Sardegna, terra di vini millenari
Sei etichette, una storia affascinante, un’isola tutta da scoprire. Vinovagando 2024 prende il via con Adriana Licciardello, relatrice AIS, protagonista di una coinvolgente serata alla scoperta dei vitigni autoctoni della Sardegna e degli abbinamenti ideali con i piatti della tradizione.
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Isola di vento e di Nuraghi, la Sardegna, una perla incastonata al centro del Mediterraneo, esibisce una bellezza selvaggia e mozzafiato che a tratti maschera, ma poi rivela, una tradizione vitivinicola antica e variegata. Forte della sua posizione geografica privilegiata e delle sue caratteristiche pedoclimatiche, questa terra di vini millenari presenta una varietà ampelografica di tutto rispetto, nonostante si attesti solo al quindicesimo posto in Italia in termini di produzione. Con la Campania si contende il titolo di regione con più vitigni autoctoni, oltre 150, anche se non tutti iscritti nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite italiane. Una conseguenza fisiologica del fortissimo legame che i sardi hanno con le tradizioni locali, cosa che in prima battuta ha inibito l’associazionismo ma, che, a partire dal 1950 circa, proprio nelle Cantine Sociali ha trovato respiro.
La viticoltura sarda risale a tempi antichissimi. Del periodo nuragico si è detto tanto e ipotizzato altrettanto. Una delle possibili funzioni delle tipiche costruzioni coniche realizzate a secco era quella di avamposti di difesa dei villaggi e, in quanto tali, sono riuscite a custodire fino ai nostri giorni anche le tracce dell’agricoltura rudimentale dei tempi, tra cui dei resti fossili di vinaccioli. Sono questi reperti che fanno propendere i ricercatori verso la tesi dell’origine sarda del cannonau.
Le vigne sarde, quindi, hanno imparato da millenni a convivere con Eolo e i suoi rampolli come il Maestrale, ad esempio, che arriva da nord-ovest e lo Scirocco, esattamente dalla direzione opposta. I due venti incidono notevolmente sul microclima dei vigneti, contribuendo a creare le condizioni ideali per una viticoltura di qualità. Il Maestrale, freddo e secco, asciuga l’umidità proteggendo così le viti dalle malattie fungine e limitando il rischio di marciume. Risultato? Una viticoltura sana e sostenibile che può concedersi la rinuncia ai trattamenti sistemici. Durante l’estate il vento doma le alte temperature preservando così l’acidità naturale dell’uva responsabile della freschezza dei vini, specialmente di quelli bianchi come il Vermentino di Gallura. Il caldo vento del deserto sahariano, lo Scirocco, in alcune fasi dell'anno contribuisce invece a innalzare le temperature accelerando così la maturazione delle uve. La concentrazione zuccherina, naturale conseguenza, diventa la colonna portante della struttura di vini rossi come il Cannonau o il Carignano del Sulcis. L’azione combinata dei venti ha, dunque, un duplice effetto benefico: da un lato protegge le vigne e favorisce una coltivazione più naturale, dall'altro arricchisce i vini di sapidità e carattere, soprattutto nelle aree costiere, dove la brezza marina si intrufola nei venti locali benedicendo i bianchi freschi e salini come il Vermentino, il vino del mare, e i rossi intensi come il Bovale.
Non solo vento, non solo mare
La Sardegna si distingue per una sorprendente varietà territoriale, che spazia dalla costa e le pianure fertili agli ostici rilievi montuosi dell’interno. Questa eterogeneità geomorfologica traccia le coordinate della viticoltura locale. I suoli sardi sono un vero e proprio caleidoscopio: terreni sabbiosi, calcarei, vulcanici e argillosi, granitici e basaltici, si alternano senza soluzione di continuità, conferendo caratteristiche distintive ai singoli vini. Uno scrigno di vitigni autoctoni unici, figli di una storia millenaria scritta a quattro mani dagli intensi scambi commerciali e le tradizioni ataviche. Mai come in questa terra, il genius loci impone il suo tratto, impregnando di senso e appartenenza le tradizioni e i costumi. Vino, pietanze, suoni e danze parlano la stessa lingua e avviluppati in un vortice esperienziale.
A sancire il ruolo cruciale della viticoltura in Sardegna e a determinarne in qualche modo il carattere è stata, nel medioevo, la “Carta de Logu”, una raccolta di leggi promulgata nel 1392 da Eleonora d’Arborea e destinata ai 4 Giudicati Sardi, entità statuali indipendenti vigenti in Sardegna fra il IX e il XV secolo. Il documento include, oltre a norme civili e penali, una sorta di codice rurale che imponeva la messa a frutto dei terreni, pena la confisca e la riassegnazione.
