Benvenuti al Sud! Viaggio enoico nel Mezzogiorno d’Italia
Intriso di storia passata e recente, il nostro sud d'Italia ci racconta attraverso i suoi vini e la sua gente quanto ricco è il nostro patrimonio culturale ed enogastronomico. Sergio Libanore ce ne ha dato una visione chiara e coinvolgente
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Seguendo il percorso del vento del sud chiamato appunto Mezzogiorno abbiamo fatto sosta in cinque regioni meridionali, andando alla scoperta dei vitigni tipici, indagando la loro origine e le loro caratteristiche e degustando di conseguenza i vini che simbolicamente racchiudono in essi tutto carattere di queste uve.
Siamo partiti dalla Campania, regione famosa per i suoi vitigni autoctoni, arrivati dalla Magna Grecia e che qui hanno trovato il loro terroir prediletto. Citiamo tra quelli a bacca rossa l'aglianico, il piedirosso, il pallagrello nero, il casavecchia, lo sciascinoso, la guarnaccia e il tintore, tra quelli a bacca bianca la falanghina, la coda di volpe, l'asprinio, il pallagrello bianco e la biancolella.
Ma è su due vitigni in particolare che ci siamo soffermati, emblemi di questa regione: il fiano e il greco.
Sinonimo di fiano è uva latina e diverse sono le origini di questo nome: dal comune dove trova la sua massima espressione, ovvero Lapìo in provincia di Avellino oppure da Vitis Apiana, la vite delle api poiché il suo profumo attirava, appunto, le api.
Ci troviamo in Irpinia, dove i terreni vulcanici e l'escursione termica notturna e stagionale sono fattori essenziali per donare al vino freschezza. Buccia poco pruinosa, colore dorato, buona vigoria, finezza olfattiva e vibrante acidità; è ottimo per essere spumantizzato ed è considerato il vino bianco più longevo d'Italia.
Nei quattro comuni d' elezione assume determinate caratteristiche: a Summonte lo troviamo opulento, a Montefredane minerale, a San Michele delicato e a Lapìo trova, infine, il suo giusto equilibrio.
Fiano di Avellino DOCG Brancato 2016 - Tenuta Cavalier Pepe
Da terreni vulcanico-argillosi, con un affinamento in legno e acciaio. Colore giallo paglierino classico, dai variegati profumi di mughetto, biancospino, camomilla, con aggiunta di frutta a polpa gialla e candita. Roteando il bicchiere emerge anche una leggera affumicatura. Al palato subito godiamo della sua acidità e di conseguenza della sua persistenza. L' abbinamento gastronomico che lo esalta è la mozzarella di bufala, ottimo anche con fusilli alla vesuviana.
Il greco è un vitigno difficile da vinificare perché ossida rapidamente. Quest’uva, il cui nome non ha sinonimi, trova la sua zona di elezione a Tufo, comune caratterizzato da terreno lavico e ricco di sorgenti di zolfo, elementi che ritroveremo poi nel bicchiere. La buccia dell’uva è pruinosa e puntinata. È un vitigno con buona vigoria, grande struttura, sapidità e potenza. Quasi un rosso vestito da bianco!
Greco di Tufo DOCG Grancare 2016 - Tenuta Cavalier Pepe.
Affinamento in legno e acciaio. Riflessi dorati su una base paglierina base; al naso sentori di pesca gialla e percoca, poi agrume. Sferzata finale di erbe aromatiche. All' assaggio ritroviamo tutto, con l’aggiunta di una salinità disarmante da abbinare con delle crudité di pesce.
Proseguiamo il percorso arrivando in Molise, per incontrare la tintilia.
Vitigno antico arrivato con i Borboni di Spagna, da cui forse deriva anche il nome. "Tinto" si traduce infatti come vino rosso dalla lingua iberica; l’origine potrebbe tuttavia anche derivare dalla traduzione dialettale di "tenta" ossia "che macchia". La tintilia è, infatti, un’uva molto ricca di antociani.
Nell' 800 erano circa 60 gli ettari vitati. Anticamente molto diffusa, venne successivamente abbandonata per via della sua scarsa produttività. Oggi questo vitigno è stato abbondantemente rivalutato e riscoperto, divenendo di fatto l’uva e conseguentemente il vino simbolo della regione.
È resistente al freddo e dal contenuto zuccherino elevato. Presenta una bella persistenza, aromi complessi e tannini importanti.
Tintilia del Molise DOC 2016 – Di Majo Norante
Agricoltura biologica, tre mesi di affinamento in legno.
Il suo colore è rubino con riflessi granati: Il versante olfattivo è ricco di profumi fruttati su cui emergono ribes nero e mirto. Segue una componente speziata di pepe e chiodo di garofano, poi tabacco e liquirizia di sottofondo. Pulizia estrema all’assaggio, il legno e il tannino sono proporzionati con il sostegno di una bella nota sapida. Abbinamento con agnello alla cacciatora o pezzata di Capracotta.
