Marisa Cuomo e la verticale di Fiorduva

Mare, sole, scogliere e…fatica estrema. Una produzione, quella dell’azienda Marisa Cuomo, che ben rappresenta l’eroicità di una parte della viticoltura italiana. Se n’è parlato in una serata di approfondimento, accompagnati dalle coinvolgenti narrazioni di Guido Invernizzi. Storia, cultura e vini che sanno ancora emozionare

Elisa Inselvini

Mare, sole e scogliere, potrebbero essere questi gli ingredienti per una perfetta vacanza ristoratrice lontana dalla frenesia delle grandi città, ma qui a Furore, questi sono i presupposti per un altro romanzo da scrivere, più simile ad uno di Agatha Christie.

Sì, perché in questo territorio così unico e meraviglioso, a picco sul Golfo d’Amalfi, si trova l’azienda Marisa Cuomo che, da anni, porta avanti quella che, a ragione, può essere considerata una viticoltura eroica. Perché non c’è niente di comune e consueto nel produrre in condizioni simili.

Guido InvernizziIl territorio ha una storia vitivinicola che inizia 5 mila anni fa e affonda le proprie radici nella cultura greca, a sua volta di derivazione mediorientale e caucasica. Un luogo straordinario dove artigianato e pastorizia, ben prima della produzione vinicola, hanno rappresentato il fulcro dell’economia locale, seppur in una regione, quella campana, che offre ad oggi il maggior numero di vitigni autoctoni e per preservare i quali sono stati fatti, e si fanno tutt’oggi, grandi investimenti in termini di impegno, investimenti e ricerca.

La presenza del mare, del sole, della ventilazione e, non da ultimo, del suolo calcareo riescono ad esprimersi nelle inconfondibili note salmastre, marine e minerali dei vini, quasi a voler ripagare l’uomo dalle fatiche produttive fatte. 

La geologia costiera stessa narra di un territorio profondamente “marino” con le sue rocce sedimentarie formatesi in mare durante l’era mesozoica, così come i numerosi strati di rocce calcareo-dolomitiche ricche di magnesio formatesi da un continuo e regolare accumulo di fanghi sottomarini induriti di gusci e plancton.
I monti sono quelli Lattari, emersi dallo scontro tra Eurasia e Africa, sollevatisi durante lo sprofondamento del golfo di Salerno, determinando i famosi “terrazzi marini”. E fu solo quando il mare risalì che si evidenziò il “fiordo” così come lo vediamo oggi con le sue profonde insenature e le rocce a strapiombo sul mare.

Il fiordo di Furore è un angolo impervio e spettacolare incastonato nella Costiera Amalfitana, nella provincia di Salerno, in estensione lungo le pendici della costa fino all’altopiano di Agerola. E omonimo è il paese, tra i borghi più belli d’Italia che, con le sue 800 anime, è stato inserito nel 1997 nei siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Un luogo famoso questo, tanto da fungere da scenario nella filmografia, con un borgo dal nome misterioso, “il paese che non c’è”, per via della mancanza della presenza di una piazza centrale e di un vero e proprio abitato che lo caratterizzi. 

Ma che senso avrebbe, allora, porre tanta fatica e sudore in quella che si preannuncia come una vera e propria impresa? Beh, basta avere la possibilità di degustarne i vini per capire che tutto ciò ha davvero un senso, e anche molto profondo.

Tutto ciò che è fatica è ripagato da una produzione che, pur nella varietà della gamma dei vini, riesce a mantenere come filo conduttore alcuni elementi di indiscussa qualità. L’azienda Marisa Cuomo, dall’anno di fondazione nel 1980, con i suoi 10 ettari di estensione, incarna pienamente lo spirito del territorio, con un’attenzione alla valorizzazione dei vitigni autoctoni che divengono i protagonisti della gamma produttiva. Tra questi falanghina, biancolella, ripoli, fenile e ginestra, per i bianchi, aglianico e piedirosso per i rossi.

Il Fiorduva bianco è stato il protagonista indiscusso della serata con una verticale delle sue ultime cinque annate. Un vino le cui uve surmature vengono raccolte manualmente giungendo integre in cantina. A seguire una pressatura soffice del mosto fiore, un illimpidimento statico a freddo con inoculo di lieviti selezionati e una fermentazione alla temperatura di 12°C per circa tre mesi in barrique di rovere. Ripoli, fenile e ginestra i vitigni autoctoni bianchi che permettono questa meraviglia per i sensi.

La degustazione

Furore Bianco 2018

Falanghina 60% biancolella 40%

All’esame visivo il vino si presenta di un vivace colore giallo paglierino. Consistente di struttura. Al naso un vino che potremmo definire “di roccia” che sa di mare per salinità. Il frutto è quello della nespola e dell’albicocca non in piena maturazione e, a seguire, l’agrume. Le leggere note amaricanti e salmastre si compenetrano perfettamente nel frutto. Alla bocca si definisce per struttura e sapidità. Si ripresentano in perfetto accordo con l’analisi olfattiva anche gli elementi dell’agrume e del frutto che, in questo caso, si esprime in modo più carnoso e maturo. L’alcol è perfettamente gestito e la persistenza è lunga e declinata in numerose variabili di espressione. Un vino con ottime potenzialità di tenuta nel tempo.

