Lugana, Soave e Verdicchio: similitudini a confronto
Un interessante focus su tre vini simili e al tempo stesso diversi in una giornata di approfondimento dei Degustatori AIS Lombardia
RUBRICHE
La sessione di formazione del gruppo Degustatori AIS Lombardia tenutasi il 9 ottobre nella sede di AIS Brescia è risultata un’occasione di confronto particolarmente stimolante. La brillante squadra guidata da Luigi Bortolotti e da Sebastiano Baldinu è stata stavolta chiamata ad un approfondimento su tre tipologie di vini che, pur provenendo da vitigni e aree geografiche diverse, presentano innegabili punti di contatto che rendono oltremodo affascinante la degustazione comparata. Eccoci, dunque, alle prese con i tre protagonisti della sfida: il Verdicchio, il Soave e il Lugana.
Le caratteristiche dei tre territori di partenza di questi vini sono, naturalmente diversi. Ci troviamo nelle Marche per il Verdicchio, e più precisamente nell’areale di Jesi per la tipologia scelta per la degustazione odierna, a cavallo di Lombardia e Veneto per il Lugana e nuovamente in quest’ultima regione per il Soave.
Differenze e similitudini
Approfonditi studi genetici sul DNA delle uve turbiana, verdicchio e garganega ci confermano che ci troviamo di fronte a tre vitigni distinti e non a varianti dello stesso. In degustazione, volendo cercare delle similitudini, riscontriamo un maggior numero di analogie tra turbiana e verdicchio, specialmente misurandoci con le versioni più evolute dei due vini. Nel Lugana la caratteristica generale è quella di una prevalenza di marcatori floreali piuttosto che fruttati; con l’affinamento e, quindi, con l’azione del tempo, gli stessi profumi si rivelano in versione più evoluta.
L’aspetto invece su cui la turbiana si distingue in maggior misura è la sapidità, che addirittura ci porta in alcune versioni di Lugana a una definizione di “saporito”. Il Verdicchio, per contro, gioca di più sul frutto quasi acerbo. Nelle versioni superiori vira decisamente su note fruttate tropicali. In bocca, la sua acidità risulta assai accentuata, rivelandosi la caratteristica più saliente.
La garganega, infine, in questo trio fa un po’ storia a sé. Possiamo differenziare le espressioni di Soave e le loro caratteristiche in base ai territori di provenienza: l’areale di produzione comprende infatti terreni vulcanici e terreni calcarei. La porzione vulcanica, con substrato di natura basaltica, conferisce ai vini sentori spiccatamente minerali mentre i terreni calcarei danno origine a vini in cui le sensazioni fruttate sono dominanti. Queste percezioni si rivelano eleganti e sottili nei vini giovani, mentre con l’evoluzione assistiamo a un cambiamento sia del colore, che si sviluppa su tonalità dorate decisamente più cariche, sia dei profumi che assumono maggior complessità. Un filo conduttore per turbiana, verdicchio e garganega può invece essere il finale amaricante e ammandorlato, che si può spesso avvertire in tutti e tre questi vini.
La degustazione
Fatta dunque questa introduzione generale e gettate le basi per capire cosa andare a cercare in degustazione nei tre vini protagonisti di questo approfondimento, iniziamo i lavori della giornata. Le prime due batterie sono di “taratura” e ci consentono, giocando a carte scoperte, di avere conferma nel calice delle caratteristiche da andare a cercare.
Prima Batteria
Iniziamo con tre espressioni giovani, le cosiddette versioni “base”, dei tre vini. Ci confrontiamo per tutti e tre con l’annata 2021. Nel Lugana troviamo una espressività di erbe aromatiche che ci porta verso il ricordo della salvia. Nel Soave abbiamo una minore verticalità acida, e troviamo una sensazione di frutto giallo e di melone, mentre nel Verdicchio ricordi di pesca e acidità spinta. Su questa prima batteria la scelta è ricaduta su vini biologici per Lugana e Verdicchio e su un Soave non filtrato proveniente dalla zona di Illasi.
