L’Alto Adige in lungo e in largo

Racconti dalle delegazioni
13 novembre 2019

L’Alto Adige in lungo e in largo

Un territorio ricco di storia e sfaccettature, sia culturale che nel bicchiere. Ad accompagnarci in questo percorso di approfondimento anche questa volta Nicola Bonera

Elisa Inselvini

In Alto Adige gli ettari vitati sono 5400, vale a dire meno dell’1% del totale nazionale, con una coltivazione che si trova tra i 200 e i 1000 metri sul livello del mare. Si tratta di una viticoltura che unisce le vecchie vigne caratterizzate dall’allevamento a pergola e i nuovi impianti che prediligono guyot e cordone speronato.
Da sottolineare come la produzione sia ottenuta per il 60% da uve a bacca bianca. Quest’ultimo dato ci riporta ad un passato diverso nel quale la distribuzione tra produzione di uve bianche e rosse, sostanzialmente, si equivaleva.

L’analisi dei terreni evidenzia la presenza di un’interessante varietà: dai porfidi vulcanici nel territorio compreso tra Merano e Bolzano, alla roccia metamorfica di quarzo e mica in Valle Isarco, per passare poi alle rocce calcaree e dolomitiche nella Bassa Atesina e concludendo con le marne a sud di Cortaccia.

Agli appassionati difficilmente non interesserà la realtà di cui stiamo parlando, anche perché la cultura enoica, qui, non è qualcosa di recente o banale, bensì di millenaria fattura e frutto di influenze culturali e storiche che oltrepassano gli attuali confini nazionali. Senza voler scomodare i Romani che anche in queste terre ebbero modo di perfezionare la viticoltura già presente con i Reti, tra le tappe degne di menzione c’è, come sempre, lo “zampino” dei monaci, in questo caso bavaresi e svevi, che impressero la loro presenza e attenzione a queste zone già a partire dal Settecento, acquistando qui delle tenute vinicole. Sarà poi responsabilità dell’Arciduca Giovanni I, all’incirca nell’anno 1850, l’introduzione di varietà nobili quali pinot e riesling. Come non essergliene grati anche al giorno d’oggi!

Non dovremo poi aspettare molto prima di veder nascere la prima cantina sociale che risale al 1893. E di cantine sociali non possiamo non occuparci trattando della vitivinicoltura dell’Alto Adige in quanto forma tipica di gestione della realtà produttiva che ancor oggi la contraddistingue. 
Di soli tre anni più recente fu, inoltre, l’inaugurazione della prima Mostra dei vini di Bolzano, in linea con un’epoca, quella a cavallo tra ‘800 e ‘900, che potremmo definire di grande interesse e di vera e propria “esplosione” per le manifestazioni dedicate al vino.

Queste tappe finora menzionate non devono farci dimenticare che descrivevano una realtà di fatto non ancora “nostra”, non ancora italiana, perché sarà solo nello storico e decisivo 1919 che l’Alto Adige verrà annesso all’Italia. Il passato austro-ungarico ci aiuta nella comprensione del modus operandi tipico della zona, anche nella produzione vitivinicola. Primo tra tutti la tendenza a produrre vini da monovitigno, per esempio, aspetto per alcuni aspetti analogo, perché simile ne è la matrice storica, al Friuli Venezia Giulia.

Ma affrontare una realtà conosciuta come quella dell’Alto Adige ci appassiona perché nulla nel vino, così come nella vita, è statico e, pertanto, possiamo meglio osservarne la dinamicità e i cambiamenti. Cambiamenti, per esempio, che stanno attualmente caratterizzando le modalità produttive spostando la produzione verso le cuvée e gli assemblaggi. O cambiamenti che stanno riguardando la valorizzazione delle uve a bacca bianca a sfavore di quelle a bacca nera. Anche la produzione di riesling risulta essere più che raddoppiata, sulla scia di quella che è la “Riesling Renaissance”.

Si tratta di evoluzioni figlie della necessità di osservare la realtà, anche in termini di gusti, mode e richieste gastronomiche, che impongono le necessarie modifiche.

