Verso nuove frontiere vinicole: la Cina arriva a Brescia

Racconti dalle delegazioni
06 novembre 2025

Verso nuove frontiere vinicole: la Cina arriva a Brescia

È stata una serata di approfondimento molto interessante e decisamente formativa quella svolta lo scorso 17 ottobre presso la sede AIS di Brescia. A condurre l’evento dedicato ai vini cinesi non poteva che esserci Guido Invernizzi.

Angela Amoroso

Di tutti i Paesi che non hanno alle spalle una lunga e affermata tradizione vitivinicola  ma che specie negli ultimi anni sono in forte espansione, ottenendo anche buoni riconoscimenti, la Cina merita senz’altro un posto d’onore. La viticoltura cinese  sta infatti compiendo grandi passi in avanti anche se, soprattutto per noi europei, è ancora poco conosciuta. Proprio per questo presso la sede di AIS Brescia si è svolta una serata di approfondimento nel corso della quale i tanti presenti hanno avuto modo di degustare una rappresentanza di vini prodotti in Cina. A raccontare aneddoti, curiosità, cenni storici e a guidare i vari assaggi non poteva che esserci Guido Invernizzi, degustatore esperto, curioso e coinvolgente che con la sua verve è riuscito a rendere l’esperienza ancora più entusiasmante. L’evento ha fatto registrare il tutto esaurito ed è stato gestito nel migliore dei modi dai sommelier di sala che, sotto la guida attenta del delegato provinciale Alessandro Caccia, hanno gestito nel migliore dei modi la serata.

La Cina e la sua storia vitivinicola

La prima forma di vite in Cina - anche se ovviamente non si trattava di vitis vinifera ma di vitis romanetii - risale a circa 26 mila anni fa, un lasso di tempo che potrebbe essere considerato breve se dovessimo rapportarlo agli esordi della viticoltura georgiana o armena ma trattasi comunque di una storia più che longeva.

Un ruolo importante per lo sviluppo della viticoltura cinese lo hanno avuto le Dinastie che si sono susseguite nel corso dei secoli: sono almeno 15 quelle che hanno giocato un ruolo essenziale in tal senso. Ognuna di esse, ciascuno a modo proprio e tenendo conto anche delle diverse epoche in cui hanno regnato, ha inserito nuove tecniche e pratiche vitivinicole le quali hanno permesso di compiere dei passi in avanti.
Già durante la dinastia Shang – tra gli anni 1600 e 1000 a. C. - i cinesi erano noti per la raccolta di uva selvatica che veniva poi utilizzata come forma di nutrimento; l’introduzione della vitis vinifera avviene invece intorno al 4° secolo a. C. nella regione dello Xinjiang.
Nel 440 a.C. le bevande alcoliche da fermentazione non venivano realizzate con uva ma con altri frutti e/o cereali e talvolta anche l’aggiunta di miele: il loro utilizzo  era principalmente legato al campo medico in quanto ne erano già note le proprietà antisettiche e anestetiche. È con la dinastia degli Han che gli alcolici iniziano ad avere al loro interno anche il vino d’uva che, solo in occasioni speciali, veniva offerto anche al popolo. La prima testimonianza scritta invece relativa al vino cinese si ha intorno al 138 a.C. e, sempre negli stessi anni, presero il via gli scambi commerciali di uva e vino con l’Occidente lungo la Via della Seta.
In epoca Tang il vino inizia ad essere più diffuso anche se quello locale è ancora poco apprezzato rispetto a quello importato; fu idurante la dinastia Yuan (1206-1368) che ci fu un salto qualitativo importante e si raggiunsero traguardi significativi sia in termini di coltivazione di uva che di produzione vinicola.
Bisognerà attendereinvece la fine del diciannovesimo secolo per arrivare alla grande svolta: lo sviluppo dell’industrializzazione e la nascita della Repubblica di Cina furono due passaggi fondamentali per lo sviluppo vitivinicolo. Nel 1892 la fondazione dell’azienda Changyu da parte di un diplomatico cinese che lancia l’attività a Yantai, nella prefettura di Shandong, segna l’inizio della produzione vitivinicola su larga scala della Cina moderna.
Negli anni ‘80 furono piantate nuove vigne in Xinjiang, Jilin, Shanxi, Henan ed Hebei e vennero svolti anche numerosi studi sulle varietà autoctone. La maggior parte delle uve da vino però sono importate, soprattutto dall’Europa.
Dal ‘90 al 2000 la produzione è raddoppiata: fondamentale è stato, in primis dal punto di vista qualitativo, l’ingresso nella WTO - Organizzazione Mondiale del Commercio - avvenuta nel 2001 che ha permesso ai cinesi di adattarsi agli standard internazionali; nel 2004 invece viene ufficialmente proibita la produzione di vino da miscela con altri frutti. 

