Birra: di che stile sei?

Miriam Prencisvalle, delegato AIS Pavia ci porta alla scoperta dell’arte brassicola, accompagnandoci in un viaggio entusiasmante attraverso alcuni degli stili più iconici che hanno segnato la storia della birra

Andrea Cotta Ramusino

Ingredienti e tecniche

“Birra e sai cosa bevi!”, così chiosava Renzo Arbore in una serie di famosi spot negli anni Ottanta. Niente di più vero, perché la birra necessita di appena quattro ingredienti: acqua, malto, luppolo e lievito.

La serata, condotta da Miriam Prencisvalle, delegato AIS Pavia, Degustatore e Relatore per lezioni tecniche vino e birra, parte proprio dalle materie prime, sottolineando come l’acqua sia l’ingrediente più importante per definire lo stile della birra.

Acque più morbide tenderanno a dare birre più avvolgenti e cremose. Al contrario, acque più dure daranno una maggiore asciuttezza e contribuiranno ad aumentare la sensazione amaricante. 

Il secondo ingrediente per la birra è il malto. I più utilizzati sono quelli d’orzo o di frumento, ma alcuni stili utilizzano cereali meno conosciuti come l’avena o la segale, usata per le cosiddette rye beer. Passaggio fondamentale nella produzione della birra è la maltazione, processo che trasforma gli amidi in zuccheri semplici, più adatti alla fermentazione.

Il luppolo è un ingrediente caratterizzante nel definire lo stile e il gusto della birra. I fiori di luppolo, solitamente aggiunti durante la fase di bollitura (o in una fase successiva nel caso del dry hopping), definiscono il profilo olfattivo e gusto-olfattivo della birra. Conferiscono aroma e una sensazione amaricante, oltre a fungere da antiossidanti e antisettici. 

Ultimi, ma non per importanza, i lieviti, divisi in due grandi famiglie, a seconda dello stile che si vuole seguire. Ed ecco la prima grande suddivisione delle birre in Alta (dette anche Ale) o Bassa fermentazione (dette Lager).

Nelle birre Ale vengono utilizzati lieviti della famiglia Saccharomyces cerevisiae, che fermentano a temperature comprese tra i 12 e i 24 gradi centigradi. Il termine Alta Fermentazione (Top Fermentation in inglese) non è legato tanto alle temperature, quanto al comportamento dei lieviti che durante la fermentazione tendono a risalire verso la superficie .

Nelle birre a Bassa Fermentazione (Bottom Fermentation in inglese) vengono invece utilizzati i lieviti della famiglia dei Saccharomyces carlsbergensis (o Pastorianus), che fermentano a temperature comprese tra i 6 e i 9 gradi. Questi tipi di lieviti tendono a depositarsi sul fondo, dando vita a birre molto più limpide e acquose.

Gli stili

Bassa Fermentazione

L’approfondimento degli stili non può che partire dalle Lager, regine delle birre a Bassa Fermentazione, che coprono il 90% della produzione mondiale. Le birre a Bassa Fermentazione sono diffuse principalmente in Germania, Austria e Cecoslovacchia; tra le chiare vanno sicuramente menzionate, oltre alla Lager, anche le Pils e le Munchener Halles, mentre tra le rosse: le Bock, le Marzen, le Vienna; infine tra le birre scure si devono citare le Schwarzbier, le Doppelbock e le Munchner dunkel.

Alta Fermentazione: Ale con altri cereali

Proseguendo nella serata, Miriam ci introduce alle birre ad alta fermentazione ottenute da cereali diversi dall’orzo, come il frumento o l’avena.  Un esempio classico è la birra weizen, birra di malto d’orzo e malto di frumento dallo spiccato aroma di banana e chiodi di garofano. 

Un altro stile classico è la blanche, chiamata anche wit beer. Meno nota, ma molto particolare è invece la Berliner Weisse, una birra da 3 gradi con una forte acidità lattica. La Gose, originaria della città di Goslar, è invece una birra salata in quanto vengono aggiunti sali durante la fermentazione. La Rye Beer è la birra di segale, mentre la Alt (antico in tedesco) è una birra rossa fatta con metodi tradizionali, di corpo, dal marcato gusto maltato e note amaricanti. 