Seconda Batteria
Nella seconda batteria ritroviamo le tre tipologie in versione “Riserva” per Lugana e “Superiore” per Soave e Verdicchio dei Castelli di Jesi. Questa volta l’annata è la 2019 per tutti. Erbe aromatiche e frutto nel Lugana, acidità, calore e frutto giallo di susina e melone nel Soave, mentre nel Verdicchio percepiamo una spiccata sensazione olfattiva che riporta nuovamente alla pesca, una bella aromaticità complessiva, una appagante rotondità e nel finale una nota di mandorla molto fine. La seconda batteria sottolinea dunque una continuità con la prima, con le stesse famiglie di profumi ma su toni più evoluti e qualitativamente più elevati più grazie ai due anni di affinamento in più.
Terza Batteria
Si inizia a lavorare alla cieca e ad assegnare i punteggi in centesimi. Qui siamo impegnati con un Lugana base, un Lugana Riserva ed un Verdicchio Superiore. In questa batteria sapidità ed erbe aromatiche sono ben percepibili nel primo e nel terzo calice, mentre la pesca bianca, l’albicocca, la pesca e l’acidità tipiche del Verdicchio sono state riconosciute nel secondo campione senza eccessive difficoltà da parte dei Degustatori.
Quarta Batteria
Le indicazioni che vengono date al panel sono ancora meno: due vini della stessa tipologia (base e superiore) ed uno diverso. Andando a cercare la giusta chiave interpretativa delle erbe aromatiche sul primo e della mineralità vulcanica sugli altri, è stato quindi possibile riconoscere in sequenza Lugana, Soave e Soave Superiore. Le annate sono rispettivamente 2021, 2021 e 2020. La nota alcolica maggiore dell’ultimo campione ci consente di individuare e differenziare la versione Superiore del Soave da quella base.
Quinta Batteria
Ci vengono preannunciati due vini dello stesso territorio ed uno differente. Qui in successione troviamo un Soave riconoscibile da note di melone e ananas maturo, annata 2018, su cui sottolineiamo l’impiego della tecnica della doppia maturazione ragionata (uve con due livelli di maturazione ottenuti mediante il taglio del tralcio della vite). I campioni successivi sono un Verdicchio 2019 e un Verdicchio Classico Superiore 2016. Sull’ultimo campione segnaliamo un’evoluzione ossidativa leggermente troppo spinta.
Sesta Batteria
Nell’ultima batteria la difficoltà è massima. Ci viene comunicata la presenza di tutti e tre i vini, con la variabile delle annate: 2019, 2015 e 2012. Nel primo campione, rivelatosi poi essere un Soave Superiore Classico 2019, abbiamo ricordi di rosa, lavanda, agrumi e pesca. In bocca risulta leggermente penalizzato da una persistenza non particolarmente prolungata. Il riconoscimento in questo caso è difficoltoso, perché il vino non ha le caratteristiche che avevamo evidenziato nelle batterie precedenti, pur essendo un 100% garganega. Il secondo campione è un Lugana Riserva 2015. Qui rileviamo note di evoluzione terziaria, accanto alle quali ritroviamo comunque ancora la tipicità delle erbe aromatiche caratteristica di questa tipologia di vino. Il terzo è invece un Verdicchio del 2012. Quest’ultimo campione è risultato forse il più divisivo all’interno della platea: nel calice qualche segno dell’affaticamento dato dai dieci anni trascorsi dalla vendemmia è risultato percepibile, ma al tempo stesso buona parte dei Degustatori, avendolo riconosciuto come il campione del 2012, ha voluto premiarne la presenza ancora compatta e a schiena dritta nonostante qualche inevitabile segno di cedimento.
Insomma, anche questo è il valore aggiunto di giornate come queste: il confronto. Perché, come ama spesso ripetere Luigi Bortolotti: «il degustatore infallibile non esiste». Il gruppo ed il contributo che ciascuno porta rappresentano la vera chiave di lettura di tutto il progetto Degustatori.