Ar.Pe.Pe. e Le Piane. Nel nome del padre
Uno speciale rapporto lega da anni due aziende e le storie della famiglia Pelizzatti Perego e di Cristoph Kuenzli. Le vive voci dei protagonisti, guidate da Sara Missaglia, hanno donato alla serata un magico carico emotivo.
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Sliding Doors è un grazioso film del 1998, protagonista Gwyneth Paltrow, la cui storia si fonda sul tema dell’imprevedibilità della vita, delle sue coincidenze e del destino che si cela dietro le porte che si aprono o chiudono davanti a noi, dando spazio alla domanda che un po’ tutti, almeno una volta, ci si è posti: «come sarebbe andata a finire, se…?».
Il ruolo che fu allora di Peter Howitt, filmmaker della pellicola, è stato assunto per una sera da Sara Missaglia che, da vera regista, ha portato in scena una trama simile, ma ante litteram, dove i protagonisti sono stati, e sono tuttora, i fratelli Pelizzatti Perego e Christoph Kuenzli.
Magari qualcosa, una moneta che cade, un piccolo braccialetto che si impiglia alla maglia di qualcuno, uno scontrino che scivola via, cambia il destino di una persona. E quella persona, per un piccolo, banalissimo gesto, non farà più le stesse cose che avrebbe fatto invece se quel gesto non si fosse verificato. E la sua vita prende un altro binario. Magari per sempre. Magari per un po' soltanto. Chissà. (Stefano Benni)
Arturo Pelizzatti Perego e Cristoph Kuenzli si conobbero alla fine degli anni ’80: produttore valtellinese vocato alla qualità il primo, importatore svizzero di vini italiani il secondo, ebbero modo di entrare in contatto per motivi professionali a una fiera di settore. Ricorda Cristoph: «durante questi anni importavo nei Grigioni grandi vini italiani, toscani, piemontesi. Purtroppo la qualità dei vini di Valtellina, da sempre bevuti in Svizzera, non era per me all’altezza. In quell’occasione, come sempre, ne degustai tanti, ma accadde una cosa imprevista: un vino valtellinese mi colpì: era il vino di Arturo».
Fu una rivelazione, per Cristoph, e probabilmente all’inizio fu tale solo per lui: «dissi ad Arturo che il suo vino mi colpì, prendemmo accordi per importarlo nei Grigioni. Ci misi dieci anni a introdurlo nel mercato svizzero, che non era pronto per un vino così».
Sì, perché Arturo Pelizzatti Perego, come ci ha ricordato la figlia Isabella, è stato un precursore del vino valtellinese. Aver seguito con dedizione il suo credo, quel “giusto tempo del nebbiolo” al quale bisogna sottostare per rispetto della nobile uva e per consentire al vino di potersi esprimere al massimo, ha permesso a lui di raggiungere vette qualitative mai toccate prima da vini valtellinesi, e ai consumatori di conoscere una dimensione fino ad allora sconosciuta – e forse neanche immaginata – della Valtellina e del nebbiolo delle Alpi, come oggi lo chiamiamo.
Fu così che Cristoph Kuenzli conobbe Arturo Pelizzatti Perego e quell’incontro di ormai più di trent’anni fa fu l’incipit di una storia mai più interrotta e che oggi, scomparso prematuramente Arturo nel 2004, prosegue con quelli che Sara Missaglia chiama gli “Arturini”, vale a dire i figli Isabella, Guido ed Emanuele, oggi solide colonne di Ar.Pe.Pe.. Un’amicizia profonda e un affetto che arrivano nitidi fino a noi attraverso le parole e i gesti di Isabella e Cristoph, presenti durante la serata, attori protagonisti di una storia fatta di porte attraversate ed esperienze vissute.
