Il Feudo Nico: 200 anni di storia
Racconti dalle delegazioni
08 settembre 2025

Un racconto lungo 200 anni. Direttamente dalle colline dell’Oltrepò Pavese è venuto a narrarcelo Massimo Madama, ultima generazione dell’azienda agricola «Il Feudo Nico», fondata nel 1825. Un’occasione più unica che rara di conoscere e festeggiare un’azienda tanto longeva inserita in un territorio, in pieno fermento evolutivo.
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«… Correva l’anno 1825 quando, nel piccolo comune di Mornico Losana, Carlo Madama registrava la nascita del figlio Francesco…». Non stiamo sfogliando un antico testo biografico o un polveroso registro dell’anagrafe. Tantomeno ci troviamo all’interno di una biblioteca di provincia o nell’archivio comunale di un piccolo paese di campagna. Sono, in realtà, le parole d’esordio di Massimo Madama, ultima generazione dell’azienda agricola «Il Feudo Nico» che ci racconterà la storia dell’azienda di famiglia presso la sede di Magenta di AIS. A condurre la degustazione sarà Simone Bevilacqua, Relatore AIS e viceresponsabile della commissione Degustatori Lombardia, nonché proprietario di ACA’ | Agricoltura Rigenerativa a Montù Beccaria.
«Ho personalmente insistito nel voler celebrare i 200 anni di storia della nostra azienda», continua Massimo: un sentimento d’orgoglio che aumenta al ritmo delle parole. «È un doveroso ringraziamento alle generazioni che mi hanno preceduto e al loro prezioso lavoro».
La storia ha inizio nel lontano 1825, a Mornico Losana, sito a circa 300 m di altitudine, nella prima fascia collinare dell’Oltrepò Pavese e nella valle del torrente Verzate. Quattro generazioni si sono susseguite fino alla fine della Grande Guerra, quando nonno Emilio iniziò a trasformare la piccola azienda in una vera e propria attività strutturata. Sposatosi con Maria Antonietta, consolidò l’azienda vitivinicola di famiglia producendo le prime bottiglie di vino, ancora conservate in qualche esemplare. Papà Edoardo, nel 1972, prende ufficialmente in mano le redini dell’attività, ampliando in un primo momento la superficie aziendale fino ad arrivare all’attuale estensione e, in un secondo momento, con la moglie Gabriella, riesce a consolidare un marchio che oggi punta all’eccellenza vinicola.
«Oggi ho l’onore e l’onere di lanciare l’attività di famiglia verso le sfide future. In questo viaggio porterò con me la conoscenza e le esperienze di 200 anni di storia. Sono valori fondamentali che nessun capitale di investimento potrà mai comprare», confida Massimo visibilmente emozionato.
L’azienda oggi gestisce dieci ettari di vigneto all’interno della Valle Verzate con esposizioni a sud, per la produzione di vini rossi importanti, e a nord, ideale per le basi spumante. Negli anni ’80 del secolo scorso papà Edoardo fu il primo a imbottigliare vino spumante secondo il metodo charmat, prodotto in autoclave, una grande innovazione per l’epoca, nell'Oltrepò Pavese.
La produzione media annuale è di circa di 45.000 bottiglie. «Ancora oggi consegniamo vino sfuso a casa dei nostri clienti, come si faceva una volta», ci tiene a dire Massimo. «Vogliamo mantenere vivo lo splendido legame che si è creato nel corso degli anni con generazioni di famiglie».
Sul metodo di coltivazione Massimo ha le idee chiare: «Non abbiamo una produzione biologica ma sfruttiamo la saggezza di chi ha i capelli bianchi. Bilanciamo il sapere ereditato dalle generazioni che ci hanno preceduto con uno sguardo attento all’innovazione e al cambiamento dei mercati. Non siamo necessariamente fermi sulle nostre idee, ma siamo sempre aperti al futuro, con l’unico obiettivo di migliorarci».
