La nascita (e rinascita) della più piccola DOCG italiana: il Moscato di Scanzo

Un viaggio nel Moscato di Scanzo di Manuele Biava attraverso cinque decadi. AIS Brescia ha ospitato, in esclusiva, una serata di eccezionale approfondimento con un grande interprete della piccola denominazione lombarda

Elisa Inselvini

Un vino, il Moscato di Scanzo, che nasce e rinasce, che affonda le proprie origini all’interno di un’epoca dell’enologia che può essere definita arcaica, risalente alla prima metà dell’800 e nella quale mancavano studi e approfondimenti su lieviti, vinificazioni o uso dei solfiti. Un’epoca, tuttavia, nella quale i vini che si presentavano sul mercato erano importanti e caratteristici: Porto, Madeira, Sherry, Marsala, vini liquorosi e passiti. Tra questi ultimi anche il Moscato di Scanzo, che aveva un ruolo importante in tutta l’Europa “che contava”: presente alla Borsa di Londra, nella Venezia rinascimentale e ancora alla corte dello zar di Russia, era considerato un vino per nobili e pensatori, che ne consumavano in quantità.

Dopo un passato così glorioso, arriva l’oblio e un silenzio durato quasi 70 anni, fino al 1965. Negli anni difficili e drammatici della prima metà del ‘900, con l’Europa e l’Italia piegata dalle guerre, il vitigno del moscato di Scanzo, così poco produttivo, fu massicciamente abbandonato ed espiantato a favore di vitigni più produttivi. E così come nella storia dell’uomo la devastazione della guerra interessa non solo i territori e le nazioni, bensì e ancor di più tutto ciò che ha a che vedere con l’animo umano nell’espressione delle arti, della musica, dell’armonia e della cultura, così anche nel settore vitivinicolo l’attenzione e l’interesse si spostarono verso una produzione di quantità a dispetto della qualità.

Nicola Bonera, Alessandro Caccia e Manuele Biava

Il vitigno riuscì pertanto a salvarsi solo laddove non sussistevano queste necessità economiche, in particolare nei terreni della Curia. La produzione era di circa 250 bottiglie da 350 ml. La Curia impose un personale disciplinare e delle modalità produttive proprie che, di fatto, hanno indirettamente consentito di preservarne la qualità e l’attualità produttiva: la vigna doveva essere diradata, con un grappolo spargolo, la produzione doveva essere limitata, i grappoli selezionati.

Il nonno di Manuele Biava impostò una produzione di qualità, ma è con lui – il padre si occupò di altro – che nasce la prima etichetta ufficiale dell’azienda, risalente al compimento del 18° anno d’età, data che segna ufficialmente il passaggio non solo della proprietà Biava, ma anche della nascita di una nuova cultura produttiva della cantina.

La produzione è limitata e di qualità e non supera mai le 2000 bottiglie da 500 ml. Solamente uve di proprietà prodotte sul monte Bastia, collina terrazzata e molto ripida. Una zona, questa, con una formazione rocciosa calacarea denominata “Sass de la Luna” che è diretta responsabile degli aromi e dei profumi donati al vitigno. Proprio questa particola conformazione geologica determina la fatica che la pianta deve affrontare per anni nell’impresa di innestarsi in profondità nella roccia stessa. Inutile sottolineare che, però, quando la pianta riesce nella sua “impresa” restituisce al grappolo sentori aromatici unici e tipici.

Biava ha a disposizione vigne vecchie, caratterizzate da una produzione molto ridotta, con la presenza dei tipici grappoli spargoli ideali per la produzione in appassimento. Appassimento che avviene in modo naturale e non forzato, qualora possibile all’aperto in modo tale che la ventilazione sulla collina sia naturale.

La produzione generale di Moscato di Scanzo è di circa 50.000 bottiglie da 500ml: il Consorzio locale tutela e raggruppa circa 20 tra i 27 produttori esistenti, su una superficie di circa 30 ettari: quasi 30 produttori per 30 ettari! Non stupisce quindi che il Moscato di Scanzo sia la più piccola DOCG italiana, nonché sinonimo di esclusività.

