Bruno Verdi: vigna Cavariola e le sue quattro parcelle

Racconti dalle delegazioni
11 novembre 2025

Bruno Verdi: vigna Cavariola e le sue quattro parcelle

Simone Bevilacqua ci ha condotti in una degustazione esclusiva delle quattro parcelle del Rosso Riserva Cavariola, punta di diamante dell’azienda agricola Bruno Verdi.

Andrea Cotta Ramusino

Un’unica vigna, quattro vitigni e quattro parcelle impiantate in epoche diverse. Il risultato è stato un percorso degustativo unico che, partendo da dati oggettivi si è poi sviluppato in una raffinata ricerca sensoriale e in sfide intellettuali degne dei migliori investigatori del novecento. Ad organizzarlo AIS Pavia, grazie alla conduzione di Simone Bevilacqua, esperto sommelier e degustatore AIS.

Otto generazioni di agricoltori

La storia della famiglia Verdi in Oltrepò Pavese risale al XVIII secolo, quando Antonio Verdi si trasferì a Vergomberra, frazione di Canneto Pavese, dal Ducato di Parma. Da allora alla guida dell’azienda si sono succedute ben otto generazioni, fino ad arrivare a Paolo, al quale si deve il consolidamento e l’ampliamento dei progetti iniziati dal padre Bruno, tra i quali quello di un rosso importante da produrre solo nelle annate migliori: il Cavariola.

Il Cavariola prende il nome dall’omonima vigna, situata nel comune di Broni. Oggi è un poligono abbastanza regolare che copre circa un ettaro e mezzo. Posta su una collina molto ripida, viene coltivata a girapoggio, e da sempre ha mostrato una naturale vocazione a dare vini rossi di grande qualità. 

Nel 1985 viene prodotta la prima annata di Cavariola: un rosso in uvaggio a base di croatina, barbera, ughetta e uva rara. Nel 1990 Paolo acquista la vigna e la amplia progressivamente fino agli attuali 1,5 ettari, suddivisi in quattro parcelle, diverse per anno di impianto e per varietà coltivate.

Il progetto

Il Rosso Riserva Cavariola viene prodotto solo nelle annate migliori, utilizzando le uve delle diverse parcelle per arrivare a un vino che rispecchi la progettualità del vignaiolo. 

Con l’annata 2016 Paolo decide di vinificare separatamente parte della produzione delle quattro particelle, affiancando all’annata ufficiale altre quattro etichette, prodotte in edizione limitatissima (circa settanta bottiglie per parcella).

Il processo di vinificazione è lo stesso, ma il progetto prevede che le quattro particelle vengano vinificate separatamente. 

Come tessere di un puzzle

Le parcelle dimorano tutte sugli stessi suoli limacciosi (61%), dotati di una cospicua presenza di calcare (22,5%). Godono tutte della stessa esposizione, con l’unica eccezione della parcella impiantata nel 2003 che è parzialmente ombreggiata da un vicino boschetto.

Quello che cambia è l’età delle piante e la varietà di uve coltivate.

Come un abile maestro di gioco, Simone comincia a svelarci i primi indizi utili ad avventurarci nella degustazione. 

Dalla vigna vecchia (80 anni circa) dobbiamo aspettarci un vino complesso, strutturato e tannico. La Croatina è dominante (70%), La barbera (10%) apporterà una buona trama acida e struttura. Avremo una leggera speziatura data dall’ughetta (10%), che andrà integrarsi con i sentori di frutta rossa delle altre tre uve. .

La vigna del 1990 porterà un vino elegante e meno strutturato. La barbera è assente, scende la percentuale di croatina (50%) e aumentano ughetta e uva rara (25% entrambe). 

La vigna del 2003 darà un vino strutturato e potente. Di corpo e longevo. croatina (60%) e barbera (40%) si esprimono ai massimi livelli. Ughetta e uva rara sono completamente assenti.

La vigna del 2006 è la più recente, La croatina torna dominante (75%), affiancata dall’uva rara (25%). Avremo un vino diretto, tannico, dotato di una forte personalità e moderata freschezza.

La degustazione parcellare

All’esame visivo i quattro calici delle diverse parcelle mostrano tonalità simili, dovute alla presenza dominante della croatina, che conferisce una massa colorante di un rubino intenso, fitto e vivace. L’unica minima differenza può essere notata nel calice della vigna del 2006, dove la saturazione è leggermente inferiore, nonostante la la vigna abbia ben il 75% di croatina. Il motivo è legato all’età della vigna e anche al fatto che parte delle piante siano ombreggiate dal boschetto confinante.

