Alto Piemonte. Il meraviglioso mosaico

Racconti dalle delegazioni
08 novembre 2022

Alto Piemonte. Il meraviglioso mosaico

In occasione del 57° anniversario della nascita dell’AIS, Armando Castagno ha ascoltato la voce di un territorio menomato e ci ha raccontato il suo Alto Piemonte. Una lunga passeggiata nel mosaico di nove piccole denominazioni; una serata efficace assai per sguinzagliare l’intelligenza.

Florence Reydellet

La locuzione “Alto Piemonte” designa una zona vitivinicola collinare ubicata a destra e a sinistra del fiume Sesia. Essa comprende le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli. Lì, a fine Ottocento, vi erano 42.000 ettari di vigne. E lì, oggi, è rimasto solamente un fazzoletto di circa 700 ettari vitati. Un po’ per le epidemie dei famigerati oidio, peronospora e fillossera di fine Ottocento, un po’ per i due conflitti mondiali, ma soprattutto per lo sviluppo dell’industria tessile biellese. A ridosso degli anni Cinquanta, infatti, gli abitanti del luogo abbandonarono la coltivazione della vite, reputata più faticosa e meno remunerativa rispetto al lavoro in fabbrica così, il bosco tornò a esercitare i suoi diritti in quelle terre.

Armando CastagnoTerre abbandonate, sonnacchiose, non a caso teatro di alcune “Storie di spettri” di Mario Soldati, che però meritano attenzione per diversi motivi. In primis lacomplessità geologica: alle zone di origine morenica (ossia derivanti da depositi glaciali) si affiancano territori composti da rocce magmatiche a tessitura porfirica dovuti all’esplosione del supervulcano valsesiano avvenuta 280 milioni di anni fa. Si spazia quindi dal porfido di Boca allo gneiss della montagna di Carema, dal complesso metamorfico di Ghemme alle formazioni moreniche più dure di Fara e così a elencare. In secondo luogo, il polimorfismo ampelografico: sebbene sia il nebbiolo - o spanna che dir si voglia - a essere la cultivar principe, è la compresenza di altre varietà a rendere così peculiare l’areale. Tra le uve a bacca scura vi sono la vespolina (anche detta “ughetta”) vinificata da sola o in assemblaggio; la croatina (anch’essa vinificata da sola o in assemblaggio) e la bonarda novarese o uva rara, da non scambiarsi con il biotipo oltrepadano. Protagonista incontestata dei vitigni a bacca bianca, infine, è l’erbaluce (“greco novarese”).

Degustazione

Ai giorni nostri sono nove le denominazioni di origine. Sette di esse, in Francia, potrebbero fregiarsi della dicitura village: Fara DOC, Sizzano DOC, Ghemme DOCG, Boca DOC sulla sinistra orografica del Sesia; Gattinara DOCG, Bramaterra DOC e Lessona DOC sulla destra. Due invece sono più ampie: Colline Novaresi DOC e Coste della Sesia DOC nelle province di Biella e Vercelli. Tutte le denominazioni erano presenti nella degustazione: Armando Castagno ha scelto sette vini provenienti dalla riva sinistra del Sesia e cinque dalla destra. Alcuni già celeberrimi, alcuni conosciuti, altri ancora pressoché ignoti.

Riva sinistra

Colline Novaresi DOC Bianco Costa di Sera dei Tabacchèi 2021 – Alfonso Rinaldi
100% erbaluce (greco novarese)
Paglierino brillante e vivace. Il quadro olfattivo è di un’incredibile eleganza. Si colgono anzitutto note di fiori (gelsomino, biancospino e mughetto) che fanno da apripista al vegetale del fieno e a cenni salmastri. Gran progressione in bocca: si svela fresco, sapido, lungo. Un vino senza alcuna deviazione né difetto.

Colline Novaresi DOC Vespolina Ledi 2021 – Barbaglia
100% vespolina
Rosso rubino vivo. Impressionante la forza pepata del naso (conseguenza diretta del rotundone) alla quale si aggiungono ampie sensazioni di rosmarino, viola mammola e qualcosa che assomiglia al tabacco fermentato. Al gusto strappa applausi: per merito dei tannini, della levità strutturale e della persistenza.

Colline Novaresi DOC Nebbiolo Möt Ziflon 2018 – Francesco Brigatti
85% nebbiolo, 10% vespolina, 5% uva rara
Veste tuttora un rosso rubino luminoso nonostante i 4 anni sulle spalle. L’olfatto è «di romantica delicatezza» come recita Armando. Gioca sull’impeccabile unione tra fiori (rosa, lavanda) e incenso. Il sorso è proporzionato in tutto: dinamico, con tannini che ne consentono già la beva; lunga e precisa la chiusura immersa nel sale.

