Ais Lombardia ospita l'Unione Viticoltori di Panzano in Chianti

Approfondimento Chianti Classico. Il racconto dell'incontro di formazione dei Degustatori AIS Lombardia presso l'azienda Selva Capuzza di San Martino della Battaglia (BS) con l'Unione Viticoltori di Panzano in Chianti

Davide Gilioli

Tratto da Viniplus N°10 - Marzo 2016

Durante gli incontri del gruppo di Degustatori di AIS Lombardia, lo scorso 8 novembre presso l'azienda Selva Capuzza di San Martino della Battaglia (BS), sono stati travalicati i confini regionali per dare spazio all'Unione Viticoltori di Panzano in Chianti. Questa volta, infatti, l'approfondimento curato da Luigi Bortolotti e Sebastiano Baldinu, responsabili del gruppo Degustatori di AIS Lombardia, si è orientato all'analisi ed alla riscoperta di una storica eccellenza del vino italiano: il Chianti Classico

Luigi Bortolotti con Valeria Viganò e Emilia D'Orsi

Panzano, frazione del Comune di Greve in Chianti, è il cuore geografico della Denominazione e ha dimostrato di possedere caratteristiche uniche e distintive. Con altitudini che variano dai 300 ai 500 metri di altitudine, lungo un crinale che separa la Val di Pesa (con esposizioni sud-est) dalla Val di Greve (con esposizioni sud-ovest), il terreno è quasi interamente di matrice calcarea: affiora il galestro (scisti formate da strati di argille compresse), su una base formata da pietra forte ed alberese. Ne derivano vini di grande sapidità e mineralità, che sanno preservare la freschezza e l'eleganza fruttata del sangiovese (dal 1996 ammesso dal disciplinare fino al 100%, con l'eliminazione dell'obbligo di ricorrere ad altri vitigni "da taglio"), regalando una beva fine, piacevole e di ottima persistenza al palato, ma non eccessivamente impegnativa. 

Valeria Viganò (Az. Agr. Le Cinciole) - origini monzesi ma chiantigiana d'adozione - racconta la genesi dell'Unione Viticoltori di Panzano, nata nel 1995 dall'iniziativa di una ventina di produttori, e che lei stessa ha guidato come Presidente dal 1997 al 2013. Si tratta di una risposta alla storica "Festa del vino di Greve in Chianti", che si tiene il terzo fine settimana di settembre in ricordo delle antiche celebrazioni contadine per il rituale della vendemmia, che in quegli anni era diventata una semplice sagra paesana. L'obiettivo dell'Unione è quello produrre vini di qualità nel rispetto delle peculiarità del territorio: ad oggi ne fanno parte circa 600 ettari vitati, dei quali il 70% ha ottenuto la certificazione biologica.

Ad Emilia d'Orsi (Fattoria Casaloste), napoletana innamorata del Chianti, è toccato il compito diintrodurre l'accattivante degustazione: 20 vini suddivisi in 4 batterie "tematiche".

Nelle prime due - composte da 5 Chianti Classico DOCG e da altrettanti Riserva, di annate comprese fra il 2013 e il 2003, tutte provenienti da Panzano - sono stati riscontrati i tipici sentori fruttati di ciliegia rossa, contornati da una decisa mineralità (grafite) ed accenni balsamici. Salendo con gli anni di affinamento, si assiste ad una terziarizzazione dei profumi che virano su note di frutta rossa in confettura ed una speziatura dolce ed elegante, di cannella e liquirizia. L'utilizzo della botte grande e l'impronta del territorio regalano una beva piacevolissima e precisa anche sulle Riserve, esprimendo freschezza e persistenza e suggerendo ancora ampie potenzialità evolutive.

Degustatori Ais Lombardia | Approfondimento Chianti con Unione Viticoltori di Panzano in Chianti

La rottura degli schemi si raggiunge invece con le ultime due batterie: la terza composta da vini a base sangiovese ma prodotti con uno stile internazionale (barrique nuove, grandi concentrazioni) e l'ultima con veri e propri Supertuscans, in cui il sangiovese è affiancato ad ampie porzioni di merlot e cabernet sauvignon. Qui l'eleganza cede il passo alla potenza del frutto e di speziature importanti, talvolta dominate dalle note vegetali dei vitigni internazionali, anche se una nota fresca e balsamica permane in filigrana.

Venti prodotti eccellenti ed un'ampia panoramica di come le variabili in gioco (vitigno, terroir, tecniche di produzione ed affinamento) possano incidere sulle caratteristiche finali del vino hanno ancora una volta dimostrato ai Degustatori lombardi che le generalizzazioni, specialmente su denominazioni così ampie ed eterogenee, sono spesso superficiali ed infondate. 

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