Arneis, il “nebbiolo bianco”
Per la rassegna “Piemonte in bianco”, Francesco Ferrari racconta l’Arneis, icona di un vino fuori dai canoni, rappresentante supremo della «rive gauche» del Tanaro.
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Grande terra di rossi, il Piemonte è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo per il Barolo e per tutti gli altri grandissimi vini ricavati dal nobile nebbiolo, per le sue eclettiche Barbere dalle mille sfaccettature, per l’austero Grignolino e per il Dolcetto ricco di storia e di potenzialità. Ma il Piemonte non è solo rosso: i vitigni a bacca bianca coprono circa 1/3 del vigneto piemontese e sono fortemente territoriali.
Francesco Ferrari, sommelier e Degustatore AIS, autoctono piemontese e grande amante di questo splendido territorio, presenta l’arneis (con la “s” sonora - contrariamente alla pronuncia a cui siamo solitamente abituati), dopo aver già approfondito altri vitigni a bacca bianca della regione come il timorasso, il cortese e l’erbaluce nella rassegna Piemonte in bianco.
Coltivato e conosciuto fin dal 1400 nel Roero, se ne ha traccia fin dal 1478 quando viene menzionato nel testamento di Domenico Roero come toponimo (vinea ad Reneysium). Lo stesso toponimo è attestato nel 1528 come «vinea muscatelli et renexii» e nel 1572 come località «ad Reneysium», anche se, secondo la vulgata, rimanda al concetto del «et sai ‘n bel arneis» perché difficile da coltivare.
Gli anni però passano e questo vitigno vive secoli di oblio, tanto che bisognerà aspettare il 1965 per la sua prima definizione ufficiale: «vitigno tipicamente cuneese, l’attuale coltivazione dell’arneis si estende sulla sinistra del Tanaro, negli ex circondarii di Canale-Alba e interessa soprattutto la cosiddetta zona dei Roeri: Santo Stefano Roero, Monteu Roero, Montaldo Roero, Baldossero, spingendosi fino a Corneliano, Monticelli e Piobesi d’Alba» (G. Dell'Olio e R. Macaluso in Principali vitigni da vino coltivati in Italia). Ma è solo con gli anni ’70 del secolo scorso che avviene la sua riscoperta, grazie a un territorio che ha creduto fortemente nel vitigno e all’azione di alcuni produttori lungimiranti come Giovanni Negro, Bruno Giacosa, Mario Soldati e Italo Stupino.
Oggi l’arneis non è più «introvabile» come diceva Mario Soldati - se ne producono oltre 7 milioni e mezzo di bottiglie l’anno -, ma è ancora “prezioso” se si riesce a domare il suo animo “birichino” e la sua cultivar “scapigliata”.
Questo bianco autoctono piemontese è diffuso solo nella sua zona di origine - il Piemonte meridionale -, e si è adattato splendidamente nel Roero, su terreni più giovani rispetto alle Langhe, con alte percentuali di sabbia che favoriscono lo sviluppo di una maggiore acidità, e importante presenza di boschi. Le colline sono ripide (per la forte erosione) e in alcuni settori addirittura non coltivabili. Inoltre, la zona è semiarida, con pochi millimetri di pioggia l’anno. Si tratta di una varietà precoce sia per germogliamento (prima settimana di aprile) sia per vendemmia (entro metà settembre), con un grappolo medio-piccolo e compatto, acini piccoli e buccia di medio-spessore, ma un carattere vigoroso.
In degustazione ci aspettiamo vini bianchi freschi con una tonalità giallo-verde, profumati, di grande sapidità nelle zone di elezione e di moderata freschezza. Il corredo aromatico comprende il floreale, importante, spesso di acacia, zagara, fiori d’arancio, rosa, violetta, geranio; il fruttato con agrumi, cedro e limone canditi, sentori di mela, pera, albicocca e pesca; la frutta secca come nocciola, noce e mandorla.
La degustazione
Francesco Ferrari ha scelto 6 vini realizzati con il nebbiolo bianco in purezza e 1 erbaluce 100%: i primi 6 mostrano il volto di questo bianco di classe e l’ultimo racconta un vitigno intrigante, difficile da paragonare ad altri bianchi autoctoni. 7 vini in totale che in ogni calice svelano l’anima elegante delle colline del Roero.
Nato su terreni sabbiosi con vene argillose e calcaree (60% sabbia, 25% argilla e 15% limo), questo vino affina per 7 mesi al 95% in acciaio e 5% in barrique di rovere francese non tostata. Fiori e frutta sono evidenti: l’acacia è protagonista e sullo sfondo si ritrova la frutta gialla come l’albicocca. Il sorso riempie la bocca, con una nota di mandorla fresca e una chiusura sapida e leggermente agrumata.
Questo vino esemplifica perfettamente l’approccio enologico rigoroso dell’azienda che valorizza con misura e consapevolezza tutte le massime qualità del comprensorio: intensità, eleganza e sapidità. L’Arneis di Malvirà è un vino fresco e delicato, espressione giovane e immediata delle colline del Roero, in cui si sentono aromi floreali di fiori di campo e fruttati di agrumi. Il sorso è equilibrato e rinfrescante e il vino ha grande sapidità e buona persistenza.