Ghemme DOCG Dei Mazzoni 2018 – Tiziano Mazzoni
100% nebbiolo
Rubino cristallino con luccichii granato. Il naso comunica informazioni più scure, segno di maggior maturità: inizialmente generoso nella dote terrosa e speziata, sviluppa poi la liquirizia dolce, l’humus e il tabacco (tutto questo in pochi minuti). L’assaggio è di notevole freschezza, preludio a un epilogo alquanto prolungato. Armando commenta, citando Soldati: «Il Ghemme: eccellente, prim’ordine. Lo definirei un Gattinara più spesso, più scuro, più violento. Meno trasparente, meno liquoroso, meno raffinato: ma forse più genuino, se non altro perché meno famoso» (da “Storie di Spettri”, Arnoldo Mondadori Editore, 1962).

I viniSizzano DOC Riserva Roano 2015 – Valle Roncati
70% nebbiolo, 20% vespolina, 10% uva rara
Manto granato chiaro. L’avvio è di piccole spezie e fiori appassiti, poi si allarga sull’elemento umido del bosco. In fase gustativa, non vi è alcun elemento accessorio e si coglie l’attenzione chirurgica per il dettaglio: proporzione del corpo, fittezza dei tannini e lunga persistenza sapida. Ha la vita davanti a sé.

Fara DOC Bartön 2019 – Gilberto Boniperti
70% nebbiolo, 30% vespolina
Il colore tende al “paonazzo”. Tono sobrio in avvio, poi via via un poco più espressivo con il bisbigliare delle spezie, della frutta nera e qualche tocco erbaceo. Al palato retrocede di un passo quanto a freschezza – sebbene non manchi mai di nerbo minerale - mentre in chiusura affiorano nitidi i ricordi speziati sentiti al naso.

Boca DOC 2017 – Le Piane
85% nebbiolo, 15% vespolina
Rosso rubino con qualche lampo granato. Ecco un vino dal naso ampio, floreale (un principio di viola), fruttato (lampone e arancia sanguinella), con sfumature speziate; a un certo punto, poi, uno strato di erbe aromatiche. Dovizia che si rinviene anche al gusto, vigoroso e saldo. E il sale, là, in fondo, intercettato dal pepe nero. Il Boca di Christoph Künzli (paladino della denominazione) si conferma un vino di caratura superiore.

Riva destra

Coste della Sesia DOC Rosato Majoli 2021 – Tenute Sella
100% nebbiolo
Delicato nel colore buccia di pesca con riflessi oro antico. Garbato il ventaglio di profumi che sembra non avere mai termine: esordisce con molta dolcezza (gomma da masticare) per aprirsi ad altri sentori quali la cipria e il terroso. Entra morbido e setoso al palato con una freschezza delicatamente citrina e una sapidità persino iodata. Si congeda su curiose sensazioni cosmetiche.

Coste della Sesia DOC Nebbiolo Severina 2018 (Campione da vasca) – Pietro Cassina
100% nebbiolo
Veste rubino trasparente. Non conosce ancora la parte che deve recitare. È a dir poco giovanile e introverso, sebbene riesca a veicolare che un paio di profumi, qualche cenno di zenzero e succo di pesca. La medesima gioventù si ritrova in una bocca di audace tannicità e dal finale tuttora scomposto. Basterà un poco di pazienza per disporre ogni elemento in ordine perfetto.

Bramaterra DOC 2018 – Odilio Antoniotti
70% nebbiolo, 20% croatina, 7% vespolina, 3% uva rara
Una luce vermiglia. Sfoga pienamente la potenza minerale, tra la calce e il gesso; qua e là sbuffi fioriti e rivoli di spezie: è il Bramaterra, cesellato con esemplare nitore. La finezza del naso si rinviene ampiamente al palato, giustamente fresco, sapido e tannico. Fa i suoi passi, con rettitudine.

Lessona DOC 2017 – Massimo Clerico
100% nebbiolo
Rubino diafano con lampi purpurei. Relega l’ombra alle vie laterali e segue la direzione del sole. Fruttini di bosco, menta, ibisco. E ha questo di bello in più: mantiene le sue promesse in una bocca di tannini gentili, morbidezza e freschezza. Puntuale la progressione nel riproporre i ricordi olfattivi. Da queste parti, va detto, questo Spanna resisterà nel recesso della memoria.
P.S. Rivolgiamo uno speciale ringraziamento a Massimo Clerico per averci onorato della sua presenza.

Gattinara DOCG Riserva Vigneto San Francesco 2017 – Antoniolo
100% nebbiolo
Rubino brillante in cui si possono scorgere screziature granato. Prorompente, irresistibilmente comunicativo, è il minimo che si possa dire: vi stanziano rinfrescanti note balsamiche e vegetali, l’ematico, il timo e l’oliva nera. Possiede un sorso pieno di vigore, in cui i vettori gustativi (acidità, alcol e massa balsamica) convergono armoniosi in un finale leggiadro.

Protagonisti sono stati gli abitanti dei luoghi, le pietre, i paesaggi, gli arditi monumenti di Alessandro Antonelli. Protagonisti sono stati anche gli «squarci, spettri, specchi, trasparenze: barlumi di verità» di Mario Soldati. E si è verificato, ancora una volta, che in pochi sanno essere più spiritosi e al contempo più appassionatamente seri di Armando Castagno.