A lezione di PIWI con Thomas Niedermayr e Simone Bevilacqua

Il rapido cambiamento climatico in atto e il desiderio di andare nella direzione della sostenibilità sono alcune delle motivazioni alla base del grande interesse nei confronti dei vitigni PIWI. Se n’è parlato a Pavia durante una serata condotta dal sommelier Simone Bevilacqua con i vini di Thomas Niedermayr.

Margherita Bruciamonti

AIS Pavia ha organizzato una serata di grande approfondimento, condotta da Simone Bevilacqua, sommelier, degustatore e relatore di AIS Lombardia dedicata ai vitigni PIWI, argomento sempre più attuale e di grande interesse. Insieme a lui, ospite dell’evento, Thomas Niedermayr  dell’azienda Hof Gandberg, uno dei principali protagonisti in Italia della produzione di questa particolare tipologia di vini.

Ma quanto sappiamo sui vitigni resistenti?

Simone Bevilacqua introduce la serata facendo chiarezza innanzitutto sul nome PIWI, acronimo composto dalle prime due lettere delle parole PIlz, che significa “fungo”, e WIderstandfähig, che invece significaresistente”. Thomas Niedermayr ci spiega come nel 1999 viticoltori svizzeri, austriaci, tedeschi e altoatesini abbiano fondato un’associazione che ha iniziato a occuparsi di queste varietà, identificandoli proprio con l’abbreviazione PIWI.

L’idea alla base della nascita dei vitigni resistenti è quella di promuovere una viticoltura più rispettosa dell'ambiente e della salubrità dei vini, combattendo le malattie fungine senza ricorrere all’impiego di prodotti chimici.

È necessario, però, sfatare alcune convinzioni, tra le più diffuse quando si parla di queste varietà: la prima è che questi vitigni non sono completamente immuni alle malattie fungine, ma le tollerano certamente molto meglio. La seconda è che per creare questi vitigni non ci si affida a semplici ibridazioni, ma vengono riprodotti per via sessuata dai fiori. Non si tratta, quindi, di OGM, trans-genesi o genoma editing, dove al contrario è presente la manipolazione diretta sui geni e sul DNA del soggetto, senza riproduzione attraverso innesti.

Come si ottengono i vitigni PIWI

La varietà PIWI è un incrocio interspecifico tra due esemplari di diverse specie, pilotato dalla mano dell’uomo. Di fatto il lavoro di Thomas Niedermayr e dei suoi colleghi è quello di “castrare” i fiori, eliminando le parti maschili e con un pennellino fecondare l’ovario con il polline della varietà desiderata, isolando poi il campione impollinato per preservarlo dagli altri agenti naturali accidentali (vento, insetti, uccelli etc.) che ne possano compromettere la purezza. Gli incroci avvengono tra la vitis vinifera e la vite sylvestris o americana per consolidare nel futuro esemplare le caratteristiche organolettiche dell’uva domestica con la rusticità e la resistenza tipica della vite selvatica.

Ma quale è la differenza tra questi incroci di ultima generazione e i primi ibridi realizzati tra la vitis vinifera e la vite americana? I cosiddetti ibridi produttori diretti sono stati creati circa 200 anni fa, incrociando al 50% la vitis vinifera e un’altra tipologia di vitis labrusca, vitis riparia o vitis rupestris; da questi ibridi si ottenevano vini molto ricchi di alcol metilico e con un elevato grado alcolico, con sentori “foxy” molto marcati che ne abbassavano decisamente la qualità gusto-olfattiva e ne omologavano il profumo. Di fatto, si somigliavano tutti tra loro. Inoltre, questi difetti olfattivi non miglioravano con il passare del tempo.

Nel caso dei vitigni PIWI gli incroci sono ripetuti al fine di arrivare a percentuali di purezza della vitis vinifera oltre al 95%, portando nel DNA della nuova pianta solo le caratteristiche di resistenza alle malattie fungine e amplificando al massimo quelle organolettiche.

Dalla pianta impollinata, quando fruttificherà, si prenderanno i vinaccioli (semenzali) e si riprodurranno in serra le piantine che diventeranno le future barbatelle da impiantare.

  

Seguendo il procedimento indicato nella foto, il vitigno AB, se incrociato ulteriormente con il vitigno A, genererà il Vitigno AAB, e cosi via con nuovi incroci sino ad arrivare quasi al 99 % delle caratteristiche della vitis vinifera, pur trattenendo le caratteristiche di resistenza della vite sylvestris.

La pianta scelta viene poi fatta crescere e messa sotto stress, inoculando il fungo. La pianta che meglio sopporterà lo stress, verrà tenuta come capostipite per andare avanti nella selezione. Solo dopo aver raccolto l’uva di questi vitigni si riesce ad ottenere una valutazione dei risultati sulla piacevolezza del prodotto finale. Niedermayr spiega come il processo di incrocio e selezione, fino alla registrazione del nuovo vitigno, sia molto lungo e duri circa tra i 10 e i 15 anni. Il rischio è, quindi, che durante questo lasso di tempo possano nascere nuove patologie: mentre si risolve un problema, bisogna quindi affrontarne uno nuovo.