La Dunkel Weizen è una weiss più rossa mentre la Weizenbock è ancora più scura.

Alta Fermentazione: Ale anglosassoni

Gli stili anglosassoni hanno una prevalenza di birre scure o rosse e sono nati tutti con una certa dose di luppolo amaricante, basti pensare allo stile Bitter. Le bitter, spiega Miriam, si distinguono tra le Ale proprio dall’impronta marcante del luppolo. Nelle prime la sensazione amaricante è soprattutto al palato, nelle seconde (Pale Ale o I.P.A.) il luppolo è percepito soprattutto all’olfatto. 

Produzione di notevole importanza, nello stile anglosassone sono le birre scure: la porter e la stout sono le più famose.

Alta Fermentazione: Ale Belgio

Una caratteristica peculiare delle birre del Belgio è che presentano un livello di carbonatazione e gradazione alcolica più alta rispetto alle altre birre. Lo stile madre è la Blond Ale o Belgian Ale, al quale si affianca la Tripel.
L’acidità è una componente importante nelle birre belghe. così come le sensazioni speziate ed eteree date dall’Alta Fermentazione. Tra le birre rosse c’è da citare la Dubbel,conosciuta grazie al birrificio trappista Chimay e la Red Flemish che è dotata di una spiccata acidità. 

Fermentazione spontanea

Le birre a fermentazione spontanea sono originarie della regione del Pajottenland in Belgio. La fermentazione avviene in vasche aperte, esposte a lieviti e batteri naturali: dai classici saccaromiceti ai batteri lattici, ai batteri acetici, ai brettanomiceti. Il risultato è sicuramente una notevole complessità.
La birra, una volta iniziata la fermentazione viene messa nelle botti, dove rimane per almeno tre anni; in seguito viene aggiunto il cosiddetto luppolo invecchiato, utilizzato per la conservazione. Il risultato finale è una birra con una grande acidità acetica e una notevole complessità. 

Il Lambic è un prodotto totalmente piatto, senza gasatura perché viene fatto fermentare molto lentamente, estremamente secco ed acido. La Gueze invece è una birra rifermentata nella quale al lambic base viene aggiunto del lambic giovane, che fa ripartire la fermentazione nella bottiglia. 

Ci sono altri due stili interessanti di birre acide: la Kriek è una birra in cui dopo due anni di invecchiamento vengono aggiunte nelle botti delle ciliegie, che vengono letteralmente mangiate dai lieviti. Similmente la Framboise viene prodotta nello stesso modo, ma con l’aggiunta di lamponi. Queste aggiunte arricchiscono ulteriormente il profilo aromatico, aggiungendo note fruttate e floreali.

La degustazione

Lager Bavarese “Sveva” - Birrificio Grado Plato

La prima birra in degustazione è proprio una lager bavarese prodotta dal birrificio artigianale Grado Plato: la Sveva (omaggio a Federico II di Svevia). Già all’esame visivo, Miriam sottolinea come la limpidezza e il colore dorato e luminoso la rendano un perfetto esempio dello stile Lager.

All’olfatto, la birra conferma la piena aderenza allo stile: note maltate, note dolci che ricordano la sensazione di miele, di nocciola; una nota vegetale legata al luppolo. In bocca la sensazione dominante è la morbidezza: “una birra cremosa, vellutata” la definisce Miriam, sensazioni accentuate anche da una carbonatazione più delicata. Il finale è delicato, con una nota amaricante data dal luppolo. 

La scheda tecnica conferma le caratteristiche della birra: 4,9% di gradazione alcolica e un valore IBU (International Bitterness Unit, la scala internazionale di amarezza) di 25. Semplicità, immediatezza e piacevolezza di beva la rendono adatta ad abbinamenti con pollo alla griglia, arrosto di coniglio, formaggi freschi, hummus di legumi o la classica pizza.