Eccoci in Puglia, regione anch'essa famosa per la numerosa varietà di vitigni autoctoni tra cui citiamo il susumaniello, il tuccanese, l’ottavianello, l’uva di Troia, la verdeca, il pampanuto, il minutolo, il bianco d'Alessano. Famosa la forma di allevamento chiamata alberello, introdotta dai greci in questa terra poiché permette al grappolo di restare più vicino al suolo. In questo modo la pianta sopperisce alla penuria di acqua tipica della regione e matura in modo migliore. Come esempi enoici abbiamo analizzato le due uve famosissime: negroamaro e primitivo.
Patria di origine del negroamaro sono i Balcani. Nel Salento cresce benissimo per il microclima ideale, il caldo, il mare, il terreno argilloso e profondo. Ha buccia spessa e ottima vigoria. All’olfatto spesso rivela cenni iodati e minerali. È un’uva dotata di una buona acidità e da cui quindi si possono ottenere rosati e spumanti di finissima qualità. Dalle zone sabbiose del Salento originano vini a base negroamaro meno strutturati e più sapidi, da quelle argillosi vini complessi e più ricchi di colore.
Salento IGT Negroamaro Teresa Manara 2015 – Cantele
12 mesi in barrique. Rubino dai riflessi granati, lucente e profumato di viole, prugne, rabarbaro e timo. Pulita la beva, dal tipico finale un poco amaro e iodato. Perfetto con le “bombette” pugliesi.
L' origine del primitivo è l’Ungheria, da cui gli schiavi portarono le barbatelle alla fine dell’Ottocento. Il vitigno da i massimi risultati a Gioia del Colle, dove l'escursione termica offre freschezza e tannicitá, e a Manduria, dove il ciclo vegetativo corto lo rende corposo e con una tipica nota di frutto quasi tendente al cotto.
Salento IGT Primitivo Visellio 2008 - Tenute Rubino
8 mesi di barrique. Rubino pieno, profumato di marasca e prugna che ritroviamo all’esame gusto-olfattivo. Il palato è accarezzato da un tannino piacevole e scorrevole. Si esalta con agnello al cartoccio.
Basilicata è aglianico: vitigno introdotto dai greci, ha maturazione tardiva, tanti pigmenti e tannini. Nel territorio lucano, dove il suolo è tufaceo, poroso e ricco di potassio, concentra in sé sapidità, freschezza e quelle tipiche note di violetta che lo differenziano dall’aglianico campano, più cupo e speziato.
Aglianico del Vulture DOC La Firma 2013- Cantine del Notaio
Maturazione in grotte di tufo, 12 mesi in tonneau. Tinta granata, concentrato di frutta matura al naso con finale di humus ed eucalipto, che emergono con ancora più evidenza in bocca in contrapposizione con una forte sapidità e un bel tannino. Vino forte e robusto da abbinare pecora alla pignata, detta localmente cutturidd.
Si conclude questo viaggio nella regione la cui etimologia significa “la terra del vino”, “terra fertile” ovvero la Calabria. Terra dalle potenzialità infinite, troppo spesso non sufficientemente valorizzata, ha dalla sua un ampio ventaglio di vitigni minori tra i quali citiamo il magliocco dolce, il magliocco canino, la prunesta, il castiglione, la marsigliana nera, il guardavalle, il pecorello, la guarnaccia bianca. L' uva principale è però il gaglioppo, a bacca nera, il cui significato greco di " bellissimo piede" ci ricorda la forma che assume, quella appunto di un bel piede tornito. È forse il vitigno più antico del mondo, il cui leggendario vino chiamato Krimisa era offerto agli atleti greci durante le gare. E a Cremissa, l'attuale Cirò Marina, cresceva nel suo ambiente preferito portando in dote quel suo tipico colore scarico, discreti tannini e buona persistenza aromatica.
Cirò Rosso Classico Superiore Riserva DOC Duca Sanfelice 2016 - Librandi.,
Affinamento in acciaio. Granato scarico, primo naso di ciliegia che vira subito sul rabarbaro per poi lasciare il palcoscenico a note mentolate e salmastre, di scoglio. Equilibrato in tutti i suoi elementi anche in bocca, dove notiamo quella spolverata finale di pepe che ci porta ad abbinarlo ad un pecorino crotonese.
Ma in Calabria abbiamo un altro vitigno degno di nota, a bacca bianca, e si chiama mantonico; si colloca a sud della regione nell' area di Locri. La radice del nome deriva da "profeta ", e rimanda dunque all' uso del vino a scopo divinatorio. L’uva ha una buccia di colore giallo-verde, buona vigoria, maturazione tardiva e soprattutto possiede sapidità e freschezza, grazie alle quali viene anche spumantizzato. La sua massima espressività la esprime nella versione passita
Locride IGT Mantonico Passito - Baccellieri
Fermentato in acciaio e affinato in botti di castagno. Biologico. Eccezionale color ambra brillante, dai profumi ampi e diversificati: dall' albicocca passita al miele, dai fichi ai datteri. In bocca per nulla stucchevole; al contrario, freschissimo ed estremamente sapido. Chiude con un tocco di tamarindo. Tre gli abbinamenti consigliati, con le chinulille, dolci tipici calabresi, oppure un gorgonzola naturale o semplicemente…un camino acceso.