È proprio sul valore delle proprie radici che la Sardegna ha fondato la sua rinascita vitivinicola, grazie al ruolo trainante delle cantine sociali e a un crescente interesse per le tecniche di coltivazione sostenibili. Un esempio tra tutti la Cantina Santadi che, grazie alla visione e impegno di Antonello Pilloni a lungo presidente della cantina sociale, e al sodalizio stretto con l’enologo Giacomo Tachis negli anni ’80, ha dato nuovo impulso ai vini sardi e al loro processo di internazionalizzazione.
I produttori sardi, pur fedeli alle antiche tradizioni, sperimentano metodi di vinificazione innovativi per migliorare la qualità e la salubrità dei loro vini e affrontare le sfide del cambiamento climatico. Il recupero di vitigni dimenticati e la sperimentazione in cantina con macerazioni prolungate e affinamenti in anfore o tonneaux, dimostrano una grande vitalità del settore che punta alla creazione di vini sempre più espressivi e capaci di competere sui mercati internazionali. La distribuzione a maglia larga delle aziende vitivinicole sul territorio semplifica le pratiche della viticoltura biologica e biodinamica, sempre più diffuse nella regione.
I vini locali, con il loro carattere deciso e la forte espressività territoriale, sono perfetti per abbinamenti che esaltano la gastronomia dell'isola. Dai piatti di mare come la bottarga di muggine e la fregola con arselle, ai sapori più robusti dell'interno, vedi il porceddu e i formaggi stagionati come il pecorino sardo, ogni vino trova il suo equilibrio nel piatto, esaltando e completando la straordinaria varietà culinaria dell’isola.
Per la prima tappa di Vinovagando, Adriana Licciardiello, relatrice AIS, siciliana d’origine e appassionata di vitigni autoctoni, conduce la degustazione di 6 vini sardi, quasi la chiave di ingresso a un mondo ben più articolato e ricco, da scoprire a valle di questo incipit affascinante. Lascia alla sala i suoi tips per proseguire il viaggio: da provare il Nuragus, il Torbato, magari nella versione spumantizzata, il Cannulari, piccola nicchia di prodotto appannaggio di soli 7 produttori, vino rosso estivo che, servito fresco, ben si abbina alle carni bianche.
La degustazione
Vermentino di Sardegna DOC Giunco 2023 - Mesa
La cantina Mesa, che in sardo significa “tavola”, si affaccia sui pendii che degradano verso la Valle di Porto Pino, 78 ettari vitati di cui 66 di proprietà. Siamo nel Basso Sulcis lungo la fascia costiera, tra vigneti secolari piantati a piede franco sul caratteristico suolo sabbioso. Creata da uno dei pubblicitari più noti e premiati, il sardo Gavino Sanna, oggi la cantina appartiene al gruppo Santa Margherita.
Proviene dal vigneto Su Baroni questo vino cristallino, di un giallo paglierino vivace e luminoso. Al naso intensità e pulizia ricordano distese di fiori gialli, poi agrumi, frutta tropicale, sentori vegetali di salvia, erbe aromatiche, timo fresco, sottoscrivendo una moderata complessità. Più timido in bocca, conserva le prerogative di freschezza e sapidità del Vermentino da abbinare senza indugi a una tartare di gamberi.
Romangia IGT Dettori Bianco Badde Nigolosu 2021 - Tenute Dettori
La cantina, che lavora in regime biodinamico, si trova in Romangia, a nord della Sardegna, nella zona geografica del Logudoro, in sardo “luogo dorato”, tra Sassari e Castelsardo. Badde Nigolosu è un cru, all’interno di un anfiteatro naturale sulle colline più alte di Sennori, a 250 m s.l.m. dove le viti di 60 anni sono allevate ad alberello.
Questo Vermentino in purezza, dorato con riflessi ambrati, rivela da subito nel calice le scelte in vigna e in cantina. Frutti maturi, pera, mela, banana marcano il naso all’esordio. Sbuffi vegetali di fieno si intrufolano lasciando spazio, poi, a caramello, miele, mou, caramelle gommose. Chiude con la parte ossidativa, vernice, smalto dove il varietale cede inequivocabilmente il passo ai sentori terziari. In bocca è quasi masticabile grazie a una leggera punta tannica che metterebbe in difficoltà in una degustazione al buio. Da abbinare a un pecorino di media stagionatura o a una provola dalla lunga stagionatura. Ottimo anche con carni bianche speziate, marinate, pesce spada scottato con le mandorle, anche su salumi magari senza finocchietto.
Carignano del Sulcis DOC Superiore Terre Brune 2019 – Santadi
Fondata nel 1960 da un gruppo di vignaioli, fino agli anni ’80 la Cantina Santadi ha prodotto e venduto anche vino sfuso. A metà degli anni Settanta, con un nuovo consiglio di amministrazione capeggiato da Antonello Pilloni e più tardi coadiuvato da Giacomo Tachis, avviene la svolta.
