Bolgheri, la terra dove il vino guarda al futuro senza dimenticare le sue radici
Racconti dalle delegazioni
17 aprile 2025

A Varese torna il sommelier Federico Bovarini per raccontarci una delle zone più affascinanti d'Italia. Tra tradizioni e nuove visionarie prospettive di futuro.
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A Bolgheri il tempo sembra muoversi su due binari paralleli: da un lato la storia millenaria di una terra da sempre vocata all’agricoltura e alla viticoltura, dall’altro lo slancio visionario di chi, oggi, immagina il vino di domani.
A guidare questo appassionate viaggio è stato Federico Bovarini, miglior sommelier di Lombardia nel 2023 e oggi hospitality manager di Cà del Bosco in Franciacorta. Quello intrapreso all’UNAHOTELS di Varese è stato un percorso alla scoperta di un luogo capace di regalare emozioni nel bicchiere.
In questo angolo di Toscana incastonato tra il mare e i boschi della costa livornese, dove il respiro della natura è ancora autentico, il vino è infatti diventato molto più di una tradizione. È identità, innovazione e visione.
Dalle radici etrusche ai riflettori internazionali
Le origini agricole del territorio risalgono all’epoca etrusca, rafforzate dalla civiltà romana e mantenute vive nel corso dei secoli, fino alla dominazione longobarda. Qui venivano coltivati pomodori, patate, grano. È sempre stato «un polmone verde per l’Italia centrale» spiega Bovarini.
Ma è solo nel 1600 che il vino inizia a occupare un posto di rilievo. «È grazie alla famiglia della Gherardesca e in particolare di Guidalberto - spiega il relatore- che si iniziò a intuire le potenzialità vitivinicole di Bolgheri».
Sarà però il Novecento a portare una svolta, quando Mario Incisa della Rocchetta si trasferisce qui dopo aver sposato Clarice della Gherardesca e trova un suolo simile a quello delle graves di Bordeaux. Inizia quindi a sperimentare, concludendo che il Cabernet, così lontano dalla tradizione toscana e piemontese, ha in realtà proprio il bouquet aromatico che stava cercando.
«Questo sarà il primissimo passo verso un vino destinato a rivoluzionare la storia dell’enologia italiana- commenta Bovarini- infatti Piero Antinori, cugino di Mario Incisa della Rocchetta, decise di incoraggiare tale progetto, grazie alla consulenza dell’enologo di casa Antinori: Giacomo Tachis».
Così, grazie al suo fondamentale aiuto, nel 1972 uscì la prima bottiglia di Sassicaia sul mercato (annata 1968). Questo vino diventa quindi sinonimo di eccellenza. «In circa sei anni- spiega il relatore- vince come miglior taglio bordolese a livello mondiale. Il Tenuta San Guido Sassicaia 1985 si guadagna i 100 punti Parker e pone così Bolgheri sulla mappa mondiale del vino».
Dalla visione di pochi all’anima di molti
Quel sogno iniziale si allarga a nuovi investitori, provenienti da tutta Italia, che acquistano ettari. La denominazione Bolgheri nasce prima per bianchi e per i rosati, ma è nel 1994 che si compie la svolta: il disciplinare viene rivisto e nasce ufficialmente il Bolgheri Rosso e – fatto quasi unico – viene riconosciuta una DOC a parte per il Sassicaia.
In poco più di dieci anni, Bolgheri passa da 190 a 1.370 ettari vitati, da 7 a 74 produttori. Una crescita esponenziale, in un territorio di appena 13 chilometri da nord a sud e 7 da est a ovest, dove coesistono ben 27 tipologie di suolo, in parte marini, in parte alluvionali, prevalentemente sabbiosi e argillosi. Una ricchezza geologica capace di tradursi in complessità e sfumature nei vini, che qui esprimono una sapidità più misurata rispetto ad altre zone della Toscana, come San Gimignano.
Oggi e domani: il futuro del vino è già iniziato
A Bolgheri le aziende storiche, custodi dell’identità originaria del territorio, convivono quindi con le nuove realtà, portatrici di un’energia moderna e uno sguardo proiettato verso il futuro.
«Sono sempre di più i produttori che infatti stanno cercando una nuova autenticità: vini meno opulenti, meno strutturati, ma verticali ed eleganti, capaci di riflettere fedelmente il terroir e il clima mediterraneo- spiega il relatore- Un ritorno all’origine quindi, con l’idea di ispirarsi a chi ha creato quella zona, ma con la consapevolezza e la tecnica del presente».
Accanto ai nomi storici come Sassicaia, emergono anche nuove interpretazioni, firmate da aziende come Gaja o Allegrini, che hanno portato a Bolgheri la loro esperienza da altri territori. Due visioni che si incrociano e si arricchiscono: chi arriva da fuori, portando innovazione, e chi resta fedele a un’eredità gloriosa, ma senza paura di evolversi.
