Arnaldo Caprai: l’eccellenza è un mestiere

Racconti dalle delegazioni
19 febbraio 2024

Arnaldo Caprai: l’eccellenza è un mestiere

Per essere i “primi” non basta avere un terroir vocato e una materia prima eccellente: è necessario sperimentare e rimettersi in gioco. E’ quello che ci hanno raccontato Marco Caprai e il Prof. Leonardo Valenti, guidati dalla sommelier Paola Marcone, durante un incontro di grande approfondimento organizzato da AIS Milano.

Sara Missaglia

È il 1971, l’anno della svolta, quando Arnaldo Caprai, imprenditore nel settore tessile, acquista 42 ettari di vigneti a Montefalco. Sente il richiamo della terra, il suo sogno è la conduzione di un’azienda agricola per la produzione di vino. È il profumo di quelle uve che spinge Arnaldo a fare del suo sogno una realtà. Marco, suo figlio, arriva in azienda nel 1986: il momento non sembra essere favorevole per il vino italiano, dopo lo scandalo del metanolo e un Vinitaly ai minimi termini.

In un contesto complicato e ostile Marco legge l’opportunità di un percorso diverso: mai si sarebbe accontentato di essere “figlio di” e di fare “perché si è sempre fatto così”. Decide di scrivere una pagina di storia nuova, per l’azienda di famiglia, per il Sagrantino, per il suo territorio: ha una visione straordinariamente manageriale della sua impresa. Chiede, cerca, non si ferma e individua percorsi di confronto e di supporto che lo portano ben oltre la sua regione.

È in quegli anni che prende via la collaborazione con il Professor Leonardo Valenti dell’Università degli Studi di Milano e con istituti di ricerca in campo agronomico ed enologico. Non basta saper fare: bisogna continuare a studiare. Marco investe in un’attività di ricerca che, nella sostanza, non si è mai fermata. Motore e carburante del cambiamento, il desiderio di sperimentazione e comprensione è senza fine: sono ricerche, progetti, studi dal campo ai laboratori, dialoghi che portano l’azienda a realizzare vini apprezzati in tutto il mondo facendo da volano a un areale che risultava all’epoca poco conosciuto. Marco lo ha fatto con l’orgoglio di appartenere alla terra in cui è nato, l’Umbria.

La collaborazione con il Prof. Leonardo Valenti

L’arrivo del Professor Valenti segna un nuovo percorso. Paola Marcone chiede la sua testimonianza. All’insegna del camminare nelle vigne, Marco e Leonardo cominciarono la loro ricerca focalizzandosi sulla biodiversità del sagrantino, che necessitava di una qualificazione diversa a partire da una selezione massale e poi clonale, e di una revisione dei sistemi di impianto e di allevamento. Tutto ebbe inizio con soli 3 ettari di vigneto.

L’Università di Milano realizzò una mappa del percorso delle vigne antiche facendo venire alla luce un vero e proprio patrimonio ampelografico grazie alla presenza di piante che hanno più di 200 anni. Con il Professor Valenti Marco Caprai è riuscito a mappare i vigneti realizzando una sorta di banca del sagrantino, un tesoro che oggi racconta la storia del vitigno a partire dagli anni ’80 del Novecento.

I progetti

Si è partiti dal vitigno, cercando di mettere a fuoco le sue caratteristiche distintive: in primis la sua straordinaria tannicità, con l’avvio delle prime analisi dei polifenoli nei mosti. Nello spettro della variabilità dei diversi vitigni italiani, il sagrantino, dal punto di vista polifenolico, risultava essere superiore a tutti gli altri. Difficile quindi trovare il giusto punto di equilibrio tra intensità colorante, intensità olfattiva, struttura, componenti olfattive e gli aspetti fenolici. Marco racconta che gli stessi Professori Fulvio Mattivi e Giorgio Nicolini dell’Università di San Michele all’Adige rimasero all’epoca profondamente sorpresi dalla ricchezza polifenolica del sagrantino. Gli studi dell’Università di Milano si concentrarono sulla zonazione polifenolica, realizzando anche tecniche di innovazione degli impianti colturali. Infine, le ricerche si indirizzarono verso la riproduzione della biodiversità e la mappatura della variabilità genetica.

Oggi ne parliamo con maggiore consapevolezza, ma alla fine degli anni ‘90 non era così diffusa. Venne realizzato il primo vigneto da piante riprodotte in autofecondazione con l’obiettivo di raggiungere un miglioramento genetico. Sono stati realizzati impianti ad alta densità, dove l’elevato numero di ceppi per ettaro consente di allevare le viti senza l’utilizzo di strutture permanenti come fili o pali, dal momento che le piante si sorreggono l’una con l’altra. Nel 2003 i primi tre cloni realizzati sono stati iscritti nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite.

