OCM vino. Occasione persa o reale cambiamento?
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15 settembre 2008

Il 1° agosto del 2008 è ufficialmente entrata in vigore la nuova, discussa, OCM sul vino, vale a dire il nuovo regolamento relativo all’organizzazione del mercato vitivinicolo (Reg. n. 479/2008)...
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Prima di cercare di analizzare alcuni dei punti che più ci interessano e che hanno fatto, e continueranno, ne siamo certi, a far discutere gli addetti ai lavori, è bene dare qualche numero relativo alle risorse che il nuovo regolamento stanzierà al settore vitivinicolo. 1,3 miliardi di euro l’anno, questo il budget complessivo che L’Unione Europea ha destinato al settore. Dove andranno a finire? Per esempio, per finanziare l’espianto volontario di vigneti, operazione che avrà una durata di 3 anni e terminerà nel 2011. Ma serviranno anche per finanziare e sostenere i vari programmi nazionali con risorse crescenti nei primi 4 anni, le dotazioni nazionali destinate ai piani di sviluppo rurale, l’aiuto disaccoppiato a favore delle superfici oggetto di espianto.
L’Italia avrà a disposizione 376 milioni di euro all’anno, pari al 28% del totale comunitario. A partire dal 2012, quando, cioè, sarà terminata la misura di espianto, l’Italia potrà disporre di 337 milioni di euro per finanziare il proprio programma nazionale di sostegno e 39 milioni di euro per aumentare il finanziamento verso lo Sviluppo Rurale.
Analizziamo, ora, punto per punto, alcuni dei temi caldi della nuova OCM
Via i diritti di impianto
Fino ad ora, il numero di vigneti europei era regolato dal cosiddetto sistema dei diritti di impianto. Con la nuova OCM questo sistema scomparirà, ma non subito. L’attuale sistema durerà fino al 2015 (gli stati membri posso comunque prorogare il tutto fino al 2018 in ambito nazionale o regionale). In conclusione, a partire dal 2016 i produttori potranno aumentare liberamente la loro superficie vitata. Perché questo? Perché una delle linee guida che hanno ispirato il nuovo regolamento del mercato vitivinicolo è la liberalizzazione completa del settore, dopo un periodo transitorio di sette anni che porterà, non solo all’abolizione dei diritti di impianto, ma anche alla soppressione delle misure di distillazione ed alla abolizione degli aiuti ai mosti concentrati e rettificati.
Estirpazioni
Perché si parla di premio per espiantare vigneti? L’Unione Europea, infatti, ha messo a disposizione 1.074 milioni di euro in tre anni (dalla campagna 2008/2009 e fino a quella del 2010/2011) per incentivare l’estirpazione volontaria di 175.000 ettari di vigneti (si era partiti con una richiesta di 400.000 ettari!), 58.435 dei quali in Italia, pari all’8% della superficie vitata nazionale, soglia oltre la quale non si può andare. Per comprendere questa motivazione, è bene leggere l’incipit del regolamento in questione che dice, testualmente: “Il consumo di vino nella Comunità è in calo costante e dal 1996 le esportazioni di vino dalla Comunità crescono, in volume, ad un ritmo molto più lento delle importazioni. Ciò ha comportato un deterioramento dell’equilibrio tra domanda e offerta che, a sua volta, si ripercuote negativamente sui prezzi e sui redditi dei produttori”. Abbiamo troppi vigneti in Italia, che non servono, di conseguenza, la Comunità Europea ha messo a disposizione del denaro per i produttori che, volontariamente, desiderano espiantare vigneti. Ovviamente questa delicata operazione deve seguire delle regole, altrimenti, il rischio di perdere un patrimonio vitivinicolo unico, come quello italiano, sarebbe dietro l’angolo. Ogni stato membro avrà la facoltà di arrestare le domande di espianto se verrà raggiunta la soglia dell’8% della superficie vitata nazionale. Possono essere escluse completamente dal regime di estirpazione alcune zone viticole: vigneti di montagna, terrazzati, in forte pendenza o con vincolo paesaggistico. Nessun viticultore è obbligato a farlo, ma deciderà volontariamente la convenienza alle luce delle sue valutazioni economiche (redditività del vigneto, prospettive di mercato, premio che l’Unione mette a disposizione). Il rischio è che qualcuno, attirato dai premi di natura economica stanziati per l’espianto, si affretti a presentare domanda per vigneti non produttivi (ma di qualità) ma che al tempo stesso disegnano un paesaggio oppure sono di fondamentale importanza per motivi ambientali (pensiamo all’importanza della viticultura nelle zone di montagna, dove la vite evita che interi costoni possano franare). I tempi che le regioni avevano per presentare l’elenco dei vigneti “intoccabili” erano strettissimi (fine luglio). Come è andata a finire? Il 1 settembre, attraverso una circolare della AGEA (Agenzia per Erogazioni in Agricoltura), è stato reso noto l’elenco. Per quanto riguarda la nostra regione, 1050,00 ettari di vigna, su un totale di 13.854,74 sparsi tra Valle d’Aosta (praticamente intoccabile l’intera regione), Province autonome di Trento e di Bolzano, Sicilia (i vigneti dell’Etna, delle Eolie e di Pantelleria), Campania, Calabria, Abruzzo e per l’appunto Lombardia, non potranno essere estirpati per usufruire dei fondi comunitari e riguarda i vigneti posti nei comuni delle provincie di Brescia e Sondrio.
