La Borgogna di Trapet-Rochelandet

Nella Delegazione di Monza, la rassegna “A tu per tu col produttore” ha avuto questa volta come protagonista una realtà borgognona, il Domaine Trapet-Rochelandet il cui approfondimento è stato accompagnato dalla competenza e simpatia di Davide Gilioli e ovviamente dalla degustazione di grandi vini rappresentativi del territorio

Simona Ferrari

La Borgogna, si sa, affascina da sempre gli appassionati di vino che vedono in essa una sorta di paradiso terrestre, un’imprescindibile meta di viaggio per poter visitare e calpestare i territori che ospitano i vigneti più rinomati al mondo. E se questo vale per tutte le zone della Borgogna, l’appeal risulta amplificato quando si parla di Côte-d'Or, ossia la parte, lunga circa 52 km, che ospita le eccellenze della Regione, nonché 32 dei 33 vigneti aventi denominazione Grand Cru.

Guidati e ammaliati dalle parole di Davide Gilioli, ci siamo quindi virtualmente ritrovati a passeggiare tra le vigne di Gevrey-Chambertin - l’unico Comune della Cote d’Or a poter vantare ben nove vigneti Grand Cru – a osservare la collina sovrastante il villaggio con la sua dolce pendenza e con l’immancabile bosco in cima, i suoli di natura calcareo-marnosa in cui il pinot noir - ça va sans dire - la fa da padrone, l’esposizione a sud-est dei vigneti, ma soprattutto la Combe (Combe de Lavaux), ossia il canyon, scavato dalle intemperie nel corso dei millenni, che, soprattutto in questi ultimi anni in cui il cambiamento climatico ha determinato un innalzamento delle temperature, sta diventando cruciale per garantire l’apporto di aria fresca e che qui ha generato una situazione pressoché unica: essa infatti, trascinando nel tempo i detriti a valle, ha determinato l’originarsi di vigneti di livello village anche a est della D974, la strada dipartimentale che, seguendo il succedersi dei Comuni della Cote d’Or da sud a nord, costituisce una sorta di linea di demarcazione naturale per l’appellazione regionale.

Il Domaine Trapet-Rochelandet, così come raccontato da Laurent Rochelandet presente in sala, è a conduzione familiare da cinque generazioni, consta di sette ettari e la produzione, tutta svolta in conduzione di lotta integrata e con rese molto basse (circa 32 hl/ha), va dall’Aligotè alle appellazioni village (tra cui veilles vignes e parcellari, ai Premier Cru fino ai Grand Cru. La caratteristica principale del Domaine è quella di un uso attento del legno: vengono utilizzate nella maggior parte della produzione botti piccole (la pièce borgognona), ma non vi è mai un’impronta impattante, anzi si cerca sempre di rispettare e valorizzare le caratteristiche del terroir e del vitigno. L’esperienza maturata nel corso del tempo ha inoltre consentito a Laurent di sperimentare tecniche di lavorazione sempre più delicate e meno interventiste che gli hanno consentito di produrre vini dai tannini leggeri ed eleganti, che oggi rappresentano la sua cifra stilistica.

La Degustazione

Bourgogne Aligotè 2022
100% aligotè, sei mesi di barrique usate

prodotto da un’unica parcella (Au Prunier) da vigne centenarie con una parte prefillosserica

Normalmente considerato come il “bianco di serie B”, costituisce per Laurent una vera a propria sfida: a tal fine, per renderlo diverso da tutti gli altri e riconoscibile, tutta la vinificazione viene fatta in botte, inclusa la prima fermentazione e la malolattica. Ciò consente al vino di mantenere sia l’identità dell’aligotè, nei sentori fruttati, che quella legata alla struttura, data dall’affinamento in legno.

Il colore rimane quello del vitigno, paglierino con riflessi verdolini, ma il calice evidenzia una buona consistenza. Elegante all’olfatto, ha subito una parte agrumata che ricorda il lime o il pompelmo, quindi richiami vegetali di erba tagliata e solo sul finale lascia emergere i sentori legati alla malolattica e all’affinamento, lievi nuance di nocciola e di burro e yogurt. 

