Bodegas Toro Albalá, le incredibili sfumature del giallo
In Andalusia non c’è solo lo Sherry! Grazie al carismatico Don Antonio Sorgato scopriamo, assaggiamo e ci lasciamo sbalordire dalla ricchezza e dalla varietà di Montilla-Moriles, un territorio tutto da scoprire.
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«Esta non è una serata sullo Sherry, stasera si parla di Montilla Moriles!» esordisce proprio con queste parole Don Antonio Sorgato, storico direttore commerciale della cantina Toro Albalá in un italiano che, a braccetto con lo spagnolo, ci regala quel calore e quel colore che inebriano.
Montilla Moriles
Il sipario si apre sull’Andalusia, su una distesa di ulivi che arrostiscono al sole. Qui, nella provincia di Cordoba, troviamo un territorio speciale, una cinquantina di chilometri contraddistinti da un microclima caldissimo, delimitato dai fiumi Genil a est, Guadajoz a ovest e Guadalquivir a nord, nonché dalla Sierra Subbetica a sud. La regione comprende 17 villaggi, di cui due che danno il nome alla denominazione. Le due zone di produzione di qualità superiore nella D.O. sono la Sierra de Montilla e Moriles Alto.
Al clima che contraddistingue la zona è dovuta la peculiarità dei vini che vi sono prodotti: è infatti semicontinentale con lunghe secche estati e inverni brevi. Da maggio a settembre le temperature si aggirano sui 50°C di giorno e 30-35°C di notte. La terra è arsa, l’acqua è poca, il terreno è soprattutto composto da albariza e da sabbie rosse. L’irrigazione non è autorizzata, le vigne, a 600-800 m s.l.m., sono basse e di età mai superiore agli 80 anni (la vigna di Pedro Ximenez ha infatti un ciclo produttivo che vede la qualità tra i 15 e i 50 anni). Nella zona la produzione di vino è cominciata alla fine della Seconda guerra mondiale, quando il territorio - non una zona ricca come quella di Jerez - era popolato perlopiù da contadini; dapprima le cantine furono circa 245, mentre oggi sono 39. Per molti anni le uve sono state vendute per la produzione di Jerez, ma quando la richiesta di Sherry è rientrata molte cantine hanno chiuso.
L’uva coltivata è Pedro Ximenez, un’uva a bacca bianca dalle origine ignote, leggenda vuole che un soldato l’abbia portata dalla Germania all’Andalusia; la gente non sapeva come chiamarla e le ha dato il nome del soldato, Peter Siemens, alla spagnola.
Bodegas Toro Albalá
La storia di Bodegas Toro Albalá ha inizio nel 1844, quando la famiglia fondò una piccola cantina in un vecchio mulino a vento chiamato La Noria, adagiato sulle colline del Castillo de Aguilar de la Frontera. In quegli anni, il vino veniva prodotto in modo artigianale e venduto nella taverna di famiglia. Nel 1922 José María Toro Albalá decise di compiere un passo ambizioso: acquisì e ristrutturò la vecchia centrale elettrica del paese, trasformandola nella sede della cantina. Il suo obiettivo era quello di creare un luogo ideale per la conservazione e l'affinamento dei vini, permettendo loro di evolversi nel tempo e trasformarsi in vere e proprie gemme enologiche. Oggi, quella in Aguilar de la Frontera è ancora la sede centrale, dove si conservano la solera fondativa, la sala di degustazione con una delle più grandi biblioteche specializzate nel vino, e il museo del vino e dell'archeologia. Negli anni '70, con l'avvento della nuova generazione guidata da Antonio Sánchez, la cantina ha intrapreso un percorso volto alla ricerca della propria identità e unicità, puntando molto sul sistema dei vini d’annata e aprendo un’altra cantina a Moriles. Oggi l’azienda conta cinque cantine, lavora circa 200 ettari di vigna di cui 45 di proprietà. Toro Albalà oggi è l’eccezione: in una denominazione che si sostiene grazie al turismo e alla vendita delle botti usate per affinare gli whisky, la Bodega rappresenta la qualità di questa Denominazione di Origine, ha fatto la scelta di puntare sui vini millesimati anziché sulla solera e sugli assemblaggi, che sono molto più facili da gestire; e i risultati si sentono.
Il vino andaluso
La vendemmia è manuale e avviene di primo mattino per il caldo, le uve vengono raccolte in cassette di 25 kg e portate subito portate in cantina. Dopo la pressatura automatica prende il via la fermentazione in acciaio, dopo tre-quattro giorni la fermentazione è conclusa e l’alcol naturale è al 15%.
A questo punto il Fino rimane nella vasca d'acciaio per quattro mesi di riposo, durante i quali si forma la flor, che ricopre il vino e lo protegge dall’ossigeno. Successivamente, il vino è trasferito nella Solera, in botti scolme, riempite circa per ⅚.