Schwarzbier “Scubi” - Birrificio Il Birrone

La seconda birra in degustazione è una Schwarzbier del Birrificio Birrone. Si tratta di un birrificio agricolo che si occupa della coltivazione dei cereali e dei luppoli che poi utilizza nella produzione delle proprie birre. 

La Scubi è una schwarzbier (letteralmente birra nera) a bassa fermentazione dal colore scuro e impenetrabile che ricorda le Stout anglosassoni; la schiuma è molto sottile e fine, con tonalità che virano al beige. Al naso si percepisce subito la nota torrefatta di caffè macinato e di cacao; si tratta di note date dal malto.

Al gusto colpisce un corpo snello, esile, che in gergo viene definito “watery”. Non si percepisce alcuna sensazione alcolica, nonostante i 5,4 gradi. Queste caratteristiche di semplicità e piacevolezza, spiega Miriam, sono tipiche dello stile e sono quelle che differenziano le schwarzbier dalle stout o dalle porter.

Gli abbinamenti suggeriti spaziano dalle carni arrostite al cioccolato fondente, ai dolci al cioccolato, passando per il gulash e i classici wurstel.

Da sinistra: Beppe Serafini, Miriam Prencisvalle, Marco CacciaBlanche “Seta” - Birrificio Rurale

La terza birra in degustazione viene introdotta direttamente dai produttori, ospiti della serata. Miriam cede la parola a Marco Caccia e Beppe Serafini del Birrificio Rurale.

Marco ci racconta la loro avventura, iniziata nel 2009 proprio da Pavia, quando Beppe, di ritorno da un Pianeta Birra, una manifestazione nazionale dedicata al mondo brassicolo, ha avuto l’idea di aprire un microbirrificio e di avviarlo all’interno di un silos agricolo. 

Seta è stata la loro prima birra, ma il successo è arrivato con Terzo Miglio, che è stata premiata come miglior birra artigianale nel 2010.
Nel 2012 si trasferiscono in Brianza perché gli spazi originali non sono più sufficienti. Nella nuova sede di Desio aprono una Tap Room e, recentemente, hanno avviato anche un laboratorio per la ripropagazione dei lieviti.
Al momento il birrificio produce, tra bottiglia e lattina, oltre 30 etichette diverse. E riguardo alla lattina, Beppe ci tiene a sottolineare come, nonostante le perplessità iniziali, questo tipo di confezionamento sia quello ideale per conservare la birra, perché la lattina è perfettamente sigillata a non prende luce.

La birra blanche, nata stilisticamente in Belgio, è tra le birre più chiare in commercio ed è dotata di una schiuma compatta e molto chiara. Prodotta con malto d’orzo e frumento non maltato, la blanche è poi addizionata di coriandolo e scorza d’arancia amara durante la bollitura.
La Seta non fa eccezione e presenta un naso molto speziato, agrumato; il malto è presente, ma passa in secondo piano rispetto ai profumi fruttati. Allo stesso modo il luppolo è poco marcato. 

In bocca rimanda una sensazione carbonica importante, ma piacevole; una bella avvolgenza e una leggera acidità. Un finale asciutto, lievemente amaricante, completa il bagaglio sensoriale. 

Gli abbinamenti consigliati per questa blanche da 5% sono salumi stagionati, formaggi a media stagionatura, primi piatti di pesce.

“Best Bitter” - Birrificio St Peter’s

Prima di introdurre la birra, Miriam spiega come per gli anglosassoni sia importante preservare lo stile della birra, tanto che è nata un’associazione di consumatori, chiamata CAMRA (Campaign for Real Ale), la cui missione è proprio quella di proteggere le birre Ale.

Le birre anglosassoni, sottolinea Miriam, sono birre amare e secche. La sensazione di asciuttezza è dovuta principalmente all’acqua ed è poi accentuata dalla sensazione amaricante del luppolo.

Il birrificio St Peter’s nasce a St Peter South Elmham, una località a nord-est di Londra. Le loro etichette di punta sono la Old Style Porter e la Best Bitter, birra che abbiamo avuto il piacere di degustare. 

