In viaggio dalla Franciacorta all'Etna a Magenta

Una serata speciale per conoscere due territori molto lontani tra loro: la Franciacorta e l’Etna. A unirli, con passione ed energia, Elisabetta Abrami e suo figlio Giuseppe Volpato.

Danilo Nervetti

Cosa c’entra la Franciacorta con la provincia di Catania e con i territori ai piedi dell’Etna?

È questa la domanda che serpeggia tra il banco di degustazione «In Viaggio dalla Franciacorta all'Etna con Elisabetta Abrami» organizzato presso la sede di Magenta di AIS Milano. La sala è piena. Molti hanno posto davanti a sé penna e quaderno. C’è chi sta frequentando il corso AIS per diventare sommelier. Alcuni avranno l’esame finale tra pochi giorni. Tutti siamo accomunati dallo stesso sentimento: l’amore per il vino e la voglia di condividerlo.

Conduce la serata Vinicio Zanetti, sommelier, degustatore e relatore di AIS Milano. Di fronte a lui, seduto in prima fila, Giuseppe Volpato, figlio di Elisabetta Abrami. Rappresenta l’azienda e, da come è proteso in avanti, capiamo che ha tanta voglia di raccontarla.

Avremo risposta alla nostra domanda iniziale? Sulla parete di fronte a noi viene proiettata la prima slide. Il viaggio può cominciare.

Vinicio ci introduce alla Franciacorta. Srotola senza sosta cenni storici, descrizione dei suoli (essenzialmente di derivazione morenica), del clima (più mediterraneo che continentale grazie all’influsso del vicino lago d’Iseo). Ci ricorda i vitigni principali, su tutti chardonnay e pinot nero. Tra le altre, ci portiamo a casa un paio di informazioni interessanti. La prima riguarda il reinserimento progressivo del vitigno erbamat (dalla vendemmia 2017, con la modifica del disciplinare di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita “Franciacorta”, è ufficialmente utilizzarlo fino a un massimo del 10%), in grado di sfidare il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature mantenendo la vena di freschezza che da sempre lo contraddistingue. La seconda è relativa alla produzione. Nel 2022 si sono prodotte circa 20,2 milioni di bottiglie. In funzione delle dimensioni del territorio, esiste ancora un margine di crescita, ma limitato. Per tale motivo, e per le conseguenze del cambiamento climatico, alcuni produttori stanno guardando con crescente interesse ai territori della vicina Val Camonica (soprattutto dell’Alta Valle). Sicuramente, un’ulteriore possibilità di valorizzazione di queste zone.

Ciò che impressiona della Franciacorta è la progettualità come aspetto fondamentale del successo del vino. Parliamo di un territorio partito con una produzione non spumantizzata da pinot bianco per poi passare, all’inizio degli anni ’60 del Novecento, alla spumantizzazione. Nel 1967 il riconoscimento della DOC. Negli anni ‘80 il successo e il ripensamento dei vitigni coinvolti: entrano in gioco in maniera predominante chardonnay e pinot nero. Negli anni ‘90 il cambiamento del disciplinare e del nome (oggi sulle etichette si legge “Franciacorta”, un unico termine che definisce territorio, metodo di produzione e vino), fino ad arrivare al 1995 quando compare la DOCG.

Un insieme di uomini, dall’imprinting imprenditoriale, che hanno saputo pianificare e progettare una visione. In questo contesto si inserisce, quasi per caso, Elisabetta Abrami con la sua omonima cantina (30.000 bottiglie e 15 ettari vitati tra i comuni di Provaglio, Passirano e Paderno Franciacorta). Sei i vini in gamma, escludendo naturalmente il Satèn, tutti segnati dalla presenza del pinot nero. Un incontro casuale, quello di Elisabetta, con una cantina da ristrutturare e una collina, i Redigoli, dalla cui cima si può ammirare il lago d’Iseo.

Al figlio Giuseppe brillano gli occhi quando parla della mamma. Finalmente ha modo di raccontare l’azienda di famiglia, la scelta del biologico messa in pratica sin dall’inizio nel 2005. Tra i primi in Franciacorta. Il pinot nero eletto a vitigno prevalente. Elisabetta si fa carico in prima persona di tutto il ciclo: dal chicco d’uva alla bottiglia. Lei che arriva da tutt’altro mondo produttivo decide di cambiare vita: fare la viticoltrice sporcandosi le mani tutti i giorni in prima persona. Sente la responsabilità di chi berrà il suo prodotto, per questo dà e chiede attenzione e rispetto verso il contenuto di ogni bottiglia.

