Bollicine work in progress

Insieme a Sara Missaglia una divertente e appassionata serata di AIS Lecco per capire il "dietro le quinte" di una bottiglia di spumante. Un viaggio a metà strada tra il gioco e l'indagine olfattiva che ha trasformato i soci presenti in veri e propri chef de cave

Antonio De Lucia

Non volendo essere strettamente tecnici e utilizzare un approccio prettamente scientifico, dovremmo dire che la rifermentazione in bottiglia è un processo chimico-fisico che, grazie all’azione dei lieviti, consente di sviluppare una sovrappressione in un rapporto di 1 atmosfera ogni 4 g/l di zuccheri presenti nella cuvée di base. Una sorta di filastrocca che gli appassionati di spumanti conoscono bene. Ma se ci allontanassimo per un solo istante dal rigido dogma scientifico e ci lasciassimo trasportare dall’emozione, non potremmo forse dire che le bollicine sono il risultato di una magia, un miracolo che trasforma un vino fermo in una gioia scoppiettante per le papille?

Paradossalmente nessuno dei due approcci, da solo, può spiegare il “dietro le quinte” di una bottiglia di spumante. Lo sanno bene gli chef de cave che fanno anche delle emozioni e dell’immaginazione i loro strumenti per scegliere i vini base e comporre la cuvée, riponendo poi tutte le loro aspettative nella rifermentazione, un’alchimia sempre unica, irripetibile, segno distintivo di un terroir, di un’annata, della singola cantina, dello stile e dell’estro personali.

Ma lo sanno bene anche quanti hanno partecipato all’evento organizzato da AIS Lecco giovedì 30 marzo durante il quale la relatrice sommelier Sara Missaglia ha proposto un format davvero unico, un gioco o, come lei stessa lo ha definito, un’indagine olfattiva che ha trasformato i presenti in veri e propri chef de cave.

Prologo - Escalation delle bollicine

Per troppo tempo relegati al concetto di brindisi, perlopiù nel periodo natalizio, gli spumanti stanno finalmente recuperando terreno dopo un lungo periodo di scarsa considerazione, soprattutto dal punto di vista qualitativo.

Tralasciando le leggende sulle origini dei “vini mordaci” ormai contese da Italia e Francia e largamente documentate, le bollicine del Bel Paese hanno visto ufficialmente la luce nel 1865 in Piemonte grazie a Camillo Gancia e nel 1902 in Trentino grazie a Giulio Ferrari. Due declinazioni differenti ma accomunate dal processo della rifermentazione.

Il consumo di spumanti in Italia ha visto un’impennata solo negli ultimi anni, passando dal 9% del 2015 al 13,4% del 2022, segno che le bollicine non accompagnano ormai solo il beneaugurante “cin-cin” di capodanno. Traino quantitativo ed economico sono sicuramente le DO Prosecco con oltre 600 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, buona parte delle quali destinate all’export e con un fatturato che ha ormai superato i 3 miliardi di euro. Buone le performance delle denominazioni Franciacorta e Trentodoc, probabilmente anche grazie alla Formula 1 che ha scelto la bolla trentina soppiantando decenni di egemonia francese. Da non dimenticare i cari spumanti dolci, compagni inseparabili di innumerevoli brindisi, guidati dalla denominazione Asti Spumante DOCG.

Ma l’interesse del pubblico verso questa categoria di vini è andata oltre e non si è fermata ai soli nomi più conosciuti tanto da spingere molti produttori, storicamente legati alla tradizione, a cimentarsi con la rifermentazione in bottiglia di vini ottenuti da vitigni che, fino a qualche decennio fa, avremmo considerato improbabili. Qualche esempio? Verdicchio nelle Marche, Piedirosso in Campania, Montepulciano in Abruzzo, Nerello Mascalese in Sicilia, solo per fare qualche nome.