Soglia come uscio, uscio come uscire, come lasciarsi andare. Come andare incontro a ciò che succede. Le porte esistono soprattutto per essere aperte, per accogliere e lasciare entrare la luce, il vento, gli altri. Noi. (Andrea Marcolongo)
L’incontro con Arturo Pelizzatti Perego e la sua famiglia fu per Cristoph una tappa importante di «una delle tante vite» che ci ha raccontato di aver vissuto. Per rimanere nella metafora, fu una porta che si trovò davanti e che decise di attraversare.
Come decise, qualche anno dopo, di aprire un’altra porta e varcare un altro uscio: «all’inizio degli anni Novanta», ricorda Christoph, «visitai più volte l’Alto Piemonte con l’enologo e mio amico Alexander Trolf, entusiasmandomi per la sua bellezza. Conoscemmo Antonio Cerri, uno degli ultimi produttori di Boca di quegli anni».
Non fu facile scalfire la scorza di Cerri, ricorda Cristoph, tanto che il vignaiolo, ormai ottantenne, «amava ripetere che il Boca sarebbe morto con lui». La passione, l’intraprendenza e la testardaggine di Cristoph e Alexander furono probabilmente le chiavi giuste per aprire quell’ennesima porta: «Cerri, con il suo vigneto e i suoi vini vecchi, ci convinse a continuare la sua avventura» rammenta Cristoph.
Fu così che nacque Le Piane, il cui nucleo degli attuali nove ettari è proprio il vigneto che Cristoph e Alexander acquistarono da Antonio Cerri. Purtroppo, un tragico incidente nel 1998 impedì ad Alexander di vedere realizzato un progetto che oggi, a quasi venticinque anni di distanza, possiamo dire essere stato pionieristico e senz’altro decisivo nel salvare e rilanciare l’intera denominazione Boca.
Lo sviluppo e la crescita dei vini alto-piemontesi di Le Piane, così simili e al contempo così diversi da quelli valtellinesi di Ar.Pe.Pe., è stata costante, netta, aiutata e favorita dai tanti maestri a cui Cristoph rivolge un ringraziamento, primo fra tutti proprio Arturo Pelizzatti Perego, che gli insegnò «cosa fosse il nebbiolo e come invocasse un invecchiamento per potersi esprimere».
Con alcune suggestioni di Sara Missaglia, e con le sensazioni di Isabella e Cristoph, ci approcciamo alla degustazione.
Rosso di Valtellina DOC 2020 – Ar.Pe.Pe.
Sii forte che nessuno ti sconfigga, nobile che nessuno ti umili, e te stesso che nessuno ti dimentichi. (Paulo Coelho)
100% chiavennasca. Vigneto a 350/600 m s.l.m. esposto a sud-est. Vendemmia il 10 ottobre, macerazione di 69 giorni in tini di legno da 50 ettolitri, poi affinamento di 5 mesi in tini e botti, cemento e bottiglia.
Sara associa questo vino alla parola coraggio e in effetti, ad ascoltare Isabella, di coraggio in Ar.Pe.Pe. non ne è mancato: «la 2020 è stata un’annata a sorpresa, con un andamento climatico eccezionale fino a luglio, quando una grandinata compromise la produzione delle Riserve, tanto che abbiamo deciso di destinare l’intera vendemmia al Rosso di Valtellina».
Il calice riluce l’affascinante trasparenza del rubino di questo nebbiolo delle Alpi. Al naso emerge la delicatezza del varietale, un frutto croccante per nulla toccato dal legno, i piccoli frutti rossi, il lampone e la fragolina, poi la violetta e la rosa canina. L’assaggio sottolinea la splendida verticalità e un tannino integrato e piacevole, con rimandi di erbe aromatiche che slanciano la beva.
Cristoph Kuenzli dà forse la più bella definizione di questo vino, paradigmatico dell’intera gamma dell’azienda di Sondrio: «i vini di Ar.Pe.Pe. sono come il ruscello appena nato dalle Alpi, le cui acque sono tanto trasparenti da poter vedere ogni singolo sasso sul fondo».
