A spasso tra le vigne dei Balcani

Otto vini da otto Paesi che vantano una tradizione vitivinicola probabilmente sconosciuta ai più. Insieme a Guido Invernizzi una entusiasmante serata in viaggio tra Ungheria, Romania, Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Croazia, Kossovo e Slovacchia.

Margherita Bruciamonti

Una vera standing ovation, è quella che ha chiuso la serata dedicata ai vini dei Balcani organizzata da AIS Pavia. A condurla uno strepitoso Guido Invernizzi, che ha stupito, incuriosito e accompagnato per mano i partecipanti alla degustazione di otto campioni di vini provenienti da altrettanti Paesi dell’est Europa, zone senza dubbio poco conosciute alla maggior parte dei soci presenti, ma storicamente vocate alla produzione enoica.

Divertenti aneddoti, curiosità, oltre a una ricca premessa storica e geografica degli otto Paesi scelti in rappresentanza dei Balcani –  altri sono stati sacrificati al fine di proporre una serata agile e significativa – hanno caratterizzato un incontro di approfondimento letteralmente volato via, per merito della conduzione come al solito brillante di Guido Invernizzi, che conosce profondamente i territori di origine dei vini degustati.

Premessa storico-geografica

La penisola balcanica si trova nella particolare posizione di congiunzione tra Europa e Asia, e di fatto nei secoli è stata territorio di violente aggressioni e grandi migrazioni. Diverse popolazioni hanno lasciato il segno del loro passaggio: ricordiamo le principali quali i Greci e i Romani, presenti dal I° secolo a.C. al I° secolo d.C., seguite, nel periodo dal III al V secolo, dalle invasioni barbariche e germaniche, fino ad arrivare attorno al XV secolo con la venuta degli Slavi e poi dei Turchi. I continui spostamenti delle popolazioni, spontanei o forzati che fossero – pensiamo alle guerre mondiali del secolo scorso e ai successivi insediamenti di dittature repressive -  hanno dato luogo a forti contrazioni etniche e sociali, con profonde diversità culturali, religiose e notevoli differenze in usanze e costumi.

La vite, storicamente arrivata da oriente dalla zona caucasica ben prima dell’anno 0, è stata di fatto favorita e incentivata dalle potenze occidentali e dagli antichi Romani, che ne hanno valorizzato, regolamentato e diffuso la coltivazione.
Alessandro Magno, condottiero e re di Macedonia, ha esteso in tutto l’antico impero persiano la coltivazione della vite, dalla Anatolia- attuale Turchia- all’Egitto e dal Paskistan- Asia meridionale- fino all’India settentrionale.
Invernizzi elenca i nomi delle antiche provincie dell’impero: l’Austria era Noicum, l’Ungheria era la Pannonia, La Romania era la Dacia la Bulgaria era la Tracia, la Jugoslavia, Albania e Kossovo erano l'Illiria.

Tanto era considerato il valore del vino che nell’antico impero romano, come in seguito per gli Unni e i Magiari, era usanza pagare i soldati e i legionari in vino, e l’indennizzo a fine carriera, per quando andavano in pensione, era il lascito di una porzione di vigna da coltivare.

Tutta l’area balcanica gode di un clima sempre ventilato: qui le malattie fungine della vite sono pressoché sconosciute. Le annate sono caratterizzate da estati molto calde ed inverni molto rigidi per quanto riguarda le zone di nord  e nord-est, motivo che ha reso necessario la coltivazione di vitigni altamente resistenti al freddo, mentre troviamo un clima più mitigato al sud per l’area affacciata sul mar nero, che accoglie favorevolmente la coltivazione dei classici vitigni internazionali, ma senza generalizzare, in quanto non si può parlare qui di macro zone di coltivazione, bensì di micro-aree e parcellizzazioni che hanno saputo mantenere una ricca rappresentanza di varietà autoctone.

La principale diffusione dei vitigni attualmente allevati nella regione balcanica, arriva dall’Austria che, con l’espansione del regno Austro-Ungarico, è responsabile dello sviluppo di tantissime coltivazioni.

Ungheria 

Regione principalmente pianeggiante, è rappresentata e caratterizzata dalla puszta, il bassopiano centrale con clima spiccatamente continentale che vede scarse precipitazioni e poca umidità.
Lo stato è diviso in diciannove regioni e la produzione viticola, coltivata su una estensione di 65000 ettari, è divisa in microregioni viticole. 