Al naso, procedendo per macro assimilazioni, possiamo trovare punti in comune tra la parcella del 2006 e quella degli anni Quaranta, così come tra la parcella del 2003 e quella del 1990. Tra tutti e quattro, il vino che si distingue maggiormente è quello del 2003, dove ritroviamo una nota più dolciastra di vaniglia, dovuta al legno; legno perfettamente integrato in tutti e quattro i vini, ma che in questo caso emerge di più.

Tutti i campioni sono accomunati da una complessità austera, che non si rivela subito; fa eccezione il vino della parcella 2006, che tra tutti è il più schietto e immediato. La vigna più vecchia aggiunge a questa complessità anche una nitida nota di speziatura da pepe nero.

Ma entriamo più nel dettaglio degli elementi distintivi delle singole parcelle.

Parcella 2006

Al naso il vino evidenzia note vegetali evolute di radici, corteccia, liquirizia; sentori di frutta nera, di mora in confettura. E poi note balsamiche, resinose, tipiche dell’Oltrepò.

In bocca, la croatina porta un impatto deciso. Il vino è dotato di una notevole struttura che, abbinata a una buona freschezza (leggermente inferiore ai vini delle altre parcelle) lo rende equilibrato e intenso. Il tannino è abbondante e percepibile, ma maturo e ben integrato.

Parcella 2003

Al naso il vino evidenzia una nota importante di vaniglia. La frutta nera vira verso sentori più maturi di frutta cotta. 

In bocca si discosta dal vino precedente, portando una maggiore morbidezza e minore tannicità. 

Parcella 1990

Il vino regala un’intensità olfattiva superiore ai calici precedenti. Rimane l’affinità con la parcella del 2003, con un bouquet di frutta matura.

In bocca però si discosta dalla parcella 2003, mostrando un tannino più accentuato e una minore morbidezza.

Parcella anni ‘40

Al naso il vino conferma la nota speziata di pepe nero e noce moscata, cui si aggiungono sentori vegetali maturi, di resina, bacca di ginepro.

In bocca il vino risulta il più equilibrato della batteria. Un equilibrio che si esprime alla massima potenza.

Le annate ufficiali

Dopo aver degustato le edizioni limitate prodotte vinificando separatamente le quattro parcelle è ora di confrontarle con tre diverse annate ufficiali.

Cavariola 2016

Al naso il quinto vino della batteria si distingue subito per le note vegetali di carruba e rabarbaro. La speziatura è presente e ben distinguibile e vira verso note calde di noce moscata. Con il passare dei minuti esprime anche note di caramello scuro.

In bocca la trama tannica è importante, ma si sente maggiormente l’influenza del legno e il tannino è più addolcito e ricorda la polvere di cacao. 

Cavariola 2015

Visivamente l’annata 2015 mostra una maggiore compattezza e omogeneità. 

Il naso si apre su note torrefatte di cioccolato e di liquirizia. Rispetto alla 2016 c’è meno frutta ed è una frutta nera disidratata. Torna prepotente anche la nota balsamica legata a un vegetale resinoso e un accenno di nota ematica.

In bocca si presenta morbido, con una trama tannica percepibile, ma meno invadente. Al gusto torna la liquirizia.

Cavariola 2010

Nonostante i quindici anni d’età, l’ultima annata in degustazione continua a mostrare un’ottima vivacità di colore. I colori si fanno più caldi, la trama meno fitta e tendente al granato, ma nel complesso l’esame visivo dimostra un vino stabile, in grado di resistere perfettamente al passare del tempo.

Al naso le note vegetali si spostano verso un sottobosco di foglie secche. Torna la corteccia, questa volta accompagnata dai profumi di funghi. Rimane la nota balsamica e un accenno di frutta che vira verso l’arancia rossa.Si cominciano a percepire anche note eteree fumè, cera d’api, smalto e salamoia.

In bocca domina la morbidezza: una rotondità piena e piacevole, mai noiosa. La trama tannica è più smussata, così come la freschezza che si è lievemente attenuata. Torna la liquirizia, accompagnata dal caramello scuro.

Avviandoci verso la conclusione della serata emerge nell’aula la consapevolezza di quanto progettualità e lungimiranza siano un fattore chiave per creare un prodotto che si esprima ai massimi livelli. Il percorso di Paolo, iniziato negli anni ottanta è stato un susseguirsi di esperimenti, aggiustamenti, innovazione, scommesse e recupero delle tradizioni (un esempio tra tutti: l’utilizzo di un vecchio bastone smussato dagli anni per eseguire la follatura). E poi, parole di Paolo, una buona dose di “santa pazienza”, consapevoli che ogni azione intrapresa mostrerà i propri effetti negli anni a venire.