Rosé Connection. Provenza e Valtènesi si confrontano con i Degustatori lombardi

Da una parte la Provenza, leader nella produzione di vini rosati di qualità, dall'altro la Valtènesi, piccola enclave situata sulla sponda bresciana del lago di Garda dove il rosé è ormai una tradizione. L’incontro con i Degustatori lombardi in occasione della presentazione del nuovo comune progetto europeo.

Sara Passerini

Una degustazione alla cieca e un confronto sincero e inedito tra due territori molto diversi, ma uniti da un comune obiettivo: restituire valore e dignità al vino rosé. È stato questo il tema protagonista dell’incontro che si è svolto tra il gruppo dei Degustatori lombardi e gli esponenti del CIVP (Comité Interprofessionnel des Vins de Provence) e del Consorzio Valtènesi, in occasione della presentazione di Rosé Connection, progetto che vede l'Italia e la Francia alleate per rafforzare la cultura e l'immagine del vino rosé di qualità in Europa. 

Il gruppo Degustatori di Lombardia ha avuto modo di ascoltare alcuni relatori d’eccezione: Brice Eymard ed Eric Pastorino, rispettivamente Direttore generale e Presidente del CIVP (Comité Interprofessionnel des Vins de Provence), Alessandro Luzzago, Mattia Vezzola e Carlo Alberto Panont, rispettivamente Presidente, vice Presidente e Direttore del Consorzio Valtènesi.

Quando il rosato nasce da una viticoltura dedicata

I vini rosati hanno storicamente occupato uno spazio secondario all’interno del mondo del vino, quasi sempre sottovalutati, quasi fossero uno stato mentale più che il prodotto di scelte vitivinicole consapevoli. Nell'immaginario collettivo, fino a qualche anno fa, sono sempre stati considerati una sorta via di mezzo tra i vini bianchi e rossi, ideali al massimo per contesti spensierati e “leggeri”. Per fortuna, da qualche anno a questa parte, le cose stanno cambiando e il progetto Rosé Connection nasce proprio con l’obiettivo di far conoscere i vini rosati che nascono da viticoltura dedicata. «Non fare vini rosé, ma piantare uve rosse per fare vini rosé», questo è l’approccio che, come ha sottolineato Mattia Vezzola, unisce due areali molto differenti come la Provenza e la Valtènesi. Vini rosati frutto di una scelta ben precisa basata sulla vocazionalità del territorio, che si ritrova facilmente nella tradizione, nella storia, nel modo di vivere e di creare il paesaggio.

Valtènesi e Provenza

La Valtènesi è un territorio composto da splendide colline di origine morenica situate tra Salò e Desenzano, sul lato bresciano del lago di Garda. La zona è caratterizzata da un microclima particolare, con spiccati tratti mediterranei – prova ne è la coltivazione, a fianco della vigna, di ulivi e limoni. I vitigni impiegati per i rosati sono il groppello gentile, il marzemino, la barbera e il sangiovese. È un intreccio vincente che vede come protagonista il groppello gentile, uno dei dieci vitigni più antichi d’Italia: grappolo alato, di medie dimensioni e di forma cilindrica, acino con una buccia molto sottile e di colore blu violetto. È un’uva dai sentori pepati e floreali. Il marzemino dona invece sfumature di marasca e frutta rossa, la barbera dà colore e freschezza, mentre al sangiovese spetta il compito di riuscire a creare un legame armonico tra tutte le uve.

La Provenza è uno spettacolare territorio a sud della Francia, tra il Mediterraneo e le Alpi. Più di duecento chilometri di vigne suddivisi in tre grandi denominazioni: Côtes de Provence con i suoi cinque terroir – Sainte-Victoire, Fréjus, La Londe, Pierrefeu and Notre-Dame des Anges – oltre a Coteaux d’Aix-En-Provence e Coteaux Varois en Provence. La zona è caratterizzata da un clima mediterraneo soleggiato, secco e caldo. Le viti godono all'incirca di 2.800 ore di sole all'anno e della presenza di numerosi venti, tra i quali spicca il Maestrale. I terreni sono poveri ma ben drenati, poco profondi e privi di umidità eccessiva: perfetti per la vite. 