Il Montefalco di Arnaldo Caprai

Il Montefalco Sagrantino di Caprai diventa, nelle diverse declinazioni aziendali, un vino premium, annoverato tra i fine wines, le produzioni con il più alto tasso reputazionale. Con la collaborazione del Professor Valenti Marco Caprai ha studiato il territorio di Montefalco e le sue uve, colmando il gap di conoscenza sia dal punto di vista della vinificazione sia da quello dell’affinamento. Non bastava saper fare, bisognava avere la consapevolezza delle potenzialità del territorio e la volontà di amplificarle. I comportamenti agiti e le sfide hanno toccato più fronti: da quello agronomico a quello produttivo, da quello legislativo a quello legato alla sostenibilità.

Paola ci guida nella comprensione del vitigno: il Montefalco Sagrantino DOCG si presenta con due tipologie, secco e passito, che prevedono l’impiego di uve sagrantino in purezza. Gli areali sono relativi al comune di Montefalco e parte dei comuni di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria, tutti in provincia di Perugia. I terreni individuano quattro differenti sottozone: conglomerati fluviali-lacustri, argille e sabbie lacustri, componenti alluvionali prevalentemente sabbio-ciottolose e marne. La fascia altimetrica di coltivazione va dai 220 ai 472 metri s.l.m.. Il disciplinare DOCG, che è nato dalle ceneri della DOC Sagrantino di Montefalco del 1979 (che contemplava l’impiego di sagrantino in concorrenza con il trebbiano toscano nei vigneti fino a un massimo del 5%) prevede un invecchiamento di almeno 33 mesi di cui, per la tipologia secco, almeno 12 mesi in botte di rovere di qualsiasi dimensione. Per tutte le tipologie è previsto un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia di almeno 4 mesi. 

L’azienda gestisce oggi 160 ettari di vigneto: in degustazione, per questa serata, sono state selezionate tre interpretazioni del Sagrantino di Montefalco 2020, messe a confronto con l’annata 2015, anno in cui l’azienda ha avviato la collaborazione con Michel Rolland, winemaker di fama internazionale: un lustro che ha un significato importante e che ha visto nascere vini ripensati in virtù anche del surriscaldamento globale e del cambiamento dei gusti nel consumatore. Obiettivi: un maggiore alleggerimento della beva, uno stile meno opulento, stilisticamente più leggiadro, per un sorso più contemporaneo, con una corretta gestione della carica cromatica e del contenuto di polifenoli che contraddistinguono il vitigno.

Arnaldo Caprai e il terroir sociale

Prima dei successi di mercato, Marco Caprai ha voluto un vino che fosse fortemente rappresentativo del territorio, in equilibrio con suolo, clima e vitigno, ma anche con le persone e i membri di una comunità che ha descritto come una famiglia allargata. L’attenzione alla comunità si traduce anche in un percorso di formazione dedicato: nel 2013 è nata la Its Umbria Academy, una formazione superiore in Agricoltura Sostenibile e Smart Farming, con 250 studenti coinvolti, 8000 ore di training on the job e un rate pari al 95% di occupazione post diploma: un successo di cui Marco va profondamente fiero. Nel 2016 è stata avviata una collaborazione con alcuni enti del Terzo Settore: in azienda il 15% dei lavoratori ha uno status di rifugiato, con 40 ore di formazione minima individuale. Nel 2022 è stato inoltre istituito il premio UNHCR “We welcome. Working for refugee integration”. L’azienda si è inoltre dotata di un bilancio di sostenibilità e di un codice etico, e del progetto Agriclim Technology: si è fatta promotrice, come capofila dell’Associazione Grandi Cru di Montefalco, del New Green Revolution, il primo protocollo di sostenibilità italiano del settore vitivinicolo, validato nel 2013 da CSQA, Certificazione Sicurezza Qualità Agroalimentare: si tratta di un decalogo di valori, studiato e progettato per il territorio di Montefalco, cui aderire per certificare la sostenibilità del settore vitivinicolo.

