Il Timorasso di Walter Massa

“Voglio trovare un senso a questa sera, anche se questa sera un senso non ce l'ha” sono le parole di esordio di Walter Massa, istrionico e sanguigno interprete di una viticoltura moderna, nonché pioniere della riscoperta di questo interessante vitigno autoctono.

Valerio Mondini

Walter MassaE per mettere subito le carte in tavola presenta la sua squadra di lavoro, formata da tre consulenti e una badante: il direttore marketing per eccellenza, il vino Timorasso; l’agronomo Rossi Valentino, perché il vino si fa in derapata”; l’enologo Rossi Vasco, millesimo 1952, perché il vino “è tutto un equilibrio sopra la follia”; la badante, nella figura del fido Pigi, personaggio che sembra appena uscito da un romanzo di Stevenson.

A chi gli chiede perché non fa vini DOC, risponde che preferisce fare vini buoni e che gli servono tre ingredienti; l’uva, il tempo e il buon senso.

Esponente di spicco dei Colli Tortonesi, una zona di certo non annoverata tra le più rinomate, racconta che “i tortonesi sono piemontesi per caso, sembrano davanti perché stanno per essere doppiati, ma si sono fermati agli anni ‘60”.

La sua comunicazione è diretta, schietta, ma lascia emergere a tratti il suo orgoglio di vignaiolo che arriva dal passato, la famiglia Massa coltiva vigneti dall’800, ma si vuole proiettare nel futuro  “senza fare la guerra a nessuno”, anche se qualche frecciatina se la lascia scappare nei confronti dei parvenu dell’ultima ora a caccia di affari nel mondo del vino.

Come la maggior parte dei vitigni, anche il Timorasso ha origine antiche e viene citato nel Medioevo da Pier Crescenzio nel suo Ruralium Commodorum libri XII, opera agronomica ante-litteram. Ma si tratta di un vitigno che negli ultimi decenni era quasi scomparso, a favore del più comune Cortese.

La rinascita di questa uva bianca autoctona ha inizio negli anni ’80, quando proprio Walter Massa ne intuisce le potenzialità e insiste caparbiamente a coltivarla e a sperimentare tecniche diverse in cantina.

La prima produzione è dell’87 e conta 600 bottiglie. Le annate si succedono con risultati alternanti, ma da subito si intravedono le potenzialità di un vino di livello.

Diradamenti in vigna, diraspature, maturazioni su fecce nobili, abbattimento della solforosa nella vinificazione, sono evoluzioni continue che vengono introdotte. L’annata del ’95 si inizia a vendere due anni dopo, a dimostrazione che anche un vino bianco piemontese può reggere l’invecchiamento. Dal 2000 inizia la produzione dei suoi cru di alto livello.

Sulla scia di Walter Massa altri produttori della zona riscoprono il Timorasso: oggi sono in tutto una trentina e la superficie coltivata nei Colli Tortonesi è passata da un ettaro a 60 ettari, su una superficie vitata totale di circa 2.000 ettari (di cui 1.500 coltivati a Barbera).

Il Timorasso ha grappoli medio-grandi, serrati e pruinosi. Cresce su terreno argilloso-calcareo e sassoso; germoglia precocemente ma matura tardi. Le sue uve sono uve neutre, povere di terpeni e di pirazine, ma che sviluppano profumi minerali. Tra le sostanze ritrovate nell’analizzarlo ci sono il geraniolo, l’acido geranico e anche il composto TDN (trimetil-diidro-naftalene). Lo screening del DNA rivela una somiglianza col Sauvignon Blanc (20%), col Nebbiolo (5-6%), col Vermentino (3%), mentre per il resto e completamente autoctono.

Massa Derthona 2010Il ricco aperitivo a buffet viene servito con un Derthona, l’antico nome di Tortona, 2010. Può essere definito la linea base dei vini dei Vigneti Massa, ottenuto da uve meno selezionate rispetto a quelle impiegate per i due cru principali, Sterpi e Costa del Vento: di colore giallo paglierino poco intenso, mostra una buona varietà aromatica, con note di fiori d’acacia. E’ sapido con una freschezza notevole, l’alcol è molto equilibrato, malgrado i 14°.

Prima di passare all’assaggio delle tre annate di Sterpi, Walter Massa ci tiene a precisare alcuni aspetti del suo modo di lavorare: la raccolta delle uve con bigonce da 10-15 quintali e non in cassette, adatte per lo champagne, la pigiatura fino a due giorni dopo la raccolta, la vinificazione fatta in vasca chiusa, l’assenza di solfiti aggiunti fino all’imbottigliamento.