Ma il risvolto probabilmente più interessante è il recupero di vitigni autoctoni che, con la spumantizzazione, riescono ad esprimersi in modo eccellente. È il caso della Pignola Valtellinese, vitigno a bacca rossa presentato in versione spumante metodo classico da Marco Triacca della cantina La Perla, ospite a sorpresa della serata.

L’indagine olfattiva
Atto I: Trentino

Punto di partenza di questa indagine, il Trentino con le sue iconiche bollicine a denominazione Trentodoc. Territorio storicamente ormai vocato alla coltivazione di vitigni internazionali come chardonnay, pinot nero, pinot bianco e pinot meunier, è caratterizzato da suoli porfirici con infiltrazioni vulcaniche, pendii ben soleggiati e correnti d’aria provenienti principalmente dai laghi: una commistione di fattori che ne ha determinato il successo qualitativo.

Le uve chardonnay utilizzate per la prima base degustata provengono dal cru Maso Togn di proprietà della cantina Fondazione Mach. Posto a 700 mslm in posizione ben soleggiata, è caratterizzato da terreni marnoso-calcarei di origine morenica e si colloca in corrispondenza del conoide di Faedo, punto d’incontro tra la placca porfirica della Valle di Cembra e quella calcarea della Valle dell’Adige.

Le uve pinot nero utilizzate per la seconda base degustata provengono invece da tre appezzamenti differenti, precisamente da Telve, Vigalzano e Pergine Valsugana, con terreni sassosi e ben drenanti su roccia metamorfica scistosa.

“Tutto fiore, tutto intero, come vuole la Champagne” (Gianmaria Trenti)

Oltre il 50% di questo vino affina per 6/7 mesi in barrique, nuove per il 30%, di secondo passaggio per il 40% e di terzo passaggio per la restante parte svolgendo anche la fermentazione malolattica.

Il vino si presenta di un colore giallo paglierino scarico e lucente. Al naso spiccano note floreali intense, dolci, quasi mielose di tiglio e fruttate di mela e pera croccanti, banana e accenni agrumati di bergamotto. Fanno capolino note speziate di un elegante pepe bianco e vaniglia.

      1. Chardonnay Maso Togn Base Spumante 2022 – Fondazione Mach

In bocca entra verticale, tagliente, con sensazioni quasi metalliche a ricordare la decisa sapidità che lo caratterizza.

Un vero e proprio vino di montagna con un’acidità importante, sensazioni spigolose in bocca, difforme da quanto percepito al naso.

  1. Pinot Nero BDN Base Spumante 2022 – Fondazione Mach

“Note molto fumé, nervoso” (Gianmaria Trenti)

Si presenta leggermente velato e un colore appena più caldo rispetto allo chardonnay. Al naso è timido ma croccante di frutta fresca, mela e pera in primis, piccoli frutti rossi e agrumi, con uno sfondo vanigliato ben presente, quasi di zucchero filato. Non manca la parte floreale, appena sussurrata.

E la sensazione vanigliata ritorna anche in bocca, ben sorretta da sapidità e acidità e da un corpo che non è difficile aspettarsi da un pinot nero.

Dopo la due degustazioni, la platea si è cimentata con la creazione della “cuvée ideale” versando lentamente la base Pinot Nero nel calice dello Chardonnay. Dopo attente riflessioni e le dovute considerazioni, il verdetto finale: 70% Chardonnay e 30% Pinot Nero potrebbero rappresentare il giusto equilibrio tra le due basi per la spumantizzazione.

Trento DOC Mach Riserva del Fondatore 2018 – Fondazione Mach

Cuvée di base composta da 70% Chardonnay e 30% Pinot Nero, sboccatura in due tempi, la prima dopo 38 mesi, la seconda dopo 43 mesi di permanenza sui lieviti.

Il vino si presenta di un brillante giallo dorato, percorso da numerose bollicine fini ed eleganti e decisamente persistenti.

Naso che sa di acacia, iris, glicine, con sbuffi di pane dolce e croissant salato. Vale davvero il paradigma “de la boulangerie à la pâtisserie”, volendo dirla alla francese. Non mancano le note fruttate di pompelmo giallo, mela golden e frutta esotica e speziate di vaniglia e zenzero.

