La Borgogna di Louis Jadot
Racconti dalle delegazioni
17 giugno 2025

Lo scorso 30 maggio presso la sede di AIS Brescia si è svolto uno speciale approfondimento legato ai vini borgognoni attraverso la degustazione di sei importanti etichette della cantina Louis Jadot. Una magica serata condotta magistralmente da Mariano Francesconi.
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Più di 150 ettari dalla Côte d’Or a Chablis passando per il Mâconnais dove chardonnay e pinot nero, ma non solo, riescono ad esprimere infinite sfaccettature: questa è la Borgogna di Louis Jadot. La Maison in questione abbraccia un terroir molto ampio con espressioni anche ben differenti fra loro; nel corso della serata organizzata da AIS Brescia ci siamo concentrati su sei etichette che rappresentano l’essenza aziendale. Nozioni, approfondimenti, numeri e cenni storici: con Mariano Francesconi l’excursus si arricchisce di senso e ci permette di comprendere meglio la degustazione che ci apprestiamo a svolgere.
LA BORGOGNA E LA SUA STORIA
In questo territorio la cultura del vino esiste sin dalla notte dei tempi: il più antico testo conosciuto in cui vengono descritte le vigne borgognone risale infatti all’epoca romana.
La vinificazione trae origine dai monaci - che producevano i vini all’interno delle loro abbazie - per poi passare nelle mani del ceto nobiliare: nel 1395 Philippe le Hardi di Borgogna invita, attraverso un decreto, ad espiantare il molto produttivo gamay in favore del più nobile - ma con minori rese - pinot nero. Stessa cosa farà anche Philippe Le Bon nel 1441 cercando di portare il gamay nelle terre più lontane.
Nel 1720 sono ancora le proprietà monastiche e nobiliari a contendersi i vigneti migliori ma iniziano ad essere presenti anche maison di negozio che acquistano la materia prima per produrre le proprie etichette: in questo contesto Beaune diventa il centro del commercio vinicolo e i singoli prodotti delle diverse realtà aziendali iniziano ad uscire dal loro territorio di origine.
Altro passaggio importante per il mondo borgognone del vino si avrà con la rivoluzione francese: i vigneti confiscati ai nobili e al clero vengono infatti prima parcellizzati e poi venduti ai contadini, dando così la possibilità ad un pubblico più vasto di acquistare appezzamenti di vigneti e ampliare di fatto la platea di produttori e négociant.
Per arrivare alla Borgogna che conosciamo oggi si dovrà attraversare anche lo sventurato periodo legato all’attacco della fillossera che tanta distruzione ha causato in questi vigneti, ridisegnandone in parte anche la geografia e le aree di maggiore produzione.
DENOMINAZIONI E CLIMAT
La prima AOC di Borgogna risale al 1936: Morey Saint Denis. Il sistema delle denominazioni in Borgogna è suddiviso e strutturato secondo uno schema ben preciso: alla base si trovano l’AOC Regional, seguono le AOC Communal ossia i villages per poi giungere ai Premier Cru – istituiti nel 1943 al fine di tutelare i vini di maggiore qualità (che altrimenti sarebbero stati razziati dai nazisti) - e i Gran Cru. Tutti i Gran Cru sono anche climats ma non necessariamente accade viceversa: questo perché il climat fa riferimento ad uno specifico appezzamento di vigneto ben definito e delineato, caratterizzato da precise proprietà organolettiche. Il termine deriva dal greco e il suo significato originario sta ad indicare l’inclinazione di un luogo sulla Terra rispetto al Sole; negli anni questa definizione in Borgogna si è arricchita di nuove accezioni che legano il climat non solo alla terra ma anche all’aria e all’insieme delle caratteristiche che derivano dalle condizioni atmosferiche di un luogo. Già nel 1728 si ha la prima localizzazione di tre climats ma solo nel 1847 Luigi Filippo accorda al Comune di Gevrey il diritto di aggiungere il proprio nome ai vini prodotti in specifici vigneti; nel 2015 il climat ottiene anche il riconoscimento di Patrimonio Unesco.