Undici anni fa l’azienda si è lanciata nella produzione di olio extra vergine di oliva, i primi a piantare un uliveto nel territorio dell'Oltrepò Pavese. Sette anni fa la prima produzione che, nel 2025, ha superato le 1000 bottiglie sfruttando le 400 piante oggi a dimora. Negli ultimi anni altre aziende agricole del territorio ne hanno seguito l’esempio. Una scommessa favorita certamente dal cambiamento climatico. Oggi in Oltrepò Pavese si contano circa cento ettari di uliveti e l’arrivo del primo frantoio nel vicino paese di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza.
«È mamma Gabriella la vera fortuna della famiglia, il collante nei momenti di tensione e fondamentale sostegno al successo di papà» prosegue Massimo con un pizzico di emozione. «Da ventotto anni dietro i fornelli a condurre la cucina del ristorante di proprietà: una ristorazione tradizionale con i piatti tipici del Pavese e salumi di produzione propria da abbinare ai vini della cantina».
Simone interrompe l’affascinante racconto di Massimo per farci immergere nel territorio e fornirci una guida per la successiva degustazione. Anche lui ama l’Oltrepò Pavese e ci invita a visitarlo poiché, per bellezza paesaggistica e storia, merita un viaggio. Ne parla con amore e passione proprio per esperienza diretta perché lui stesso ne è rimasto folgorato, se ne è innamorato e l’ha scelto come sua attuale residenza.
Nel corso della narrazione, a testimoniare il fermento progettuale in corso oggi nell’Oltrepò Pavese, emergono due temi significativi. Il primo riguarda un nuovo studio di zonazione per omogeneità di territorio, non più una suddivisione per comuni - che risultava essere piuttosto riduttivo -, ma per aree omogenee in termini di natura dei suoli, altitudine, esposizione, pendenze e precipitazioni. Un progetto importante al quale la maggior parte dei consorzi si sta indirizzando. Il secondo tema, caro a Simone in quanto l’ha visto personalmente impegnato nel 2018, è l’introduzione del nuovo disciplinare per la DOCG e il Metodo Classico. Innanzitutto, cambia il nome. Non più Oltrepò Pavese DOCG Metodo Classico Pinot Nero, ma il più riconoscibile e storico Classese DOCG e Classese DOCG Rosé. Da evidenziare, inoltre, l’introduzione della versione Riserva che deve sostare per un minimo di 36 mesi sui lieviti. Infine, a breve, dovremmo assistere all’introduzione delle MGA (Menzioni Geografiche Aggiuntive), come ormai sta succedendo per tante altre denominazioni in Italia e, nella stessa Lombardia, in Franciacorta.
Giungiamo con una certa curiosità al momento della degustazione. Nonostante le tante etichette a listino, inclusi i vini rossi, Massimo ha voluto proporci i propri spumanti, in primo luogo, per festeggiare e poi per farci apprezzare le differenze per tipologia di produzione (Metodo Charmat e Metodo Classico), annate e diverse date di sboccatura e soste sui lieviti più o meno prolungate.
La degustazione
Uve provenienti da un vigneto collocato a 340 m di altitudine, sotto il borgo di Mornico, con esposizione a nord. Il mosto è posto direttamente in autoclave e sosta sui lieviti per sei mesi. Imbottigliamento ai primi di dicembre.
Al naso risulta fresco e fragrante. A prevalere è il fruttato con note di ribes e lampone e profumi agrumati di mandarino. A chiudere una nota vegetale. In bocca il residuo zuccherino risulta ben dosato. Buona la struttura sostenuta da una spalla acida importante e da una leggerissima trama tannica. Ben presente la parte sapida derivante dal terreno calcareo. Nota retronasale di banana.
Tutta la linea Metodo Classico è dedicata a Maria Antonietta, nonna di Massimo. Uve provenienti dalla stessa vigna del vino precedente, a 340 m d’altitudine, con esposizione a nord. Le uve sono lasciate 24 ore in cella frigorifero per avere un frutto più croccante al momento della pressatura e una precisa estrazione della polpa ricca di acidità. Sosta sui lieviti 40 mesi e sboccatura a febbraio 2024.
