A tu per tu con la Champagne di Collard Picard
Racconti dalle delegazioni
05 maggio 2025

Una serata entusiasmante, un racconto a due voci – e che voci! - sulla Maison de Champagne Collard Picard, che sempre più sta conquistando il pubblico degli appassionati italiani: protagonisti Alberto Lupetti e Olivier Collard.
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«Più che una storia di famiglia, una passione»: questo è lo slogan che appare sul sito della Maison Collard Picard e che sintetizza perfettamente la filosofia alla base dei loro champagne. Quella che è stata raccontata a Milano è infatti la storia di una Maison de Champagne nata da due famiglie e due territori: da un lato la famiglia Collard, che nella Vallée de la Marne, a Villers-sous-Châtillon, ha creduto ed esaltato le caratteristiche del meunier; dall’altro la famiglia Picard, che in Côte des Blancs, potendo vantare vigne a Le Mesnil-sur-Oger, ha sublimato le caratteristiche dello chardonnay.
Collard Picard nasce tecnicamente nel 1996 «sotto i migliori auspici», dice lo stesso Olivier, essendo stata questa un’annata eccezionale, ma può di fatto contare su un’esperienza lunga 5 generazioni. Da allora, l’obiettivo è quello di provare a fare sempre meglio, rispettando e adeguandosi ai dettami della natura, che non viene mai forzata, ma valorizzata. A tal fine tutto il processo di produzione segue step ben precisi: vengono utilizzati solo lieviti indigeni; si utilizza una pressa a piatto inclinato, che consente una pressatura estremamente soffice; la fermentazione avviene in botte grande, così come faceva Renè Collard, nonno di Olivier, vero e proprio antesignano del meunier. La caratteristica più importante è però legata alla realizzazione della cuvée: Oliver Collard si è accorto infatti che, anche nella prima spremitura, c’è differenza tra la prima e l’ultima parte, essendo la prima migliore in quanto contiene la parte più nobile di profumi e acidità. Quest’ultima, vinificata in purezza, è da loro definita coeur de cuvée mentre la seconda, utilizzata per gli assemblaggi, semplicemente cuvée. A seguire, si dà tempo al tempo, attraverso lunghe maturazioni sui lieviti, affinché lo champagne abbia tempo di formarsi.
Oggi, in cantina, è presente uno stock di 9 annate e la produzione annuale si attesta sulle 100.000 bottiglie. Olivier è lo Chef de Cave, ma tutta la famiglia è coinvolta nella produzione: di recente anche Alexandre, il secondogenito, ha iniziato ad affiancare il padre in tutta la fase produttiva. E tutta la famiglia si riunisce a collaborare durante il momento più importante di tutto l’anno: la vendemmia.
Non fautori del remuage manuale, ritengono che le due mani lavorino con forza diversa e che non si aggiunga nulla al prodotto finale: lasciano dunque quest’ultima operazione alle macchine (fatta salva un’eccezione che vedremo più avanti). Non posseggono cantine sotterranee, ma visitare la loro Maison è comunque un’esperienza molto interessante.
La degustazione
Cuvée Dom. Picard Blanc de Blancs Grand Cru Brut
Chardonnay 100%, 48 mesi sui lieviti
È l’immagine che Olivier vuol dare dello chardonnay di Champagne, in cui alle note agrumate si affiancano quelle floreali. Può inoltre essere definito un millesimato non rivendicato, in quanto la lunga sosta sui lieviti gli consentirebbe di essere immesso sul mercato con questa accezione. Olivier racconta di come sia difficile capire lo Chardonnay, in quanto nella Côte des Blancs poche decine di metri possono dar luogo a nuances molto differenti. Tuttavia, una volta capito il territorio, definisce un piacere “giocare” con gli assemblaggi. Caratteristica importante per lui è che lo Chardonnay possa esprimere la propria purezza ed eleganza senza contaminazioni: nessun utilizzo di vini di riserva, dunque, né malolattica svolta e utilizzo di solo MCR (Mosto Concentrato Rettificato) come liqueur de tirage in modo da evitare di celare in alcun modo il terroir e la personalità del vitigno.
