A tu per tu con il vermentino, il vitigno che sente il mare

Magistralmente guidato da Valentino Tesi, miglior sommelier d’Italia 2019, il gruppo degustatori di AIS Lombardia ha avuto modo di approfondire le caratteristiche del vermentino attraverso quattro batterie per quattro differenti areali produttivi.

Giovanni Sabaini

Provate ad immaginarvi seduti a un ristorante vista mare, in piena estate, quando la serata è particolarmente calda. La carta dei vini offre decine di scelte, ma con le temperature di agosto non avete bisogno di nulla che vi scaldi l’animo. Così la scelta cade su un vermentino, notoriamente un vino fresco, di pronta beva, piacevole per ogni occasione e per ogni tipologia di degustatore, più o meno esperto che sia. Eppure, ci sono interpretazioni che esulano da questo ragionamento in ognuno dei quattro areali presi in considerazione ed è estremamente interessante scoprire quanto uno stesso vitigno arrivi a raccontarsi in maniera così differente tra una regione e l’altra.

Differenze che si riscontrano soprattutto nella parte gusto olfattiva. Va detto, infatti, che mentre il naso tradisce quasi sempre sentori identificativi del vermentino (che, ricordiamo, è un vitigno semi-aromatico), come le note dolci da erbe aromatiche e la cosiddetta “macchia mediterranea”, il sorso è nettamente diverso da zona a zona.

Ed è proprio sulle peculiarità dei vari territori che è stata improntata l’analisi delle varie batterie, seppur tenendo sempre a mente il trait d’union tra tutti i sedici campioni in degustazione: la vicinanza al mare. È fondamentale non dimenticare questo aspetto poiché, nel calice, tutti i vini denotano un’acidità mai esuberante, ma che viene sempre compensata da una bella sapidità che spesso porta a sentori iodati e a chiusure tipicamente amaricanti. Caratteristiche da inserire in un quadro di valutazione che non deve puntare alla complessità e alla struttura, ma deve tener conto di tipicità, gradevolezza, nitidezza dei profumi e di conseguenza della rappresentatività degli stessi, soprattutto nel momento dell’assegnazione di un punteggio, per non rischiare di valutare un Vermentino come fosse un Barolo.

Batteria 1 – Liguria

Per poter fare un’analisi precisa del territorio ligure, va subito detto che è necessaria un’importante distinzione: Riviera ligure di levante, che vede il suo limite orientale sulle Alpi Apuane al confine con la Toscana, e Riviera ligure di ponente, che vede il suo limite occidentale al confine con la Francia.

Spaccato necessario per chiarire che nelle due zone il vermentino parla lingue differenti, perché nel ponente è più diffuso il pigato (probabilmente una mutazione spontanea del vermentino) in grado di estrarre grande aromaticità e ricordi salmastri, mentre nel levante è il vermentino a farla da padrone, dando il suo massimo sui colli di Luni ed esprimendosi in note più agrumate con retrogusto amaricante da ricordare quasi il chinotto.

I primi tre campioni portano nel Levante, confermando quanto detto poco sopra. Dal punto di vista cromatico tutti giocano sulle tonalità del giallo paglierino tenue, ma di grande brillantezza. Al naso le variazioni nel mondo degli agrumi (cedro, scorza di limone, pompelmo) sono sempre presenti, anche se il secondo campione riesce ad estrarre note di frutta gialla più dolce che vanno ad aumentarne la complessità.

Primo e terzo vino al sorso dichiarano una netta preferenza per le durezze, grazie ad una freschezza sferzante, quasi anomala per un vermentino, ma ben bilanciata dalla grande sapidità, mentre il secondo somiglia più al prototipo di sé stesso, mostrandosi più morbido ed avvolgente.

