Biondi Santi e Montalcino: qui il tempo non esiste

Racconti dalle delegazioni
06 dicembre 2022

Biondi Santi e Montalcino: qui il tempo non esiste

Non è un mistero che il settore enologico italiano sia fondato su storie di famiglia che raccontano non solo i cambiamenti della nostra società, ma anche l’evoluzione di un prodotto come il vino che, spesso, ne segue l’andamento. Ci sono però alcune realtà, come quella di Biondi Santi, che sembrano vivere in una dimensione parallela.

Giovanni Sabaini

Quella che AIS Brescia ha regalato ai suoi ospiti lo scorso 25 novembre non è stata solo una degustazione, ma un piccolo viaggio nel tempo, alla scoperta di un Brunello che è difficile paragonare a tutti gli altri vini della denominazione, men che meno con una qualsiasi altra etichetta.

Con la conduzione di Nicola Bonera e il lavoro sempre perfetto della squadra servizi, la serata è iniziata con una breve ma necessaria presentazione della storia della famiglia Biondi Santi e con un focus sui rappresentanti delle due generazioni che più hanno contribuito a rendere l’azienda quella che oggi noi tutti conosciamo: Franco, morto nel 2013 a 91 anni, e Tancredi, morto nel 1970, l’uomo che ha dato il vero slancio all’attività e al prodotto di cui oggi possiamo godere.

Montalcino, non servirebbe dirlo, è una terra “benedetta da Dio”, come amava dire Franco Biondi Santi, e forse c’è davvero la mano dell’altissimo nella costruzione di un areale che gode di tutte le esposizioni possibili, essendo una collina coltivata a vigna su tutti i suoi versanti.
Biondi Santi si trova nell’area di sud-est, pochi metri fuori dal borgo storico, e non trae la sua fortuna solo dall’ottima esposizione solare, ma anche da alcune lungimiranti scelte che negli anni hanno portato i loro frutti: tra le tante, ricordiamo soprattutto la selezione massale delle piante e il conseguente utilizzo di un unico clone di sangiovese, il BBS11, la limitazione delle rese e, da ultimo, ma non per importanza, la scelta di produrre un vino d’élite, destinato a un target di clientela piuttosto alto.

Non si tratta solo di un aspetto economico, quanto di un volersi indirizzare a chi questi vini ha la volontà di aspettarli, interpretarli e capirli nella giusta maniera.
E chi, meglio di Nicola, poteva riuscire in questa impresa?

La degustazione

Rosso di Montalcino 2019

Protagonista di un progetto di rilancio da parte dell’azienda, il Rosso di Montalcino vuole essere l’apripista del Brunello, seppur perdendo poco terreno rispetto al fratello maggiore. Per scelta, infatti, l’azienda esce sul mercato due anni più tardi rispetto a molti altri produttori, proprio per consegnare ai consumatori un prodotto più maturo e consapevole delle sue capacità. Appagante alla vista per il suo bel rosso rubino, porta al naso profumi eleganti e moderati di viola e frutta rossa croccante, poggiati su un letto di sentori terrosi. L’impressione è di essere di fronte ad un vino che vorrebbe dare di più rispetto a quanto esprime oggi e la conferma arriva dal retronasale, con una bella sensazione di calore e una conferma, anche dopo la deglutizione, di quei sentori fruttati che accompagnavano l’olfazione.

Brunello di Montalcino 2016

Annata 5 stelle la 2016, ricca di premi per molti produttori. Tre anni in rovere di Slavonia regalano un vino che da subito sembra cupo, bisognoso di attenzione. Si ha l’impressione di dover brancolare nel buio per riuscire a vedere qualcosa, ma alla fine di un oscuro tunnel si scorge sempre la luce. Il naso conferma la finezza e l’eleganza intravisti nel Rosso, ma in questo caso si ha un impatto palatale estremamente piacevole, quasi da vino che non ha visto legno, con un alcol perfettamente integrato e un tannino potente, ma piacevole.

Brunello di Montalcino 2011

Alla vista il colore è un bel granato luminoso, segno di un’evoluzione che si manifesta poi al naso con meravigliosi sentori di frutta lavorata, per così dire “cucinata”, insieme ad incenso, cioccolato, mandorla, chiodo di garofano, sottobosco, fiori secchi… inevitabile finire nell’ampio. L’ingresso in bocca è fatto di arancia sanguinella e note balsamiche, che accompagnano verso un altro grande protagonista di questo calice, ovvero il tannino, dolce e vellutato. L’alcol è così ben integrato che sembra fare quasi da supporto a tutte le altre componenti, senza mai farne cadere nessuna. Oggettivamente, un vino di qualità superiore.

Brunello di Montalcino 2009

Se alla vista non è dissimile dalla 2011, al naso ci si trova di fronte ad un’ulteriore evoluzione. Il primo impatto è di polvere, quasi da pietra focaia e truciolo di legno, ma basta agitare leggermente il calice per scoprire netti sentori di frutta a polpa scura e tabacco che insieme ad un ricordo di spezie orientali sposta in gran parte le percezioni sul mondo dei terziari. Eppure in bocca regala l’energia di un giovanotto, con il ritorno della parte fruttata e una grande freschezza che porterebbe a pensare ad un vino ancora migliore fra qualche anno.

Brunello di Montalcino Riserva 2015

Un’altra annata a cinque stelle e un altro vino entusiasmante, persino difficile da commentare. Di fronte a una tale quantità di materia e ad una tale struttura, si rischia quasi di pensare che il vino voglia uscire dal calice, che il bevante non sia sufficiente per contenerlo. Un vino che sgomita, che vorrebbe tutto e subito, perché di talento ne ha da vendere, ma anche chi ha talento deve avere pazienza per ottenere grandi risultati.
Alla vista si torna al colore scuro e impenetrabile che caratterizzava il Brunello 2016, ma con un naso che quasi non trova tratti in comune con i calici precedenti: ci si sposta infatti su sensazioni ematiche, carnose, che pian piano lasciano spazio alle erbe aromatiche, all’amarena, a qualche sbuffo persino di canfora. Difficile da capire soprattutto in bocca, il tempo porterà certamente quella parte di morbidezza che oggi ancora non si manifesta, ma dà la sensazione di essere quasi piccante, tagliente, con un tannino graffiante e un alcol che si fa giustamente sentire nel sorso. Sembra scontato dirlo, ma va aspettato.

Come si può tirare le somme di una degustazione di questo livello? Forse concordando tutti sul fatto che nessuno di questi vini andrebbe confrontato con altri, dando ai vini di Biondi Santi l’opportunità di sorprenderci per quello che sono e non per come vorremmo che fossero.