Alla ricerca del “vigneto sostenibile”
Sara Missaglia ci accompagna tra le pagine del libro “Il vigneto sostenibile” insieme alle autrici Valeria Fasoli e Costanza Fregoni, in un excursus che ridona senso e sostanza alla parola sostenibilità, in un’epoca segnata dalla pericolosa deriva del fenomeno del greenwashing.
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«Abbiate cura di incontrare chi non sta nel mezzo, cercate gli esseri estremi, i deliri, gli incanti. Cercate una donna e un uomo che non siano di questo mondo. Cercate Giovanna d’Arco, Giordano Bruno».
Sara Missaglia - giornalista, sommelier, degustatrice e relatrice AIS – sceglie le parole di Franco Arminio per introdurci alla conoscenza delle due autrici del libro Il vigneto sostenibile. Progettazione, realizzazione e gestione – Edagricole, 2022, il vero protagonista della serata.
Le autrici
Valeria Fasoli si presenta come una donna che mette sempre in discussione i dati certi e che non accetta i luoghi comuni. Agronoma, ha studiato prima a Milano e poi a Piacenza. Dopo un peregrinare tra ricerca e lavoro in Oltrepò Pavese, nelle Marche e in tutta Italia, approda in Toscana, dove è diventata Direttore Tecnico in Viticoltura. Qui vive e coltiva anche un piccolo vigneto di pinot nero per il piacere di condividere la piccola produzione con gli amici.
Costanza Fregoni, anch’essa agronoma, nel tempo ha scelto di iscriversi all’albo dei giornalisti. Dopo gli studi approda prima in cantina e in campo con il Consorzio Colli Piacentini, poi sceglie la carriera di giornalista, formatrice e copywriter, occupandosi di comunicazione sia per il settore vitivinicolo che per l’indotto.
Il vigneto sostenibile
L’uso della parola “sostenibilità” è andato via via crescendo fino al punto che oggi, sia il sostantivo che gli aggettivi derivati, vedono la loro presenza in modo sproporzionato e al limite dell’esagerazione. Viene quindi da chiedersi perché scegliere di inserire questo termine nel titolo del libro oggetto della serata. Per la risposta, dice Sara Missaglia, può esserci utile l’introduzione scritta da Gianmarco Navarini, professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università Bicocca di Milano. «Partiamo da una considerazione che forse può apparire non così scontata: la “sostenibilità” non è una novità assoluta dei nostri tempi. Il concetto ha una storia millenaria, sebbene la sua diffusione abbia inizio in Europa nel XVI secolo; la parola invece compare ufficialmente nel 1650, in alcuni trattati di scienze forestali, per poi caratterizzare i primi grandi manuali di silvicoltura del Settecento, in particolare in Germania (Warde, 2018). Da allora, la parola ha viaggiato in diverse lingue per oltre due secoli, portando con sé molteplici concezioni e definizioni di carattere ambientale e squisitamente settoriale (pratiche agricole, attività colturali, teorie del suolo e del clima ecc.), sino a diventare una parola “moderna” e quindi sempre più familiare nella società, una parola la cui principale novità sta nel rimandare a questioni non soltanto settoriali ma di dominio pubblico». Non solo, perché questa parola, così moderna e familiare, porta in sé «la definizione di un nuovo campo di competizione nel quale, anche in termini di mercato, si presume che l’attivazione di processi concreti in direzione della sostenibilità sarà premiata». Eppure, «a fronte di una massiccia elaborazione di principi generali e linee guida, le definizioni concrete delle pratiche da seguire in campo, nel vigneto, risultano decisamente esigue».
Ecco allora che le autrici, Fasoli e Fregoni, optando per il termine “sostenibile”, scelgono inevitabilmente di entrare in un’arena già satura, ma lo fanno con la consapevolezza di poter colmare la parte concreta delle pratiche e ridare sostanza a qualcosa che sta diventando pura forma. Il libro vuole quindi essere un aiuto pratico per i viticoltori, un contenuto esperienziale concreto che attraversa tutte le fasi dall’impianto, alla potatura, dalla gestione a verde e del suolo alla concimazione e nutrizione del terreno, dall’irrigazione alla difesa, fino alla raccolta e alle nuove tecniche di viticoltura di precisione e digitale. Un volo dall’alto, quasi una visione olistica, che offre una vasta panoramica sull’argomento, senza avere la pretesa di essere esaustivo e che si apre ai contributi di molti esperti in diverse discipline, in modo da poter offrire gli strumenti per la costruzione di una nuova viticoltura taylor made nelle mani dei produttori.
«Ma come si fa in concreto a fare sostenibilità in vigna?», chiede Sara Missaglia nel corso dell’intervista. La risposta è semplice quanto illuminante: «un vigneto sostenibile è la migliore interpretazione del proprio sito, a partire dalla storia del luogo e delle pratiche peculiari», racconta Valeria Fasoli, «ed è ricerca di bellezza paesaggistica». Un concetto, questo, che porta in sé il legame profondo con il territorio, così come la ricerca di biodiversità, il rispetto della cultura storica del luogo e della capacità umana di essere un tassello di integrazione e non di disgregazione nella natura. In altre parole, potremmo dire che fare sostenibilità è tornare a quel concetto così ampio, ma anche così preciso, di terroir. Senza dimenticare mai che la sostenibilità è, e deve essere, anche sociale. In questo la ricerca spasmodica e molto pubblicitaria dell’uso della vuota parola si sta scontrando contro una comunità di consumatori esigente e attenta. Lo stesso legislatore, a livello europeo, ritiene ormai urgente fare ordine nel mare dell’uso delle parole per puro scopo di marketing, andando a lottare insieme ai consumatori contro l’onda del greenwashing. Inserire, quindi, all’interno del concetto di sostenibilità, l’attenzione al lavoro, al vero impatto sociale e ai valori concreti del fare, vuol dire allargare gli orizzonti e offrire un’ulteriore arma di difesa e di realtà, contro l’ecologismo di facciata.
In attesa delle specifiche da parte del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, per il disciplinare di certificazione nazionale della sostenibilità nella filiera vitivinicola, ci concentriamo sull’assaggio dei cinque vini scelti da Sara, Valeria e Costanza. La selezione e la sequenza sono stati funzionali al percorso narrativo della serata, con l’obiettivo di individuare per ognuno il particolare nesso con la sostenibilità.
La degustazione
Chiudiamo ricordando che le nostre due autrici sono anche tra le fondatrici dell’associazione Donne della Vite, che riunisce coltivatrici, ricercatrici, agronome, produttrici, enologhe, sommelier, ristoratrici, enotecarie, giornaliste, con lo scopo di promuovere e valorizzare il ruolo femminile nel mondo vitivinicolo e fungere da punto di riferimento e aggregazione per le operatrici del settore. Tra i tanti progetti messi in campo non poteva mancare un’azione di solidarietà concreta che vede la collaborazione con l’Associazione Amani e la raccolta fondi per la Casa di Anita, un centro di accoglienza alla periferia di Nairobi per ex-bambine di strada. Questa avviene attraverso l’acquisto di vini scelti dalle Donne della Vite in base ai principi di sostenibilità ambientale e sociale.