Bella bolla a grana fine. Portato il calice al naso si evidenziano le note fruttate a polpa gialla (pesca) e di piccoli frutti rossi (lampone e ribes). A seguire rimandi di burro, frutta secca e nocciola tostata. I profumi derivati dall’affinamento sui lieviti risultano lievi e rimangono sullo sfondo. In bocca è dritto, come una lama acida che conduce a sensazioni retrolfattive citrine di agrume giallo (lime e cedro). Grande bevibilità.
Uve provenienti dalla storica vigna Ronchi in Val Sorda a media altezza ed esposta a sud. Sosta sui lieviti 48 mesi, sboccatura dicembre 2023.
Colore pieno e luminoso. A differenza del vino precedente, grazie allo chardonnay, al naso risultano ben presenti i profumi derivati dall’affinamento sui lieviti che tendono al dolce di brioche. Il fruttato risulta più maturo, di agrume candito. Si percepisce una nota burrosa molto evidente seguita da erbe aromatiche (aneto e finocchietto). L’ingresso in bocca è avvolgente per poi raddrizzarsi grazie alla spinta acida. Prevale una sensazione di morbidezza nonostante sia un pas dosé.
Uve provenienti dalla medesima vigna del vino precedente. Sosta sui lieviti 48 mesi, sboccatura marzo 2023.
Colore pieno e luminoso. Da subito al naso una nota di mela. Il frutto risulta molto più maturo rispetto al vino precedente ma rimangono i sentori di ammandorlato, frutta secca ed erba aromatica a fare da filo conduttore con le degustazioni precedenti. In bocca risulta più teso e sapido rispetto all’annata 2019. Al retrogusto note di torrefazione, di polvere di caffè e cacao, e un finale quasi amaricante.
Metodo Classico Blanc de Blancs Extra Brut Morpheus 2018 (Private Label)
Vino gemello a quello appena assaggiato ma prodotto in esclusiva per un cliente privato. Cambia il dosaggio essendo ora un Extra Brut con l’aggiunta di un distillato di frutta nel liqueur d’expedition. Il profilo olfattivo risulta più tenue. A prevalere i sentori vegetali rispetto a quelli fruttati. La maggiore differenza risulta in bocca dove risulta più dolce con sensazioni retro-olfattive di frutta gialla e pesca.
Uve provenienti dalla medesima vigna del vino precedente. La sosta sui lieviti è di 100 mesi e la sboccatura è avvenuta a ottobre 2024.
Meraviglioso colore con toni verdolini nonostante l’annata 2015. Al naso freschissimo dove prevale la parte di erbe aromatiche rispetto a una parte fruttata appena accennata. Nota burrosa e note di pasticceria (brioche). Il sorso riempie il cavo orale grazie al lungo affinamento sui lieviti. Prevale la parte sapida, meno quella acida.
Le tre uve, raccolte a mano l’ultimo giorno di vendemmia con il cabernet a maturazione fenolica, merlot e syrah in sovramaturazione, sono vinificate separatamente. Le diverse micro-partite maturano in acciaio, barrique e tonneaux. Prodotto solo nelle migliori annate, sosta in bottiglia almeno 18 mesi prima della commercializzazione.
Colore carminio pieno. Al naso emerge l’anima del taglio bordolese con toni legati alla macchia mediterranea, alla pineta e al rosmarino. A seguire note scure di frutta nera (ciliegia e mirtillo), di china, inchiostro e grafite. Il sorso è rotondo, appagante, con un chiaro richiamo balsamico. Il tannino risulta molto levigato. Il rapporto qualità/prezzo è notevole.
Al termine delle degustazioni, prima di gustarci la consueta cena a base di piatti tipici pavesi, concludiamo con le parole di Massimo dedicate al territorio in cui vive e lavora: «Perdetevi tra le magnifiche colline dell’Oltrepò Pavese. Troverete sicuramente qualcosa di entusiasmante che magari non conoscevate. La cura del territorio è notevolmente migliorata. Oggi sono tantissime le aziende che puntano alla qualità dei propri prodotti. L’accoglienza è cambiata e, ogni giorno della settimana, troverete viticoltori pronti a ricevervi e a trasmettervi la loro passione e competenza».