Il vino più famoso è sicuramente il Tokaj, che localmente viene proposto in abbinamento al foie gras – Invernizzi suggerisce il suo abbinamento preferito che prevede foie gras e champagne – ma l’Ungheria vanta anche diversi vitigni autoctoni rappresentativi, tra cui:

- l’Egribikaver, vino rosso particolarmente ricco di materia colorante, tanto da essere chiamato “sangue di toro”,

- il Furmint  e lo Juhfark, vini bianchi coltivati nella zona di Somló, sulle sponde del lago Balaton. Qui la formazione del suolo di origine vulcanica e l’influsso delle acque del lago creano un clima ideale per lo sviluppo di vini freschi con spiccate note di eleganza e mineralità.

Il vino che degustiamo in rappresentanza ungherese proviene dalla Alta Pannonia: su un colle di modesta altezza, a circa 300 metri di altitudine si trova l’Abbazia di Pannonhalma, fondata nel 996 dai monaci benedettini e da sempre custode della viticoltura.

Il sub-strato roccioso misto a ghiaia e loess, unitamente alla grande escursione termica giornaliera, fanno di questo luogo la zona ideale per la produzione di vini bianchi.

PANNONHALMI - HEMINA 2020 - 12,5% 

I produttori hanno voluto ricreare un blend in puro stile borgognone utilizzando vitigni internazionali: 60% chardonnay, 25% pinot b., 10% viogner, 5% sauvignon blanc.
Il colore è giallo brillante di intensa lucentezza; la pesca gialla, la banana e la frutta tropicale seducono l’olfatto. Il sorso pieno e la struttura persistente in bocca confermano grande corrispondenza gusto olfattiva. La permanenza dell’aroma retronasale per diversi secondi rende piacevolissima la beva.

Romania 

Paese balcanico con lingua di origine latina, vanta un paesaggio molto vario: il 50% della catena montuosa dei Carpazi è in Romania, e forma un ferro di cavallo che apre verso occidente, proteggendo dai venti freddi che arrivano da est. 

Il Danubio, che scorre per circa il 40% della sua lunghezza in Romania, segna il confine con la Bulgaria, e prima di sfociare nel Mar Nero crea una barriera naturale attorno alla regione della Dobrogea, che affacciata sul mare dall’altro lato presenta un clima mite, contrariamente alle provincie della Moldavia e della Transilvania nel nord, con clima molto freddo.

La fama dei vini della Dacia era molto nota già dall’antichità: le monete coniate nella antica provincia dell’impero romano, la Dacia Felix, riportano scene di viticultura. Ancora oggi i vini in Romania sono suddivisi in categoria traian, in onore all’imperatore Traiano, che aveva vinto e sottomesso i Daci, e in ovidium in quanto la Romania, sulla costa del Mar Nero, è stata anche paese d’esilio di Ovidio nell’8 d.C.

In Romania è stata molto importante l’influenza dell’Austria, paese da cui è partita la diffusione di tutti i vitigni verso la zona balcanica, mentre in Transilvania, che può essere considerata una provincia a se stante con vitigni autoctoni esclusivamente suoi, ritroviamo specialmente l’influenza tedesca.

La temperatura media è di 8/11 gradi; il corso del Danubio favorisce in alcune zone anche lo sviluppo delle muffe nobili che concorrono anche la realizzazione di vini botritizzati.

La Romania ha una grande potenziale inespresso, che è stato tarpato nel secolo scorso da guerre e dittature reprimenti: gli ultimi dati di produzione di vino sono assolutamente incoraggianti, con un incremento della produzione negli ultimi anni pari al 15%.

Fetească Neagra, Negru de Dragasani e Novac come vini rossi e Feteasca Regala, Busuioacă de Bohotin e Grasa de Cotnari per i bianchi sono i nomi dei principali vitigni autoctoni coltivati.

Tămȃioasa românească- Prince Stirbey– Dragasani- 2020 - 13%

La provincia di Olt, nella zona sud ovest, vicino al fiume Oltzona, è la zona particolarmente vocata alla coltivazione del muscat a petit grains, già diffuso dalle popolazione greche.
In questa versione viene raccolto tardivo e vinificato in secco, con crio macerazione delle uve per la massima estrazione della fragranza del moscato.