Terre Brune, 95% carignano e 5% bovaleddu, proviene da viti ad alberello allevate a franco di piede in terreni tendenzialmente sciolti e di medio impasto, rispettivamente sabbiosi e calcarei. Un vino caleidoscopico, carminio, ancora in divenire, con un naso intenso, ampio e ricco di citazioni. Frutta sotto spirito, prevalentemente ciliegia, ma anche chinotto, poi fiori, rabarbaro, bacche di ginepro, balsamico, con derive empireumatiche, cenere, incenso, non in ultimo cioccolato e carrube. Tannini nettamente percepibili, di struttura e dalla lunga persistenza, richiede il Porceddu alla Sarda o piatti di selvaggina, ma anche primi con ragù di anatra o cinghiale.
Isola dei Nuraghi Rosso IGT Turriga 2018 – Argiolas
Il quartier generale della cantina Argiolas è una casa tradizionale del Parteolla, areale storico-geografico della Sardegna che circonda Serdiana, nel cagliaritano. L’innovazione è la sua cifra accanto all’imprinting identitario. La mission della cantina, infatti, è la tutela dei vitigni locali e la sostenibilità di processi e prodotti. Giunta alla terza generazione, Argiolas produce oggi oltre 2 milioni di bottiglie. Vocata alla produzione monovitigno, con il supporto di Giacomo Tachis la cultura del blend entra nella vision aziendale.
Il Turriga, vino iconico dell’azienda, è un blend di cannonau, carignano, bovale e malvasia nera. Carminio fitto, nel calice sfoggia la sua carica antocianica anticipando le attese sulla consistenza. Naso più che intenso di frutti scuri sotto spirito e agrumi. Cioccolato fondente con cuore balsamico, pepe nero, spezie, china, rabarbaro, grafite: una tavolozza infinita. Struttura, equilibrio, persistenza e armonia incorniciano un vino da immaginare con piatti importanti a base di carne, sia primi sia secondi, formaggi dalla lunga stagionatura, pecorini stagionati.
Primo vino ad ottenere la DOC in Sardegna, la Vernaccia di Oristano è una vera chicca per intenditori. L’etimologia “vernaculum” cioè “del luogo” ne sottolinea la veracità. Caratteristico della zona di Oristano e della Valle del Tirsu, vive e dimora in una zona stupenda dal punto di vista naturalistico e archeologico caratterizzata da forti differenze di temperatura tra inverno ed estate. Presente in Sardegna sin dal tempo dei Fenici che lo introdussero nella penisola del Sinis, dove fondarono l’antico approdo di Tharros, questo nobile vitigno dà origine a un vino ossidativo dall'inconfondibile carattere e complessità, vocato all'invecchiamento. Le sue note di mandorla amara, spezie e miele lo rendono unico nel panorama enologico sardo e non solo.
Vernaccia Valle Del Tirso IGT Componidori 2022 – Contini
La storica azienda nata nel 1898 e giunta alla quarta generazione si trova nei pressi della Laguna di Cabras, straordinario parco naturale e archeologico unico in Europa. La famiglia Contini, a testimonianza del profondo legame con la cultura sarda, ha dedicato una linea dei suoi vini alla giostra equestre della Sartiglia, la festa più importante di Oristano e della Sardegna, di cui Componidori è la figura principale. Per oltre 100 anni la cantina ha puntato su due soli vitigni, vernaccia e nieddera. Il portafoglio di etichette è oggi ben più vasto.
Livrea dorata, propone al naso frutta secca, mandorle, noci, cedro candito, scorze di arancia con cioccolato fondente. Alla nota vegetale fresca, seguono le spezie e sbuffi empireumatici. Il palato pieno e rotondo conserva freschezza e sapidità che ben si sposano con spaghetti alla bottarga e uova al tegamino con la bottarga.
Vernaccia di Oristano DOC Flor 2016 – Contini
Dopo essere raccolte e pressate in modo tradizionale, le uve maturano in botti di castagno o rovere in condizioni ossidative per 4 anni sotto un film di lieviti noto come “flor”, così come accade per lo Sherry. Nel Campidano il tipico aroma derivante da questo procedimento è detto “murrai”.
Dress code: ambra. Il corredo olfattivo è intenso e ampio: frutta secca, buccia essiccata di agrumi, accenni vegetali poi liquirizia, radice, china, grafite, miele di castagno, propoli, cioccolato, note tostate, umami. Pieno e avvolgente al palato, sorprende per la piacevole persistenza che invita alla beva. Ci abbiniamo i dolci della pasticceria sarda, ma anche una insalata di carciofi e bottarga.
Ma come carciofi? Se lo dice Adriana io ci credo.