Diario di viaggio: Valle d’Aosta

Racconti dalle delegazioni
04 settembre 2019

Diario di viaggio: Valle d’Aosta

Un viaggio-studio di una giornata per conoscere i luoghi e i vini della Valle d’Aosta con il sommelier, degustatore e relatore autoctono, Altai Garin.

Giulia Cacopardo

Un paio di jeans, una t-shirt, un caffè al volo e si parte. Sono le 6.00 di mattina. Con le forme dei cuscini ancora impresse sui volti, saliamo sul pullman. L’autista sembra essere l’unico a esser sveglio, per fortuna. C’è chi riprende a dormire dal primo istante e c’è chi già conversa di cantine e vini della Valle d’Aosta. Dopo un paio di ore, arriviamo da Grosjean. 

Hervé ci accoglie nell’azienda di famiglia e sembra come di trovarsi all’interno delle mura domestiche. «Il nonno ha capito che il mondo del vino poteva sfamare la sua numerosa famiglia di 7 figli. I 5 figli maschi, un po’ alla volta, hanno lasciato le loro attività per dedicarsi all’attività del nonno», racconta Hervé. Oggi l’azienda Grosjean conta 13 ettari di proprietà e una produzione di 120-130.000 bottiglie, diversificata in 18 etichette rappresentative delle varietà autoctone e delle zone territoriali valdostane. Per far fronte alla richiesta del mercato, la famiglia acquista una parte dell’uva da amici e parenti, presso i vigneti dei quali riesce a curare tutti i passaggi produttivi. «Teniamo molto alla sostenibilità delle nostre vigne. Nel 2011 abbiamo ottenuto la certificazione, ma andiamo oltre il biologico perché vogliamo essere ecosostenibili, attraverso l’utilizzo di risorse rinnovabili, impianti fotovoltaici e materiali di imballaggi riciclabili» spiega Hervé. In Valle d’Aosta il clima è generalmente secco e ventilato, ma l’annata 2019 si è rivelata la più secca degli ultimi 20 anni. «A causa del riscaldamento globale bisogna fare la vendemmia - che noi eseguiamo manualmente - sempre prima. Nel vigneto Tzeriat, situato a 800-850 metri s.l.m., viene effettuata 15 giorni più tardi rispetto al vigneto Rovettaz, circa 200 metri più in basso» aggiunge Hervé, mentre ci conduce ad assaggiare i suoi vini.

A guidarci nella degustazione è il sommelier e relatore Altai Garin, che ha organizzato per AIS Milano questo viaggio nella sua terra d’origine. Orgoglioso e fiero, come un buon campanilista, Altai assapora ogni sorso mentre parla di vitigni autoctoni e tradizioni di vinificazione. «In passato non esistevano vini monovarietali. Con il Torrette Supérieur Vigne Rovettaz, Grosjean ha voluto ricreare il vino valdostano della tradizione, con un taglio di autoctoni: 75% petit rouge, 10% cornalin, 10% fumin e 5% premetta».

Ci fermiamo per il pranzo presso la Taverna Gargantua. Ad accoglierci ci sono Laurent e André Cunéaz, giovani eredi dell’azienda Cave Gargantua. Assaggiamo ancora un Torrette Supérieur; il nome del vino è Labié.

«Il nome vuol dire “borbottone”, proprio un po’ come era mio nonno. L’azienda è nata con me - dice Lauren - ma è nata grazie alla passione che lui mi ha trasmesso. Non c’è giorno in cui, mentre lavoro in cantina, non pensi che, se non fosse stato per mio nonno, tutto questo non sarebbe stato possibile». Il Torrette Supérieur, vino fresco e immediato, è vinificato con un 90% di petit rouge, un 5% di vien de nus e un 5% di fumin, e affinato in botti grandi da 1.500 litri. 

L’Azienda Cave Gargantua possiede 3 ettari a Gressan, tra i 600 e i 1.100 m s.l.m. e ha una produzione di circa 20.000 bottiglie l’anno. Di queste, solo una piccola parte sono dedicate alla produzione del vino dolce Spillo d’oro. Si tratta di una vendemmia tardiva di uve attaccate da muffa nobile (75% prié blanc, 25% gewürztraminer). «Almeno il 30% del grappolo deve essere attaccato da botritys per poter essere raccolto, rimanendo comunque ancora ad appassire in cassette fino all’Epifania. Ci sono voluti 3 giorni di pressa manuale per estrarre il succo. Infine, effettua passaggio in demi-barrique da 110 litri per due anni, ma il lievito fatica a fermentare vista la quantità di zuccheri. Una volta imbottigliato, si mantiene sui 200 g/L di zucchero», spiegano Laurent e André.

Il sole si fa sentire passeggiando lungo i filari. Saliamo in alto, fotografando grappoli in allegagione e papaveri. Nicolas Ottin ci attende in cima alla collina, davanti alla Chiesa di Porossan-Neyves. Ci indica la sua vigna di pinot nero. Poi ci porta in azienda, dove insieme al padre Elio, ci invita a degustare i suoi vini. Anche la sua è una storia “di famiglia” e di amore per la Valle D’Aosta, iniziata dal sogno che il padre coltivava sin dagli anni ’90 e che si è realizzato nel 2007 con la produzione delle prime tre etichette (la Petite Arvine, il Pinot Noir e il Torrette Supérieur). Oltre a un meleto di 5 ettari e una stalla con una trentina di mucche, l’azienda conta oggi oltre 6 ettari di vigna con una produzione di 60.000 bottiglie e sta compiendo il cammino di conversione al biologico. Dice Nicolas: «Lavorare in biologico è tanto lavoro in più, soprattutto a livello di gestione del suolo, perché l’inerbimento qui è notevole e richiede molta ricerca per trovare le giuste soluzioni, ma dà molta soddisfazione: non immetti sostanze nocive nel suolo e ti senti più responsabile della terra e di quello che fai su di essa». 

Vini degustati

Grosjean

  • Metodo Classico Extra Brut Montmary rosé
  • Vallée d'Aoste DOC Petit Arvine Vigne Rovettaz 2018
  • Vallée d'Aoste DOC Torrette Supérieur Vigne Rovettaz 2017
  • Vallée d’Aoste DOC Pinot Noir Vigne Tzeriat 2016
  • Vallée d’Aoste DOC Fumin Vigne Rovettaz 2016
  • Vallée d’Aoste DOC Fumin 50anniDiVini 2012

 

Cave Gargantua

  • Vallée d’Aoste DOC Bianco Vin de la Fée 2018
  • Vallée d’Aoste DOC Torrette Supérieur Labié 2017
  • Passito Spillo d’Oro 2016

Ottin

  • Vallée d'Aoste DOC Petite Arvine 2017
  • Vallée d'Aoste DOC Petite Arvine Nuances 2016
  • Vallée d'Aoste DOC Pinot Noir 2016
  • Vallée d'Aoste DOC Torrette Supérieur 2017
  • Vallée d'Aoste DOC Fumin 2015