Abbinabile a un piatto di bresaola e sciatt.
Colline Novaresi Nebbiolo DOC 2020 – Le Piane
Se non puoi essere un pino sul monte, sii una saggina nella valle, ma sii la migliore, piccola saggina sulla sponda del ruscello. Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio. Se non puoi essere un'autostrada, sii un sentiero. Se non puoi essere il sole, sii una stella. Sii sempre il meglio di ciò che sei. Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad essere. Poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita. (Martin Luther King)
95% nebbiolo, 5% vespolina. Fermentazione a temperatura controllata, affinamento in botte.
Passione è la parola che Sara associa al primo vino che degustiamo di Le Piane. «È un vino molto diverso dal precedente di Ar.Pe.Pe. eppure con vari punti di contatto» dice Cristoph, «perché Boca non è nelle Alpi, ha le montagne alle sue spalle ma aggetta sulla pianura padana». In effetti, come sottolinea Sara, questo vino ha più spessore, più stoffa, è più materico e scuro del Rosso di Valtellina. I profumi sono suadenti, eleganti, più dolci, su note di ciliegia, genziana, ginepro, tabacco e liquirizia. In bocca si sviluppa in tre dimensioni, il tannino allarga l’assaggio e lo rende più pieno e sferico.
Da abbinare a un tonno di coniglio.
Valtellina Superiore DOCG Grumello Rocca de Piro 2017 – Ar.Pe.Pe.
Studia il passato se vuoi prevedere il futuro. (Confucio)
100% chiavennasca. Vigneto a 350/500 m s.l.m. esposto a sud e vendemmiato l’11 ottobre. Macerazione di 118 giorni in tini di legno da 50 ettolitri, poi affinamento di 12 mesi in tini e botti, cemento e bottiglia.
Per rappresentare le radici profonde di questo vino Sara usa il termine storia e l’aforisma di Confucio; per descriverlo usa invece le immagini di una ballerina di danza classica e di una pallina su un piano inclinato: la ballerina rende perfettamente l’idea dell’approccio al naso, in punta di piedi, elegante, con un ensamble di profumi che fa di questo calice perfetto paradigma del concetto di Luigi Moio di “vino orchestrale”. L’immagine della pallina sul piano inclinato è invece funzionale a rendere l’idea dello sviluppo dell’assaggio: il Rocca de Piro - come la pallina - inizia piano il suo viaggio, poi acquista velocità e - al pari della sfera - la bocca si fa piena di aromi, pur mantenendo sempre una struttura «agile e fresca nel senso più alpino del termine» e un tannino di grande eleganza.
Per Sara un ottimo abbinamento con la cucina valtellinese è con un piatto di taroz e tzigoiner.
Boca DOC 2017 – Le Piane
Il volto umano non mente mai: è l’unica cartina che segna tutti i territori che abbiamo vissuto.(Luis Sepulveda)
85% nebbiolo, 15% vespolina, in parte da vigneti l’uno di 30 anni a 400-450 m s.l.m., l’altro di oltre 50 anni, una volta di proprietà di Antonio Cerri, tra 420-470 m s.l.m.. Fermentazione e macerazione in tino aperto di legno da 25 ettolitri e di acciaio da 20 ettolitri. Tre anni in botti di rovere di Slavonia da 20-28 ettolitri, poi un anno di bottiglia.
Sara ci mostra le foto satellitari dell’area del Santuario di Boca nel 1955, 1970, 1994 e 2012 e si sofferma sul concetto di territorio e su come, specie qui, la terra, una volta vocata alla vigna, sia stata abbandonata nel corso del secondo dopoguerra e così riconquistata dalla natura che ne ha occupato gli spazi con ampi boschi. In questo contesto è (ri)nato il vino di Boca, anche e soprattutto grazie a Cristoph Kuenzli.