Il quarto campione porta invece nel Ponente, con un vermentino superiore coltivato in vigne che baciano il mare. Primo impatto olfattivo giocato su note iodate, seguite poi da fiori gialli e da frutta a polpa gialla matura. Grande corrispondenza gustativa rispetto a quanto rilevato al naso, con una sapidità che aiuta il sorso ad allungarsi nella sua completezza di sensazioni.

Batteria 2 – Toscana

Così come per la Liguria, anche in Toscana il vermentino vive e offre le sue migliori espressioni quando viene coltivato nei pressi del mare o in aree che beneficiano del relativo influsso.

Il primo campione della seconda batteria ne è un esempio lampante, in quanto proveniente dell’isola d’Elba (in cui il vermentino è conosciuto anche come riminese). Scontato dire che i terreni hanno un’importante componente sabbiosa. Meno scontato, invece, è far notare la quantità di ferro che si può trovare sull’Elba. Nel calice si presenta paglierino tenue, ma brillante, così come tutti i primi tre campioni della batteria. Il naso è un mazzo di fiori appena colti poggiato su un letto di note iodate, insieme a sentori vegetali di erba sfalciata con un corredo agrumato e una balsamicità chiaramente percettibili. Energico e fresco al palato, persino dissetante nella sua scorrevolezza.

Con il secondo campione si torna sulla terra ferma, per la precisione a Montecucco, alle porte di Montalcino. Pur essendo nell’entroterra, la totale assenza di ostacoli in direzione della costa, consente ai venti marini di spirare fino a quei versanti collinari esposti in direzione ovest. L’attrattività di questo vino è tutta nella sua finezza olfattiva, superiore a quanto constatato finora: i ricordi di macchia mediterranea si fanno più vivi, andando a braccetto con un fruttato da susina gialla, pesca, agrumi e un floreale da tiglio. Bocca non così energica, ma piacevole l’equilibrio tra la parte alcolica e morbida che tengono a bada le durezze del vino, meno marcate rispetto al primo campione.

Con il terzo campione si torna nei colli di Luni, ma naturalmente nella sponda Toscana. In questo caso il produttore ha tentato la strada della vendemmia tardiva per provare a portare nel calice una complessità superiore. Missione in parte riuscita, poiché i sentori spaziano dal floreale al fruttato, dall’erba aromatica all’anice, seppur tutti in versione un po’ acerba. La marcia in più la innesta il sorso, che regala una bella persistenza, figlia di un’importante parte agrumata e di una salinità che torna ad essere vibrante.

Anomalia della batteria è certamente il quarto campione, proveniente da Bolgheri, ma prodotto da una nota azienda del Chianti. Curiosa la scelta di un passaggio in legno di castagno, che regala alla vista un giallo paglierino pieno, lontano dai riflessi verdognoli dei primi campioni. All’olfatto il passaggio in legno non esita a farsi sentire con decisione, regalando note di tisana, ceralacca e miele, che vanno un po’ a sopraffare le note fruttate mature. Avvolgente in bocca, grazie ad una marcata morbidezza, che però rimane ad attendere l’aiuto della sapidità per ristabilire il giusto equilibrio.

Batteria 3 – Sardegna

Terra d’elezione del vermentino è sicuramente la regione dei quattro mori. Seppur molto vasta e meritevole di ulteriore approfondimento, lo scopo della terza batteria è quello di avere un’idea di massima dei risultati che il vermentino può dare al di fuori della Gallura.

Il primo campione proviene dal Sulcis, zona con vigneti a piede franco molto vecchi che mantengono integro il patrimonio genetico del vitigno, una fortuna per i vitigni semiaromatici. La zona è molto calda con terreni sabbiosi quasi litoranei. Nonostante la giovinezza, il vino denota marcate note di maturità, da frutta molto matura, quasi in gelatina, a spostare l’immaginario verso sensazioni dolci che si allargano man mano verso sentori freschi di basilico e timo. Il perfetto equilibrio tra le dominanti parti saline e alcoliche fa pensare ad un vino che sia nel momento perfetto per essere degustato. 