Il sorso rivela una bellissima personalità: ha un volume più intenso di quanto ci si potesse aspettare e la buona corrispondenza gusto-olfattiva evidenzia una nota iniziale di frutta secca e burro, ma subito si riscontra tutta la parte agrumata. È semplice e al tempo stesso particolare, originale.

Gevrey-Chambertin 2022 - Veilles vignes
100% pinot noir di cui il 10% fa barrique di secondo passaggio, prodotto da vigne di 40 anni di media da  quattro diverse parcelle.

«I vini di Gevrey-Chambertin in generale si caratterizzano per un colore e dei profumi, soprattutto in evoluzione, più scuri; quelli di Laurent, in particolare, hanno sempre l’obiettivo raccontare il territorio mantenendo pulizia ed eleganza sia al naso che in bocca»: così Davide Gilioli introduce la degustazione dei rossi.

Il colore è un carminio pieno, dotato di una buona trasparenza e consistenza. L’olfatto mantiene le premesse: è pulito ed elegante, con una parte di frutta scura, ciliegia e amarena mature, quasi in gelatina; c’è poi una parte terrosa, di humus, sottobosco, funghi e terra bagnata, note balsamiche e speziate di bacca di ginepro e una parte boschiva; <<sembra quasi una passeggiata nel bosco>>, chiosa Davide.

Al sorso i tannini sono leggeri, solo accennati e apportati dall’affinamento, ma soprattutto dal fatto che Laurent usa circa il 50% di grappolo intero: questa pratica, comune nella Regione, ha anche la funzione di fare da antiossidante e conservante naturale. In chiusura il vino mostra anche una bellissima persistenza con echi fruttati e speziati coerenti con il naso, che gli conferiscono una bella impronta.

Gevrey-Chambertin Les Champ Chenys 2022
100% Pinot noir, fa interamente barrique di secondo passaggio, prodotto da vigne di è età media di 45 anni, poste vicino a due Grand Cru (Mazoyères-Chambertin e Charmes-Chambertin).

La maggior percentuale di calcare presente nel terreno determina in questo caso un colore più tenue; sempre per lo stesso motivo, risulta anche più luminoso.

Anche il naso cambia: già a una prima olfazione è più etereo e delicato; i profumi fruttati fanno pensare a una ciliegia più croccante, piacevole e succosa: la vigna da cui ha origine questo vino, racconta Davide, dista solo pochi metri dalla precedente, ma tanto basta a renderla già differente.

Continuando a ruotare il calice e a mettere dentro il naso, emergono speziatura di pepe ed evocazioni fresche e balsamiche; c’è una nota di ribes nero e frutta più acidula rispetto al precedente; è più chiaro, più vivace.

Al sorso l’acidità ricorda l’agrume, in particolare l’arancia rossa fresca, e porta con sé anche una spremuta di ciliegie, una succosità che rappresenta la parte dominante dell’assaggio. La speziatura è un po’ più nascosta, attestandosi su uno zenzero, piccante e delicato al tempo stesso, e su richiami di pepe rosa. È un vino che parla di grande piacevolezza e che invoglia la beva.

Già dal confronto tra questi due vini si denota come il pinot noir sia uno degli interpreti migliori del terroir, in quanto riesce ad adattarsi e comportarsi in maniera diversa a seconda delle condizioni in cui viene coltivato, mettendo in secondo piano il contenitore utilizzato per l’affinamento.

Gevrey-Chambertin Les Carougeots 2022
100% pinot noir, il 10% fa barrique di secondo passaggio e il 50% viene diraspato. Vigna di età media di 50 anni, situata anche in questo caso vicino a un Grand Cru, il Mazis-Chambertin.

Sebbene in linea con il precedente quanto a colore e luminosità, se ne differenzia per il profilo olfattivo: la ciliegia diventa nera, un’amarena, inizia ad avere note di maturazione, un accenno di terziari, evocazioni di caffè e polvere di cacao, pur rimanendo incentrato sul frutto; si scorge anche una bella balsamicità, nuance di pepe verde, una nota mentolata e una scia leggermente vegetale di erba tagliata: un profilo più scuro e ricco che lascia presagire maggior profondità in bocca. 

