L’Albana, oro di Romagna
Racconti dalle delegazioni
16 giugno 2025

Serata a due voci con Francesco Bordini, agronomo, consulente, produttore e figura di spicco del panorama vitivinicolo romagnolo, e Davide Gilioli, relatore AIS e appassionato di vitigni autoctoni e tradizioni enogastronomiche.
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Entriamo subito nel vivo della serata con Davide Gilioli che placa da subito la nostra curiosità rispondendo alla domanda che tutti i partecipanti si chiedono: perché l’Albana è considerato l’“Oro di Romagna”? La leggenda narra che, durante un viaggio attraverso i territori della attuale Romagna, Galla Placidia, figlia dell’imperatore romano Teodosio I, fece sosta sulle colline di un paesino chiamato Monte dell’Uccellaccio. Qui, le venne offerto un calice di vino dorato, servito in una rozza ciotola di terracotta. Dopo averlo assaggiato, colpita dall’intensità e dalla dolcezza di quel nettare, esclamò: «Non di così rozzo calice sei degno, o vino, bensì di berti in oro», e così, da allora, il paesino cambiò nome e divenne Bertinoro. La principessa volle l’Albana per il suo matrimonio con Ataulfo, re dei Visigoti, scelta audace visto che tradizionalmente il vino bianco era riservato alla servitù. Il topos “albana”, su base etimologica, deriverebbe dal latino “albus”, cioè bianco. Quale che sia la genesi, fatto sta che dal Medioevo in poi, l’albana ha caratterizzato le vicende dei vigneti romagnoli, sperimentata nelle varie declinazioni dai vigneron locali, dalla versione secca fino alle più pregiate interpretazioni passite e dolci.
Portavoce indiscusso dell’identità più autentica della Romagna, l’Albana è stato il primo vino bianco in Italia a ottenere la DOCG nel 1987, riconoscimento che ha confermato il valore del vitigno dalle profonde radici storiche e dalle straordinarie potenzialità enologiche. A causa del suo carattere indomabile, l’albana fu abbandonata negli anni ‘80/’90 a favore del trebbiano, più facile da allevare, per poi tornare a far parlare di sé.
Un carattere indomabile
Per comprendere l’albana è necessario tornare alle sue origini. Le prime tracce risalgono al 300 d.C. ma i riferimenti storici sono pochissimi. I 1700 anni di storia, comunque, significano una profonda ancestralità del vitigno e caratteri molto vicini alla vite selvatica. L’albana non è cresciuta sotto l’egida culturale monastica come è successo al coevo pinot nero selezionato e catalogato dai Benedettini nel 900, ma si è evoluta in Romagna, uno dei territori più anarchici in assoluto. Un’area pianeggiante, soggetta ad allagamenti, molto difficile da gestire, nella quale la capacità di arrangiarsi era l’unica fonte di sopravvivenza. In questo contesto cresce il figlio ribelle, l’albana, dal carattere difficile in adolescenza, ma con elementi di grandissima originalità nella maturità. L’alto livello di zuccheri, che spesso possono non tradursi in alcol ma rimanere residuo zuccherino, si confronta con acidità taglienti e un tannino ingombrante, in grado tuttavia di conferire grazia e struttura. Se il pensiero dominante ritiene che non si possa raggiungere un equilibrio elegante in presenza di eccessi, l’ambizione dei produttori dell’Albana è in direzione opposta, verso cioè un equilibrio al rialzo che vede espressi all’ennesima potenza tutti i fattori.
La tradizione
L’areale molto contenuto spiega il legame intimo con il territorio. Sono rari infatti gli esempi di albana esterni al suo territorio di elezione. Il DNA ancestrale della vite influenza sia l'uva sia l'habitus della pianta, rendendola vigorosa, con internodi lunghi, foglie grandi e sensibile a malattie come la peronospora. Questo patrimonio genetico è di matrice etrusca. Bisogna ricordarsi che nella viticoltura antica, tra il 200 a.C. e l'anno 0, convivevano due modelli: quello greco, che coltivava la vite ad alberello come entità autonoma, e quello etrusco, che prevedeva la crescita della vite arrampicata agli alberi, in convivenza con altre piante. La tradizione etrusca sviluppò sistemi di allevamento come il "testucchio" (termine toscano per acero campestre, tipico tutore della “vite maritata”), evolutosi poi in forme di coltivazione su tutori vivi (alberate) o morti (pergole). L’albana viene selezionata in quest’epoca, per crescere in alto, lontano dalla terra e dagli schizzi della pioggia. La capacità di resistere alle malattie era poco importante vista la distanza della pianta dalla terra, da cui la suscettibilità alla peronospera e all’oidio. Anche ora, per quanto addomesticata, l’albana ha bisogno di forme di allevamento tradizionali, espanse e alte.