Fiorduva 2017

Ripoli 40%, fenile 30%, ginestra 30%

All’osservazione il vino evidenzia una netta evoluzione della materia colorante per via del differente livello di maturazione delle uve impiegate per la produzione di questa linea di prodotto aziendale. Al naso la frutta è quella nel suo stadio di maturazione ed evoluzione. La mineralità è quella tipica del “vino di roccia”. A seguire evidenti le note balsamiche di vegetazione isolana. La bocca è piena ed asciutta, quasi a descrivere un vino che pare masticabile. La persistenza è ripartita tra la nota fruttata e quella salino-salmastra.  Un vino che risulta complesso sia al naso che alla bocca. Notevole la struttura. L’uso del legno, in particolare in barrique di primo passaggio di rovere  è un elemento di completamento nel vino, potremmo dire “di contorno” allo stesso, finalizzato alla valorizzazione del varietale, e non già alla copertura di elementi aromatici.

Fiorduva 2016

Ripoli 40%, fenile 30%, ginestra 30%

Un vino dal colore pienamente giallo dorato, dalla struttura muscolare ed opulenta. Al naso colpisce per la “pulizia” e la nettezza dei profumi. Piena la frutta gialla matura della pesca noce, a seguire una nota mielata veicolata dall’uso sapiente del legno. Prosegue con note di burro di arachidi, frutta tropicale e una leggera speziatura dolce. La mineralità si esprime in un’evoluzione sempre meno aggressiva progredendo verso note quasi carbonatiche. In bocca si esprime rotondo, morbido ed evoluto, pieno ed opulento. Riemerge anche all’assaggio la nota carbonatica, nera, di liquirizia, così come la nota rotonda mielata. Notevole la persistenza. 

Fiorduva 2015

Ripoli 40%, fenile 30%, ginestra 30%

All’esame visivo il vino si manifesta, come da consuetudine, con una vivacità di colore a testimonianza della perfetta sanità del prodotto. Gialla dorata la tonalità.  Al naso emergono immediate le note di frutta matura dell’albicocca e della banana. L’uso del legno lascia qui la nota tostata e di spezia dolce. A seguire delicate note di gas e idrocarburi. Lo spettro aromatico dona poi note di pompelmo e albicocca secca, fiori gialli e una spiccata nota marina e salmastra. All’esame gusto-olfattivo è secco, sapido, caldo e asciutto, declinato in una nota tropicaleggiante di ananas. Persistente anche nella complessa sapidità minerale.

Fiorduva 2014

Ripoli 40%, fenile 30%, ginestra 30%

Al naso d’impatto si esprime con note speziate seguite da particolari sentori di sottobosco, foglie bagnate, mallo di noce e di fungo, in una continuità di profumi. All’assaggio immediata la nota polverosa e rocciosa. Un vino rotondo, morbido e di grande struttura. Le note sono quelle del crème caramel e dello zucchero caramellato del dulce de leche. Di incredibile persistenza.

Fiorduva 2013

Ripoli 40%, fenile 30%, ginestra 30%

Il colore è quello giallo dorato vivo e sano dei precedenti. Un vino che si evidenzia già all’osservazione come di evidente struttura. Al naso è pervaso da una mineralità che, tuttavia, lascia spazio a note di frutta matura, spezia dolce e il fiore giallo della ginestra. L’incredibile complessità prosegue esprimendosi in note di frutta secca, come noce, mandorla e nocciola. Al palato ritroviamo tutto ciò che si era pienamente espresso nel naso in una compiuta concordanza e sintonia. La persistenza aromatica può ben essere definita eccezionale. 

Furore rosso 2018

Piedirosso 50%, aglianico 50%

Il colore è rosso con una tonalità rubina piena. Un vino che esprime la sua giovinezza non solo nel colore ma anche durante l’analisi aromatica con note di frutti rossi fragranti seppur maturi. Un naso morbido, accompagnato da una carezzevole nota di pepe bianco. All’assaggio il vino si presenta come piacevole e pronto alla beva, seppur con ancora grande potenzialità evolutiva.

Furore rosso riserva 2015

Piedirosso 50%, aglianico 50%

Il colore è quello rosso rubino, ma declinato in una nota granata, mattonata, a ricordare il melograno maturo. Evidente il grande tenore strutturale. Austero, d’impatto al naso, per poi concedersi non note di frutta rossa sotto spirito e sottobosco, declinata nel fungo chiodino. L’estrema complessità olfattiva prosegue con tocchi di liquirizia, rabarbaro e genziana. All’assaggio il vino ha compattezza e pienezza aromatica, un tannino setoso e perfettamente integrato.