Gli incroci dei vitigni PIWI sono realizzati anche per creare incroci resistenti ad altri stress ai quali è sottoposta la vite: ad esempio alle basse o alte temperature, o ad altre condizioni di stress indotte dall’ambiente circostante.
La caratteristica ultima, ma non meno importante e, anzi, fondamentale, è che una varietà PIWI deve dare origine a un buon vino. La pianta non deve essere solo resistente, ma anche adatta al clima che troverà nel luogo di coltivazione, dotata di buona vigoria e e in grado di produrre grappoli con una bella morfologia.

Oggi esistono circa 250 tipologie di vitigni PIWI e i vini prodotti sono molto più ricchi di antociani, di malvidina e antiossidanti rispetto a quelli tradizionali. In Italia non è ancora permesso l’impianto in diverse aree produttive, dove, per imposizione dei disciplinari di produzione, non sono ammessi neppure come uva da tavola. Di contro, all’estero, le coltivazioni di queste varietà sono già state autorizzate in molte zone: in Francia, ad esempio, nella zona della Champagne è attivo un progetto per l’autorizzazione della coltivazione di questi vitigni con l’obiettivo di giungere ad una agricoltura che necessiti un minor impiego di fungicidi e pesticidi.

In questo momento il marchio PIWI non equivale a una certificazione, ma identifica le aziende che li coltivano all’interno di un’agricoltura che intende portare avanti gli obiettivi della sostenibilità; molte di queste aziende, che si riconoscono nella stessa mission, collaborano tra loro e si scambiano informazioni e risultati per migliorare sempre di più ricerca in questo settore.

La filosofia di Thomas Niedermayr 

L’azienda di Thomas Niedermayr è una realtà famigliare, proprietaria di un maso ad Appiano, in provincia di Bolzano: coltiva principalmente vitigni “liberi” da royalties o copyright che ormai si trovano in commercio, e che prosegue a incrociare e cercare di migliorare.
La conduzione agronomica della sua tenuta favorisce la biodiversità delle piante: tra i filari del vigneto si pratica l’inerbimento, si semina il sovescio e i cereali. Anche la più piccola pianta fa fotosintesi e produce biomassa che viene annualmente restituita al terreno. La tenuta è confinante con un bosco, che garantisce aria umida e fresca nelle estati calde.
La maggior parte delle pratiche in vigna sono eseguite manualmente. Niedermayr  ci mostra una fotografia di un vigneto della varietà Solaris coperto da reti: vengono stese sul filare quando i grappoli arrivano vicino alla maturazione poiché sono molto ricchi di zucchero e attirano insetti di ogni genere che rovinerebbero il raccolto. 

Attualmente l’azienda coltiva in totale circa 5 ettari, due di proprietà e tre in affitto, oltre a ritirare uve da alcuni conferitori fissi che hanno scelto di coltivare queste tipologie di vitigni.
Tutti i vini affinano in botti di legno tra i 500 e 1000 l per differenti periodi a seconda del prodotto, svolgendo la fermentazione malolattica.

La degustazione

Vino frizzante Summ 2021, 11%
Da uve bronner, solaris e souvigner gris, coltivate tra i 270 e i 400 di altitudine su terreni argillosi e calcarei, con alta percentuale di roccia dolomitica. Le uve sono state vendemmiate tra il 15 agosto e il 5 settembre. La fermentazione è spontanea con lieviti indigeni. L’assemblaggio delle tre masse avviene verso la fine della fermentazione alcolica. Il vino matura 8 mesi sulle fecce in botte di rovere neutra. Non viene né chiarificato, né filtrato.

Il colore giallo verdolino è fitto e opaco: note vegetali di bosso e alloro si fondono con profumi agrumati di cedro, seguiti da una esplosione di frutta dolce. Di bella consistenza, lascia una traccia lievemente tannica ma piacevole che invoglia la beva. Ideale come aperitivo o con piatti leggeri ed estivi.

IGT Mitterberg Bianco Sauvignier Gris 2019, 14%
Da uve coltivate tra i 270 e i 400 di altitudine su terreni argillosi e calcarei, con alta percentuale di roccia dolomitica. Le uve sono state vendemmiate tra il 20 agosto e il 26 settembre. In cantina viene eseguita una pressatura soffice delle uve intere. Fermentazione spontanea con lieviti indigeni. Affinamento per 12 mesi in botti da 500 l su fecce fini e ulteriore sosta in bottiglia per altri 8 mesi. Non filtrato.

Alla vista riflessi di oro verde lucente coronano una massa di decisa consistenza.Elegante, al naso ci ammalia con sentori di gelsomino e una leggera nota fumé e di roccia. Sorso pieno e caldo, grande avvolgenza ed equilibrio. Vino che invita all’abbinamento gastronomico.

