Aube: l’identità di un dipartimento sorprendente

Racconti dalle delegazioni
04 dicembre 2023

Aube: l’identità di un dipartimento sorprendente

Il dipartimento dell’Aube ha oramai assunto un ruolo di rilievo, per qualità dei suoi vini e peculiarità del territorio. Conosciamolo meglio assieme a sei interpreti, raccontati da Artur Vaso.

Daniela Recalcati

Per molto tempo le grandi Maison del Nord hanno considerato l’Aube alla stregua di una vasta “periferia” di mosti, ottenuti da uve pinot noir acquistate a prezzi vantaggiosi. Eppure, proprio l’Aube, e in particolare la Côte des Bar, può considerarsi la culla della Champagne. Infatti, nel XIII secolo, Hugo de Blois, Comte de Champagne, al ritorno dalla Terra Santa, importò da Cipro un ceppo di chardonnay e lo trapiantò proprio nella Côte des Bar. Furono, però, i commercianti della Marna a intuire, per primi, la potenzialità del vitigno e se ne impossessarono, impedendo, per più di sei secoli, alla regione di origine di utilizzare la denominazione Champagne.

Nell’Aube la tradizione vitivinicola ha circa duemila anni di storia. I Romani furono i primi a piantare vigne nella cittadina di Urville e, nel 1115, il monaco cistercense Bernard de Fontaine fondò l’Abbazia di Clairvaux, nella Val d’Absinthe, a sud-est di Bar-sur-Aube, dove veniva prodotto un vino che acquistò grande notorietà con il nome di “Vin de France” o “Vin de Bar”. Solo, però, all’inizio del XX secolo, e precisamente il 22 luglio 1927, a seguito di agguerriti scontri e sostenute proteste da parte dei vigneron dell’Aube, venne firmata una legge che reintegrava tutti i distretti dell’Aube nella regione della Champagne. Nonostante ciò, i négociant di Epernay e di Reims continuarono a sfruttare i vigneti dell’Aube per comprare il pinot noir, che nel frattempo aveva sostituito lo chardonnay, a un prezzo vantaggioso. Solo dalla seconda metà del secolo scorso qualche vigneron inizia a produrre in maniera autonoma ma, ancora oggi, i viticoltori sono, in buona parte, dei conferitori.

Artur VasoSotto il profilo amministrativo, l’Aube è un dipartimento della regione Grand Est, insieme ad Alsazia, Lorena e Champagne-Ardenne, incastonato tra la Marna a nord e Chablis a sud. La regione più importante, dal punto di vista vitivinicolo, è la Côte des Bar, che si trova a sud-est della città di Troyes, ricca d’arte, di storia e dotata di un notevole patrimonio architettonico. Il paesaggio è diverso da quello della Champagne classica, molto più densamente piantumata: qui i vigneti sono intervallati da foreste, fattorie e ruscelli e, i proprietari, per la maggior parte, non sono viticoltori a tempo pieno.

Gli ettari vitati sono circa 7900 (83,9% a pinot noir, 3,17% a meunier e 11,64% a chardonnay). Oltre ai 3 vitigni tradizionali sono autorizzati anche pinot blanc, fromentau, arbanne e petit meslier. Ci sono 64 cru, ma nessuno di questi è classificato Prémier o Grand Cru, pur essendo, questa, la più vasta regione viticola della Champagne. La Côte des Bar è divisa in due settori distanti fra loro circa 100 km. A nord abbiamo il Bar sur Aubois con capitale la cittadina di Bar-sur Aube; è il meno vitato (2422 ha), a favore di una maggiore produzione cerealicola. A sud abbiamo, invece, Barséquanais, la cui capitale è Bar-sur-Seine e comprende 5480 ha vitati. Oltre alla Côte des Bar, l’Aube viticola include anche la sottozona di Montgueux (208,2 ha) e Villenauxe-la-Grande (101 ha), zone marginali da un punto di vista strettamente numerico, rappresentando meno del 4% dell’intera produzione auboise, ma dove il vitigno più coltivato è lo chardonnay, che ben si adatta ai terreni prevalentemente gessosi di queste zone.

