima delegazione lombarda, credo che i presenti, ed io per primo, che ho avuto il piacere ed il privilegio di scegliere i vini e condurre la degustazione, non possano che essere soddisfatti di aver partecipato alla serata.
Merito innanzitutto della qualità, molto elevata, degli otto Barbera d’Alba in assaggio, che erano, lo ricordo:
e merito, mi sembra di poterlo dire, di un’impostazione della serata, all’insegna della piacevolezza, che ha dimostrato, com’era nelle mie intenzioni, come anche nella Langa del Barolo e del Barbaresco dove, non dimentichiamolo, alla Barbera non vengono certo riservate, come accade nell’astigiano, le posizioni migliori in vigna, ovviamente destinate al Nebbiolo, si possano produrre grandissimi Barbera nel solco della tradizione.
Proprio come accade con i produttori di Barolo e Barbaresco, per dirla con Veronelli, “del mio privilegio”, i cui vini non mi deludono e non mi tradiscono mai quando li stappo per godere l’emozione di un vino vero e quando ho la fortuna di poterli proporre, e raccontare, ad un pubblico di appassionati in occasione delle serate che conduco, soprattutto in collaborazione con l’A.I.S., in giro per l’Italia.
Non sfuggirà difatti a nessuno che tutti gli otto Barbera d’Alba che ho scelto, di annate molto valide, varianti dal 2007 al 2004, siano prodotti da eccellenti produttori di Barolo di stampo da moderatamente a decisamente tradizionale, vini realizzati secondo uno stile collaudato che non prevede macerazioni “sveltina” di 5 giorni (quelle che proponevano come via canonica al nuovo Barolo produttori come Altare) e tantomeno il ricorso ai piccoli fusti di rovere francese da 225 litri.
Bene, volendo proporre un itinerario, del gusto, prima che didattico, nell’universo del Barbera e della Barbera d’Alba in particolare, ho volutamente scelto vini del genere. Vini molto diversi da quei, non moltissimi peraltro, Barbera d’Alba (ma anche Barbera d’Asti o del Monferrato) che se ci si prendesse la briga di consultare le varie guide sono stati premiati con i massimi punteggi negli ultimi 10-15 anni.
Vini di stampo di chiaramente moderno, dove, molto spesso la specificità della Barbera veniva in qualche modo ad essere sacrificata, con una predominanza nettissima del frutto (magari con abbondanti venature di legno) dimenticando che se pure la Barbera è un vino dove il frutto è importante e protagonista, succoso, polputo, tondeggiante e florido come quel seno abbondante e bene in carne cui spesso in ambito piemontese è paragonato questo vino, non devono mai essere sacrificati, per avere un vino veramente equilibrato, autentico e piacevole, elementi altrettanto importanti come l’aspetto floreale, le componenti terrose e l’acidità.
Che è la vera spina dorsale di ogni vino degno di questo nome e un elemento basilare, anche senza voler riproporre i Barbera classici di una volta, come l’indimenticabile Barbera d’Asti La Bogliona che quel galantuomo di Mario Pesce produceva in quel di Nizza Monferrato in un’azienda, dopo la cessione e la morte di Pesce, non ha nulla in comune con la grande “antica casa vinicola” che fu, se si vogliono produrre Barbera degni di questo nome.
Nell’introdurre la degustazione e nel trattare delle vicende del Barbera in Piemonte negli ultimi vent’anni, dall’epoca del metanolo, quando i “vini” (se così li si può definire) finiti sotto inchiesta per aver causato morti ed invalidi riportavano proprio il nome “Barbera” in etichetta, ad oggi, non ho potuto non rendere omaggio e ricordare il ruolo fondamentale avuto nel dare dignità alla Barbera e portarla ad essere considerata come una grande uva ed un grande vino da quel personaggio straordinario che è stato Giacomo Bologna, padre di quel Bricco dell’Uccellone prototipo della “nuova Barbera” e ho reso un altrettanto doveroso omaggio allo straordinario lavoro fatto su quest’uva, in vigna prima che in cantina, da un grande vignaiolo come l’amico Roberto Voerzio, ma nella degustazione, pur ricordando come gran parte dei Barbera (d’Alba e d’Asti e del Monferrato) che oggi godono di un’immagine più importante, siano Barbera affinati in piccoli fusti, ho scelto altri tipi di vino.