L’assaggio conferma la perfetta corrispondenza: torna l’amarena, pur con una bella acidità; la parte tostata si affianca a un’arancia essiccata: sembra un’evoluzione del vino precedente. Si tratta invece di un’altra parcella, posta anch’essa a poche decine di metri di distanza dalla precedente, con terreni marno-calcarei.

Gevrey-Chambertin Premier Cru Petite Chapelle 2022
100% pinot noir, fa interamente barrique di secondo passaggio e il 50% viene diraspato. Anche in questo caso, la vigna è posta di fianco a un Grand Cru, lo Chapelle-Chambertin.

Di discreta trasparenza, è luminoso e di bellissima consistenza. I profumi fanno leva più sull’eleganza che sulla potenza: un frutto delicato, una caramella gelée di ribes nero e piccoli frutti scuri, con una nota quasi lattica che lo rende invitante; a una seconda olfazione arriva la speziatura, anch’essa dolce, di cannella e vaniglia, accennate, poi pepe rosa.

La bocca rivela un frutto rosso acidulo che sposa dolcezza e succosità; si distingue dai precedenti per un maggior volume e una permanenza più lunga al palato. Il tannino è più levigato e nascosto, quasi talcato, gessoso. Ancora una volta si ritrova una perfetta corrispondenza naso-bocca. È la conferma dell’importanza del terroir: siamo in presenza di una vigna in cui torna ad aumentare la parte di calcare e di conseguenza l’eleganza. Davide non può esimersi dal citare Armando Castagno, che dei vini di questa vigna ha dato una descrizione perfetta, definendoli “eleganti e definiti”.

Gevrey-Chambertin Premier Cru Bel Air
100% pinot noir, fa interamente barrique di secondo passaggio. La vigna, di età media di 40 anni, si caratterizza per una prevalenza di calcare bathoniano, ricco di fossili ed è situata al di sopra del Clos de Beze, al limite del bosco.

Il colore e la consistenza lo assimilano al precedente. Anche in questo caso il profilo olfattivo parla di grande eleganza, con un frutto maturo, ciliegia in gelatina, quesì in confettura, anche se la freschezza e la balsamicità lo allontanano da una accezione di marmellata; sono presenti spezie orientali delicate, tè rosso, carcadè e paprika, quindi leggermente dolce/piccate. L’assaggio, che inizia elegante e sottile, si apre poi a una maggior succosità, con note di tè e agrume rosso e una persistenza lunghissima, senza quasi avere espressioni tanniche: il tannino sfiora appena la bocca e le guance lasciando poi spazio a una piacevolissima sapidità e bevibilità, preludio certo anche a una grande longevità.

Ruchotte Chambertin Grand Cru 2022
100% pinot noir, fa interamente barrique di secondo passaggio e il 50% viene diraspato.

Anche questa vigna, di età media di 50 anni, si caratterizza per una prevalenza di calcare bathoniano, ricco di fossili

Davanti a un vino di tale fattezza, le parole sono poche e sono tutte in termini di eccellenza. Luminosissimo al visivo, con un naso di purezza ed eleganza infinita, si apre su evocazioni di ciliegia matura e croccante, esprimendo già all’olfatto succosità. Proseguendo nell’olfazione, i profumi evidenziano tutta una serie di sfumature di frutta, spezie rosse e orientali e balsamicità. È il sorso però a rappresentare la parte più incisiva, mostrando come l’incremento di qualità non si concretizzi in una maggior potenza, ma, pur nel volume in bocca, in un aumento esponenziale in termini di eleganza, sempre nel rispetto delle caratteristiche del pinot noir: ribes nero, ciliegia, lampone si accompagnano a un tannino presente, elegante e definito, ma soprattutto a una persistenza infinita. È cristallino, senza sovrastrutture.

«I grandi vini sono buoni subito e sono buoni dopo 10 anni», conclude Davide e dopo una serata come questa, abbiamo una certezza in più della ragione per cui i vini di Borgogna godano di una tale fama.