In Provenza il rosato ha una storia che affonda le radici in un passato lontano e che vive un presente più vivace che mai anche grazie al lavoro che è stato fatto, sia nella qualità del prodotto che nella comunicazione. La Provenza infatti è la regione francese numero uno per la produzione di vini rosati: 150 milioni di bottiglie AOC nel 2020, pari al 38% della produzione di rosati a livello nazionale e al 4,2% del mondo. Il 90% del vigneto provenzale è dedicato a una viticoltura pensata per i vini rosati, le uve utilizzate sono cabernet sauvignon, caladoc, carignan, cinsault, counoise, grenache, mourvèdre, syrah e tibouren.

La degustazione

La degustazione alla cieca è stata composta da quattro batterie di vini, tutti del millesimo 2021. La prima batteria è stata dedicata esclusivamente alla Valtènesi, così come la seconda solo alla Provenza, un modo che ha consentito ai degustatori di prendere confidenza con un piccolo ventaglio di vini provenienti dalla stessa zona, isolando le caratteristiche comuni; la terza e la quarta batteria sono state di provenienza mista. La degustazione si è così felicemente trasformata anche in un gioco, nel tentativo di riconoscere la provenienza del rosé nei vari calici.

Prima batteria, quattro rosé di Valtènesi 

I quattro vini degustati sono risultati abbastanza diversi tra loro per quanto riguarda il colore: le sfumature analizzate, sebbene tutte eleganti e invitanti, avevano tonalità leggermente più marcate nel terzo vino che tendeva al salmone e spiccava in vivacità. I descrittori olfattivi percepiti passavano da un intrigante citrino a marcate note floreali, sensazioni di macchia mediterranea ed erbe aromatiche. La caratteristica comune si è rivelata essere, al naso, la presenza di piccoli frutti rossi e soprattutto di un succoso lampone maturo. Al palato i Valtènesi hanno saputo manifestare un corpo leggiadro ma vigoroso, contraddistinto da acidità e da una grande sapidità.

Seconda batteria, quattro rosé di Provenza

Spicca da subito l’uniformità del colore: un sinuoso e austero buccia di cipolla. Al naso il tratto comune è un connubio di erbe aromatiche e una delicata sensazione di lavanda, a volte preludio di un piccolo frutto rosso ancora acerbo e arricchito da note speziate, altre in perfetto equilibrio con tratti di scorza di agrumi. Al palato, rispetto alla precedente batteria, si avverte una presenza leggermente più vivida dello pseudocalore. Notiamo la maggiore omogeneità dei vini della batteria, e questo ci lascia sorpresi – perché ogni bottiglia è una storia a sé, una storia che è bello raccontare -, ma allo stesso tempo ci fa capire la forza delle scelte del territorio, la direzione comune intrapresa da questi vignaioli.

Terza e quarta batteria, alternanza ignota di Provenza e Valtènesi 

Il gioco del riconoscimento non risparmia nessuno, ognuno osserva il chiarore e la luminosità, la quantità di pigmento, l’eleganza; ci si confronta tra vicini, si avvicina al naso un vino, poi ci si tuffa nell’altro, qui c’è più erba mediterranea, qui più frutto, in quest’altro spicca il fiore, quale fiore? La lavanda? La peonia? E la bocca? Senti qua che sapidità, senti invece la freschezza di quest'altro… 

Il confronto è attento e brioso, il brusio si fa spazio tra i tavoli senza intaccare la concentrazione, è stimolante riportare alla memoria dettagli e sfumature nell'intento d'intuire la provenienza del vino e il suo uvaggio.
Insieme a Luigi Bortolotti, Responsabile dei Degustatori di AIS Lombardia, abbiamo provato a capire se davvero ci fossero tratti così distintivi e facilmente riconoscibili o se invece ogni bottiglia racchiudesse un proprio segreto. Al di là di singoli tratti comuni, è emerso un grande trait d’union: la vocazionalità. L’agricoltura dedicata, il mettersi in gioco, il procedere per tentativi, e soprattutto l’amore verso una tipologia di vino che viene chiamato col suo colore, ma che, come i rossi o i bianchi, è molto più di un colore, è una storia che vale la pena raccontare.

Nella foto di copertina Eric Pastorino, Presidente del CIVP