IGT Vigneti delle Dolomiti Solaris 2019, 13.5%
Da uve coltivate attorno ai 520 metri di altitudine su terreni argillosi e calcarei, con alta percentuale di roccia dolomitica. Le uve sono state vendemmiate tra il 20 agosto e il 12 settembre circa. In cantina viene svolta una macerazione di circa 3 giorni, seguita da una pressatura delicata delle uve intere. Fermentazione spontanea con lieviti indigeni in acciaio, segue una maturazione in botte di legno da 1000 l. Non filtrato.

Lo spiccato profumo citrino di apertura lascia il posto in successione a note di nocciola e burro, intercalati dalla presenza di pesca gialla matura. In bocca è teso e diretto. La vinificazione in riduzione favorisce note vegetali di bosso e empireumatiche sulfuree. Lunga persistenza gusto-olfattiva.

IGT Vigneti delle Dolomiti Bronner 2017, 13%
Da uve bronner coltivate a circa 520 metri si altitudine su terreni argillosi e calcarei, ricchi di roccia dolomitica bianca. La vendemmia si svolge tra la fine di agosto e il 20 settembre circa. In cantina, dopo la macerazione delle uve per alcuni giorni, si procede a una pressatura soffice e si attende per alcuni giorni l’inizio della fermentazione spontanea. La maturazione del vino è in botti di rovere neutre a contatto delle fecce più grosse, per poi trasferirlo in acciaio sulle fecce fini.

Troviamo al naso la nota di legno molto elegante e sbuffi salmastri. Fresco e sapido rappresenta una grande espressione del vitigno, ma anche della zona di coltivazione, che ci lascia intendere il potenziale di affinamento per questo bianco molto caratteristico.

Vino Bianco Sonnrain 2019, 14%
Da uve solaris e altre varietà Piwi coltivate 520 metri si altitudine su terreni argillosi e calcarei, ricchi di roccia dolomitica bianca. La vendemmia si svolge tra la fine di agosto e il 20 settembre circa. Come gli altri vini matura in acciaio e poi in botte neutra da 500 l.

Manto giallo dorato, l’olfatto è dolce e ricorda i dolci natalizi, ricchi di spezie e di aromi citrini. In bocca il sorso è agile, ritroviamo agrume, la freschezza e piena sapidità. Sorprendente e accattivante, rimane a lungo in bocca.

IGT Mitterberg Bianco Abendrot 2019, 14%
Da vitigno souvigner gris, l’epoca vendemmiale si sposta verso la fine di settembre. Le uve si lasciano a macerare per 3 mesi a contatto con le vinacce. A seguire dopo la svinatura si procede all’affinamento per 31 mesi, metà del tempo in acciaio e metà in rovere neutro. Imbottigliato senza essere né chiarificato né filtrato, affina ulteriormente in bottiglia.

Un sorprendente susseguirsi di frutta essiccata, note salmastre, di rocce bagnate, un naso scontroso e burbero ma molto interessante. In bocca pieno e gustoso, quasi masticabile, si avverte la trama tannica verde dei raspi a contatto in macerazione. Tutti i sentori sono netti e decisi e lascia intuire la probabile longevità di questo vino.

IGT Vigneti delle Dolomiti Solaris S.ALT 2018, 16%
Sempre uve solaris in purezza, breve macerazione seguita da pressatura soffice delle uve intere, fermentazione in parte con lieviti indigeni in botte d’acciaio, maturazione in botte di rovere da 1000 l. 

Ci troviamo nel bicchiere un vino già abbastanza evoluto che presenta note fumé e di vaniglia dolce, oltre a frutta a polpa gialla e ananas candito. In bocca è un vino muscoloso e potente, si avverte un leggero pizzicore di pepe e spezie dolci. Vino maturo ma con possibilità di lunga conservazione.  

Vino Rosso Gandfels 2019, 13%
Blend di uve da vitigni PIWI a bacca nera, è l’unico vino rosso in degustazione della serata. La vendemmia si svolge nella 2° settimana di settembre. Le uve vengono in parte diraspate e dopo 11 giorni vengono delicatamente pressate dalle bucce. Matura per un anno in botte di rovere neutra e per un anno in acciaio; anche questo vino non viene chiarificato né filtrato.

Il colore è rubino lucente, fitto e consistente. Profumi di ribes nero, di inchiostro, note di sambuco e vegetale fresco. In bocca è equilibrato e presenta un tannino deciso ma piacevole: caratterizzante impronta del terroir è sempre la spiccata sapidità. Rimane in retrogusto l’aroma di viola appassita.  

Non resta che ringraziare Thomas Niedermayr per averci fatto conoscere il suo approccio in vigna e le sue interpretazioni dei vini da uve PIWI: vini inconsueti, ma estremamente interessanti e piacevoli, identificativi di un territorio, ma pensati per essere portavoce di una nuova categoria di vini.