Oltrepò Pavese, la complessità di un territorio e della sua tradizione

Vitigni autoctoni e vitigni storici a confronto. Le poliedriche sfaccettature dell’Oltrepò Pavese raccontate attraverso le voci di pinot nero, riesling renano, croatina e barbera.

Marco Agnelli

In una bella e luminosa domenica primaverile, il gruppo degustatori AIS Lombardia si è ritrovato presso l’Enoteca Regionale della Lombardia di Cassino Po (PV) per una giornata di studio dedicata all’Oltrepò Pavese e alle sue molteplici peculiarità.

Il gruppo, guidato da Luigi Bortolotti e Sebastiano Baldinu, è supportato in questa sessione di approfondimento dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese e dal suo direttore Carlo Veronese.  Ed è proprio quest’ultimo a fornirci una chiave di lettura di questo areale articolato: l’Oltrepò è un territorio complesso per dimensioni (oltre 13mila ettari) e per storicità. 

La Facoltà di Archeologia dell’Università di Pavia, effettuando scavi, ha qui rinvenuto resti di ville romane con cantine molto grandi. Questo ci porta a ipotizzare con un ragionevole margine di certezza che già in epoca precristiana questa zona fosse nota per la produzione e la vendita di vino e che il nettare di Bacco oltrepadano oltrepassasse i confini della diffusione locale, raggiungendo tutto l’Impero Romano.

La difficoltà nell’interpretazione attuale dell’Oltrepò risiede soprattutto nella fatica a individuare un unico vino che possa essere definito come identitario del territorio. Un elemento particolare che non ha molti eguali all’interno del panorama delle denominazioni italiane, è la sovrapposizione, quasi una sorta di stratificazione, di più denominazioni che insistono sulla stessa superficie e sugli stessi comuni. Vi è una grande DOC di cappello che è “Oltrepò Pavese”, che comprende una lunga lista di vini e vitigni al proprio interno. Volendo operare un ulteriore approfondimento, si possono distinguere due grandi famiglie di vitigni, tutti facenti parte della tradizione dell’Oltrepò: gli autoctoni e gli storici. Al primo gruppo appartengono quelli che storicamente e geneticamente sono originari dell’Oltrepò: croatina, barbera, riesling italico, uva rara e ughetta di Canneto. Il gruppo dei cosiddetti storici consta invece di quei vitigni che di qui non sono originari ma sono presenti da talmente tanto tempo che sono a tutti gli effetti entrati nella tradizione del territorio. Parliamo di pinot nero, presente dal 1860, e di riesling renano, portato dagli austriaci sempre intorno alla metà del XIX secolo. Un altro elemento importante è la tradizione dell’Oltrepò per la produzione di vini frizzanti. Partiamo dal Metodo Classico, naturalmente, l’unica DOCG oltrepadana. Il pinot nero era stato portato qui con lo scopo originale di fare il cosiddetto “Champagne italiano”. Vinificato in bianco, tuttavia, oltre che come base spumante, questo vitigno ha vissuto molti decenni di gloria in versione di vino frizzantino, diffusissimo come vino semplice da aperitivo, che ha rappresentato la fortuna di molte aziende dell’Oltrepò in anni in cui ancora non si era iniziato a vinificare il pinot nero in rosso. 

La poliedricità dell’Oltrepò si può infine riassumere nel gran numero di tipologie prodotte: vini bianchi, rosati, rossi, fermi, frizzanti, spumanti, secchi, amabili e dolci, per un totale, ci spiega Veronese, di ben 54 vini. Ma a volte, anche a livello di comunicazione, prosegue il direttore del Consorzio, capita che si privilegino vini di cui si producono minori volumi ma che sono percepiti come più attraenti (Pinot Nero vinificato in rosso, Metodo Classico e Buttafuoco) e si parli poco di quei vini che fanno grandi numeri (Metodo Charmat, Pinot Nero vinificato in bianco, Sangue di Giuda). 

Per la giornata di approfondimento dei Degustatori di AIS Lombardia, quindi, sono state scelte salomonicamente due batterie da vitigni storici (pinot nero e riesling) e due da vitigni autoctoni (croatina e barbera).

