I vini eroici del Cervim

Eleganza, carattere e sfaccettature sapide i tratti comuni di una degustazione ricchissima per qualità e contenuti, che ci mostra ancora una volta quanto l’argomento vino sia trasversale e continua occasione di arricchimento sensoriale e culturale.

Anita Croci

Come degustatori lombardi, siamo abituati a numerosi focus sul vasto e variegato panorama vinicolo della nostra regione, senza rinunciare all’opportunità di crescita che il confronto con realtà produttive diverse può offrire. 

L’incontro di sabato 30 aprile a Cernobbio, ospiti della Delegazione di AIS Como, ci ha offerto però qualcosa di straordinario: una tra le più eterogenee e complete degustazioni in parallelo di vini eroici mai realizzata dal CERVIM - Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura di Montagna – provenienti da diverse parti del mondo, selezionati e raccontati da Alberto Levi, degustatore e relatore AIS, già miglior sommelier della Valle d’Aosta e consigliere CERVIM, di cui oggi è promotore e comunicatore.

Il CERVIM è un organismo internazionale nato in Valle d’Aosta nel 1987 con lo scopo di promuovere e tutelare la viticoltura eroica, caratterizzata da forti pendenze, piccole superfici, una gestione difficile e onerosa, la cui salvaguardia è fondamentale non solo in ambito vitivinicolo, ma perché costituisce un inestimabile valore paesaggistico, socioculturale e ambientale. 

Le zone più impervie sono infatti storicamente quelle più a rischio di abbandono da parte delle coltivazioni ma, lo sappiamo bene, le produzioni qualitativamente più interessanti provengono principalmente da lì, dove la vite e l’uomo fanno più fatica. L’inversione agricola dalla massificazione quantitativa alla ricerca qualitativa è stata determinante per la sopravvivenza e lo sviluppo della viticoltura eroica, che riguarda oggi il 3-4% della viticoltura europea e circa 150.000 aziende, che possono contare su un pubblico di estimatori sempre più numeroso. 

Perché, pur nelle enormi variabili di provenienze, vitigni e stili, i vini eroici hanno tratti comuni che li rendono riconoscibili e che vanno ben al di là del pur indiscusso fascino legato al paesaggio: sono vini dal forte impatto emotivo, che si distinguono per eleganza e personalità, declinate intorno a una cifra sapida e minerale che ne articola il carattere e rivela l’essenza, dallo iodio delle salinità marine alle mineralità più sulfuree o verticali, basaltiche o calcaree.

La degustazione è stata suddivisa in 4 batterie da 4 vini ciascuna, serviti alla cieca. Le introduzioni di carattere generale, legate alle peculiarità di territori o vitigni ai quali siamo poco o per nulla avvezzi, hanno volutamente fornito solo minimi parametri; l’intento era infatti permettere a ciascuno di instaurare con ogni campione un approccio laico, lasciando, come si dice in questi casi, parlare il bicchiere.

Nella prima batteria sono stati combinati 4 vini bianchi, provenienti da Azzorre, Svizzera e Cile. I vitigni, verdelho, petite arvine, muscadet e heida. Quattro assaggi che ci hanno fatto misurare da subito con l’eccellenza, con particolare riguardo alle vigne più alte: coltivato sotto la Cordigliera delle Ande, a 2400 metri di quota, in climi torridi ma caratterizzati da forte escursione termica, il muscadet si è rivelato un vino completo e complesso, fortemente identitario ed espressivo; elegante, sottile ma articolato e dalla sapidità appuntita l’heida svizzero, prodotto da una piccola cantina molto specializzata su questo autoctono, un biotipo di savagnin blanc.

Una biancolella dall’isola di Ponza, con il suo carattere vulcanico, è stato il primo e folgorante assaggio della seconda batteria, che ha spaziato dai Pirenei alla Moldavia e alla Galizia, patria quest’ultima del mencia, vitigno autoctono a bacca rossa, caratteriale nel frutto ruvido e nei tratti vegetali; molto apprezzata anche la grenache gris, che con la sua complessità e pienezza non ha fatto rimpiangere la tipologia VDN per cui Banyuls è più conosciuta.

Canarie, Cipro, Murcia e Bolivia le mete della terza e più complessa batteria. A El Hierro il vento impone una coltivazione ad alberelli molto bassi e protetti da buche scavate nel terreno; Cipro, culla antichissima di viticoltura e -forse- patria del vino più antico del mondo, vive oggi il dualismo greco-turco e la viticoltura è consentita solo nella parte europea, ma conserva ancora oltre cento varietà autoctone; onore al merito per il muscadet spagnolo da vigne a 1400 metri di altitudine, ma il migliore della batteria è il sorprendente tannat boliviano, che si distingue per tensione e tannino cesellato. 

L’ultima batteria è scandita a coppie: un eccellente rosso del Canton Ticino a prevalenza merlot, la cui purezza ed equilibrio lo contrappongono alla grande concentrazione del vino successivo, un vranec dalla Macedonia del nord, che vinifica in appassimento e barrique nuove: una potenza quasi sfacciata, ma il sorso è davvero godibilissimo. Seguno i colori lucenti e le aromaticità ammalianti dei passiti, che ci riportano a Cipro, con il suo vino simbolo, il leggendario Commandaria, il vino dei re, dagli autoctoni xinisteri e mavro, e a Ustica con uno zibibbo di sorprendente freschezza e persistenza infinita.