Les Riceys, con i suoi 866 ha, è il comune più vitato di tutta la Champagne, situato a sud, al confine con il dipartimento della Côte d’Or. Qui predomina il pinot noir, favorito dai suoli kimmeridgiani con elementi gessosi e calcarei e dai ripidi pendii drenanti. La sua fama è molto antica ed è stato dichiarato patrimonio mondiale dell’Unesco. Sono contemplate tre AOC: Champagne, Côteau Champenois e Rosé des Riceys, quest’ultima famosa per il suo vino rosato fermo, da uve 100% pinot noir, unico vino a denominazione d’origine comunale dell’intera regione.

Il clima è essenzialmente continentale, con temperature annuali mediamente più miti di quelle della Marna e con influssi oceanici che provocano sbalzi termici stagionali contenuti; la piovosità è costante e moderata; l’irraggiamento solare è, in media, di 1771 ore/anno, più alto rispetto a quello di Reims e di Épernay, ma le gelate primaverili possono essere devastanti.

I versanti sono sufficientemente ripidi e ondulati, con pendenza media del 12% e punte fino al 59% consentendo, quindi, un buon irraggiamento e favorendo il deflusso dell’acqua in eccesso. L’esposizione, per la maggior parte, è sud, sud-est ed est. La quota altimetrica delle colline oscilla tra 180 e 250 m s.l.m. ed è superiore a quella del resto della Champagne.

Il sistema di allevamento più diffuso è il Guyot semplice, ma la potatura delle vecchie viti di pinot noir è spesso a Cordon de Royat. La densità degli impianti varia dagli 8000 ai 10000 ceppi/ha.

I terreni sono argilloso-calcarei, ricchi di fossili marini e minuscole conchiglie, cementati in una poltiglia di color avorio detta griotte che regala agli champagne locali un’apertura aromatica bianca, un’acidità croccante e una piacevole verve salina.

Nonostante la matrice pedologica sia pressoché identica a quella di Chablis, nella Côte des Bar si coltiva principalmente pinot noir e non chardonnay. Ciò accade per diverse ragioni:

  • la prima è di natura agronomica, avendo lo chardonnay un germogliamento più precoce che lo sottopone al frequente rischio delle gelate primaverili;
  • la seconda ha motivazioni storiche e commerciali legate all’esigenza dei produttori “nordisti” di avere un enorme bacino di uve rosse a buon mercato;
  • infine, il clima relativamente più caldo dell’Aube favorisce la perfetta maturazione del pinot noir.

La degustazione

I primi quattro champagne sono stati serviti alla cieca e a coppia, per cercare di individuare l’annata, l’eventuale percentuale di chardonnay presente, il tempo di permanenza sui lieviti e l’utilizzo del legno in vinificazione.

Primo vino
Colore giallo paglierino molto tenue. Il naso è profumato, delicato ed esprime note di frutta bianca. La bocca è equilibrata, l’acidità è croccante e accompagnata da una piacevole nota salina. L’effervescenza è vivace, cremosa e pungente al tempo stesso.
 
Secondo vino
Colore giallo paglierino con riflessi ramati. Al naso si apprezzano note di borotalco, di piccoli frutti rossi e di melagrana. La bocca è agrumata, con un’acidità citrica molto spinta, una nota amaricante che ricorda il mallo di noce o l’albedo, e sembra un po’ meno equilibrato rispetto al precedente.
 

Riflettendo sull’esame visivo, il primo vino potrebbe contenere una percentuale di chardonnay, oppure essere più giovane, o essere stato vinificato solo in acciaio. Anche l’esame olfattivo fa pensare a un vino giovane. Se, invece, ci spostiamo sul secondo si può pensare a una vinificazione in legno e a una permanenza più lunga sui lieviti.

Terzo vino
Il naso racconta sentori più ammandorlati, di frutta rossa e a guscio, con note leggermente boisée e di spezia dolce. La bocca è arzilla e vivace, senza l’irruenza del secondo vino.
 
Quarto vino
All’esame olfattivo il vino è meno pulito e appare più vegetale rispetto al precedente, con note di corteccia, terriccio e radice. La bocca è precisa, gustosa e omogenea, dotata di verve salina e di un’acidità mielata. L’effervescenza è cremosa e piacevole.
 

L’esame olfattivo e gustativo del terzo calice potrebbe far pensare a una maggiore permanenza sui lieviti e a una vinificazione in legno. Il naso, così aggraziato, potrebbe far pensare alla presenza di chardonnay. Il quarto vino, al gusto molto piacevole, potrebbe rivelare una permanenza sui lieviti più lunga rispetto a quella di tutti gli altri vini; la morbidezza ci fa propendere verso una consistente presenza di chardonnay. Di contro, però, il naso è più rude e meno aggraziato di quello del terzo vino.

