La Valtellina invade Milano

Il racconto del banco di assaggio dedicato ai vini valtellinesi, tenutosi a Milano il 20 Novembre 2006

Andrea Semprebon

Nessuna catastrofe, nessun evento bellico passato o presente da raccontare, semplicemente parleremo della discesa, dai declivi dei 798 ettari vitati della loro valle, di un drappello di produttori del “Consorzio Tutela vini di Valtellina”, per far degustare i loro prodotti enoici.

Nella cornice del “The Westin Palace”, 15 delle 29 case vitivinicole facenti parte del consorzio, si sono date appuntamento per promuovere sulla piazza meneghina vini d’eccellenza quali lo Sforzato di Valtellina DOCG e il Valtellina Superiore DOCG (con le sue cinque sottozone: Maroggia, Sassella, Inferno, Grumello e Valgella). Il variegato parterre di partecipanti, sommmelier, ristoratori, appassionati, giornalisti, ha così potuto arricchire il proprio taccuino di degustazione con etichette blasonate, ma anche di quei produttori che, pur non calcando i palcoscenici dei concorsi o non potendosi fregiare di grappoli e bicchieri, vantano prodotti di assoluto valore. Una conferma per una realtà che, senza complessi d’inferiorità, è da sempre destinata a produrre vini unici e inimitabili per profumi ed eleganza. Un filo conduttore comune: il nebbiolo, oh pardon, chiavennasca come viene chiamato in Valtellina il grande vitigno che dà i natali anche ad altri vini di pregio della viticoltura italiana: Barolo e Barbaresco, solo per citare i più celebrati. Non va dimenticato, peraltro, che alcuni dei vignaioli valtellinesi, più o meno dichiaratamente, destinano una quota del 5% a varietà autoctone della zona, come Rossola, Pignola e Prugnola. Vitigni che alcuni recenti studi enologici hanno definito strettamente imparentati con il Nebbiolo. Vetrina di spicco, si diceva, per questi nobili rossi maturati nei famosi, quasi famigerati, vigneti terrazzati posti ad altitudini variabili tra i 400 e 600 metri. Viticoltura al limite dell’eroico in questa terra alpina pregna di storia, con produzioni contenute in 55 quintali per ettaro, in alcuni casi anche meno, e una difficile gestione di tutta la fase di lavoro in vigna; nonostante gli aiuti dal cielo, gli elicotteri, e la riconversione, per alcuni produttori quantomeno, dal tradizionale archetto valtellinese al guyot classico con unico capo a frutto. Banco dopo banco i 300 e più intervenuti, hanno così potuto degustare, in rigoroso ordine cronologico, il meglio della produzione di AR.PE.PE, Balgera, Caven Camuna, Conti Sertoli Salis, Fay Sandro, Mamete Prevostini, Marsetti Alberto, Moia Lucia, Motalli Renato, Nino Negri, Pietro Nera, Nobili Nicola, Plozza, Rainoldi Ald e Triacca (Ca.vi.tria).

Sfortunatamente, l’articolo, verrà pubblicato zoppo di una completa degustazione, considerato l’impegno dell’autore, in questa occasione, a servizio degli intervenuti e non dall’altra parte della barricata a deliziare naso e palato. Una nota comune, per i prodotti degustati, è sicuramente la presenza di annate troppo recenti per poter godere appieno delle meravigliose sensazioni che questi vini possono regalare. Nettari di bacco che al momento appaiono sicuramente più intriganti ed espressivi allo stadio olfattivo che gustativo, dove la nota tannica è spesso troppo ruvida, nonostante il gran lavoro di barrique dei vari enologi.

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

I commenti dei lettori