Alla vista la Best Bitter si presenta con un bel color ambrato con ancora qualche riflesso dorato e una schiuma che tende al beige.
Al naso si percepisce subito la nota maltata, leggermente caramellata. Le note legate al solvente e allo smalto, che si percepiscono in sottofondo, sono date dal processo di alta fermentazione. 

In bocca colpisce subito la secchezza e la sensazione di amaro; un amaro dovuto più all’acqua, ci tiene a sottolineare Miriam, che fa notare come l’IBU si mantenga sui 34 punti, valori per nulla alti, rapportati alla sensazione gustativa. Gasatura delicata e finale dominato dalla sensazione amaricante.

La Best Bitter, come da tradizione delle birre anglosassoni, non ha un grado alcolico alto, fermandosi a 3,7%.  Gli abbinamenti consigliati sono: carni bianche, formaggi medio stagionati, verdure alla griglia, amaretti, frutta.

I.P.A - Birrificio Grado Plato

Prima di introdurre la quinta birra in degustazione, Miriam riepiloga velocemente la storia delle birra I.P.A. Le Pale Ale sono birre rosse di buon corpo con gradazioni tra i 4 e i 5 gradi, decise note maltate e una giusta sensazione amaricante.
Le I.P.A., acronimo di India Pale Ale, nascono durante il periodo colonialista Inglese. Per affrontare il lungo viaggio dalla madre patria all’India, nelle botti di Pale Ale venivano aggiunte importanti dosi di luppolo, che grazie alle sue proprietà antisettiche e conservanti permetteva di preservare la birra fino a destinazione.

Passando alla degustazione, notiamo subito che la I.P.A. ha una buona dose di schiuma, data dall’importante presenza di luppolo. Il colore è dorato con riflessi ambrati. Al naso colpiscono subito le note vegetali e floreali, con richiami all’asparago, alla foglia di pomodoro e ai fiori di campo. Ci sono poi sentori agrumati di pompelmo e anche una leggera speziatura data dai lieviti: chiodi di garofano, zenzero, pepe. 

In bocca la I.P.A. rivela un ottimo corpo e, nonostante i 60 IBU, risulta meno amara della Best Bitter degustata in precedenza. Il motivo, spiega Miriam, è che “la Bitter aveva meno corpo e alcol e quindi le note amaricanti risultavano dominanti”. Il finale rivela acidità e sapidità importanti.  Gli abbinamenti consigliati sono con pesce arrostito, formaggi stagionati, verdure alla griglia, carni bianche, verdure amare.

Stout “Blackout” - Birrificio Rurale

Lo stile Stout nasce dalle birre Porter. Miriam ci racconta l’origine delle birre Porter, che nascono a Londra nei primi anni del 1600 in un pub frequentato da facchini (porter in inglese). Successivamente gli irlandesi hanno creato la Stout, una birra scura molto più corposa e strutturata, con note marcanti di torrefazione e cioccolato.

La Blackout si presenta con una tonalità marrone e riflessi mogano. Una schiuma cremosa tipica delle Stout. Al naso Miriam sottolinea come i profumi richiamino la Schwarzbier degustata in precedenza, ma con forza e intensità decisamente maggiori. Alle sensazioni di torrefazione e cacao si aggiungono note speziate e balsamiche di anice e chinotto. In bocca la nota di tostatura e di torrefazione è molto equilibrata e per niente invadente. Miriam ci fa notare anche come l’acidità, tipica dei malti tostati, dia una sensazione di salivazione importante. Finale di buona sapidità e un amaricante delicatissimo.

Gli abbinamenti consigliati sono molluschi crudi, stufati di carne, dolci al cioccolato.L’abbinamento tipico degli irlandesi, ci svelano i produttori presenti in sala, è con le ostriche.

Belgian Ale “Scala Coeli” - Birrificio Trappista Tre Fontane

Prima di introdurre la settima birra in degustazione, Miriam ci tiene a spiegare il significato di birra trappista. Non si tratta di uno stile di birra, ma di rigidi disciplinari da seguire nella produzione. Nati nel 1600 in Normandia, i birrifici trappisti prendono il nome dall’Abbazia di Notre-dame De La Trappe. 