La geografia vitinicola cinese

Le province di maggiore produzione sono Shandong, Hebei e Xinjiang mentre il consumo di vino - seppur si parla di una media annua di circa due litri di vino pro capite -  si concentra soprattutto nei grandi centri economici: Pechino, Shangai e Shenzem.  La zona pedemontana orientale del monte Helan è fra le regioni vinicole più vocate: clima continentale fresco e asciutto con escursioni termiche e basse precipitazioni. I terreni in quest’area sono soprattutto granitici-rocciosi ma ben soleggiati, il che permette una maturazione delle uve più lenta con il giusto equilibrio fra le componenti fenoliche e l’acidità.
Altra zona importante è quella fra il fiume Giallo e il Monte Helan, al confine tra la Mongolia e il Deserto del Gobi. Il fiume giallo ha un ruolo fondamentale per il microclima: qui i vigneti arrivano sino a 1200 metri e ciò permette che si sviluppino grandi aromi e una mineralità importante proprio perchè le viti vanno molto in profondità per trovare l’acqua.

L’azienda Silver Heigts, il vino del dragone

I vini in degustazione per la nostra serata sono tutti della cantina Silver Heights, situata tra le pendici orientali dei monti Helan a Ningxia, uno dei vigneti più alti della Cina, a circa 1.200 metri sul livello del mare.

Fondata nel 2007 da Lin Gao, ora è gestita dalla figlia Emma, esperta enologa diplomata a Bordeaux e grande appassionata di vini francesi; gli ettari vitati di proprietà sono circa 70.
Silver Heights utilizza metodi biodinamici per coltivare le sue viti e realizzare i suoi vini. Per costruire un ecosistema sano, la cantina favorisce la biodiversità e ha integrato diversi animali nel suo lavoro quotidiano. Nel processo di vinificazione, vengono utilizzati lieviti selvatici e metodi tradizionali, senza filtrazione e con un intervento umano minimo, in modo che ogni bottiglia esprima caratteristiche naturali.

Degustazione

Gli assaggi che faremo si concentrano su due linee produttive dell’azienda: la prima - che riguarda i primi tre vini in degustazione - è “The last Warrior” ovveroL'Ultimo Guerriero” che rende omaggio allo spirito combattivo del popolo del Ningxia ed è l’espressione della viticoltura biologica e biodinamica adottata dall’azienda dal 2017; la seconda linea invece - che riguarda gli ultimi tre vini - è legata alla nuova collezione di vini naturali realizzati da tre cuvée monovarietali in quantità molto limitata (meno di 3000 bottiglie ciascuna), utilizzando un approccio estremamente purista alla vinificazione che si concentra sulla fermentazione con lieviti selvatici, nessuna filtrazione e un minimo di zolfo.


The last warrior white blend 2021 - 13%
Chardonnay 70%, Riesling 25%, Viogner 5% - Raccolta manuale, pigiatura soffice, nessuna fermentazione malolattica.
Il nostro calice si presenta cristallino con un verdolino che vira verso un bel dorato. Lo chardonnay è senz’altro il vitigno più riconoscibile al naso e non potrebbe essere altrimenti considerandone la percentuale: ai sentori di frutta gialla matura si aggiungono quelli vanigliati e un po’ burrosi ma anche quelli floreali. Presenti delle note di pasticceria e qualche percezione di evoluzione anche se non c’è passaggio in barriques, lo stile francese è comunque ben evidente. Al gusto ha una buona freschezza anche se non troppo spiccata; c’è una buona sapidità ma anche una morbidezza che va verso il vellutato. Persistente, elegante ed equilibrato, il finale è leggermente amaricante, minerale e dai sentori agrumati con una buona piacevolezza di beva.