VITIGNI: CHARDONNAY E PINOT NERO MA NON SOLO
La produzione è incentrata maggiormente sui vini bianchi: la percentuale si attesta intorno al 60%, i Crémant si aggirano sull’11%. Lo chardonnay domina fra i vitigni a bacca bianca ma troviamo anche il pinot blanc e l’aligotè, quest’ultimo soprattutto in risposta al cambiamento climatico trattandosi di un vitigno con maggiore acidità; presenti in buone quantità anche il melon de bourgogne, il sacy e il sauvignon.
Tra i vitigni a bacca nera - la cui produzione di vini raggiunge il 28% - il principe indiscusso è il pinot noir, seguito dal gamay che regna nel Beaujolais non solo per i più immediati e beverini Nouveau ma anche per la produzione di vini rossi ottenuti da viti a piede franco centenarie, dotati di grande struttura e personalità.
BORGOGNA FRA CLIMA E TERRITORIO
Il clima di questi ultimi anni, non solo in Borgogna, non è più quello che si registrava 20 o 30 anni fa e che contribuiva alla realizzazione di vini destinati ad avere una grandissima longevità. Oggi il cambiamento climatico non permette alle stesse uve di avere lo stesso potenziale e non sappiamo se, con il passare del tempo, tutto ciò potrà influenzarne - e in che modo - la storicità e la possibilità di invecchiamento.
Di certo i terroir migliori sono, ancora oggi, quelli che rientrano nella cosiddetta “cintura calda e secca”, che è poi il luogo in cui si trovano la maggiore concentrazione di Gran Cru: siamo ovviamente in Côte d’Or, tra i 270 e i 300 mt slm con una pendenza medio/forte e condizioni climatiche calde e secche. Questo terroir risulta positivo anche geologicamente per la presenza nel suolo di scheletro grazie a les combes, materiale alluvionale formato da sassi, ciottoli e detriti che hanno indotto le radici ad andare in profondità.
LOUIS JADOT – UNA MAISON ULTRACENTENARIA
Tutto ebbe inizio nel 1826 con l’acquisizione del primo appezzamento di vigneto Beaune Premier Cru des Ursules, di proprietà delle suore Orsoline. Nel 1859 nasce la cantina con Louis Henry, in seguito sarà suo figlio ad ampliare i possedimenti mentre il nipote si dedicherà maggiormente all’aspetto commerciale; nel 1985 ci sarà il passaggio aziendale con la vendita a Rudy Kopf, già attento conoscitore della Maison in quanto ne curava le importazioni nel mercato americano.
In totale 154 ettari – di cui quasi la metà, circa 70, si trovano in Côte d’Or; la produzione totale è di 150 etichette. Due sono le linee guida che da sempre vengono portate avanti: un grande rispetto per la natura e un uso importante ma mai invadente del legno; i tonneau, così come le barrique che vengono utilizzati, provengono fra l’altro dalla propria tonnellerie.
LA DEGUSTAZIONE
La nostra degustazione si snoda attraverso l’assaggio di tre chardonnay e tre pinot nero in purezza, ognuno prodotto in uno specifico areale borgognone.
Poully Fuissè 2023 – 13%
Siamo nel territorio del Mâconnais, possiamo quindi definire questo vino uno chardonnay “meridionale”. I vigneti di produzione sono situati in quattro differenti Comuni e vengono vinificati separatamente. La fermentazione avviene in vasche di acciaio inox a temperatura controllata, segue l’affinamento dagli 8 ai 10 mesi in botte e infine l’imbottigliamento.
Dal colore paglierino vivace di media fittezza e con sfumature verdoline, al naso emerge la parte fruttata legata alla pera matura e alla frutta tropicale ma anche la componenti vegetale con un richiamo alle erbe aromatiche, l’empireumatico con l’arachide tostato e la speziatura attraverso la liquirizia; note minerali e sentori sulfurei completano il bouquet olfattivo. L’uso del legno emerge più all’assaggio che al naso, contribuendo a donare il giusto equilibrio fra sapidità e acidità, leggerezza ed eleganza.
Chablis Fourchaume 2022 – 13%
Dal sud ci spostiamo al nord della Borgogna, nell’Auxerrois, zona in cui l’uso del legno è poco diffuso per la realizzazione degli chardonnay. Quaranta vigne Premier cru e soltanto sette Grand Cru in tutto l’areale dello Chablis. L’etichetta in degustazione proviene dal vigneto Premier Cru Fourchame, a circa 150 metri sui livelli del mare da terreni ricchi di calcare, marne e argille scure che forniscono ai vini un carattere “rustico” nel senso positivo del termine. Una parte affina in botti e la restante parte in vasche d’acciaio; il periodo medio di affinamento sui propri lieviti fini prima dell'imbottigliamento è di 13-15 mesi.