Oggi nel mondo ne esistono solamente 9: 5 in Belgio, 2 in Olanda, uno in Italia e uno in Inghilterra. Le loro birre vengono identificate dalla dicitura “Authentic Trappist Product”; devono essere prodotte all’interno dell’abbazia con la supervisione di un monaco e i proventi devono rimanere all’interno della comunità. 

La Scale Coeli, che prende il nome dall’omonima chiesa nell’abbazia di Tre Fontane, si presenta con un colore ambrato con riflessi dorati e una schiuma importante. 

Al naso esprime potenza ed eleganza: malto, spezie, vegetale, fruttato, floreale per un corredo olfattivo ampio e complesso. Frutti maturi: albicocca disidratata, zenzero, pesca sciroppata, fico, ma anche miele, frutta candita e ancora note caramellate, brulè.

Al gusto è corposa, strutturata, con un’ottima corrispondenza tra bocca e naso. Il finale è dolce e ben amalgamato con la leggera nota amaricante. 

Gli abbinamenti consigliati sono con carni rosse, piatti speziati,formaggi erborinati, frutti di mare.

Gueze - Birrificio Cantillon

L’ottava birra in degustazione è una Gueze, una birra a fermentazione spontanea della brasserie Cantillon, un birrificio iconico che utilizza tonneaux e barrique. “Una birra eterna” la definisce Miriam , che si presta all’invecchiamento. Il colore è dorato con qualche riflesso ambra; la schiuma è piuttosto ridotta. Al naso presenta una notevole intensità, che rivela cuoio, pellame, buccia di cipolla, agrume amaro (cedro, bergamotto, chinotto) e note di resina, di liquirizia. Un naso sicuramente meno elegante delle altre birre, ma molto più complesso e dotato di spiccata personalità. 

All’assaggio colpisce l’importante componente acetica e la sensazione rinfrescante. Note boisè di legno di sandalo e una lunga persistenza in bocca completano il profilo. 

L’abbinamento consigliato è con carni bianche, pesce, formaggi media stagionatura, verdure alla griglia.

Belgian Pale Ale “Pere Noel” Birrificio De Ranke

L’ultima birra è una Belgian Pale Ale prodotta dal birrificio De Ranke nel periodo natalizio. Si tratta di una birra rossa corposa, con un importante grado alcolico e, a differenza delle consuete birre natalizie, risulta meno dolce per via dell’infusione di liquirizia. 

Il colore è ambrato con riflessi dorati. Al naso la Pere Noel si presenta come la classica birra belga con speziatura marcante di chiodi di garofano e cannella e note eteree di smalto e solventi. Completano il profilo accenni di balsamico, di vegetale fresco, di fruttato più evoluto (pesca sciroppata).

In bocca i 7 gradi alcolici sono gestiti benissimo, la gasatura è ben presente e integrata con una bella acidità, un buon corpo e un leggero residuo di zucchero che bilancia la nota amaricante. La liquirizia è presente ma non è affatto invadente. Equilibratissima, molto elegante e con un’ottima bevibilità.
Gli abbinamenti consigliati sono con carni rosse, selvaggina, formaggi stagionati,dolci al cioccolato.

I.G.A., lo stile tutto italiano

A conclusione della serata, Miriam ci introduce a uno stile nato in Italia. Si tratta delle I.G.A., acronimo di Italian Grape Ale (oggi semplicemente Grape Ale). Le G.A. sono birre ad alta fermentazione nelle quali viene aggiunto il mosto d’uva. Dopo un inizio non proprio ottimale, racconta Miriam, le Grape Ale oggi hanno raggiunto livelli qualitativi molto alti e riescono a dare birre di notevole piacevolezza ed equilibrio.

Prima di concedarsi, Miriam ci ricorda l’importanza della scelta del bicchiere, della spillatura e della temperatura di servizio per gustare al meglio le nostre birre preferite.