Il mito del meunier tra Francia e Italia
Non una sfida ma sei diverse filosofie produttive per celebrare un vitigno forte e di carattere: il meunier. Un’imperdibile opportunità per conoscere e capire quattro secoli di esperienza francese e la caparbietà italiana di raggiungere l’eccellenza.
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Pronti a una nuova sfida tra Italia e Francia. Questa l’aspettativa comune dei partecipanti. Vinceranno i francesi forti dei loro quattrocento anni di esperienza? Oppure gli italiani che, con molti meno anni alle spalle, hanno saputo raggiungere ottimi risultati?
Ci pensa subito Federico Bovarini, miglior Sommelier della Lombardia 2023, relatore, conduttore e selezionatore dei vini della serata, a far deporre le armi. «Non è una sfida e non ci saranno classifiche». Così esordisce Federico. «A confronto saranno sei filosofie produttive completamente diverse. Il primo obiettivo sarà capire l’espressione di questo vitigno attraverso il suo territorio». Una prospettiva diversa da quella immaginata ma, perché no, probabilmente molto più interessante.
Meunier: in italiano, mugnaio. Un vitigno completamente ricoperto da pruina che ricorda appunto la farina del mugnaio. Un nome immediatamente associato alla Francia. Germoglia tardi, soprattutto alle latitudini più a nord del territorio francese ed è particolarmente resistente alle basse temperature. Per questa sua caratteristica era stato impiantato per compensare la perdita di produzione dovuta a eventuali gelate del pinot nero. Non è difficile da produrre, ma richiede il massimo rispetto dei tempi di raccolta: se raccolto in anticipo esprime sensazioni verdi, erbacee, a volte spigolose; se raccolto in ritardo tende ad “allargarsi” regalando morbidezza, struttura e alcolicità.
14.000 gli ettari nel mondo. Ça va sans dire, la Francia la fa da padrona con i suoi 11.000 ettari concentrati nella Champagne, ma presenti anche in Borgogna e Alsazia. Altri 2.500 ettari sono suddivisi tra Austria, Germania e Svizzera dove viene vinificato anche in rosso. I pochi ettari che rimangono si distribuiscono tra California, Nuova Zelanda, Australia, Est Europa e nel nord Italia. Qui, i 15 ettari sono concentrati in Trentino, Oltrepò Pavese, Franciacorta e Piemonte. Il catalogo nazionale delle varietà di viti riconosce il meunier e ne riporta le caratteristiche; alcuni disciplinari ne consentono l’utilizzo.
I terreni sui quali si coltiva meunier possono essere caratterizzati da argilla e sabbia, ma è su suolo calcareo-sassoso che dà il meglio di sé.
Iniziamo la degustazione, rigorosamente alla cieca. Sei vini in purezza, tre francesi e tre italiani, suddivisi in due batterie. Federico ci invita al gioco: per alzata di mano proviamo a indovinarne la provenienza. I risultati sono alterni, ma ciò che più conta è che il divertimento non manca.
Graditi ospiti della serata Paolo Verdi e il figlio Jacopo della cantina Bruno Verdi. Con orgoglio ci presentano la loro prima annata di produzione di meunier in purezza (1.500 bottiglie). Dalle prime barbatelle impiantate nel 1990, a circa 5.000 viti di oggi. L’inizio della produzione risale al 2018.
Altre gradite ospiti sono Enrica Serina e Britta Sacco che nel loro sito e-commerce 3’BriEn propongono eccellenze enogastronomiche francesi. Questa sera ci hanno portato uno champagne di nicchia (produzione limitata a 1.000 bottiglie) di Vincent Metivier.
Una serata speciale che ci ha regalato nuove prospettive e conoscenze. Nel tornare a casa ci siamo sentiti più ricchi. Sei produttori si sono messi alla prova su un’uva che, soprattutto in passato, non veniva mai utilizzata in purezza, ma che ora sta ottenendo ottimi risultati, a volte d’eccellenza. Abbiamo degustato vini diversi fra loro. Versioni più particolari, a volte estreme giocate tra Francia e Italia. Passione, sperimentazione, conoscenza del proprio territorio e delle potenzialità di un vitigno sorprendente come il meunier è il fil rouge che lega i sei vigneron.