Osservando il nostro calice notiamo che, rispetto al vino precedente, la componente verdolina è più accentuata ma anche la vivacità è maggiore; anche al naso si riscontrano molte differenze: la componente speziata è maggiormente presente e più legata al pepe, la parte fruttata rimanda ad agrumi aspri come il cedro e il limone, la nota floreale emerge con sentori di ginepro e si riscontrano anche sentori vegetali e minerali. Agli antipodi anche l’assaggio: questo vino è vivo, giovane ma dal grande potenziale per la personalità e il carattere che mette già in luce e che fra 8/10 anni emergeranno con ancora più slancio.
Puligny Montrachet La Garenne Premier cru 2022 – 13%
Con il terzo chardonnay entriamo nel cuore della Côte d’Or. Il climat La Garenne, con i suoi suoli ricchi di argilla, si trova tra i 240 e i 400 mt slm; il nostro vino viene prodotto attraverso fermentazione in botti di rovere, segue l’affinamento di circa 15 mesi.
Il colore ci colpisce positivamente per la sua vivacità e anche in questo caso le sfumature verdoline ne denotano la grande gioventù. Al naso l’impatto olfattivo è più raccolto con sentori fruttati che vanno dalla mela alla pesca passando per gli agrumi ma anche verso l’uva spina; lo speziato emerge con il pepe bianco, note di zenzero e vaniglia. Il passaggio in legno, non invasivo, regala piacevoli sensazioni al palato rendendo l’assaggio raffinato ed espressivo con un’integrità ne denota la qualità.
Nuits Saint George 2022 - 13%
Nuits-Saint-Georges, con i suoi terreni composti principalmente da calcare e marna, rappresenta un'identità di pinot noir ben definita in Borgogna. La sua fama è legata infatti a vini di grande personalità e struttura e il nostro assaggio non si smentisce. L’affinamento è di circa 18 mesi in botti, di cui un terzo nuove.
Dal colore carminio intenso, la direzione olfattiva ci porta verso sentori fruttati di more, ribes, amarene e ciliegie; emerge la viola per la componente floreale mentre la nota vegetale è legata alle erbe officinali e ai sentori balsamici. Al palato il nostro vino mostra la sua grande potenzialità con la giusta freschezza che invoglia ad un nuovo sorso; il tannino è ben levigato, non preponderante e riesce a conferire eleganza.
Volnay Santenots 2022 – 13.5%
Se il territorio precedente è famoso per la sua potenza, Volnay è identificabile per la sua eleganza e “sensualità”. Santenots è un climat Premier Cru situato nella zona meridionale di Volnay, al confine con Meursault, formato da terreni calcarei con terra rossa. L’affinamento del nostro pinot nero è uguale all’assaggio precedente con 18 mesi in botti di rovere per poi essere imbottigliato.
Dal colore rubino dotato di una buona fittezza, al naso i suoi profumi sono più raccolti rispetto al vino precedente: dalla frutta più scura si passa a quella più dolce con note di more e lamponi. Al palato si evince più la struttura rispetto all’eleganza per via della sua giovane età; maggiormente persistente, il tannino è presente ma non spigoloso, ha una buona freschezza ed avvertiamo maggiormente la componente alcolica rispetto agli altri.
Vosne –Romanée Les Suchot 2022 – 13.5%
La denominazione Vosne-Romanée copre una superficie di 105 ettari, con 14 Premiers Crus e 7 Grands Crus. Fra i Premier Cru, Les Suchots combina la ricchezza di Richebourg con la delicatezza di Romanée Saint-Vivant, beneficiando di condizioni geologiche ideali. Le uve utilizzate per questo Premier Cru vengono affinate 20 mesi in botti di rovere.
Il colore vira più sul carminio che sul rubino con una bella concentrazione cromatica. AL naso è molto elegante con sentori di sottobosco e note floreali decisamente piacevoli che vanno dalla rosa alla peonia; percepibile anche un dolce sentore di cioccolato. In bocca pochi commenti ma una sola grande certezza: si tratta di un vino dotato di eleganza, equilibrio e persistenza.