Con il secondo campione si è voluto certamente mettere alla prova i degustatori grazie ad un vino che, se offerto alla cieca, difficilmente si sarebbe potuto ricondurre al vermentino. Proveniente dalla zona particolarmente vocata di Bonannaro, in cui persino Giacomo Tachis ha voluto lavorare, le vigne da cui proviene questo vino sono ad oltre 700 metri di altitudine, su un terreno vulcanico che regala sentori sulfurei e iodati molto marcati. Le grandi escursioni termiche, poi, contribuiscono a fissare una parte aromatica spostata su sentori mentolati. In bocca è straordinariamente gustoso e persistente, seppur lontano dal concetto visto finora di “tipicità” del vermentino.

Il ritorno in zona pianeggiante ci porta nella piana di Alghero per il terzo campione, una spianata di sabbia e calcare nei pressi del mare. Il vino fermenta in botti di rovere di 500 litri con batonnage, prima di una lunga sosta sulle fecce fini e di un anno in bottiglia. Particolarmente rispondente alla tipologia il naso, nonostante l’intervento del legno che, evidentemente, è egregiamente gestito. Ritornano, infatti, a fare capolino quei sentori agrumati e di macchia mediterranea, accompagnati da fiori gialli come le ginestre. In bocca si rivela la parte fruttata insieme a quella salata, vellutato, ma fresco, che può ancora arricchirsi.

Si tocca infine, con il quarto campione, la romangia, zona degli appassimenti, delle surmaturazioni. Vino fermentato in cemento, non filtrato, con circa dieci giorni di macerazione per estrarre le componenti aromatiche. Il naso è giocoso, divertente, che spazia dalle note erbacee di fieno a quelle di fiori secchi, dalla cera d’api ad un leggero sentore etereo di sapone. Due piacevoli anomalie in bocca: un leggero petillant e un lieve tannino che aiutano la parte delle durezze, altrimenti deficitaria a discapito di un alcol molto presente.

Batteria 4 - Corsica e Gallura

Lo straordinario crescendo qualitativo delle batterie di degustazione di questa giornata, trova la sua degna conclusione nel Vermentino di Gallura, unica DOCG della Sardegna, con una toccata e fuga in terra corsa.

Mentre tra seconda e terza batteria le differenze di terroir marcavano notevolmente i vini al punto di renderli molto differenti l’uno dall’altro, la quarta batteria è stata contraddistinta dall’uniformità delle sensazioni, da non confondersi con la banalità. L’identità dei vini di Gallura è stata, infatti, molto chiara in tutti i campioni e ha incredibilmente trovato continuità anche nel vino della Corsica.

Alla vista il giallo paglierino non è mai carico di materia colorante, anzi, trova grande brillantezza nel suo essere tenue e, dunque, facilmente attraversato dalla luce.

Al naso ritroviamo grande presenza della parte agrumata in tutti i campioni, accompagnata, talvolta più, talvolta meno, da una parte minerale granitica e da sbuffi di erbe aromatiche che continuano a ricondurre al vitigno.

Ma, come detto in introduzione, è la bocca a fare la differenza: in tutti i campioni provenienti dalla Gallura non c’è la parte amaricante in chiusura che era stata spesso peculiarità dei primi dodici campioni. Sempre presente, invece, la parte sapida che, in una continua lotta con la freschezza, fa da equilibratore con una spinta alcolica nettamente percettibile e una parte glicerica che regala avvolgenza al sorso.

Altro incontro per il Gruppo Degustatori di AIS Lombardia e altra straordinaria occasione di crescita per tutti coloro che hanno avuto occasione di parteciparvi. Il ringraziamento più sentito va a Luigi Bortolotti e Sebastiano Baldinu, sempre straordinari organizzatori, e ad AIS Milano con il suo gruppo servizi, sempre perfetti nella gestione dell’evento.