Il Pinot Nero Metodo Classico di tre storici areali a confronto

Un’interessante giornata di approfondimento del gruppo Degustatori AIS Lombardia con tre differenti espressioni del nobile pinot nero prodotto in areali ad alta vocazione spumantistica: Champagne, Franciacorta e Trentodoc.

Marco Agnelli

Ospiti della Delegazione di Lecco-Como, il gruppo degustatori di AIS Lombardia guidato da Luigi Bortolotti si è ritrovato al Quality Hotel San Martino di Garbagnate Monastero per una giornata di approfondimento dedicata al pinot nero nel Metodo Classico. Le tre zone sotto la lente di ingrandimento sono state due realtà di riferimento  per questa tipologia a livello nazionale, come la Franciacorta e Trentodoc, e un colosso a livello mondiale come la Champagne. La giornata ha approfondito le peculiarità di ciascuno dei tre territori, prima con delle batterie “a carte scoperte” e poi mettendo alla alla prova i Degustatori con due batterie alla cieca, dove la sfida è stata quella di individuare la provenienza dei campioni.

Artur Vaso, pluripremiato campione lombardo, ha inizialmente tracciato la carta d’identità delle tre differenti regioni spumantistiche. La chiave di lettura scelta per questa giornata è stata quella data dalla degustazione di vini Metodo Classico realizzati solo con pinot nero in purezza per cercare di capire le diverse traiettorie di evoluzione del vitigno nei tre differenti areali. Il passaggio finale della degustazione, l’esame gusto olfattivo, è stato il deus ex machina in grado di dipanare l’intricata matassa del riconoscimento.  Molteplici le variabili che i degustatori hanno dovuto prendere in considerazione e che hanno ulteriormente complicato, ma allo stesso tempo reso affascinante e sfidante, il programma della giornata: l’eventuale affinamento in legno, pratica che per il pinot nero è sicuramente più diffusa in Champagne rispetto agli altri due territori; l’andamento dell’annata, qualora il vino sia millesimato e provenga dunque da un’unica vendemmia; il tempo più o meno prolungato di affinamento sui lievit e quello intercorso dalla sboccatura.

La degustazione scoperta…

La Trentodoc è, fra le tre, la zona caratterizzata da una viticoltura maggiormente in altitudine. Le basse temperature che caratterizzano il territorio di provenienza delle cosiddette “bollicine di montagna” contribuiscono in modo significativo a conferire verticalità. L’acidità, la sottigliezza, la declinazione del frutto nella sua versione più acidula è dunque ciò che i degustatori hanno cercato di indagare in questa tipologia. La prima batteria ci ha offerto un bell’esempio, con tre campioni diversi tra loro. Il primo si è distinto per una maggiore carica cromatica, ma complessivamente è quello meno rispondente alla tipologia della denominazione, risultando nel suo insieme un prodotto non del tutto convincente. Gli altri due vini, invece, sono risultati più simili tra loro e più rispondenti a quello che ci si può attendere dalla Trentodoc. 27 mesi di affinamento sui lieviti per il primo campione, 36 per il secondo, 60 per il terzo.

Spostandoci dal Trentino alla Lombardia, ecco la Franciacorta. Tracciando il profilo di questi spumanti e in particolare disquisendo su cosa sia lecito aspettarci dal pinot nero nella sua declinazione franciacortina, concludiamo che il marcatore più tipico risulta essere quello del sale, in particolare per quei vini provenienti da vigne caratterizzate da terreni morenici profondi. Essendo la Franciacorta una zona più calda rispetto a quella affrontata nel precedente capitolo degustativo, l’esame olfattivo ci mostrato un frutto più dolce, più ampio, più omogeneo. Il profumo di questi tre campioni è differente rispetto a quelli della precedente batteria; più orizzontale, con una nota esotica avvertibile soprattutto sui primi due vini. Nel primo emerge una decisa sapidità, che aumenta nel suo complesso la piacevolezza della beva. Il secondo si apre con il ricordo olfattivo di un melograno dolce, mentre in bocca si avverte il ritorno della maturità del frutto e la sapidità tipica del territorio. Il terzo vino è meno esuberante al naso, e all’esame gusto-olfattivo si caratterizza con una bollicina incisiva e un’acidità decisamente più spiccata rispetto ai precedenti due campioni, che risulta nel suo complesso leggermente sopra le righe e rende in ultima analisi meno piacevole la beva. 24, 30 e 40 i mesi di affinamento sui lieviti per questi tre campioni.