È uno champagne che colpisce subito per eleganza e freschezza olfattiva, aggiungendo alle evocazioni floreali e agrumate ricordi fumé che fanno pensare alla mineralità da polvere da sparo. Al sorso, alle sensazioni già percepite all’olfatto, si aggiunge una bella verticalità, una bollicina sottile e stuzzicante e una chiusura sapida che invoglia il sorso e richiama l’accompagnamento gastronomico.
Racines Autre Cru
Meunier 100%, 68 mesi sui lieviti
Il meunier è sempre stato considerato il vitigno meno nobile tra quelli principali della Champagne, al punto che non esistono villaggi Grand Cru per questa varietà. Renè Collard ha però dimostrato, già nel 1943 che, vinificato in purezza, consente di realizzare grandi champagne. Oggi, a testimonianza di ciò, sono presenti in cantina millesimi degli anni ’50, ’60 e ’70 ancora perfettamente in forma.
In ossequio al nonno, Olivier Collard ha voluto creare il Racines, ossia “radici” spiegando che questo nome può avere due valenze: una legata alle radici della vigna e di conseguenza al terroir; l’altra, invece, relativa ai legami familiari. Inizialmente prodotto come Reserve Perpetuelle, Olivier ha poi deciso di cambiare ricetta al fine di privilegiare la finezza del bouquet, eliminandone l’eccessiva maturità. Il segreto per ottenere ottimi champagne dal meunier, secondo Olivier, è quello di non svolgere la malolattica al fine di salvaguardare l’acidità, naturalmente presente in quantità minore in questa varietà rispetto a pinot noir e chardonnay. Olivier utilizza, contrariamente a quanto avviene di solito, una percentuale maggioritaria di vins de reserve rispetto a quelli dell’annata: l’annata più giovane, infatti, a suo avviso presenta maggior irregolarità che va controbilanciata al fine di avere una espressività costante e durevole nel tempo.
L’olfatto racconta la generosità fruttata tipica di questo vitigno, ma non è né banale né seduto: è profondo e sfaccettato, con richiami che virano verso la pasticceria, ma sempre tonici. Così anche l’attacco al palato è fresco e scattante con ritorni fruttati in centro bocca e una chiusura dinamica. Se il naso ha i connotati tipici del vitigno, la bocca sorprende per una finezza e freschezza non consuete per il meunier. Il merito è da attribuire, chiosa Lupetti, alla craie che normalmente nella Vallée de la Marne risulta situata troppo in profondità perché le radici possano arrivarci, ma che nei due villaggi di Reuil e Villers-sous-Châtillon, da cui provengono le uve utilizzate per il Racines, si trova a una profondità nettamente inferiore, a soli 1,5 m.
Perpetuelle 12 Années
Chardonnay 50%, pinot noir 25%, meunier 25%; almeno 42 mesi sui lieviti
Reserve perpetuelle ha come base la vendemmia 2019 e contiene vins de reserve dalla vendemmia 2008 alla 2018, per un totale di 12 annate, come esplicitato dall’etichetta.
Può essere definito come la sintesi del lavoro e della filosofia della Maison Collard Picard, è quindi uno champagne che racconta una storia in quanto in esso è racchiuso tutto ciò di buono (e anche meno buono) che le 12 annate hanno donato. Proviene per il 50% dalle vigne della famiglia di origine di Olivier e per il restante 50% dalle vigne della famiglia della moglie, Caroline. È lo champagne più ricco, generoso e forse anche più attraente della gamma, perché è veramente completo.
Il naso è ricco: si ritrova la parte fruttata, quella più agrumata dello chardonnay, e quella floreale. A seguire, echi speziati e golose evocazioni di pasticceria, tutti ben fusi tra loro senza che una sensazione prevalga sull’altra: è una ricchezza attraente, che invita a tenere il naso dentro al calice per continuare la ricerca di riconoscimenti. Ancora una volta il sorso stupisce per freschezza ed eleganza, con un centro-bocca coerente rispetto ai sentori olfattivi e una chiusura quasi balsamica e salina.