Di colore leggero per il veloce contatto con le bucce, al naso è aromatico, con sentori intensi di rosa, note mentolate e di canfora, rosmarino, uva spina, arancio, tropicale. Secco, contenuto in calore e morbidezza, rivela oltre alla freschezza e alla sapidità una nota piccante ben percepibile molto rappresentativa della tipologia: il relatore sottolinea come un vino di primo acchito semplice non è assolutamente un vino banale, anzi, si mostra molto intrigante.

Polonia 

Il nostro viaggio giunge ora in Polonia, che ha acquisito a livello mondiale fama e notorietà solo recentemente. Lo stato è suddiviso in macroregioni, chiamate voivodati.

Le vigne si trovano prevalentemente nelle regioni centrali e a sud-est, nella regione della Slesia, fino ad arrivare al sud a ridosso dei Carpazi: i 640 ettari di vigna coltivata si trova in zone storicamente limitrofe a monasteri, dal 900 d.C., fino al tardo medioevo, quando erano fonte di reddito per i coloni provenienti dalla Germania.

Qui la viticultura è stata ripresa in mano seriamente dagli anni ‘80 e, a differenza di tutti gli altri stati confinanti, i vini costano in media fino al il triplo rispetto a quelli degli stati vicini; si utilizzano per lo più incroci creati da uve resistenti alle temperature fredde, per la produzione di vini che “scimmiottano” il riesling renano, con grande utilizzo di vitigni piwi.

Nel voivodato di Maloposka su terreni ricchi di granito, basalto e calcare, trovano oggi dimora anche vitigni internazionali, e si sta rilanciando il consumo di vino, attraverso itinerari turistici, visite in cantina e ospitalità: infatti è ancora vietata in Polonia la pubblicità al vino attraverso i canali mediatici.

Il comparto viticolo non prevede sistemi di classificazione e denominazioni e, al momento, si può indicare in etichetta l’anno di produzione solo ottenendo una speciale classificazione a pagamento!

Invernizzi commenta con piacere che le bottiglie di produzione polacca sanno comunque come farsi notare nelle enoteche e nei ristoranti, grazie all’utilizzo di etichette graficamente moderne e molto curate. 

SREBRNA GÓRA – KRAKÓW CUVEE BLANC ’20 - 12,5%

La cantina è nata nel 2005, e possiede un vigneto nella proprietà del convento camaldolese vicino a Cracovia.
Benché i vini rossi in Polonia siano più popolari, ci troviamo di fronte a un bianco pieno e morbido, molto interessante e rappresentativo, mix di uve resistenti a climi molto freddi: 35% di seyval blanc  che dà un’impronta sapida, con note smoked e agrumate; 30% di iohanniter  che dona invece acidità e freschezza, ricordando il pinot grigio che ne è un progenitore; 20% di hibernal  vitigno da clima freddo che imprime sentori di pesca, pera e sfumature tropicali; 15% di solaris, vitigno nato circa 40 fa in Germania e che ricorda lo chardonnay, con note di banana e nocciole.

Repubblica Ceca

La storia della viticoltura ceca ha radici profonde duemila anni. Condivide con gli stati confinanti il passaggio dei Celti e poi degli antichi Romani. Nel periodo del Medioevo anche qui la diffusione del cristianesimo e lo sviluppo delle abazie, per garantire la produzione del vino da messa, hanno contribuito a consegnare la coltivazione della vigna alle generazioni successive. Solo dopo la fine del regime totalitario negli anni ‘90, la terra è stata restituita ai privati che hanno saputo costruire piccole e medie proprietà.
La coltivazione della vigna è concentrata principalmente nella regione della Moravia e nella Boemia: a sud nella zona limitrofa a Mikulov, al confine con l’Austria troviamo terreni ricchi di arenarie e calcarei. Tra le varietà di uve bianche più coltivate spiccano i riesling, sia italico che renano, il műller thurgau, il pinot bianco, il pinot grigio, oltre a il vitigno palava, creato negli anni ’50 dall’incrocio di traminer e műller thurgau.

I vini rossi sono di minor pregio e oltre ai vitigni tradizionali come il St. Laurent e il limberger, conosciuto anche come Nero di Franconia, sono stati introdotti da circa 20 anni anche i vitigni internazionali, quali pinot nero, cabernet sauvignon e merlot.