Per lo Champagne, come ci viene anticipato da Artur Vaso, quello che è necessario attendersi è una maggiore ampiezza. Al palato, come caratteristica generale, il pinot nero proveniente da questo areale regala struttura e potenza. Il primo dei tre campioni serviti si rivela fine ed equilibrato, con spunti decisamente vegetali e giocato sulla piacevolezza. Il secondo, all’interno di questa batteria, è il campione complessivamente meno performante. Si avverte una sorta di difetto di finezza soprattutto al momento dell’assaggio, complice una bollicina un po’ grossolana. Il terzo è, invece, il vino più equilibrato e nell'insieme più qualitativo, caratterizzato da pulizia, persistenza, complessità e piacevolezza. Da sottolineare come nel primo e nel terzo vino ci sia stato un avvertibile impiego di vin de reserve, che ha sortito diversi effetti. Se nel primo vino ha preservato la finezza e la sottile eleganza, nel terzo ha conferito complessità. Complessivamente, la degustazione di questi campioni di champagne ha fatto emergere un accenno di nota estrattiva che, seppur non sia possibile definire come una vera a propria nota tannica, contribuisce tuttavia ad un finale amaricante declinato su sfumature di rabarbaro e china.
30, 24 e 42 i mesi di affinamento per questi tre vini.

…e quella alla cieca

Inquadrati i tre territori, per il gruppo di Degustatori è tempo di confrontarsi con due batterie alla cieca di tre vini ciascuna, per cercare di indovinare la provenienza dei campioni.

Prima batteria
Il primo campione si rivela con una finezza di profumi molto sottili e bella acidità in bocca, con una verticalità e un frutto in cui emerge soprattutto un elemento di freschezza. Tutti questi fattori ben rientrano nelle caratteristiche generali del Trentodoc. Il secondo vino ha una dolcezza di frutto, una complessità crescente e una persistenza su una nota sapida precisa. Il frutto è esotico, con una nota fumé che secondo alcuni si avvicina allo zafferano. Anche in questo caso, tutti questi elementi ci portano con una certa naturalezza a identificarne la rispondenza con la Franciacorta. Il terzo campione, infine, è uno Champagne, che non ha tuttavia quelle caratteristiche di ampiezza e di struttura che ci si sarebbe potuti aspettare e, nel complesso, si rivela essere probabilmente un vino leggermente meno qualitativo rispetto agli altri due della batteria.

Seconda batteria
Il livello qualitativo di questa batteria è decisamente elevato per tutti i tre campioni in degustazione. Il primo vino non ha un colore particolarmente carico, è caratterizzato da mineralità, sottigliezza e complessità da pinot nero tipico della Champagne. Il secondo campione, proveniente dalla zona del Trentodoc, ha un colore più carico e una verticalità sferzante, con una acidità che risulta essere l’elemento portante, in linea con il suo territorio di provenienza. Nel terzo vino, della Franciacorta, l’impronta esotica e la decisa sfumatura di miele, a braccetto con un’importante impronta salina, permettono anche in questo caso di ricondurlo all’interno delle caratteristiche attese dal territorio franciacortino.  36, 60 e 84 i mesi sui lieviti per questi tre vini.

A margine della giornata appena conclusa, va segnalato come un piccolo gruppo di Degustatori, coordinati da Sebastiano Baldinu, abbia lavorato utilizzando un'app per l’assegnazione e il calcolo dei punteggi in tempo reale. Si tratta di un’anteprima, di un progetto ancora nella sua fase di sperimentazione, ma che darà nel prossimo futuro un significativo contributo allo snellimento delle operazioni in vista delle imminenti sessioni di degustazione per le guide ViniPlus e Vitae delle edizioni 2025.