Tutti vini, ad eccezione della Barbera Superiore Preda di Sergio Barale, vino prodotto con la particolare tecnica della vendemmia tardiva di uve molto mature, affinato in tonneaux di rovere francese, e per certi versi della Barbera d’Alba di Bruno Giacosa, caratterizzata da una fruttuosità molto pronunciata, da una scoperta volontà di piacere e di essere diretta e appealing grazie ad una notevole rotondità e assenza di spigoli, dove il frutto è sì importante, ma dove altrettanto protagonisti sono l’acidità, un’acidità importante, nervosa, ben presente, ed i tannini (che anche se nella Barbera non sono protagonisti come nel Nebbiolo sicuramente ci sono) e tutti gli aspetti legati al terroir, ovvero il carattere terroso, la mineralità, le note terziarie, la sapidità, la ricchezza di sapore.
In una serata che ho volutamente impostare all’insegna della piacevolezza, del piacere di gustare un vino, di ascoltarne attentamente la voce particolare, il carattere peculiare, sono felice di aver proposto questi vini, dotati ognuno di un proprio stile, vini non allineati, non seriali, non conformi allo stile dominante (ma quasi tutti vini che quando li stappi ti verrebbe voglia di berne non una bottiglia, ma due, ovviamente in compagnia e abbinati ai piatti giusti che ne sappiano esaltare il carattere “food friendly”, la capacità di richiamare l’abbinamento al cibo e di esaltarne aromi e sapori), che invece di adattarsi alla filosofia dominante hanno saputo rimanere se stessi.
Barbera che sanno di Barbera e non di altro, vini dove l’acidità è gioiosamente presente ed elettrizza e dà energia alla ricca materia presente bilanciandola, vini non insidiati dagli aromi e dal gusto (estraneo e sgradevole) del legno, vini profumati di frutta matura ma mai degenerata in marmellata, di fiori di campo, di terra, vini quasi “nebbioleggianti”, come la Vigna del Cuculo di Cavallotto e la Scudetto di Giuseppe (Mauro) Mascarello, elegantissimi come il Vigna Villero di Sobrero (magnifica espressione di un grande vigneto e di un terroir, quello di Castiglione Falletto, dove l’eleganza, la finezza, l’equilibrio sono parole d’ordine), dagli aromi freschi, floreali e finissimi, perfettamente bilanciati in tutte le componenti come la Barbera di Vajra, nervosi, minerali, scattanti, essenziali come la Barbera di Verduno di Comm. G.B. Burlotto, croccanti, golosi, piacevolissimi, fatti per essere bevuti (magari sulla sequenza degli antipasti tipici di Langa) come il Cannubi Muscatel di Brezza.
Barbera che magari non conquistano gli allori delle guide e delle riviste specializzate, ma Barbera (d’Alba) ai quali il consumatore può tranquillamente dare del tu, entrare in confidenza, acquistare, mettere in cantina (i 2005 e 2004 degustati erano pimpanti ed in splendida forma ed i 2006 mostravano di avere vita davanti a sé) e stappare, sicuro di trovarsi di fronte a vini che non tradiscono le attese, che regalano gioia, piacere, emozioni. Come dovrebbe accadere con ogni vino vero, degno di questo nome.
Anche senza lo Champagne ad affiancarla, quale lato nobile del vino opposto alla componente popolare, come nella celebre canzone di Giorgio Gaber, serata piacevolissima, quella dedicata alla Barbera (d’Alba), di quelle davvero da ricordare!
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