Il sistema Solera rappresenta una pratica antica per l'invecchiamento dei vini, le botti sono impilate a piramide: sulla base si trova la Solera, seguita dalle criaderas prima e seconda. Come detto sopra queste botti, di solito con una capacità di 500-600 litri, vengono riempite solo parzialmente per favorire lo sviluppo del flor; ogni anno, una parte del vino più maturo viene prelevata per essere imbottigliata, e il livello delle botti viene rimpinguato con vino proveniente dalle criaderas superiori. Nelle criaderas superiori viene di volta in volta messo il vino più giovane, chiamato Sobretablas. Man mano che il vino si sposta dalle botti superiori a quelle intermedie e infine alla Solera, si mescolano vini di diverse età. Questo metodo garantisce un prodotto finale con caratteristiche uniformi e stabili nel tempo, indipendentemente dalle variazioni annuali delle uve.
La degustazione
DOP Montilla-Moriles, Miut El Jabonero 2021
Il primo vino che assaggiamo è un vino secco, non fortificato, a base PX, fermentazione per l’85% in botti da 500 l e per il 15% in anfora. Riposa in barrique per 10 mesi. L’annata 2021 è stata molto calda raggiungendo picchi di 62°C.
Si presenta di un bellissimo giallo pieno e luminoso con sfumature dorate. Il naso gioca con l’ossidazione, il territorio e l’uva stessa del resto sanno regalare grandi emozioni con il sapiente uso dell’ossigeno. Note di mandorla, oliva nera, una profondità inattesa per un vino che, secondo don Diego, è un’entrée. La bocca è salata, saporita, lascia un intrigante sapore di oliva. Un vino dalla grande intensità gusto-olfattiva.
DOP Montilla-Moriles, Poley Fino del Lagar Rama Solera 10
Questo Fino non è fortificato, ha vol. 15%, e ha subìto l'invecchiamento massimo consentito dal disciplinare per tipologia, realizzato con la flor e metodo Solera.
Oro etrusco, invitante e generoso nei profumi: una mandorla che richiama quasi a un liquore alla mandorla, una mela molto matura, note evolute di fienagione e bastoncino di liquirizia, cenni di iodio. Al palato è secco, salato, asciutto, con una tattilità quasi oleosa e un’alcolicità solida e ben percepibile. Lungo.
In una seconda olfazione, il vino ci stupisce per le note citrine che sprigiona, scorza di limone e cedro che stanno essiccando.
DOP Montilla-Moriles, Poley Fino Pasado Rama Solera 15
È un Fino che è “passato”, con quindici anni di invecchiamento sulle spalle, negli ultimi anni la flor ha cominciato a indebolirsi consentendo una leggera ossigenazione.
Color oro pieno, splendidi riflessi impreziosiscono l’assaggio. Al naso ha esordio terziario, ricordi di tartufo nero, liquore alle erbe, mandorla amara e nocciole tostate. La bocca è asciutta e decisamente interessante, quasi piccante per la sua saporosità, non avara di freschezza; è un gusto che comunica sole e che chiama prosciutto iberico o Comte.
A fine serata rimettiamo il naso nel calice e di colpo siamo in una distesa d’erba, nel mezzo della fienagione.
DOP Montilla-Moriles, Poley Amontillado en Rama Solera 35
Don Antonio ce lo presenta così: «è quello che noi chiamiamo sherry». 35 anni d’invecchiamento con metodo solera, i primi dieci anni con l’aiuto della flor, i successivi venti con l’aiuto del tempo e di un’ossigenazione che ha mano a mano donato colore pieno e lasciato evaporare l’acqua con un successivo aumento del titolo alcolometrico. Il vino non è fortificato ma ha vol. 21%. Robert Parker lo ha premiato con 92 punti.
Nel calice risplende un’ambra lucente e preziosa. Infiliamo il naso nel calice e già dall’incipit il vino ci porta via, ci accompagna nel sud, sotto il sole, in un negozio di frutta secca, a prendere dai sacchi pugni di mandorle e nocciole appena sgusciate, da lontano giungono echi di tabacco, un refolo estivo porta profumi di legni secchi e note empireumatiche. Il gusto non delude, notiamo una grande potenza, una salinità sferzante, una lunghezza incisiva con aromi di oliva e cappero.
DOP Montilla-Moriles, Poley Palo Cortado Rama Solera 25
Volendo semplificare per amore di chiarezza: il Palo Cortado è un Ammontillado fortificato. La sua produzione in una fase iniziale avviene con l’ausilio della flor, capita che dopo due o tre anni d’invecchiamento la flor muoia. Quando è così la botte dovrebbe essere tolta dalla criadera e sostituita con un’altra; per praticità, a seconda di dove è posta, la si colma, si fortifica il vino che contiene e la si segna con un simbolo specifico. Il Palo cortado è quindi un vino che nasce con la flor, subisce un’ossigenazione e poi una fortificazione.
