Erbamat, un “nuovo vecchio” vitigno in Franciacorta
Quando la riscoperta del vecchio diventa spinta propulsiva per l’innovazione. Nella sede di AIS Brescia il Professor Leonardo Valenti e il sommelier Artur Vaso ci hanno illustrato pregi e caratteristiche dell’erbamat attraverso le sperimentazioni di Barone Pizzini
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Leonardo Valenti e Artur Vaso; il primo consulente enologo di Barone Pizzini e docente dell’università degli studi di Milano, il secondo un portavoce attento ed esperto della realtà del Franciacorta. A loro è stata affidata la serata dedicata ad una tematica tanto innovativa quanto appassionante legata al vitigno erbamat.
A qualcuno questo nome potrebbe non suggerire nulla, mentre ad altri potrebbe evocare qualcosa di lontano nel tempo, ed è proprio così perché questo vitigno di nuovo non ha molto, se non la grandissima spinta propulsiva e di entusiasmo che lo ha visto protagonista di una riscoperta che, vedremo, ha tutte le carte in regola per essere di quelle che ci terranno impegnati in dibattiti e confronti accesi ed interessanti.
Protagonista di grande passione scientifica sfociata in una ricerca universitaria che è sempre più corposa e incidente nella realtà agronomica, l’erbamat rappresenta una sfida, quella di recuperare un vitigno autoctono delle “nostre parti”, per poterlo rileggere in chiave moderna e integrabile alle nuove esigenze climatiche e di territorio. Perché, seppur possiamo sempre essere affascinati da ciò che nel vino è tradizione antica, è ancor più vero che l’innovazione e l’adattabilità sono elementi imprescindibili oggi ancor più che nel passato. E se, come dichiarava Einstein, è l’adattabilità la vera forma di intelligenza, allora basta saper osservare ciò che ci circonda per renderci conto di come i cambiamenti climatici di cui tanto si dibatte, non siano qualcosa di astratto dei quali si possa ignorare la portata, bensì una certezza rispetto alla quale è saggio agire d’anticipo. Ciò di cui si è trattato nella serata è anche una filosofia di pensiero che ci obbliga a questo sguardo lungimirante verso il futuro.
Il paradosso è che per prepararsi al futuro, senza lasciarsi trovare impreparati, è stato necessario volgere lo sguardo proprio al passato. Sì, perché l’erbamat altro non è che un vitigno autoctono proprio del territorio bresciano che, con la pazienza di un vecchio saggio, ha atteso spargolo, abbandonato e dimenticato proprio nel territorio, spesso quasi nascondendosi in qualche giardino o orto privato.
Le motivazioni che hanno portato alla riscoperta di questo vitigno nascono, da un lato, dall’attenzione sempre dimostrata dal Consorzio Franciacorta nei confronti dello studio, della valorizzazione e del recupero dei vitigni storici bresciani, anche nell’ottica del valore aggiunto insito nel recuperare una maggiore identità e diversificazione del prodotto grazie ad un approfondito legame con il territorio; dall’altro la necessità di individuare un vitigno con caratteristiche peculiari e funzionali alle esigenze produttive del Consorzio stesso, in grado di far fronte all’andamento climatico ormai sotto gli occhi di tutti.
Cinque le aziende capostipite che, attualmente, sono coinvolte nel progetto partito circa dieci anni fa: Barone Pizzini, Cà del Bosco, Castello Bonomi, Ferghettina, Guido Berlucchi e Ronco Calino.
Un punto centrale per comprendere il perché di questo grande investimento di risorse è da ascriversi all’osservazione di quanto due varietà a vegetazione precoce come chardonnay e pinot nero possano trovarsi in difficoltà nell’attuale contesto che vede un continuo anticipo del ciclo vegetativo stesso e una costante diminuzione della disponibilità idrica dei suoli coinvolti.
Il vitigno Erbamat, dal canto suo, con il suo ciclo vegetativo medio-lungo e il buon tenore acido, essendo più tardivo e a maturazione lenta – viene vendemmiato indicativamente agli inizi di ottobre – si sta dimostrando ideale nel compensare ed integrare le varietà classiche.
Il profilo aromatico tendenzialmente neutro e la buona acidità ben si integrano nel disciplinare Franciacorta come base spumante.
Le indiscusse potenzialità del vitigno hanno trovato riscontro nel suo inserimento nel nuovo disciplinare entrato in vigore dal 1 agosto 2017, che lo ha identificato come uno dei vitigni utilizzabili nella base ampelografica del Franciacorta e del Franciacorta Rosé.
Per il momento è consentito il suo utilizzo nella percentuale massima del 10%, ma le sue caratteristiche e la ricerca costante che lo riguardano, potrebbero far pensare che in futuro ci potrà essere margine maggiore nell’assemblaggio.