Alla fine, scopriamo l’ordine di servizio dei vini

Champagne Brut Réserve – Michel Furdyna
pinot noir 100%, fermentazione in acciaio, affinamento di 30 mesi sui lieviti, sboccatura 30/11/22.

Azienda familiare fondata nel 1974, proprietaria di 9 ha i cui vigneti si trovano in sei villaggi della Côte des Bar, per un totale di 32 parcelle. Produzione annua: 80000 bottiglie.

Champagne Blanc de Noirs Brut Nature – Pehu-Guiardel
pinot noir 100%, fermentazione in acciaio, malolattica spontanea, affinamento di 48 mesi sui lieviti, sboccatura 27/4/23.

Piccola Maison di Récoltant Manipulant del 1890, 5,5 ha concentrati principalmente a Les Riceys (due vigneti nella Montagne de Reims). Conduzione biologica del vigneto. Suoli calcarei di origine kimmeridgiana con elementi gessosi. Produzione annua: 10000 bottiglie.

Champagne Brut Nature Le Fleur de l’Europe 2015 – Fleury
pinot noir 85%, chardonnay 15%, assemblage: 2015 (58%) e vin de réserve (42%), vinificazione e malolattica svolte in legno, affinamento di 64 mesi sui lieviti, tiraggio: luglio 2017, sboccatura: 4/2023.

Azienda del 1895 (convertita alla biodinamica nel 1989), di 15 ha, sita a Courteron. Suoli argilloso-calcarei. Produzione annua: 25000 bottiglie.

Champagne Grande Sendrée 2012 – Drappier
pinot noir 55%, chardonnay 45%. Prodotto solo nelle grandi annate, da vigne molto vecchie: fermentazione per due settimane a bassa temperatura, malolattica svolta, il 32% del vino affina in botti di rovere per 9 mesi, segue assemblaggio e riposo sui lieviti per dieci anni, sboccatura 2023, dosaggio: 4 g/L.

Azienda con una storia di 200 anni, sita a Urville, che comprende 53 ha di proprietà e 40 ha da conferitori. Produce champagne su un’ampia gamma di formati, dai 20 cL ai 30 L.

…e ora gli ultimi due vini!

Champagne Brut Rosé de Macération – Pascal Walczak
pinot noir 100%, vigne di 50 anni, diraspatura 100%, macerazione semi-carbonica per 24-48 ore, millesimo 2020 non rivendicato, affinamento di 36 mesi sui lieviti, sboccatura 10/22.

Piccola azienda del 1973, di 10 ha, situata nel comune di Les Riceys. Colore rosato carico e brillante. Il naso, molto piacevole, è un concentrato di frutta, con note di piccoli frutti rossi e melagrana. La bocca, dotata di struttura e di una parte tannica abbastanza rilevante, esprime note fruttate di ciliegia e fragolina, e floreali di violetta.

Coteaux Champenois AOC En Chanzeux 2019 – Devaux & Chapoutier
pinot noir 100%, parcella di vigne vecchie nel terroir di Les Riceys, affinamento in legno per circa 18 mesi, prodotto in edizione limitata.

Azienda fondata nel 1846, con sede in un maniero del XVII secolo a Bar-sur-Seine. Nel 2010 Chapoutier, assieme alla Maison Devaux, ha iniziato a produrre vini della linea Sténopé, spumanti e bianchi fermi. Il naso esprime note fruttate di piccoli frutti rossi, floreali di viola e di rosa, e speziate. La bocca presenta una bella freschezza e un tannino morbido.

Durante questa interessante serata abbiamo capito che i vini dell’Aube non sono più, dunque, vini di seconda classe. Dal 2000 la superficie vitata è cresciuta del 20% e sicuramente non ha ancora espresso tutto il suo potenziale. È la regione più calda in tutti i sensi: non solo climaticamente, ma anche per l’intraprendenza dei produttori che portano avanti una cultura enologica di sperimentazione e innovazione volta alla produzione di uno champagne artigianale, espressione vera del terroir. I suoli marnoso-calcarei di origine kimmeridgiana, ci regalano dei Pinot Noir meno austeri e rustici di quelli del nord, dotati di una freschezza opulenta e di una trama gustativa croccante nel frutto e tattilmente rotonda.