La rinascita di questo prodotto negli anni ’70 può essere attribuita ad alcuni fattori, come la maggiore attenzione da parte dei consumatori, ma anche quella di Associazioni come l’AIS, nonché il maturato interesse da parte del mercato estero che, al momento, oltre ad assorbire una discreta quantità della produzione, ne valorizza le qualità e l’esclusività rendendolo un prodotto raro e di nicchia all’interno della grande ristorazione.

Lo spazio di crescita per la produzione vitivinicola nel comune di Scanzo è al momento limitato. Potrebbe essere aumentato solo sostituendo altri vitigni presenti, attività che non sempre risulta sostenibile anche in considerazione del fatto che per produrre un Moscato di Scanzo di grande qualità la vigna deve avere un’età di almeno 20 anni.

Nonostante il disciplinare preveda la commercializzazione del prodotto non prima dei 18 mesi dalla vendemmia, la scelta aziendale è stata quella di di posticipare il più possibile l’uscita sul mercato, che in effetti dona il meglio di sé con il passare del tempo.

La Degustazione

In linea con le scelte di qualità portate avanti dall’azienda, nell’attuale decennio due annate non sono state ritenute ideali e, pertanto, all’altezza della qualità del prodotto, determinando una sospensione della produzione nel 2014 e 2016. Una scelta che risiede nella volontà di preservare l’immagine di un prodotto che pretende l’eccellenza per potersi esprimere ai massimi livelli.

Ad oggi non vi sono certezze rispetto all’origine  del moscato di Scanzo: parrebbe derivare dall’area ellenica, come vitigno a bacca bianca, per poi migrare verso l’area attuale mutando geneticamente in una bacca rossa. Una cosa, invece, sulla quale vi è certezza è la sua antica produzione risalente almeno al 1300.

Tra le scelte produttive aziendali, da evidenziare anche la sgranatura manuale dell’uva prima della pigiatura per evitare il contatto del raspo secco con il mosto e la cessione di tannini sgraditi, nonché la fermentazione prolungata di 2/3 mesi in acciaio.

L’abbinamento? È un vino che si presenta come solista nell’abbinamento, ma potrebbe ben accostarsi ad alcuni dessert particolari caratterizzati dalla presenza di spezie aromatiche, con canditi e frutta secca oppure con cioccolata fondente al fior di sale.

I vini

Moscato di Scanzo Docg Biava 2015

Al naso la spezia e l’incenso. La frutta è quella evoluta della prugna secca. Speziatura e balsamicità caratterizzano questo vino che si può definire piccante e stimolante.

Moscato di Scanzo Docg Biava 2007

Molto presente la concentrazione aromatica. Percettibile l’alcol anche nel sentore del liquore alla ciliegia. Importanti sentori eterei e di vernice seguiti da note zuccherose. Balsamico nelle foglie amare ed intenso e concentrato nel caffè e caffè d’orzo. Grande espressione salata e “saziante” di fine bocca. Percezione balsamica crescente e che evolve verso la china. 

Moscato di Scanzo Docg Biava 1994

L’annata frasca si percepisce nell’espressione elegante e nella minore concentrazione ed intensità aromatica.
Sentore di umami, pasta di liquirizia, salsa di soia e alghe. Balsamico nelle foglie d’alloro e nell’infuso di erbe, per poi evolvere nelle successive olfazioni verso la menta. Menta che si ripresenta nell’abbinamento con il cioccolato.
A seguire note fumose e bruciate. Tannico e piccante all’assaggio. Dolce, saporito e amaro.

Moscato di Scanzo Docg Biava 1988

Una versione dolce e garbata che si concede nell’immediato in un naso di liquirizia e prugne secche. Un vino che stupisce e intriga. Le note floreali evolvono in cera, incenso, tessuti e legni consumati. All’assaggio la percezione del liquido delle prugne, dei fichi secchi e dei funghi secchi. A seguire un sentore animale di pellame e cuoio.
Abbinamento con strudel di pasta sfoglia con fichi e datteri.

Moscato di Scanzo Docg Biava 1978

Un vino che si esprime immediatamente con note di riso soffiato, mais e malto d’orzo, quasi a richiamare un pop-corn al caramello, dulce de leche e polenta secca. Evolve nelle erbe amare e nel rabarbaro. Lungo nei sentori di bocca, salato, metallico e salmastro. In abbinamento con un cioccolato gianduia.