Utilizzo di saccarosio e mosto concentrato (rettificato)
Il cosiddetto arricchimento dei vini, pratica utilizzata all’estero (con l’aggiunta di saccarosio) ed in Italia (con MC e MCR). Tema ampiamente dibattuto da anni circa la distorsione del mercato che provocherebbe il suo utilizzo, ma soprattutto circa i soldi che sono sempre stati stanziati ai produttori di questo sostitutivo dello zucchero che consente di aumentare il titolo alcolometrico dei vini. Ebbene, in realtà, e su questo punto in molti si aspettavano grandi cambiamenti se non una vera e propria rivoluzione, non è cambiato nulla, quanto meno nel breve periodo. I contributi, per ora, sono rimasti. I paesi del nord Europa che potevano utilizzare saccarosio hanno visto limata di poco la percentuale del loro utilizzo; in Italia, paese che non può utilizzare zucchero, si continuerà a sostituirlo con il mosto concentrato (più caro rispetto allo zucchero). Molti dicono che le sovvenzioni comunitarie alla produzione di questo aiuto enologico sostitutivo dello zucchero consentono di continuare a smaltire la sovrapproduzione, linea guida della nuova OCM. D’altro canto, bisogna però sottolineare come il finanziamento alla realizzazione di MCR continui a stimolare la coltivazione e produzione di uve che non vanno a confrontarsi con il vero mercato, incentivando, di fatto, nuovamente la sovrapproduzione. Bel rebus. Angelo Gaja, notissimo produttore piemontese, in una lettera/articolo di qualche tempo fa inviata alla stampa, aveva puntato l’indice proprio sulla pratica, in genere, dell’arricchimento, sia esso con zucchero o con MCR, che permette di recuperare come IGT, DOC o DOCG, vini che non avrebbero naturalmente la gradazione necessaria, affermando senza mezzi termini: “L’abuso dello zuccheraggio spinge ad accrescere oltre il lecito la produzione di uva confidando di recuperare per tramite dell’arricchimento il vino sciapito che da essa deriva.” Eppure, nei propositi iniziali del commissario Fischer Boel c’era proprio l’abolizione dell’uso dello zuccheraggio. Non è andata così, hanno “vinto” i paesi del nord Europa.