Il sapiente ed ambizioso obiettivo, seppur ben ancorato ad una visione realistica e rispettosa del Franciacorta, è pertanto quello di apportare un contributo produttivo e di qualità ad un prodotto amato ed apprezzato a livello sia nazionale che internazionale, rispettando l’inevitabile gradualità del processo stesso.
Come a dire che la mentalità tipica del territorio è quella di esprimersi in una saggezza radicata nella tradizione, ma costantemente orientata all’innovazione e al miglioramento.
L’ottimo lavoro svolto finora, frutto di fatica ed impegno, comincia, pertanto, ad essere riconosciuto non solo attraverso l’inserimento nel disciplinare, ma anche nella crescente richiesta di piante da parte dei produttori del Consorzio. Richiesta che, al momento, non è ancora pienamente assolvibile, poiché l’attività di ricerca per presentare la migliore selezione clonale possibile è ancora in essere, anche alla luce dei parametri di vocazionalità del territorio franciacortino.
Come in ogni attività di ricerca scientifica che si rispetti, alla fatica e all’impegno si integrano, però, i piaceri dell’esplorazione di ampi orizzonti possibili che, in questo caso, hanno portato alla realizzazione di prove di microvinificazione delle uve e di spumantizzazione che hanno visto sia l’uso di erbamat sia in purezza che in diversi tagli tra con chardonnay e pinot nero.
Ed è proprio con questo entusiastico spirito pionieristico per la novità degustativa, ci siamo immersi in quella che si è dimostrata una degustazione davvero interessante e nella quale l’erbamat si è espresso in modo sperimentale in molteplici “prove”, decisamente superate a pieni voti.
Una degustazione, quindi, fuori dagli schemi che ha rappresentato anche una nuova esperienza sensoriale suddivisa in due parti: nella prima tre vini dal titolo “Tesi 1,2 e 3” nei quali diversa è la proporzione tra erbamat, chardonnay e pinot nero, nella seconda tre prove nelle quali il nostro vitigno si esprime nelle sue caratterizzazioni in acciaio, in barrique e in purezza.
V.s.q. Barone Pizzini Tesi 1 2012
60% erbamat, 20% chardonnay, 20% pinot nero
All’osservazione si presenta di un bel colore giallo paglierino pieno che verte verso il dorato. La pienezza del colore ci predisporrebbe ad una maturità maggiore anche all’esame olfattivo e gusto-olfattivo, ma nelle successive analisi emerge un vino teso e tirato. Al naso i profumi sono equilibrati e fini a partire dai sentori floreali delicati in evoluzione verso note più mature. A seguire si esprime in una nota eterea e di distillato. In bocca l’elemento predominante è quello dell’acidità malica e della nota fresca con un finale delicatamente amaricante.
V.s.q. Barone Pizzini Tesi 2 2014
40% erbamat, 30% chardonnay, 30% pinot nero
I profumi sono, rispetto al vino precedente, più ricchi, carichi ed intensi. La frutta è piena, colorata e pienamente matura. Evidenti le note della frutta da guscio. All’assaggio si esprime in modo omogeneo e con buona acidità. Un vino completo ed invitante la beva.
V.s.q. Barone Pizzini Tesi 3 2015
33% erbamat, 33% chardonnay, 33% pinot nero
Al naso è immediata la nota di lievito e, a seguire, un elegante frutto a guscio. Il sentore agrumato è quella della parte bianca del frutto e contribuisce alla nota amaricante. La florealità è anche qui presente e sempre delicata. A seguire una leggera affumicatura.
V.s.q. Barone Pizzini Tesi C
90% chardonnay, 10% erbamat 2011 (acciaio)
All’osservazione il vino si presenta di un colore più intenso. All’analisi olfattiva si esprime in modo decisamente equilibrato con una ricchezza di profumi che evolvono verso la frutta a guscio. Una grande annata che si esprime anche nell’equilibrio all’assaggio. La chiusura è leggermente amaricante.
V.s.q. Barone Pizzini Tesi E
90% Chardonnay, 10% Erbamat 2011 (barrique)
La stessa grande annata e la stessa proporzione dei vitigni rispetto al vino che lo precede in batteria, fanno sì che qui l’utilizzo del legno rappresenti la vera variabile in gioco.E questa si fa sentire pienamente nell’amplificazione e trasformazione dei profumi e degli aromi che, qui, divengono più maturi, rotondi ed evoluti.
V.s.q. Barone Pizzini Tesi B
100% Erbamat 2011
L’espressione in purezza del vitigno mostra un colore delicato in linea con i vini precedenti. Anche i profumi a confermare le note delicate e lievi. La freschezza tipica all’assaggio e la chiusura leggermente amarognola lo accomunano come filo conduttore alle sue espressioni affinate in acciaio. Un vino che si esprime in un ottimo equilibrio e che stupisce piacevolmente per questo.