La degustazione 

Per la prima batteria ci confrontiamo con quattro campioni di Metodo Classico. I quattro vini hanno differente stile (i primi tre sono pinot nero in purezza, mentre il quarto ha una piccola percentuale di chardonnay) e differenti tempistiche di affinamento sui lieviti, da un minimo di 36 a un massimo di 120 sull’ultimo campione degustato. Proprio quest’ultimo è di fatto il fuoriclasse del gruppo, caratterizzato da una grande eleganza, note nitide di albicocca, melone e frutta secca e una perfetta coerenza gusto olfattiva, oltre che da una persistenza notevole. Un vino, dunque, di grande personalità. In generale, possiamo affermare che questa batteria ben rappresenti lo stato dell’arte attuale del Metodo Classico in Oltrepò, con una tendenza sempre più diffusa a prolungare i mesi di permanenza sui lieviti e a vinificare il pinot nero in purezza, mentre sino a qualche anno fa si tendeva a integrare anche una percentuale di chardonnay.

Per la seconda tornata di degustazioni ci siamo misurati con quattro campioni di vini bianchi da riesling renano in purezza. Come ci fa notare Veronese, il disciplinare della Oltrepò Pavese DOC consente in etichetta solo la menzione di “Riesling” senza ulteriore dettaglio. Trasversalmente, in tutti i vini della batteria, riconosciamo oltre che il caratteristico idrocarburo, quelle punteggiature solari che sono tipiche di questo territorio e che ci parlano di frutto, di sole, di calore, in una interpretazione di riesling tutta italiana piuttosto distante da quello che il vitigno esprime qualche centinaio di chilometri a nord, in Alsazia o in Mosella. Ci troviamo a confrontarci, trasversalmente in tutti e quattro i vini degustati, con sentori floreali e fruttati di lime, di limone dolce, di albicocca, di nespola, talvolta anche un con lieve tocco di miele. All’interno di questo quartetto segnaliamo la presenza di un vino didattico, forse in assoluto una delle più tipiche e riconoscibili espressioni di riesling oltrepadano, e di un vino piuttosto differente, intenso, muscolare e con sfumature quasi mediterranee che lo rendono oltremodo interessante.

La Bonarda, oggetto della terza batteria di degustazioni, è uno dei vini simbolo dell’Oltrepò, per tradizione ma anche per volumi prodotti (si stima rappresenti da sola oltre il 50% dell’imbottigliato sul territorio). Vitigno base di questo vino allegro e brioso è la croatina, che da disciplinare è prevista per almeno l’85% ma di fatto oramai quasi da tutti viene utilizzata in purezza per la realizzazione della Bonarda. I quattro campioni degustati si presentano vivaci, piacevoli, e stuzzicanti. Il secondo vino propostoci è quello unanimemente riconosciuto come il più coerente rispetto alle tipiche caratteristiche che ci si attende dalla Bonarda. Qui, oltre alla gradevolezza dell’effervescenza, apprezziamo mora, sottobosco, viola, e poi cacao dolce e speziatura di sottofondo. Il sorso è dominato da un perfetto equilibrio tra sapidità, acidità e avvolgenza, che rendono questo vino una delle interpretazioni più interessanti all’interno della tipologia.

La barbera, oggetto della quarta e ultima tornata di degustazioni, è un vitigno che tutti istintivamente riconduciamo al Piemonte. La sua presenza da sempre in Oltrepò non è da leggere come un’eccezione o una stranezza. Il territorio oltrepadano, per tradizione e cultura, è senz’altro più di appartenenza piemontese che lombarda: tutto questo territorio ricadeva infatti sotto la diocesi di Tortona. Nella batteria, piuttosto interessante nella sua eterogeneità, troviamo in apertura un vino qualificato come eroico dal CERVIM per via della sua provenienza da vigne in altitudine e in pendenza, che tuttavia nel quartetto degustato è il campione che più si discosta dalla tipicità che potremmo attenderci. I tre vini seguenti rispondono maggiormente alle caratteristiche del vitigno in questo territorio, seppur nella diversità di interpretazioni. Passiamo da un prodotto semplice, beverino e tipico da pasto a un prodotto complesso e sontuoso, in cui si sente un importante passaggio in legno, concepito presumibilmente anche per reggere la sfida del tempo. A chiudere la batteria un campione decisamente convincente, caratterizzato da una bella vibrazione acida e una affascinante speziatura di anice stellato.

Terminiamo la giornata di approfondimento in relax con l’ottimo pranzo preparato per noi dall’Enoteca Regionale della Lombardia, di cui siamo stati ospiti e a cui, insieme al Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, va il nostro più caloroso ringraziamento