Ne escono vini che “magari sono stonati, ma cantano!”. Perché “il vino si deve fare secondo natura: è più etico dire vino libero che vino naturale”.

I vini in degustazione provengono da una vigna del 2000 su terreno argilloso-calcareo, con presenza di marne, esposta a sud-ovest. Maturazione sulle proprie fecce per almeno 10 mesi e affinamento per almeno 12 mesi in bottiglia. Gradazione alcolica 14°. Tutte le bottiglie della serata sono in formato magnum.

Si comincia la degustazione con uno Sterpi 2009 (Timorasso 100%). Bel colore giallo paglierino, appare consistente e strutturato. Presenta una eleganza di profumi con sentori di nespola, citronella, sesamo. La mineralità spicca anche al naso, con note di pietra focaia che ricordano lo Chablis. In bocca rivela una grande sapidità e l’assenza di note mature. Vino secco, con un buon l’equilibrio tra acidi e zuccheri, bella salivazione e sapidità, note quasi marine e salmastre e nota di sambuco, con una perfetta corrispondenza gusto-olfattiva, lunga persistenza ed estrema eleganza dell’alcol. Ottimo vino che può ancora evolvere e migliorare.

Si continua con uno Sterpi 2007 (Timorasso 100%). Colore giallo dorato brillante, che ne rivela il grande stato di salute. Grande struttura e consistenza. Naso complesso con note di mineralità, carbone e “tubo di scappamento”. Si riconoscono note di nocciola, frutta secca, caramello, frutta più evoluta su base minerale. Al palato spiccano note eteree, smalto e TDN, precursori dei sentori di idrocarburi, note di caramello e crema catalana. E’ un vino dalla lunghissima persistenza, morbido e rotondo, con una spalla acida e un finale secco, non metallico. Grandissimo vino dalla persistenza gusto-olfattiva quasi interminabile. 

Si termina con uno Sterpi 2006 (Timorasso 100%). Il colore è più dorato del precedente, ma meno brillante. Si riconoscono sentori di mallo di noce e frutta secca e una nota eterea volatile. Strutturato e potente, caldo ed equilibrato, gusto rotondo con una forte connotazione sapida. Anche in questo caso lunghissima persistenza in bocca.

Massa Costa del Vento 2007 e 2010Walter racconta che si è trattato di una annata bellissima, ma che la vendemmia di questo vino ha subito dei ritardi prima a causa di una prolungata pioggia al momento del raccolto, poi per la rottura di una parte dell’impianto, causando così una macerazione più lunga di quanto previsto.

Mettendoli a confronto nel primo spicca una nota gessosa, nel secondo una nota di idrocarburi, nel terzo la nota eterea.

Al termine della degustazione di Timorasso viene servito del risotto mantecato all’olio extravergine di oliva, con fagiolini verdi, patate, scalogno, pinoli e basilico, ma per meglio accompagnarlo c’è prima il tempo di assaggiare un fuori programma: Croatina dei Colli Tortonesi 2000.
Di colore rosso mattonato, è molto consistente. Al naso le note animali, di aia e stallatico prevalgono sulle altre, ma poi emergono sentori di frutta rossa sovra-matura. In bocca la presenza del legno è molto sfumata e si distinguono note di foglia di tabacco, spezie, pepe, eucalipto, caramello, violetta e note balsamiche, con una complessità decisamente superiore a quanto si potesse intuire al naso. Grande struttura e notevoli doti aromatiche, accompagnate da una lunga persistenza e da un tannino gentile.

Come ci dice Walter, quando un vignaiolo fa il vino, vede già la bottiglia e un vino dopo 12 anni in cantina, “più che sui lieviti ti sta sulle scatole”. Ma si capisce che è solo una battuta e che è orgoglioso anche di questo vitigno vinificato in purezza e che solitamente viene usato per dare struttura e mitigare l’acidità della Barbera.

Chiusura finale con gli omaggi a due ottantenni pionieri e visionari come Lino Maga, vignaiolo di Broni, e Pino Ratto, vignaiolo di Ovada, di cui Walter Massa ha raccolto l’eredità e la massima di saluto: “L’operaio lavora con le mani, l’artigiano usa anche il cervello, l’artista ci mette in più il cuore, il vignaiolo ha bisogno di tutto questo e anche di  fortuna!”.

 

 Il vino é il riflesso della mente

Erasmo da Rotterdam

Il genio e il male sono la stessa cosa

 John Lennon

Sulla roulette, tra il rosso e il nero, io sono lo zero verde

Walter Massa

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