Gli ecotipi
L’albana è un vitigno molto vigoroso e quindi con una grande sensibilità all’annata. La buccia è spessa, colorata e tannica anche se si tratta di un’uva bianca, e presenta diverse varietà di ecotipi. Le albane si distinguono in lunghe, medie e corte a seconda della dimensione del grappolo che è strettamente legata ai diversi tipi di suolo. Nei terreni fertili della Via Emilia prevalgono le albane lunghe (come quella storica di 98 cm misurata nel 1972 nel Podere della Compadrona tra Faenza e Imola). L’albana lunga, con il grappolo biforcuto, è caduta in disuso negli anni ‘90 perché troppo produttiva ma, con la mutazione climatica in atto, questa varietà è stata rivalutata perché, grazie agli acini più grandi, in condizione di grande calore, mantiene la sua fragranza. Le albane medie (30-40 cm), diffuse nei territori pedecollinari di Dozza e Brisighella, hanno acini dalla buccia spessa, ricca di tannini e resistenti alla botrite, caratteristica che fa faticare la muffa nobile, favorendo l’eleganza aromatica. L’albana gentile a grappolo corto, si è adattata alla coltivazione ad alberello tipica di Bertinoro e concentra zuccheri e aromi di frutta gialla, anche se il cambiamento climatico rende oggi più critica la gestione dell’eccesso zuccherino. Infine, esiste anche l'albana rosa (di lunghezza media), il cui clone è stato recentemente riconosciuto, ma che resta una varietà molto rara, relegata a produzioni di nicchia.
I terroir
Oltre alla variabilità genetica, anche altitudine e suolo contribuiscono alla complessità dell'Albana. Nonostante l’areale sia contenuto, si individuano sei tipi di suoli molto diversi, ciascuno associato a specifici comuni. Le argille rosse caratterizzano Dozza e Serra, dando vini ricchi di frutto e alcol, ma con tannini più morbidi. A Bertinoro, Marzeno e Castrocaro prevalgono i suoli calcarei. Riolo e i Monti Coralli si distinguono per le sabbie gialle, mentre Brisighella è nota per le marne gessose e, nella parte alta, per le marne calcaree. A Modigliana compaiono infine le arenarie. Tutti i suoli romagnoli, comunque, derivano da fondali marini emersi in fasi geologiche regolari, rendendo la geologia della zona particolarmente ordinata e senza commistioni, a differenza della Toscana.
La degustazione
L’albana rompe molti degli schemi della vinificazione in bianco dando luogo a espressioni molto differenti anche se proviene da zone situate a pochi chilometri di distanza. Per questo motivo la sua degustazione è sempre complessa e sfidante. Lo stile di vinificazione detta il profilo sensoriale e la gamma di sensazioni organolettiche: secco, passito o spumantizzato, questo vitigno sorprende per l’eccletticità e la versatilità delle interpretazioni. La degustazione proposta dai relatori adotta un approccio comparato per evidenziare come cambiano le espressioni del vitigno sia in funzione degli areali sia delle scelte di cantina che spesso mirano a bilanciare l’esuberanza naturale dell’albana. In degustazione sono proposte quattro versioni secche vinificate in contenitori inerti, una versione “orange” con macerazione e affinamento in anfore georgiane e tre vini che giocano con i residui zuccherini e gli appassimenti: il primo secco con surmaturazione delle uve e attacco parziale di botrite, il secondo da vendemmia tardiva con un leggero residuo zuccherino, il terzo un passito pieno.
Romagna Albana Secco DOCG Alle Dodici a Montetondo 2023 - Terre della Rocca (Riolo Terme, RA)
Grande luminosità e lucentezza, con un dorato che è quello che stregò la principessa. Il vino si muove pesante nel calice vantando struttura. I primi accenni sulfurei diventano pompelmo e limone, assieme ad albicocca e pesca nettarina non ancora mature. In progressione fuoriescono note resinose, quasi di solvente, con una sottile punta di ossidazione. Il sorso avvolgente e pieno trova l’alcol e il tannino in equilibrio. Il finale, fresco, ripropone le note agrumate.
Alle Dodici a Montetondo proviene da Riolo Terme, al limite dell’areale Imolese, terra di albane lunghe. Il territorio è ricco di marne gessose e argilla. Il gesso, accanto alla componente calcica, contiene anche quella sulfurea; accumulando calore di giorno e poi cedendolo la notte, conferisce ai vini vigore aromatico. L’azienda opera in regime biologico. Vinificata totalmente in acciaio questa etichetta appartiene alla produzione di circa 15.000 bottiglie. Terre della Rocca è un’azienda giovane, nata nel 2018 con un progetto qualitativo di spessore seguito da Francesco Bordini e Giorgio Melandri. La prima annata di Albana prodotta è stata la 2020.