Il metodo di vinificazione di Michel Rolland

Michel Rolland (noto come flying wine maker), è l’enologo che ha cambiato, secondo la presentazione di Marco Caprai, il mestiere e ha mutato l’interpretazione dei vini di Caprai. È colui che ha creato la “vinificazione integrale” delle uve rosse, che si svolge direttamente in barrique. L’uva viene lasciata cadere nella barrique aperta, con la formazione di strati di acini, che viene poi chiusa e posta in posizione orizzontale in una stanza refrigerata dove avviene un processo di pre-macerazione al termine del quale la temperatura viene portata a 25 °C e avviene la fermentazione alcolica. La barrique viene fatta ruotare periodicamente in modo che la parte solida si immerga nella parte liquida, creando un rimontaggio quasi naturale, senza stress per le uve. Al termine la barrique viene nuovamente riposizionata in verticale e viene effettuata la svinatura con la separazione delle bucce; si prosegue così con l’affinamento tradizionale in barrique. Mediamente da due barrique riempite in modo integrale se ne ricava solo una di vino.

La Degustazione

Si è trattato di tre mini-verticali con le annate 2020 e 2015 del Montefalco Sagrantino DOCG Collepiano, del Montefalco Sagrantino DOCG Valdimaggio e del Montefalco Sagrantino DOCG 25 Anni. Le tre annate 2020 sono un’anteprima non ancora in commercio e dichiarano, sin dalle primissime battute, tutta la loro energia.

Montefalco Sagrantino DOCG Collepiano 2015
Il Collepiano ha una capacità di accumulo di zuccheri e di acidità superiore alla media, così come la concentrazione cromatica. Al naso si presenta come un infuso di frutti rossi in macerazione alcolica. È l’estratto che c’è nel calice a sorprendere, figlio di un acino ricco di materia. Note boisé e ricordi di incenso, rabarbaro e china. La beva è piacevolmente densa e intensa, dalla caratura importante e dalla persistenza infinita.
 
Montefalco Sagrantino DOCG Valdimaggio 2015
Al naso maggiori sensazioni appartenenti al balsamico, resinose, con ricordi di scatola da sigaro. Un grande spettro aromatico, con sbuffi mentolati legati anche al legno parzialmente nuovo. I rimandi al sottobosco conferiscono al calice una rara spinta di freschezza, per un sorso vellutato, di ampio volume, opulenza e complessità. Tannini setosi, amplificati da una precisione aromatica, con un finale setoso e vellutato al palato. Freschezza che lascia intravvedere un avvenire decisamente prolungato.
 
Montefalco Sagrantino DOCG 25 Anni 2015
Il 25 Anni è un clone superiore dal punto di vista qualitativo: presenta un’alta capacità di accumulo di zuccheri, polifenoli e antociani. Al naso ha una elegante avvolgenza da sbuffi resinosi, polvere di caffè, grafite e note di canfora. Tutto legno nuovo: la botte vergine ha il vantaggio, spiega Marco Caprai, di non avere contaminazioni da vini precedenti. Lo scambio tra il tannino dolce del vino e il tannino amaro del legno crea un’alchimia preziosa che regala al palato una piacevole sensazione di morbidezza, a cui non manca lo slancio fresco. Bevibilità eccellente, su cui non impatta il 16% vol. di alcol, grazie a una perfetta integrazione della componente alcolica.
 
Montefalco Sagrantino DOCG Collepiano 2020
Massa colorante e struttura che non accettano né costruzioni né compromessi. Un infuso di fiori e di erbe officinali, china, cacao, pepe, radice di liquirizia, su un elegante sfondo agrumato di arancia sanguinella. Tannino fine e ben integrato, finale su uno sfondo di pellame di grande personalità.
 
Montefalco Sagrantino DOCG Valdimaggio 2020
Una marcata nota balsamica con ricordi di mirtilli e more sotto spirito, seguita da spezie e da note di eucalipto, macis e anice stellato che via via si fanno più evidenti. Il sorso è piacevolmente caldo e generoso, lunghissimo.
 
Montefalco Sagrantino DOCG 25 Anni 2020
Beva che arriva leggera, agile, con intriganti ricordi di polvere di caffè e una nota finale amaricante. Amarena, prugna, note di rosa canina e sbuffi di tabacco e cacao. Un tannino ricamato già completamente integrato, con un sorso che ha un effetto tridimensionale, liberato da una struttura perfettamente calibrata.
 

«Abbiamo visto il bambino e l’adolescente», commenta Marco Caprai, con la fierezza di aver condiviso una degustazione esemplare. «I fine wine resteranno sempre perché non sono i vini di tutti i giorni: se continueremo a lavorare bene, per questi vini ci sarà sempre spazio, anche in un momento storico in cui il consumo di vini rossi sta calando».

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