La passione e l’energia sono da sfondo alle parole e alla presentazione di Giuseppe. Lui che, fino a qualche anno fa, si occupava di tutt’altro in giro per mezza Europa. L’amore per la sua terra l’ha richiamato a casa per dedicare anima e corpo all’azienda di famiglia.

Prima che Giuseppe possa raccontarci dell’altra cantina, Sciare Dell’Alba Etna, interviene Vinicio che ci introduce ai suoi territori dove si fa vino da oltre duemila anni. Un suolo particolare, quello etneo: generoso, ricco, con terreni formati dallo sgretolamento della lava, e da lapilli, ceneri e sabbie. La viticoltura etnea si spinge oltre i 1000 metri di altitudine ed è un susseguirsi di terrazzamenti e muretti a secco in pietra lavica. La densità per ettaro è molto elevata (fino a 9000 viti). In questi ultimi anni, grazie a un meticoloso lavoro di recupero, sono ritornate in produzione vecchie vigne di carricante, nerello mascalese e nerello cappuccio che si inseriscono all’interno della denominazione Etna DOC e in varie IGP. Possono esprimersi a differenti altitudini e in terreni diversi. Un vero e proprio mosaico in cui risalta l'originalità dei vitigni. Il clima risente chiaramente dell’influenza del mare ed è caratterizzato da grandissime escursioni termiche (anche d’estate si possono avere differenze tra il giorno e la notte fino a 15-16 °C). In generale i vini dell'Etna manifestano profondità, grande sapidità e belle note di freschezza. A volte troviamo delle note sulfuree ma mai troppo marcate.

È solo negli ultimi 25 anni che questo territorio si sta affermando al grande pubblico grazie alla qualità crescente dei propri vini. In questo periodo il numero dei produttori è cresciuto di 5-6 volte. Probabilmente non siamo arrivati ancora alla massima espressione del territorio ma, con il continuo lavoro dei produttori, vedremo nel prossimo futuro nuove caratteristiche e un'identità ancor più valorizzata.

Sul vulcano si distinguono tre versanti produttivi. Il versante sud (tra i 600-1000 metri) è il più caldo. Il versante nord/nord-est (tra i 400-1100 metri) consente di ottenere vini di ottima struttura e complessità. Il versante est/sud-est (tra i 400-900 metri) si affaccia sul Mar Jonio e produce, da terroir diversificati, vini di notevole finezza. È qui, a Mascali, che si trova la cantina Sciare Dell’Alba tra i 500 e i 700 metri sul livello del mare. Il nome prende origine da “sciare” che in dialetto siciliano significa “colate di lava” e “alba”, in quanto le vigne posizionate sul versante est, al mattino, guardano appunto il sorgere dell’alba.

La passione del cibo in famiglia e l’acquisto di pesce fresco tramite i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) hanno messo in contatto Elisabetta con la famiglia Urzì, pescatori, con 4 ettari di proprietà sul versante est del vulcano, in contrada Scorciavacca, tra i 500 e i 700 metri sul livello del mare. «Vuoi venire a vedere i nostri terreni?» Questa la domanda posta dalla famiglia Urzi a Elisabetta, la quale non può far altro che rispondere lanciandosi in una nuova sfida: “scendere” nel profondo sud e lavorare sull’allettante vulcano siciliano Etna. Sette anni fa, dall’unione di queste due famiglie, nasce l’azienda Sciare dell’Alba. A colpire Elisabetta non è solo il territorio, ma anche i vitigni autoctoni con i quali si trova a lavorare. In particolare, il nerello mascalese che, come il suo amato pinot nero, è un vitigno intrigante che ha molto da offrire, ma è complesso e delicato da gestire. E poi gli altri vitigni sui quali sfidarsi: il nerello cappuccio, il carricante e il catarratto. Da conoscere e da imparare a gestire.

Abbiamo finalmente ricevuto risposta alla nostra domanda inziale. L’unione tra Franciacorta e il vulcano Etna, due territori così lontani tra di loro, nasce dalla voglia di affrontare nuove sfide, di sperimentare e migliorarsi anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia. Non senza difficoltà. Ma siamo certi che Elisabetta guarderà al futuro con il consueto spirito imprenditoriale positivo che la contraddistingue. Lo farà guardando il mare, circondata dai propri vigneti e con le mani immerse nella terra. Al suo fianco il sostegno del figlio Giuseppe.