Il sorso è fresco, di corpo, elegantemente sapido, abbastanza persistente con aromi più leggiadri rispetto a quanto percepito al naso. Uno spumante dalla doppia personalità: eleganza al naso, acidità a corpo in bocca.

Atto II: Lombardia - Valtellina

Una cicatrice che separa le Alpi Retiche a nord dalle Alpi Orobiche a sud, le “bodyguards” che la difendono dalle correnti fredde e dall’inquinamento, con il suo orientamento Est-Ovest. Un territorio alpino quindi, con vette oltre i 3500 m e vigneti fino a 900 m caratterizzato paesaggisticamente da terrazzamenti e dai famosi muretti a secco che, accumulando calore, consentono alle uve una maturazione continua e costante: una “muraglia” lunga circa 2500 km, come da qui ad Helsinki.

Due versanti, quello a nord ben soleggiato e storicamente vocato alla produzione di vino e quello a sud, in ombra, vocato invece alla produzione formaggio che insieme costituiscono il binomio vincente di questo paradiso enogastronomico.

Le sue pendenze importanti costringono i produttori ad adottare un orientamento dei filari che segue l’andamento del pendio, detto anche a rittochino eppure, in alcune zone, per consentire una parziale meccanizzazione, che si traduce in un distanziamento maggiore tra i filari, si adotta il cosiddetto girapoggio, con orientamento trasversale, proprio come accade nella tenuta La Perla di Marco Triacca, nel cuore della sottozona Valgella. Marco stesso racconta di come un maggiore distanziamento dei filari si traduce in un abbassamento della produzione: meno piante uguale meno grappoli. Come riuscire quindi a mantenere un buon livello produttivo senza però intaccare la qualità? L’incognita che risolve l’equazione è un palo! Marco spiega infatti che, per mantenere un buon livello di produzione, è necessario aumentare il numero di grappoli per pianta ma, per non impattare negativamente sulla qualità, occorre aumentare proporzionalmente anche la superficie fogliare. L’escamotage è sfruttare non solo la spalliera ma anche la scarpata che divide i filari. Quindi un guyot con un tralcio che si sviluppa verso l’alto, e un secondo tralcio che, una volta raggiunti i 40-50 cm di lunghezza, viene orientato verso la scarpata e poggiato su un sostegno sorretto da un palo “a chiave di violino”: due pannelli solari vegetali a protezione dei grappoli.

Pignola Valtellinese Base Spumante 2022 – La Perla di Marco Triacca

Vinificato in bianco, prevede un trattamento termico preventivo del mosto, chiamato iperossidazione, che consiste nel portare la massa a 0°C e iniettare ossigeno per due volte al giorno: in questo modo si impedisce la fermentazione alcolica e, contemporaneamente, si accelera l’ossidazione di tannini e antociani. Al termine del trattamento il mosto si presenta di colore bruno e, attraverso una chiarifica per precipitazione, si illimpidisce per ottenere la base da avviare alla fermentazione alcolica e quindi alla spumantizzazione.

Alla vista appare giallo paglierino scarico con riflessi verdolini e al naso sorprende per il suo impatto floreale e fruttato di mela golden, mela cotogna e agrumi con note speziate di cumino e cardamomo. Rivela poi profumi di erbe aromatiche e di montagna come l’achillea, la camomilla, il tarassaco e una rinfrescante lavanda. Qualche grado in più regala accenni di piccoli frutti rossi.

Sorso fresco, composto, lungo e sorprendentemente coerente con il naso.

Alpi Retiche IGT Spumante “La Perla” 2019 – La Perla di Marco Triacca

Di un colore giallo paglierino carico, riluce nel calice. Il bouquet è caratterizzato da piacevoli note saline, agrumate e fruttate di pera e mela croccanti e fragoline di bosco. Sullo sfondo un biscotto di frolla, una golosa crostata alla crema al limone, un ricordo di caramello salato a testimoniare i 24 mesi di permanenza sui lieviti.