Distillazione di crisi
Altro tema caldo, anzi, bollente. Ed anche in questo caso molte delle misure proposte inizialmente sono state disattese. Doveva essere vietata la produzione di vini atti ad essere distillati. Non è così. Continueranno ad esserci finanziamenti per la distillazione di crisi, o di soccorso, che continua a far si che vengano dispensati soldi pubblici alla viticultura di intere regioni europee, anche italiane ovviamente, che altrimenti coltiverebbero molti meno ettari di uva. Anche in questo caso appare contraddittorio continuare a dispensare contributi di questo tipo, alimentando, di fatto, la sovrapproduzione, quando invece si vorrebbe combatterla. Spesso, infatti, si è sottolineato come, eliminando completamente queste sovvenzioni, si sarebbe automaticamente combattuto il problema della sovrapproduzione, non sovvenzionando più quelle eccedenze di vigneti che non producono uva per fare vini che poi hanno un mercato. Gli aiuti, invece, dureranno ancora per quattro anni, dice infatti il testo: “Può essere concesso un sostegno fino al 31 luglio 2012 per la distillazione volontaria o obbligatoria di eccedenze di vino decisa dagli Stati membri in casi giustificati di crisi al fine di ridurre o eliminare l’eccedenza e nel contempo garantire la continuità di rifornimento da un raccolto all’altro.” 20 % nel 2009, 15 % nel 2010, 10 % nel 2011, 5 % nel 2012.
Basta DOC e DOCG. Si passa alle DOP ed IGP
C’è tempo fino ad agosto del 2009 per adeguarsi, ma sin da ora, c’è molto allarmismo. La nuova OCM manda in pensione la nostra divisione piramidale (DOCG/DOC/IGT/VDT) ed adotta quella già in uso per i prodotti alimentari: la denominazione di origine protetta (DOP) e l’indicazione geografica protetta (IGP). In pratica, questo, cosa significa? Per esempio che passeremo dalle attuali 470 denominazioni (tra DOC, DOCG e IGT) alle circa 182 tra DOP e IGP. L’associazione Città del Vino ha subito lanciato l’allarme: “La nuova classificazione, ispirata a quella che oggi tutela le produzioni tipiche agroalimentari, imporrà ad un territorio una sola Dop o Igp, così che, solo per fare un esempio, a Montalcino la Dop Brunello cancellerà la Doc Rosso di Montalcino, Sant’Antimo e Moscadello. Niente più sottozone o menzioni aggiuntive ma un’unica Dop, con il risultato, prendendo ad esempio il Chianti, della scomparsa del Chianti Rufina, Chianti Montespertoli, Chianti Colline Senesi” E in Lombardia? Più o meno la stessa sorte, sempre secondo Città del Vino: dalle 33 denominazioni attuali a 10 DOP ed un IGP. Un cambio radicale, per i produttori e per i consumatori. Da un lato vince la semplificazione e lo snellimento di un sistema che negli anni ha portato al proliferare, in Italia, di tantissime denominazioni, sicuramente troppe. Dall’altro si corre il rischio di perdere in specificità, poiché la nuova regolamentazione non recepisce in etichetta, per adesso, le menzioni tradizionali (pensiamo a diciture come Vin Santo, Vino Nobile, Amarone o Brunello). Il nuovo regolamento introduce per i vini due macro divisioni: vini con o senza origine. Stop. All’interno dei vini con origine, l’ulteriore suddivisione tra vini DOP e IGP, con la sostanziale ed unica differenza che, nel caso dei vini a denominazioni protetta: “le uve da cui è ottenuto provengono esclusivamente da tale zona geografica”, mentre, nel caso dei vini a indicazione geografica protetta “provengano almeno per l’85% esclusivamente da tale zona geografica”.
Anno e vitigno sui vini da tavola
Nella nuova rivoluzione che investirà l’etichettatura dei vini c’è anche l’introduzione dell’indicazione dell’annata e del vitigno di provenienza per i vini da tavola. Sulle prime erano sorti grossi dubbi circa la possibilità di certificare questi due elementi in mancanza, nei vini di questa tipologia, della tracciabilità dalla vigna alla bottiglia. Ma, non pare sia così, anzi! Stando alla prima bozza di regolamento UE sull’etichettatura, che investe anche i vini da tavola, ci sarà una vera e propria giungla normativa che investirà anche i vini di questa tipologia: i vini da tavola dovranno avere gli stessi requisiti di quelli DOP ed IGP (utilizzo minimo dell’85% del vitigno che si vuole utilizzare e dell’annata che apparirà in etichetta). Ed i controlli? Gli stati membri dovranno assicurarne almeno tre: esame organolettico ed analitico delle uve, le aziende devono essere autorizzate dallo Stato membro dove ha luogo la produzione ed infine dovranno essere stabilite delle regole “di tracciabilità per garantire la veridicità delle informazioni su annata e uve indicate in etichetta”.
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