Il vincitore di Gusto Sia: Ristorante Corte Francesco

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09 dicembre 2009

Il vincitore di Gusto Sia: Ristorante Corte Francesco

La loro performance all’ultimo concorso Gusto-Sia era stata da manuale. Con questi presupporti e con la curiosità di sapere come procedeva la scelta operata fin dall’apertura, quella cioè di servire i vini proponendoli ad un prezzo ricaricato di soli 5 euro su quello d’acquisto, siamo a andati a trovarli nella campagna bresciana...

Elio Ghisalberti

Tratto da L'Arcante N° 11

Uno se lo immagina ricavato dalla ristrutturazione di una vecchia cascina, oppure di una villa d’epoca circondata da un grande giardino piantumato e recintato.
Invece no, niente di tutto questo, Corte Francesco è un locale totalmente nuovo, sorto dal nulla sui terreni pianeggianti della bassa bresciana, scientemente progettato e realizzato da una famiglia di origine contadina – quella dei Piccinelli – folgorata sulla via della ristorazione.
Contando sulla solidità dell’esperienza agricola e su uno spirito imprenditoriale arricchito da una buona dose di creatività, la proprietà ha saputo realizzare un’ambientazione bucolica ed elegante, di sostenuta ricchezza ma senza scadere nell’ostentazione fine a sé stessa, circondata da un giardino che enorme e curatissimo (una decina di ettari, da perdercisi dentro). Al pian terreno le sale destinate ai banchetti hanno misure e rifiniture in grado di soddisfare tutto lo scibile dei ricevimenti.

Sono dotate di una grande cucina a loro opportunamente riservata, sia nelle attrezzature
che nel personale operativo. Provvede a rimarcarlo, e giustamente, l’equipe del ristorante a la carte che invece opera, in totale autonomia, al piano di sopra, dove a dispetto del nome la “saletta delle rose” è tutta giocata sui toni del verde (per sentirsi in giardino tutto l’anno?) ed è predisposta per ricevere una quarantina di coperti, non di più. La proprietà ha chiamato a guidarla due professionisti dotati del medesimo nome di battesimo: Stefano Accorsini è lo chef, approdato a Montichiari dopo aver accumulato esperienze significative sia in Italia che all’estero; responsabile della sala e del servizio dei vini è invece Stefano Botturi, sommelier attento e capace formatosi alla scuola dell’Ais-Lombardia.
La loro performance all’ultimo concorso Gusto-Sia era stata da manuale: in coppia avevano sbaragliato il campo dei concorrenti vincendo con il “medaglione di agnello della Val Dorizzo con fegato grasso d’oca, rostì di polenta nostrana e tartufo nero Val Sabbia”, abbinato al “Garda Classico Chiaretto Molmenti dell’azienda agricola Costaripa”. Un gran piatto, composito e ricco ma elaborato con sensibilità, equilibrio e notevole consapevolezza tecnica (prima concettuale, poi di esecuzione). Coraggioso, certamente inusuale, ma nient’affatto azzardato l’abbinamento con l’originale e “primordiale” Chiaretto vinificato in legno. La succulenza del piatto si sposava benissimo alla notevole sapidità ed alla sferzante tannicità del vino.
Con questi presupporti e con la curiosità di sapere come procedeva la scelta operata fin dall’apertura, quella cioè di servire i vini proponendoli ad un prezzo ricaricato di soli 5 euro su quello d’acquisto (una sorta di diritto di stappatura), siamo a andati a trovarli nella campagna bresciana. Diciamo subito dei vini, l’aspetto più intrigante del ristorante per gli “enofili” incalliti. 600 e passa etichette conservate in una cantina perfetta, sono raccolte in una lista tutta da sfogliare, e non solo per i prezzi che sono quasi sempre convenienti – naturalmente tenendo presente che si è pur sempre in un locale di livello – ma talvolta addirittura sbalorditivi. “Dipende dalla modalità di reperimento dei vini – dice Stefano Botturi – quando compriamo direttamente dall’azienda è un conto, quando ci approvvigioniamo dai rivenditori o dalle enoteche naturalmente è un altro”.

In questo secondo caso, è chiaro, il prezzo è già lievitato alla fonte, di conseguenza il tasso di convenienza diminuisce. “Però non abbiamo mai derogato sul principio di base, ossia che il vino viene servito con un ricarico di soli 5 euro rispetto a quanto lo paghiamo noi”.
Una formula che è molto piaciuta e che porta a stappare vini di una certa importanza, bollicine su tutto, sia di Champagnes che di Franciacorta (per dirne uno per tipologia, RD di Bollingier lo si paga 95 euro; il Satèn di Cà del Bosco 32). Ma è esplorando tra le annate meno recenti ed alcuni nomi magari meno blasonati ma di grande spessore che si possono trovare delle autentiche chicche a prezzi risibili, tipo il Fiano Quintodecimo 2006 di Luigi Moio a 28 euro o il Faro Palari 2000 a 30,50, od ancora per andare fuori dall’Italia il Lynch-Bages 1993 a 55,50 euro.
L’intenzione è dunque di proseguire su questa strada, magari, come dice Botturi, “diminuendo il numero delle etichette presenti ma aumentando le annate, le verticali del medesimo vino, ed acquistando il più possibile alla fonte, così da poter praticare prezzi sempre molto convenienti”.
Dal canto suo, Stefano Accorsini, prepara piatti di notevole impegno ed estro, talvolta sovracaricati. Una cucina molto ragionata, più d’intelletto che di pancia, rispettosa dell’intercalare delle stagioni - i menu vengono ridisegnati quattro volte l’anno – attenta
alla qualità delle materie prime. Due i menu degustazione sempre presenti, a base di carne (56 euro) o di pesce (62 euro).
Alla carta non si spende di più, semmai si sta un poco al di sotto per le quattro classiche portate (il coperto è sempre compreso e comprende appetizer e predessert).
Del menu autunnale si segnalano le cappesante avvolte in pancetta su crema di zucca e caviale “Calvisius”; il caprino con biscotto di castagno, puntarelle e riduzione di Recioto”; lo spiedo di lumache e guanciale con sfoglie di riso venere, crocchette cremose di patate, olio alla salvia; la zuppetta di pesce nostrano con sfoglie di pane ai capperi ed acciughe; il cannolo di anatra brasata e frutta secca su fonduta di formaggio di malga; e su tutto il piatto vittorioso di Gusto Sia, davvero avvincente, il medaglione di agnello della Val Dorizzo con fegato grasso d’oca, rostì di polenta nostrana e tartufo nero Val Sabbia.

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