Romagna Albana Secco DOCG Madonna dei Fiori 2023 - Marta Valpiani (Castrocaro Terme, FC)
Vicino al primo vino per cromia. Siamo a Castrocaro Terme, stessa quota altimetrica rispetto a Riolo da cui dista circa 30 km e due matrici argillose tra di loro simili, ma con cemento differente: gesso nel primo, calcare nel secondo. La parte calcarea qui è dirompente. Il naso è più composto, più delicato, più incisivo. La nota zuccherina di pesca bianca racconta di un frutto maturo che relega sullo sfondo la parte agrumata. Arrivano poi le erbe aromatiche, piacevoli ed eleganti. Sul finale sbuffi di pietra focaia, di polvere da sparo, una leggera affumicatura. Il sorso, ampio, esperisce la nota zuccherina assieme all’acidità. Un vino di sale e di luce, che fonde calore e sapidità richiamando alla beva.
Madonna dei Fiori si veste delle etichette bucoliche disegnate dalla sua proprietaria. L’uva, da vigne tra i 30-60 anni, viene vinificata parte in acciaio parte in tonneaux a cui segue una maturazione di 6 mesi in cemento sulle fecce fini. La cantina di famiglia si chiama Marta Valpiani, nome della mamma di Elisa, la produttrice. Il progetto nasce nel 1999 in memoria del papà venuto a mancare e ha registrato negli anni una crescita esponenziale lavorando in regime biologico certificato e biodinamico. Il paesaggio qui è caratterizzato dai calanchi, le argille più tenaci della Romagna, uno scenario quasi lunare, ma non siamo tra i Canyon del Nevada!
Romagna Albana Secco DOCG Farfarello Brix 2023 - Poggio della Dogana (Brisighella, RA)
Dorato intenso come i vini precedenti; la differenza è al naso. A Brisighella, che si trova a una quota altimetrica più alta, il suolo cambia. Siamo nella terra di mezzo tra le sabbie gialle e l'inizio delle arenarie, dove c’è povertà, sabbia e calcare. A queste altezze iniziano le albane medie, compaiono sentori esotici e componenti agrumate più complesse. La pesca gialla matura vira verso il mango e la papaia con un accenno vegetale in ultimo. In bocca la freschezza del mandarino e della arancia bionda arginano piacevolmente il calore. Lontano dagli Appennini, su altimetrie differenti l’Albana regge ancora con un grande equilibrio. Cambiano gli elementi, ma freschezza e acidità del finale lasciano la bocca pulita, rendendo questi vini gastronomici oltre che piacevoli in assoluto. Pigro, in questo calice, il tannino.
Poggio della Dogana è di proprietà dei fratelli Rametta, gli stessi di Ronchi di Castelluccio. La vinificazione avviene in assenza di bucce attraverso pressatura lenta in pressa soffice. Segue la fermentazione in tini di acciaio a temperatura controllata. 10 mesi di affinamento in cemento non vetrificato, con periodici bâtonnage sulle fecce fini e almeno 4 mesi in bottiglia.
Romagna Albana Secco DOCG la SgNòRa 2023 - Az. Agr. Galassi Maria (Bertinoro, FC)
Ci spostiamo verso sud, a Bertinoro. La SgNòRa 2023 parla di struttura e complessità. Il naso è concentrato e intenso, si sente il frutto maturo. C'è cedro, scorza di agrume matura, ma anche ananas e banana. In bocca l'acidità è ben presente ma in secondo piano rispetto a struttura e tenore alcolico. Il sorso è ampio e il tannino svolge diligentemente il suo ruolo.
Situata a Paderno di Cesena, nel comprensorio di Bertinoro, l'azienda agricola Maria Galassi è di proprietà della famiglia dalla fine del 1800. Dal 1994 è certificata biologica e produce vino dal 2006 con la consulenza dell'enologo Francesco Bordini. La cura in vigna è al centro del progetto, le rese sono bassissime, le operazioni sono tutte manuali con uso esclusivo di soli rame e zolfo di origine naturale. La tenuta si estende per 36 ettari, con 18 ettari vitati a circa 200 metri s.l.m. I terreni sono composti da argille calcaree, vene di gesso e sabbie gialle ricche di tufo marino che conferiscono ai vini profumi eleganti e finezza al palato.
Romagna Albana Secco DOCG 8000 2023 - Az. Giovannini (Imola, BO)
Con la macerazione sulle bucce e la vinificazione in anfora georgiana, 8000 può considerarsi la versione “orange” dell’Albana. Bisogna immaginarsi le vigne di 40 anni vicino alla via Emilia, in territorio di terre rosse.