Di colore intenso, ambrato. Il profilo olfattivo rimanda a fiori e frutta secchi e a sentori terziari; si apre con nocciola e mandorla tostate, tabacco biondo, fieno, fiori ed erbe essiccati. La bocca è contraddistinta da una grande piacevolezza, è appagante, salata, alcolica, equilibrata. È un vino molto inglese, dalla beva sfiziosa.
DOP Montilla-Moriles, Poley Oloroso Rama Solera 15
Un Pedro Ximenez prodotto senza flor, fortificato, invecchiato in botti lasciate all’esterno, vittime del tempo. L'invecchiamento minimo dell’Oloroso è 5 anni, per l’azienda è un prodotto entry level. Un sipario color mogano, bordato d’oro antico. Il naso è avvolgente, presenta profumi di rovere stagionato, caramello, fumo, vaniglia e noci caramellate, cenni di lucido per mobili, uvetta e leggeri accenni di datteri. Al palato è secco ma con una sua rotondità, meno elegante dei vini precedenti, meno complesso e intrigante nel gusto, forse l'alcol non è del tutto integrato.
DOP Montilla-Moriles, Poley Cream Solera 10
Questo Poley Cream apre la degustazione ai vini dolci, è un vino particolare, che nasce a tavolino, un blend ricercato tra diversi vini, per regalare quella cremosità che promette nel nome. Vi troviamo all’interno una parte di Oloroso 15 anni, una parte di Fino 5 anni e una parte di Don PX. Questo blend è stato poi invecchiato 10 anni con metodo ossidativo.
Ha il colore del mogano, fitto e lucente. Il ventaglio odoroso è a dir poco opulento e ci sorprende per le innumerevoli sfaccettature che a ogni olfazione regala. Tabacco tostato, granella di nocciole, arancia candita, il salato dell’oliva, una pungenza che incuriosisce. Il palato è fantastico, fresco, salato, leggermente alcolico, dolce, lunghissimo. Regala setali di tostatura e invita al riassaggio.
Don PX Conseha 2021
Tutti Don PX vedono l’impiego di uve Pedro Ximenez vendemmiate ad agosto, che hanno subito un appassimento di dieci giorni perdendo l’80% del volume e che hanno poi subito una pressatura forte. Un mosto dolce che è stato lasciato riposare in serbatoi di acciaio per oltre un anno e che poi è stato fortificato.
Un mogano dai riflessi biondi e dalla stupenda trasparenza, profilo olfattivo tutto giocato sulla dolcezza, note di miele, fichi appassiti, datteri, un aroma che richiama il vino cotto. Al gusto è più intrigante che al naso, oltre alla ricercata dolcezza sentiamo una piccantezza da sale che anima il sorso, è uno scorrere denso, pieno, lungo. Ha un finale vegetale.
Don PX 2003
Una gran Riserva Selezione, invecchiato in botti di Amontillado e di Palo Cortado per vent’anni con metodo ossidativo.
Un denso mogano che emana una moltitudine di profumi, cioccolato bianco, liquirizia salata, confettura di more, fichi secchi e frutta tropicale essiccata, prugna sciroppata, cenni balsamici e resinosi, note di tabacco biondo, una venatura salmastra. Bocca di un equilibrio incredibile, la dolcezza è mitigata da un’ottima freschezza e bilanciata dalla sapidità. Retrogusto di notevole lunghezza al sapore di fico.
Don PX Selección 1968
Imbottigliato nel settembre 2015 dopo 47 anni d’invecchiamento in botte. Proveniente da un vigneto pre-fillosserico piantato in Castillo di Aguilar dal bisnonno di Antonio Sanchez.
D’aspetto solenne, vivido, color mogano intenso. Ouverture tostata per un naso che non delude. Un susseguirsi di caffè, caramello, leggera sfumatura goudron, cenni di eucalipto, ricordi di mela al forno, di prugna e frutta essiccata. Palato dolce ma di ottimo equilibrio, riempie di gusto, è venato da un’acidità che, unita alla sapidità e intrecciata alla dolcezza, appaga senza riserve. Lungo, potente, oleoso, pieno.
Rassaggiamo i vini per non perdere nemmeno una sfumatura. La serata è stata un vero e proprio viaggio sensoriale alla scoperta dei tesori dell'Andalusia e delle potenzialità di un vitigno pazzesco. Gracias mil, AIS Monza e Brianza i Don Antonio Sorgato!