Il vino che degustiamo questa sera è un riesling che arriva da Pavlov, nel cuore della Boemia, dove terreni scistosi ricchi di ardesie imprimono nel vino il gusto del territorio.

VINAŘSTVI  PLENÉR– RIESLING 2019 - 13% 

Giallo dorato pieno e di colore vivace mostra una decisa consistenza materica. Il naso svela tutti i sentori del riesling renano, con le sue note di mela verde, scorza d’arancia e un deciso sentore di TDN, destinato ad amplificarsi con il passare del tempo. Il relatore si sofferma sulla qualità di questo vino, freschissimo, sapido, molto piacevole e con grande potenziale di conservazione, non ha nulla da invidiare ai più blasonati riesling tedeschi, ma con un rapporto qualità/prezzo decisamente interessante.

Bulgaria 

La Bulgaria è delimitata a nord in modo netto dal corso del Danubio, e si affaccia verso est sul Mar Nero. Nell’antica Tracia i romani avevano già cercato di ripartire le coltivazioni in base alle condizioni pedoclimatiche, impiantando quindi i vitigni sui pendii di dolci colline, con altezze variabili attorno ai 300 metri, il cui paesaggio ricorda un po’ i colli toscani.

Guido ci passa bellissime informazioni, legate al territorio: ci decanta il fascino della valle delle rose, nella pianura danubiana, dove si coltivano rose da cui si estraggono essenze preziose destinate all’industria cosmetica e profumiera, nel sottosuolo troviamo il jory, un terreno molto ricco di sostanze minerali, presente in Bulgaria e poi…dall’altra parte del mondo, in Oregon!

 La superficie vitata è di circa 60.000 ettari, e si coltiva maggiormente uva per produzione di vini rossi, avendo inserito negli ultimi decenni i più famosi internazionali, quali pinot nero, cabernet sauvignon e merlot, ma avendo anche un occhio di riguardo per mantenere i vitigni tradizionali, in particolare il mavrud.

Il vino prodotto da questa uva rossa presenta un tannino molto deciso, tanto che spesso viene utilizzato in assemblaggio con una quota di Merlot,  per ingentilire queste durezze a favore di un prodotto finale più piacevole.

Tra i vitigni bulgari troviamo due curiosità assolute: il melnik, da cui si produce l’omonimo vino, già apprezzato e acquistato da Winston Churchill, e il rubin, ibrido creato in Bulgaria, incrociando il nebbiolo e syrah, da cui si ottiene l’omonimo vino.

VILLA MELNIK BERGULÉ SINGLE VINEYARD - MAVRUD 2018 – 13,5%

Questo vino affina 9 mesi in barrique di legno locale. Il vino si presenta con un colore vivo, di tonalità che virano verso il granato e l’aranciato.

Consistente, la prima nota che avvertiamo all’olfatto è la ciliegia, intensa e sotto spirito, seguita da spezie decise, pepe nero, noce moscata, una nota di legno di sandalo e sentore di cera da scarpe.

In bocca sopraggiungono note più scure di inchiostro e liquirizia; gusto intenso e continuo, fresco, con un tannino molto presente, ha comunque un suo equilibrio e risulta piacevole e ben abbinabile a tavola.

Croazia

Meta turistica per le vacanze di Italiani e Europei, la Croazia non è solo la Regione costiera della Dalmazia, ma si estende verso l’interno nella pianura pannonica dove, nella parte più orientale, troviamo la regione della Slavonia, famosa per le secolari foreste di roveri altissime, che si utilizzano ancora oggi per la creazione di botti di medie e grandi dimensioni.

La Croazia vanta di essere la patria della Grasevina, il riesling italico, oltre ad altri vitigni bianchi autoctoni molto interessanti quali il Posip e la Malvasia di Dubrovnik, anche se sono le uve rosse ad essere maggiormente coltivate, anche sulle isole.

Dovuto al clima sempre molto ventilato, attraverso millenari processi sedimentari di polveri vulcaniche trasportate dal vento si formano i terreni flysc, ricchissimi di minerali, che caratterizzano e danno una propria impronta al Plavac mali, vino rosso  ottenuto dalla stessa uva, particolarmente adatto all’affinamento in legno e con caratteristiche organolettiche accostabili al primitivo.