Ebbene sì, aveva ragione Federico. Le sfide e le classifiche le lasciamo ad altre serate.
La degustazione
Colore particolarmente bello, giallo dorato con una leggera sfumatura perlacea. Bollicine fini. Al naso profumi di mela gialla che si amalgamano con la parte più rossa della frutta. Leggera speziatura. Note di liquirizia, mentuccia leggera e morbide di crema pasticcera a base di limone. In bocca, pur essendo un Pas Dosé, è avvolgente e rotondo grazie alla morbidezza tipica del vitigno. La sensazione è di un frutto succoso. Presente la parte citrica e quella agrumata tendente al verde di un mapo o di un lime che crea una sensazione di pulizia al palato e piacevolezza di beva. Più diretto in bocca rispetto al naso. Strutturato.
Colore giallo dorato meno bello rispetto al vino precedente. Bollicine fini. Al naso predomina la parte floreale e in successione quella minerale, di pietra focaia, soprattutto se lasciato decantare all’interno del calice. Note di ananas. Sensazione speziata di liquirizia e polverosa di cipria. In bocca mantiene la florealità percepita al naso. Sul finale evidenzia una parte amaricante di pompelmo bianco. Rispetto al vino precedente è presente del residuo zuccherino ed è meno strutturato e persistente. Si fa preferire per “snellezza” e facilità di beva.
Colore giallo con sfumature ramate e di ottone. Bollicine molto fini. Al naso si percepisce un inizio di ossidazione. La parte di frutta rossa e speziatura si equivalgono, mentre in successione arriva la parte agrumata. Si evidenziano note di nocciola tostata, caramello e erbe aromatiche. In bocca si ha la sensazione di bere un vino quasi liquoroso. Pur essendo un Pas Dosé, il processo ossidativo regala morbidezza ben contrastata dalla componente acida e soprattutto sapida. Lascia il palato molto pulito. È un vino più evoluto, strutturato e vigoroso rispetto ai precedenti. Risulta “gustoso” e dalla lunga persistenza. Una particolarità: la fermentazione a contatto con i lieviti avviene con il tappo in sughero che ne agevola l’ossidazione. Ne consegue una bollicina più fine e incisiva in bocca.
Colore rosato particolarmente bello e luminoso. Le bollicine sono leggermente grossolane. Al naso risulta più espressivo e potente dei vini precedenti. Prevalgono le note di castagna, frutta secca, pietra focaia e fumé. In bocca si perde la nota di affumicato. Risulta particolarmente “gustoso”: si ha quasi la sensazione di fondo di arrosto. L’acidità risulta decisa, quasi scorbutica. Prevalgono le note di pompelmo rosa e di arancia sanguinella. Il palato risulta pulito. Caldo e strutturato. Lasciato all’interno del calice si evidenzia una sensazione croccante. La beva risulta diretta e immediata. Vino elegante.
Colore giallo pieno con riflessi ottone. Bollicine finissime. Al naso risulta balsamico ed etereo con note di smalto e vernice. Bellissima tostatura. Si sentono tutti i sentori terziari. Note di miele, pinolo e rabarbaro. In bocca le bollicine risultano molto delicate. La sensazione è metallica, quasi ferrosa, e di pietra focaia. Vino un po' spigoloso e scorbutico dovuto alle caratteristiche del meunier. Sapido con uno sfondo di note tendenti al dolce di miele d’acacia e castagno. Lasciato nel calice emerge la parte balsamica mentre si perde parzialmente quella eterea. Vino particolare che ha bisogno di più tempo per essere compreso.
Colore giallo paglierino intenso. Le bollicine sono molto fini. Al naso emerge in modo deciso il processo di ossidazione. Si percepiscono sentori di vernice, smalto e crauti. La parte fruttata è declinata su pera e mela; quella floreale su violetta e liquirizia in polvere. Grande finezza. In bocca è avvolgente e teso. Acidità e sapidità tengono il palato vibrante pronto per un altro sorso. Finale persistente e di un’eleganza straordinaria. Risulta avvolgente, cremoso e di grande equilibrio.