The last warrior rosè 2022  – 12%
Chardonnay 60%, Syrah 30%, Pinot Noir 10% - Raccolta manuale, pigiatura soffice, nessuna fermentazione malolattica.
Il vino presenta dei residui ma ha un bel colore rosato da oro antico, un “buccia di cipolla” che da nuova scheda diventa ramato; la consistenza è notevole, lasciandoci intuire che non sia proprio giovanissimo.
Al naso emergono note di frutta matura come le ciliegie, il melograno e la confettura di fragole; presenti anche sentori floreali riconducibili alla rosa. Al gusto non è lungo ma piacevole, morbido, rotondo e vellutato; in bocca il frutto diventa più giovane e si avverte anche la scorza d’agrume. Fresco e sapido, quasi salino, risulta maturo ma piacevole.

The last warrior red blend 2020  – 14.5%
Cabernet sauvignon 100%  - Matura in botti di rovere francese al 70% e in vasche di acciaio inossidabile al 30% per almeno 12 mesi.
Il colore, carminio che va verso il granato, presenta una buona fittezza e vivacità. il naso è riconducibile al vitigno con cui è ottenuto: presenti i classici sentori fruttati di ciliegie e more e vegetali di pomodoro e peperone ma anche note terziarie ed empireumatiche da foglia di tabacco. Al gusto emerge la sua freschezza e il tannino ben gestito; un leggero amaricante sul finale ci ricorda anche la liquirizia. Non è lunghissimo ma ha una buona morbidezza.

Ningxia Marselan 2021 – 14%
Marselan 100%  - Fermenta utilizzando solo lieviti selvaggi; travasato lentamente per evitare la filtrazione. Il vino viene poi affinato per 12 mesi in botti di rovere francese nuove al 100%.
É l’assaggio che forse ci colpisce di più sia per il vitigno di certo poco conosciuto anche fra gli appassionati di vino - nasce da un incrocio tra cabernet sauvignon e grenache - che per la piacevole degustazione che ne è scaturita.
Dal colore rubino con note amaranto, presenta una sana e vivace giovinezza cromatica. Al naso emergono note fruttate di amarena, prugna e lampone, sentori speziati che portano alla mente cannella, chiodi di garofano e pepe; è presente una nota balsamica  e torna anche l’empireuamatico con un gusto affumicato di tabacco e cacao.
In bocca il tannino è morbido e ben integrato, più persistente rispetto all’assaggio precedente. Coerente ed armonico, molto piacevole al sorso, invoglia a berne ancora per conoscerlo meglio.

Ningxia Pinot Noir 2020  – 13%
Pinot nero 100% - Fermenta con lieviti selvatici naturali e matura per 12 mesi prima in botti di rovere francese di 1 anno e poi in nuove Ovevri
In alcuni calici è maggiormente presente il residuo, il colore è sull’aranciato, molto trasparente a parte qualche calice in cui è rimasta depositata la parte finale non filtrata che ha ceduto un po’ di fondo.
Al naso sono evidenti note fruttate di ciliegia ribes e lampone ma anche un tocco di cedro. Al gusto l’acidità rende la componente citata più fragrante, anche il ribes diventa croccante e si enfatizza la speziatura; buona la sapidità, il finale è parecchio lungo.

Ningxia Jin Shan Jiayuan Cabernet Sauvignon 2019 – 14.5%
Cabernet Sauvignon 100% Fermenta con lieviti indigeni e matura per 12 mesi in botte di rovere francese neutre. il vino è naturalmente non filtrato.
Colore granato di una buona fittezza, al naso la nota vegetale è evoluta con note di sottobosco, funghi e terra: proprio per queste caratteristiche potrebbe essere definito un vino che sa di umami; emergono anche sentori di fermentazione ed empireumatici di tabacco e caffè.
Al gusto è il più tannico fra i vari assaggi ma è una componente ben integrata con le altre peculiarità; anche l’acidità emerge in maniera positiva. Dall’assaggio si accentuano i sentori di liquirizia che contribuiscono ad avere una lunga persistenza.