Un approdo nell'Arcipelago di Franciacorta

Degustatori AIS Lombardia
12 febbraio 2013

Un approdo nell'Arcipelago di Franciacorta

I degustatori di AIS Lombardia, proiettati verso l’obiettivo della costante crescita individuale e collettiva, tornano fra le colline di Franciacorta per il primo appuntamento del nuovo anno, ospiti dell’azienda Fratelli Muratori e del suo variegato Arcipelago.

Davide Sacchi

Villa CrespiaIl 2013 per i Degustatori di AIS Lombardia è iniziato con un gradito ritorno: il ritrovo organizzato per sabato 2 febbraio ci ha visti nuovamente in Franciacorta presso l’elegante tenuta di Villa Crespia, proprietà dell’Arcipelago Muratori, in quel di Adro (BS). Il rigore del meteo nel pieno del suo spolvero invernale, nebbia e freddo pungente, è stato subito mitigato dalla calda accoglienza del personale all’ingresso della struttura, che ci ha ricevuto con un buffet di bevande e una buona dose di premure. Un piacevole prologo alla mattinata impegnativa che ci attendeva.

Il tragitto sensoriale programmato dai nostri coordinatori per questo appuntamento prevedeva l’assaggio, rigorosamente alla cieca, di venti vini suddivisi in quattro batterie, con i campioni all’interno di ogni batteria omogenei per tipologia di prodotto. Lo scopo prefissato per la giornata è stato quello di approfondire la valutazione e l’analisi sensoriale di tipologie differenti, provenienti da zone geografiche d’Italia eterogenee per caratteristiche pedoclimatiche e latitudine. Il filo conduttore è stato quello dell’assaggio della variegata produzione vitivinicola dell’Arcipelago Muratori nei quattro presidi di loro proprietà: Franciacorta, Suvereto (neonata DOCG), Sannio e Ischia. All’interno di tre batterie, per arricchire l’esercizio, erano presenti anche vini di altri produttori.

Francesco IaconoAd accompagnare Luigi Bortolotti come relatore, anche in questa occasione un professionista del vino: Francesco Iacono, enologo dell’azienda di casa che ci ha descritto nel  dettaglio le peculiarità dei quattro territori che abbiamo attraversato in degustazione, con le loro caratteristiche morfologiche e climatiche. Bortolotti, riallacciandosi a queste argomentazioni, è andato a sottolineare gli aspetti legati alla degustazione dalla prospettiva di noi sommelier e degustatori.

La prima batteria di cinque vini era costituita da tre Franciacorta e due Metodo Classico piemontesi, tutti a “dosaggio zero”. In questo caso ci siamo soffermati sulle caratteristiche proprie della tipologia che non prevede aggiunta di dosaggio, così come sulla valutazione del perlage a livello tattile e sulle differenti note evolutive che all’olfatto presentavano i diversi campioni. Una fra le molte considerazioni di Iacono mi sembra meritoria di essere riportata:« in Franciacorta, grazie alle favorevoli condizioni climatiche che consentono un’ottimale maturazione delle uve, si spumantizzano “vini”, non semplicemente “basi”. Questa è la grande differenza rispetto alla Champagne che va rimarcata e su cui occorre lavorare per diversificare il nostro prodotto. I “dosaggio zero”, qui da noi, stanno dando grandi risultati e la produzione di qualità di questa tipologia è la nuova sfida per il futuro, mentre in Francia rappresenta circa il tre per cento della produzione complessiva».

CisioloI sei vini bianchi fermi della seconda batteria ci hanno parlato del sud, più precisamente della zona del Sannio e dell’isola di Ischia. Qui i vitigni storici della zona, Fiano, Greco, Biancolella, Forastera e qualche piccola-grande sorpresa come l’Uva Rilla, hanno espresso in pieno la loro territorialità, con vini che al naso si sono rivelati di intrigante complessità, pagando forse un poco lo scotto della gioventù. La totale espressione del vitigno: questa, a mio avviso, la sintesi della seconda batteria.

Con i sei campioni della terza batteria ci siamo addentrati nella neonata DOCG Suvereto, spostandoci quindi in Maremma, zona fra le più siccitose della penisola, dove la cura in vigna richiede un’attenzione maggiore, per evitare derive eccessivamente fruttate nel prodotto finale. Abbiamo assaggiato e valutato sei vini rossi fermi di cui tre Sangiovese in purezza e tre uvaggi di impronta bordolese. Anche qui delle piacevoli sorprese, soprattutto dal punto di vista del profilo olfattivo, dove su un paio di campioni ci si è soffermati più a lungo a discutere delle diverse impressioni emerse in sala.

L’ultima batteria è senza dubbio stata la più impegnativa, un po’ per l’affaticamento e un po’ per la tipologia dei vini: tre passiti dolci bianchi. In questo caso è emersa la difficoltà di interpretazione e valutazione all’assaggio, a riprova del fatto che la degustazione dei vini passiti è per sua natura più complicata e richiede maggior affinamento nelle doti del degustatore. Bortolotti ci ha sottolineato l’importanza di valutare e ricercare l’aspetto della “verticalità”: condizione fondamentale affinché i vini passiti non risultino monotoni e stancanti, appiattiti sulla sola eccessiva morbidezza. Un interessante dettaglio emerso è quello del grande patrimonio di tradizioni legate ai vini dolci nel nostro paese, che negli ultimi due decenni pareva aver preso una deriva destinata all’oblio, ma che forse oggi sta conoscendo una nuova primavera.

La giornata si è conclusa con il diradarsi lento della nebbia e con qualche spiraglio di sole che timidamente tentava di fare capolino fra il cielo plumbeo invernale. Per contro molta luce è stata fatta sulla discussione di questi vini, e il viaggio di ritorno è stato accompagnato dalla solita piacevole sensazione di aver appreso qualcosa di nuovo, con la consapevolezza di far parte di un gruppo che sta crescendo e si sta compattando attorno ad un preciso progetto.

Fonti foto: franciacorta.net, archivio aislombardia.it, altissimoceto.it

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

I commenti dei lettori