La serata volge al termine. Si cena tutti insieme. Al tavolo con Giuseppe continuano i racconti, si fanno nuove considerazioni. L’energia e la passione non si esauriscono. Ci confrontiamo e discutiamo di un mondo che amiamo, quello del vino.

Torniamo a casa più ricchi, in attesa del prossimo evento. Giuseppe racconterà a sua mamma della serata. Siamo sicuri che Elisabetta sarà orgogliosa di lui, come lo è dei suoi due territori: la Franciacorta e l’Etna.

La Degustazione

ElisabettAbrami Franciacorta Brut SA
Metodo Classico. Chardonnay (70%) e pinot nero (30%). Minimo 24 mesi sui lieviti e minimo 3 mesi di post-dégorgement.

Colore giallo paglierino. Piacevole al naso con note di frutta bianca (pesca) e agrumate di pompelmo. Leggera florealità di gelsomino. Note di frutta secca (nocciola e mandorla). Meno marcate le fragranze di pasticceria. Al sorso è secco, più morbido che fresco, con una bellissima rotondità e una bella sapidità. Discreta intensità e moderata persistenza.

ElisabettAbrami Franciacorta Rosé SA
Metodo Classico. Pinot nero (70%) e chardonnay (30%). Minimo 24 mesi sui lieviti e minimo 3 mesi di post-dégorgement.

Cristallino. Bel colore rosa tenue buccia di cipolla. Bolla finissima. Discreta intensità olfattiva con note di frutti rossi di bosco e vegetali di erbe aromatiche. A chiusura una leggera nota floreale. In bocca una bella avvolgenza. Si apprezza la finezza della bolla al palato. Discreta intensità. Persistenza giocata sulle note di frutta rossa (ciliegia) che dà pienezza al sorso. Sapido. Acidità non eccessiva.

I viniElisabettAbrami Franciacorta Satèn SA
Metodo Classico. Chardonnay 100%. Minimo 24 mesi sui lieviti e minimo 3 mesi di post-dégorgement.

Brillante giallo paglierino. Bolla finissima. Al naso intenso ed elegante. Note di frutta bianca, esotica, agrumata di mandarino e di erba aromatica. In bocca la bolla è delicata. Estrema morbidezza. Freschezza contenuta e buona sapidità. Di media persistenza. I toni sono fini.

ElisabettAbrami Franciacorta Blanc de noir Millesimato 2016
Metodo Classico. Pinot nero 100%. Minimo 30 mesi sui lieviti (il vino degustato, in particolare, ne ha fatti 70) e minimo 3 mesi di post-dégorgement.

Brillante, giallo paglierino con note rosate. Splendida bollicina. Al naso intenso ed evoluto. Frutta rossa di ciliegia. Arrivano poi note speziate dolci di pepe bianco. Note di pasticceria e frutta secca tostata (nocciola e mandorla). In bocca si sente tutta la nota evolutiva data dai 70 mesi sui lieviti. Grande eleganza. Intenso e persistente. Assoluta corrispondenza tra naso e bocca.

Sciare dell’Alba Etna bianco 2021
carricante 80%, catarratto 20%. In acciaio per tre mesi a contatto con le fecce fini e un mese in bottiglia.

Limpido, giallo paglierino. Naso non intensissimo. Floreale di zagara, acacia e fiori gialli. Note leggermente agrumate di cedro e vegetali di macchia mediterranea. In bocca secco. Mediamente caldo, discretamente morbido ma soprattutto fresco e molto sapido, Buona intensità. Struttura media. Persistente.

Sciare dell’Alba Etna rosso 2018
nerello mascalese 80%, nerello cappuccio 20%. Vinificato in acciaio con controllo della temperatura e macerazione di circa 12-15 giorni.

Colore rosso rubino poco fitto. Al naso, non convenzionale. Note di frutta matura (prugna), speziate di pepe nero e chiodo di garofano. Una nota dolce di vaniglia e un leggero balsamico. Quasi complesso. In bocca secco. Non eccessiva la nota calorica. Fresco, con tannini fini e avvolgenti. Sapidità assoluta. Di medio corpo. Bella intensità e discreta persistenza, su note di frutta matura e speziata. È un vino che può ulteriormente migliorare con l’evoluzione.