Al calice questo vino è splendido, il colore è presagio di un naso cesellato sul frutto scuro, pieno e rotondo, e di una beva glicerica e tridimensionale. La vespolina amplia lo spettro olfattivo-gustativo, donando al vino una innegabile quanto intrigante componente speziata. Giocato su un sottofondo balsamico, è un vino ancora vivissimo, e nonostante ciò l’assaggio è pieno, profondo e lungo, fine.
È un vino che chiede un accompagnamento culinario: Sara lo immagina con un piatto di ravioli del plin al tartufo e beccaccia allo spiedo.
Valtellina Superiore DOCG Grumello Riserva Buon Consiglio 2013 – Ar.Pe.Pe.
Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (George Orwell)
100% chiavennasca. Vigneto a 350/400 m s.l.m. esposto a sud e vendemmiato il 26 ottobre. Macerazione di 83 giorni in tini di legno da 50 ettolitri, poi affinamento di 39 mesi in tini e botti, acciaio e bottiglia.
Verità è la parola chiave che Sara sceglie per introdurre la Riserva Buon Consiglio, e l’immagine della verticalità del territorio dà l’esatta dimensione della realtà in cui operano i fratelli Pelizzatti Perego.
Il vino che forse più di ogni altro rappresenta l’essenza di Ar.Pe.Pe. è discreto, «come è il suo stile», elegante, con un naso che si fa più balsamico e speziato del Rocca de Piro, con profumi di nocciola, chiodi di garofano, ginepro, alloro, prugna e mora di rovo. Il frutto dolce, ci dice Isabella, «esalta e sottolinea la perfetta annata che fu il 2013». In bocca è seducente, ancora integro nella sua freschezza; di struttura e stoffa che ne fanno un vino d’eccezione. È un vino, conclude Sara, che «sembra più vicino ai vini di Cristoph» e che può essere abbinato allo Storico Ribelle stagionato.
Boca DOC 2013 – Le Piane
Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita. (Confucio)
85% nebbiolo, 15% vespolina. Annata difficile, fresca con tante piogge e maturazione dell’uva solo dopo la metà di ottobre. Sul mercato dall’autunno 2019.
L’ultimo vino in degustazione è il simbolo del progetto di Cristoph Kuenzli: l’amore che ha verso l’Alto Piemonte, l’amore che traspare dai suoi occhi ogni volta che si trova in vigna e che trova la summa nel suo Boca che, invecchiando, acquista quella complessità di profumi e aromi che rende davvero onore a questo grande territorio.
Con sguardo emozionato, calice in mano, Cristoph dice che il Boca 2013 lo rende orgoglioso perché «mi rendo conto che mi sto avvicinando ai vini di Antonio Cerri, al Boca che ci fece innamorare del territorio» e che convinse lui e l’amico Alexander ad attraversare quella porta.
Degustandolo, questo Boca 2013 è esuberante, il naso è ricco, profondo e scuro, con una piacevole componente agrumata che si sposa al sandalo, all’incenso, alla radice di genziana e al tarassaco, L’agrume, le erbe aromatiche e le note balsamiche proseguono anche in bocca, con un assaggio fresco, di gran corpo e apprezzabile lunghezza. Pare addirittura più giovane del Boca 2017 e ha ancora tanta, tanta strada davanti a sé.
Sara ne immagina un abbinamento con l’ossolano Bettelmatt.
Arturo Pelizzatti Perego e Cristoph Kuenzli, due uomini che, incontrandosi, hanno scelto di attraversare le soglie poste loro davanti dal destino, contribuendo l’uno a scrivere la storia dell’altro percorrendo un tratto di strada insieme. A oltre trent’anni dal primo incontro, l’amicizia che lega Cristoph ai fratelli Pelizzatti Perego è ancora tangibile e concreto, e testimonia più di mille parole il valore intrinseco di Le Piane e Ar.Pe.Pe., due aziende che oggi sono indiscussi punti di riferimento di Boca e Valtellina.