Essentiel 2012
Chardonnay 50%, pinot noir 25%, meunier 25%; 9 anni sui lieviti
Nel 2007 Olivier si imbatté in tre botti di tale ricchezza ed espressività da indurlo a decidere di assemblarli per imbottigliarli come millesimato; al momento del degorgement, inoltre, si accorse che quel vino era già di per sé armonico, necessitando solo di un ulteriore riposo in cantina per distendersi. Nacque così l’Essentiel, uno champagne che vuol essere espressione di un’annata d’eccezione (a tal fine, com’è facilmente intuibile, non viene prodotto tutti gli anni), non solo non dosato ma anche non chaptalizzato: affinché ciò possa avvenire, serve un perfetto equilibrio già in vigna, ossia le parcelle devono donare all’uva un bilanciamento tra zucchero e acidità da non richiedere alcuna “correzione” successiva.
Quello in degustazione è la perfetta espressione dell’annata 2012, matura e calda. Lo champagne strizza quindi l’occhio all’evoluzione, ha toni più scuri e meno brillanti del precedente consentendoci di osservare il lavoro attento e rispettoso di Olivier per permettere ai vini di esprimere ognuno le proprie caratteristiche. Il naso è ben maturo, ma non ossidativo e rivela al sorso concentrazione sia di materia che di acidità. È ricco, ma al tempo stesso rinfrescato ed equilibrato da una sorprendente acidità e da una lunga ed elegante scia sapida.
Merveilles
Pinot noir 80%, chardonnay 20%; 5 anni sui lieviti
È un rosé sui generis: viene prodotto da uve provenienti da Vertus, in particolare dal lieu dit Les Terattes che, pur essendo ubicato in Côte des Blancs, da sempre produce anche pinot noir. L’assemblaggio avviene già in vigna in quanto le due varietà provengono da un unico vigneto complantée in cui coesistono sia pinot noir che chardonnay. Le uve fanno co-macerazione a freddo: la legislazione della Champagne vieta la macerazione per lo chardonnay ma, provenendo in questo caso tutta l’uva da un unico vigneto, Olivier, camminando sul filo del rasoio, riesce a oltrepassare l’ostacolo normativo.
Tutto ciò conferisce al vino delle connotazioni particolari: ai sentori di piccoli frutti rossi si affiancano quelli di frutta esotica e attraenti sensazioni di crostata alla frutta; è un naso ricco e goloso che non sfocia mai in un eccesso, ma si mantiene sempre dentro caratteri di finezza e precisione. La bocca sorprende contrapponendo una freschezza e una mineralità inaspettate, da blanc des blancs: Lupetti parla di «dicotomia attraente» e di «pinot chardon».
Archives 2012
Chardonnay 80%, pinot noir 20%; 6 anni sui lieviti
Nato in occasione della vendemmia 2002 da una vigna centenaria (oggi ripiantata), fa fermentazione in barrique per 18 mesi e tiraggio sous liege; remuage e degorgement sono eccezionalmente manuali; il tappo è fermato con la ficelle (ossia con lo spago) e la tiratura si assesta sulle 8.000 bottiglie, numerate.
Olivier racconta che, già in fase di pressatura, il mosto era quasi viscoso e solo dopo 30 mesi di maturazione in botte, l’ha ritenuto pronto per l’assemblaggio: non vi è infatti una regola fissa, ma solo l’assaggio consente di capire quale sia il momento giusto.
Rappresenta l’eccellenza: è uno champagne di maggior struttura e complessità ma, ancora una volta, mai eccessivo. Lo chardonnay la fa da padrone, ma il pinot noir - afferma Lupetti – gioca dietro le quinte, facendogli da struttura, da impalcatura. Al palato l’impatto è il più cremoso e carezzevole, ma subito emerge la sapidità da craie (lo chardonnay, d’altronde, proviene da Les Mesnil) e una mineralità asciugante che sferza il sorso. È ancora giovane, all’inizio della sua vita (nonostante i 12 anni) ma già buonissimo; fa trasparire tutte le sue potenzialità e non poteva che chiudere questa degustazione che, vino dopo vino, ha dimostrato tutte le sfaccettature di una Maison de Champagne di grande stoffa, conquistando il pubblico presente in sala.