Per quanto riguarda la diffusione dei vitigni in Alto Adige, tra quelli a bacca rossa troviamo la prevalenza di schiava, lagrein e pinot nero, tra quelli a bacca bianca risultano quasi a pari merito per produzione pinot grigio, gewürztraminer, pinot bianco, chardonnay e sauvignon blanc.
Nonostante i numeri ben più esigui, anche altri vitigni hanno contribuito alla fama della viticoltura dell’Alto Adige, basti pensare al moscato rosa, che rappresenta una produzione di nicchia ma che ha spesso incontrato gli apprezzamenti e i riconoscimenti della critica, nonché altri tipici vitigni quali sylvaner e riesling, di fatto considerati i figli del vecchio traminer, da cui a sua volta deriverebbero numerosi vitigni europei.

La degustazione

Alto Adige Pinot bianco Sirmian 2015 Nals Margreid
Un vino in cui la presenza del legno è percepibile, ma in modo raffinato e non invasivo. Al naso i tratti immediati sono quelli sulfurei. Spremuta di agrume (pompelmo rosa e arancia). All’assaggio bella l’avvolgenza iniziale che si esprime in una sensazione succosa e che evolve poi in vera e propria succulenza. Il finale di bocca è quello della crema al latte, sempre con una presenza agrumata. D’impatto il vino è mediamente complesso, tuttavia la sua raffinata eleganza è un qualcosa che rimarrà impressa. Un vino definito perfetto e versatile per eventuali abbinamenti gastronomici.

Alto Adige Valle Isarco Veltliner 2016 Kuenhof
L’apertura dei profumi è lenta ma piacevole. I sentori sono quelli del sedano, ma anche sulfurei del cavolfiore e dell’aglio. Distinte anche le note di lievito e di feccia di birra. A seguire il legno d’acacia. Intrigante nelle note tostate di caffè e sesamo tostato. Un vino definito di carattere al naso e così anche al palato nella quale si esprime piccante e tipico con note di cumino e spezie.

Alto Adige Valle Isarco Riesling Kaiton 2017 Kuenhof
Bello il colore giallo dorato con il quale si presenta all’osservazione. Elegante nei sentori floreali e fruttati seguiti da una delicata nota agrumata. L’acidità è ciò che rende immediatamente riconoscibile e tipico questo vino e che fa in modo di ripulire la bocca dopo ogni degustazione. Un vino dalla succosità invitante anche grazie alle tipiche espressioni sapide e minerali.

Vigneti delle Dolomiti IGT Enosi 2016 Baron di Pauli
Bellissimo il colore pieno e maturo. Un vino che si presenta non solo con l’aromaticità tipica data dal sauvignon, ma anche dall’importante densità. Complesso nella sua espressione floreale. A seguire le erbe del basilico, della menta e del timo limonato che, seppur incidenti non connotano il vino di un vegetale eccessivo. A tratti espressioni delicate di tostatura, non già da torrefazione scura.  Ad accompagnare il sorso salino, impronta della presenza del riesling. Bella ed elegante la struttura. All’assaggio una crema alcolica, uno zabaione e, sul finale, un impasto salino. L’aromaticità al naso è perfettamente integrata con un grande aroma di bocca.

Alto Adige Sauvignon Kinesis 2015 Baron di Pauli
Un sauvignon che si esprime nella sua piena maturazione già all’osservazione. Al naso la menta e la liquirizia. All’assaggio ricorda un distillato di pera williams, con un’impronta sapida e parzialmente amara. Un vino dalla “bevuta solitaria”, non immediatamente gastronomico.

Alto Adige Pinot Nero Mazzon 2012 Nals Margreid
Un vino che si presenta senza una immediata lucentezza all’osservazione, con un colore non pienamente limpido.
Un naso d’impatto speziatissimo che si esprime in una altrettanto incisiva nota tostata. Delicato ma percettibile il sentore di pellame. All’assaggio un tannino ben integrato e un’acidità blanda, caratteristiche che ne fanno un vino godibile e piacevole. Buona la lunghezza. Un prodotto definito da ottimo abbinamento gastronomico.

Alto Adige Lagrein Riserva Gries 2014 Nals Margreid
Impenetrabile al colore. Accostato al naso si esprime nella liquirizia, mora, tabacco, catrame e nell’inchiosto in un mix che concorre a renderlo complesso, intrigante e gustoso. Alla bocca ritorna la nota inchiostrata. Stupisce per essere piacevolmente snello e abbastanza lungo nella sua persistenza.