Borgo La Gatta, una serata da ricordare a lungo con le vecchie riserve di Domenico Triacca

Racconti dalle delegazioni
08 novembre 2007

Borgo La Gatta, una serata da ricordare a lungo con le vecchie riserve di Domenico Triacca

Il giornalista-sommelier Raffaele Foglia così ha raccontato sul quotidiano di domenica 11 novembre la serata organizzata dall’Ais Sondrio presso la Tenuta La Gatta della Casa Vinicola Triacca

Raffaele Foglia

Una piccola lezione di storia del vino. Degli ultimi venti anni di vino in Valtellina. Perché per una sessantina di persone è stata l’occasione, una vera rarità, per poter degustare sei annate, dal 1990 in poi, del Valtellina Superiore Docg Riserva La Gatta realizzato da Domenico Triacca proprio nell’ex convento di Bianzone, a pochi chilometri da Tirano, dal quale questo prodotto prende il nome.

Giusto al Borgo La Gatta si è svolta la serata, organizzata dalla delegazione di Sondrio dell’Associazione Italiana Sommelier, con Domenico Triacca che ha raccontato i suoi vini. In questo caso era in degustazione verticale il Valtellina Superiore Riserva La Gatta. «Sono i veri vini di Valtellina - ha spiegato - quelli che, come stile di produzione, meglio rappresentano il territorio». Le scelte partono dal 1990, anno che rappresenta l’inizio della rinascita del vino valtellinese. L’idea era quella di valutare quanto l’affinamento potesse giovare a questi prodotti che, inizialmente, grazie alla maestosità del vitigno Nebbiolo-Chiavennasca, hanno una certa durezza e un forte apporto dei tannini. Le altre annate sono state scelte cercando di evitare le stagioni non eccezionali: per questo, in degustazione, oltre al 1990, c’erano il 1995, il 1997, il 1998, il 1999 e il 2002. «Dobbiamo contare - ha spiegato Triacca - che il 1990 ha avuto, oltre all’affinamento in botte, un invecchiamento di 13 anni in bottiglia». E questo ha permesso ai tannini di ammorbidirsi, di lasciare spazio a una notevole rotondità e a una complessità di profumi straordinaria, con un colore ancora vivace e brillante. Un vino che, invece, non ha convinto appieno è stato il 1995 che però, come precisa Triacca, «non era stato conservato nelle nostre cantine, bensì lo abbiamo ritirato da un cliente». Il 1997 non ha deluso le aspettative, anche se il 1998 ha stupito per l’equilibrio e l’eleganza, oltre che per il buon apporto aromatico. «Devo dire che dall’annata 1998 - precisa Domenico Triacca - abbiamo fatto un cambiamento nella tecnica di vinificazione, utilizzando la macerazione prefermentativa a freddo». In sostanza, prima della fermentazione, le uve venivano raffreddate e successivamente riscaldate per cercare la maggiore estrazione possibile di colore e, soprattutto, aromi. Qualche discussione è nata sul 1999, che comunque è risultato molto intenso, mentre il 2002, il più giovane, è quello che, rispetto agli altri, è sembrato il più aggressivo: troppo pochi gli anni di affinamento.

Di certo è stata un’esperienza unica, dove si è cercato il "pelo nell’uovo" di vini tutti davvero ottimi

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