Assaggio sapido, delicatamente fresco con aromi che dal naso tornano in bocca regalando una lunga persistenza.

Atto III: Lombardia - Oltrepò Pavese

Con ben 13.000 ha vitati (il 63% dell’intera superficie vitata lombarda) e oltre 1,1 milioni hl di vino prodotti ogni anno, l’Oltrepò Pavese rappresenta uno dei capisaldi dell’eccellenza spumantistica in Italia sin dalla seconda metà del ‘700. È il più grande distretto di Pinot Nero del nostro paese grazie soprattutto alla buona attitudine dei suoi terreni calcareo-argillosi, ideali per questo vitigno.

Alessio Brandolini è uno dei tanti giovani viticoltori impegnati nella produzione di spumanti Metodo Classico a base di Pinot Nero nonché erede di una realtà vitivinicola con 150 anni di storia. La tenuta è situata a San Damiano al Colle, su un appezzamento di 12 ha, di cui il 45% coltivato a Pinot Nero, per una produzione complessiva di 65.000 bottiglie. La sua filosofia produttiva prevede un’alta densità d’impianto con conseguente riduzione del numero di grappoli per pianta per concentrare polifenoli e zuccheri, e la totale assenza di concimi di sintesi.

Luogo d’agosto Base Spumante 2022 – Alessio Brandolini

Pinot Nero in purezza sottoposto ad un trattamento termico detto criomacerazione che consente un’estrazione spinta delle sostante aromatiche a basse temperature. Anche la fermentazione alcolica avviene a temperature basse proprio per preservare il più possibile il corredo aromatico delle uve.

Nonostante la criomacerazione, una sfumatura ramata tradisce il colore del vitigno. All’olfazione si apre dolce con un bouquet floreale di petali di rosa su uno sfondo di fragolina di bosco, quasi di caramella, di zucchero filato. Sensazioni agrumate e speziate stuzzicano il naso assieme a note talcate che completano il profilo olfattivo di questo vino.

In bocca un frutto polposo, quasi da masticare, bilancia un’acidità elegante: entra possente, opulento come ci si poteva aspettare da un Pinot Nero.

VSQ Luogo d’Agosto 2019 Extra Brut – Alessio Brandolini

Perlage abbastanza fine e persistente, un colore intenso fanno strada ad un naso assolutamente coerente con la base. Si ritrovano le sensazioni agrumate di buccia di limone, le note talcate, i fiori e i 34 mesi di permanenza sui lieviti si palesano con note di crema pasticcera. Si affacciano leggere note smaltate che tornano in bocca assieme agli agrumi e ai fiori in un sorso fresco, sapido, avvolgente.

Epilogo

AIS Lecco ha regalato a tutti i partecipanti un ultimo calice, questa volta di Champagne, per ringraziare quanti sono intervenuti e per concludere un percorso a dir poco interessante.

Champagne Cuvée Prestige Brut S.A. – Pascal Benoist

Uvaggio composto da 65% di Pinot Meunier, 30% Chardonnay e 5% Pinot Nero coltivati nella Côte des Bar, brillante nel calice con un perlage fine e persistente. Al naso un bouquet di fiori, come fresie, camomilla e lavanda ben bilanciato da note agrumate e cremose di crostata al limone.

Assaggio fresco, floreale, con corpo leggiadro e piacevole. Uno spumante elegante, composto.

L’indagine si conclude ancora una volta con le parole di Marco Triacca che ironicamente afferma di “non aver ancora capito nulla di come si fa il vino”: se da un lato è vero che i dati analitici del vino sono inconfutabili è anche vero che basta un assaggio, un’olfazione, uno sguardo per mettere in dubbio qualsiasi numero. Bisogna “andare più a sensazione e lasciar perdere il dato analitico perché spesso il dato analitico non dice un bel niente se visto come dato a sé”.

Allora deve essere proprio vero che gli spumanti celano un pizzico di magia…