COOPERATIVA AGRICOLA SVIRCE – PLAVAC Mediteraneo 2017- 13%

Questa azienda è una Cantina cooperativa nata nel 1997 sull’isola di Hvar, e vinifica le uve coltivate da viticoltura eroica, su forti pendenze nel cuore dell’isola. Vinificato in purezza, matura per 12 mesi in botti di legno.

Colore rubino con riflessi granato, al naso oltre la frutta rossa ci si imbatte subito in una nota salmastra, carta d’identità di un vino isolano. In bocca il frutto scompare per lasciare il posto a note piacevoli di corteccia, rabarbaro e chinotto: il legno si intende ma non predomina sul gusto del vino. 

Fresco, tannico e sapido, quasi alla soglia del salato, prosegue con note di macchia mediterranee per una piacevole persistenza retro olfattiva.

Invernizzi consiglia l’abbinamento cibo-vino con i cevapcici, tanto decantati quale piatto della tradizione di tutta la zona affrontata questa sera.

Kossovo

3.450 ettari coltivati su 18 municipalità, si dividono per circa il 65% in coltivazione di uve rosse, e il rimanente 35% in uve bianche. Qui non c’è alcun sbocco sul mare, pertanto persiste il clima continentale, con estati calde ma piovose e inverni freddi, che creano forti escursioni termiche.

La coltivazione delle uve di questo vino arriva dal distretto di Pristina, dove anche qui troviamo una storia millenaria, addirittura dai macedoni, prima dell’arrivo dei romani.

Qui siamo a 50 km. a sud di Pristina, con terreni alluvionali, argilla e silicio, suoli ricchi di ossido di ferro particolarmente adatti alla coltivazione di uve rosse, di cui la principale è il Vranac, oltre ad altre varietà anche internazionali.

La produzione enologica è curata da tecnici locali, che hanno frequentato in Francia lunghi periodi di studi con i più famosi enologi.

SUHAREKA VERANI  – THERANDA VRANAC 2017- 14%

Uve da vigne di 40 anni , coltivate a 580 mt. S,l.m. il vino matura 8 mesi in acciaio e 8 mesi in bottiglia e si presenta di colore rubino pieno e impenetrabile, è di buona consistenza.

Appena versato al naso scopriamo nocciola, una nota di cioccolato dolce, noce moscata e una speziatura che ci potrebbero sviare su un affinamento in legno che di fatto non c’è! È la caratteristica di questo vitigno e di questo territorio che ci parla attraverso questo prodotto molto attraente. In bocca pieno, muscolare ma non pesante è intenso e persistente, con una nota di ribes croccante più fresco che non quanto suggerito al primo olfatto. Vino degno di nota 

Slovacchia

10.000 ettari  di  vigne, la coltivazione è suddivisa in 6 regioni vinicole, tutte nella parte occidentale, al confine con l’Austria.

Clima continentale con buona piovosità, la zona gode della vicinanza del lago di Nieusiedl, che sviluppa le condizioni ideali per lo sviluppo della botrytis cinerea: anche qui producono infatti il Tokaj come da tradizione ungherese.

Il vino che degustiamo è da uva Blaufrankisch, e arriva dalla zona di Bratislava, nella regione dei Piccoli Carpazi, dove la vigna è allevata su terreni sassosi, alluvionali e ricchi di silicio. 

KARPATSKA PERLA – FRANKOVKA MODRA 2015 – 13%

Di colore granato lucente, di colore vivo e media carica cromatica, questo vino affina 10 mesi in barriques nuove di rovere francese. Nel bicchiere risulta consistente e al primo respiro avvertiamo la nota di sottobosco e fungo, seguiti da sentori di spezie e tabacco messaggi tipici di una  evoluzione lunga 8 anni. In bocca troviamo un vino fresco, con un deciso tannino maturo dal finale leggermente amaricante, ma saporito e piacevole.

Arriva così la fine della serata: è quasi mezzanotte ma i partecipanti sono entusiasti di quanto hanno appreso, dalla ricchezza delle informazioni che Invernizzi ha voluto condividere. Conclude con una frase del famoso enologo Michel Roland: “dietro un bicchiere di vino c’è sempre molta più storia che geografia”.