Il colore dorato si fa più intenso. Al naso esordisce il frutto giallo maturo anche in sciroppo, pregno di aromi e profumi. Poi frutta secca, mallo di noce, mandorla, nocciola leggermente tostata con incursioni eteree, resinose quasi di solvente. La macerazione non è esasperata ma sufficiente a estrarre le preziose componenti. In bocca è un concentrato di pesca gialla quasi solida. Il tannino, ben integrato, accompagna struttura e persistenza.
Il vino, prodotto solo in Magnum (circa 900 bottiglie) dall’azienda Giovannini a Imola, si chiama così perché la vinificazione in anfora georgiana, riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità nel 2013, avviene allo stesso modo da 8.000 anni. La fermentazione avviene in qvevri, le tipiche anfore di terracotta georgiane, per circa 20 giorni, senza controllo della temperatura o utilizzo di lieviti industriali. L’affinamento prosegue per 8 mesi nelle stesse anfore.
Romagna Albana DOCG Codronchio 2023 - Fattoria Monticino Rosso (Imola, BO)
Oro zecchino all’occhio, zafferano al naso: è la botrite che parla. La spezia si fonde alla frutta gialla surmatura, alla confettura di albicocche, all’albicocca disidratata con una puntina di zenzero e una scorzetta di arancia candita. In bocca il sottile residuo zuccherino sostiene la struttura del vino, intrecciandosi con l'acidità vivace e invogliando continuamente al sorso.
Siamo ancora sulle colline di Imola, al confine con il comune di Dozza. Il Codronchio nasce da un’accurata selezione delle uve raccolte a mano al comparire delle prime tracce di muffa nobile. La vinificazione è in acciaio a temperatura controllata con affinamento delle fecce fini in barrique francesi mentre la fermentazione è in vasche in acciaio a temperatura controllata.
La Fattoria Monticino Rosso è un’azienda agricola a conduzione familiare nata nel 1965 a opera di Antonio Zeoli affiancato ora dai figli Luciano e Gianni. Nel 1985 la famiglia acquisisce il podere Monticino Rosso, di 24 ettari, che darà poi il nome all’intera tenuta.
Ravenna Bianco IGP Tergeno 2024 - Fattoria Zerbina (Marzeno, RA)
È un vino che, alla cieca, potrebbe ricordare l'Alsazia: al naso il dolce dei marshmallows e del caramello, poi erbe aromatiche soprattutto salvia e maggiorana. In bocca esplode l’acidità domata da un residuo zuccherino che rende il sorso morbido e avvolgente. Vino perfetto in abbinamento a sushi, pesce e crostacei a tendenza dolce.
In origine il vino era un blend di chardonnay, sauvignon blanc e gewürztraminer. Le performance dell’albana botritizzata hanno convinto Cristina Geminiani a produrre una nuova versione del Tergeno: a partire dalla vendemmia 2014 il vino, infatti, è 100% albana, di cui 30% vendemmia tardiva e 70% vinificata secca in vasche di acciaio di media capacità per 15-21 giorni, con affinamento in vasche di cemento e di acciaio di piccola capacità. Rimane centrale il ruolo di Fattoria Zerbina nella storia recente dell'Albana. Fondata negli anni '60 e portata alla ribalta da Cristina Geminiani dagli anni '80, Fattoria Zerbina ha contribuito a esplorare ed esaltare le potenzialità del vitigno romagnolo.
Romagna Albana Passito DOCG Regina di Cuori 2022 - Az. Agr. Gallegati (Faenza, RA)
Giallo ambrato intenso, vivace e luminoso con riflessi dorati. Al naso un tripudio di frutta secca e candita: fichi, albicocche, datteri e una leggera speziatura dolce. Torna alla memoria il fico bianco Cilentano, fatto seccare e farcito con la mandorla. Poi note di zafferano, cannella, vaniglia, crema pasticcera. In bocca il sorso è denso, materico e caldo, di grande struttura; il finale è lungo e avvolgente. Il residuo zuccherino elevato è ben bilanciato da una spiccata acidità che dona freschezza e slancio assieme a una piacevole componente salina. Le uve di albana, attaccate da muffa nobile quasi al 100%, sono lasciate ad appassire naturalmente fino alla primavera. Dopo la pigiatura il vino fermenta e matura in barrique di rovere di terzo passaggio per circa 6 mesi e prosegue l’affinamento in bottiglia per almeno 5 mesi.
La cantina, gestita dai fratelli Antonio e Cesare Gallegati, si trova sui Monti Coralli di Brisighella (Faenza), a 200 m s.l.m., su colline composte da sabbie gialle e argille bianche evolute. Dal 2019 hanno ottenuto la certificazione BIO.
Un tempo le famiglie romagnole usavano mettere via l’Albana alla nascita di un figlio, contando non solo sul suo potenziale di invecchiamento, ma soprattutto dalla sua capacità di rappresentare una identità unica quanto rara. Ecco, l’Albana va ricordata così.