Bolgheri è oggi una fucina di idee, un laboratorio a cielo aperto dove il vino continua a trasformarsi senza perdere la propria anima. È un territorio che sa sfidare il tempo, guardando avanti con umiltà e intelligenza. E se è vero che il futuro del vino si costruisce con radici ben salde, allora Bolgheri ne ha già tutte le carte in regola.
Vini in degustazione (alla cieca)
Bolgheri DOC rosso "Antillo" 2023 - Guado al Melo
All’esame visivo ha un colore rosso carminio, tendente al granato. È ancora leggermente trasparente nel bicchiere. Al naso è intenso, d’impatto, «questo è un vino che ti vuole coinvolgere, ti vuole colpire» commenta Bovarini. Si percepisce la frutta fresca croccante, ma anche la parte erbacea. C’è poi una sensazione di cera, acetone, lacca. La parte di speziatura pizzica, è pepe, non si percepiscono note dolci. C’è inoltre una parte balsamica importante.
«Al naso questo vino è un giovane rampante, ha molte cose da dire e le dice tutte insieme», commenta il degustatore. In bocca conferma poi l’esame olfattivo. La tannicità è presente, «è un gioco continuo tra tannino e acidità», spiega. C’è astringenza, ma anche una grade acidità. La parte di morbidezza si percepisce all’ingresso, c’è calore, è di struttura. È un vino d’impatto, persistente, che ha il piacere di farsi ascoltare dopo la deglutizione.
Bolgheri DOC rosso "Clarice" 2022 - Dario di Vaira
«Questo vino ha una massa colorante più decisa rispetto al precedente- spiega Bovarini- è color carminio». All’esame olfattivo la frutta è scura, si percepisce la mora. La speziatura è dolce, si sentono la vaniglia e la cannella. La parte vegetale c’è. Ci sono poi note di mentuccia, che danno una sensazione balsamica più morbida. Anche la liquirizia e la sfumatura del cacao sono presenti.
In bocca si percepiscono gli agrumi, l’arancia, il chinotto. Ma anche l’affumicatura del tè nero. Le note tostate sono delicate, l’invecchiamento si sente. Il vino ha morbidezza e arriva poi in un secondo momento l’acidità, che non è troppo spiccata. Ha anche una buona tannicità.
Toscana rosso IGT "Indaco" 2019 - Settecieli
«È consistente nel bicchiere, molto più colorato, impenetrabile e dal naso decisamente intrigante- così esordisce Bovarini degustando questo vino- più lo vado a stressare e più mi racconta». Al naso si sente l’affumicatura, ma anche la liquirizia e l’amarena sotto spirito. Si percepisce anche una punta d’origano e di pasta d’oliva.
In bocca è pulito, è sapido, ha un tannino che asciuga bene l’acidità, in bocca ha una buona morbidezza. «La parte alcolica è meravigliosa- spiega e continua- ha tutto e ogni cosa è posizionata al posto giusto». Ha inoltre un grande equilibrio. «In bocca rimane la nota affumicata e se ne percepisce tutte al sua verticalità».
Bolgheri Sassicaia DOC "Sassicaia" 2020 - Tenuta San Guido
All’esame visivo ha un bel color carminio. Al naso è un vino elegante. Si percepiscono frutti di bosco freschi, appena colti, ha una parte fruttata importante, che vira anche sull’arancia rossa. Anche la mentuccia è nitida, sebbene non sia predominante. «La speziatura gioca tra la parte balsamica e un pepe sottile- spiega Bovarini e continua- c’è quasi una punta di resina, una sfumatura di smalto. E in bocca poi ha una coerenza con il naso straordinaria».
Questo vino ha una freschezza lineare, sottile, la salivazione è dritta, non riempie la bocca, il tannino si percepisce sulla lingua. «È tutto lì, incanalato, sottile, come se fosse un binario- commenta Federico- ha una grande eleganza. Sul finale torna la sensazione fruttata. L’alcol è dosato al millimetro, ha grande equilibrio. È un vino decisamente lungo».
Bolgheri Superiore DOC "Piastraia" 2013 - Michele Satta
All’esame visivo è un rosso con una punta color granato e ha una bellissima consistenza. Al naso si percepisce frutta più matura, il dattero, la parte del miele. «C’è proprio il sentore di pineta, di pino marittimo, di resina- esordisce Bovarini- Ti sembra di essere lì». Così si sentono al naso note di sottobosco, fungo, «ora siamo finiti sotto gli aghi del pino marittimo- sorride il degustatore- in questo vino il naso continua ad aprirsi, a raccontarsi. Gioca sulla finezza e sull’eleganza».
In bocca è «una spremuta di resina balsamica», ha un tannino importante e un’acidità elevata con finale di arancia sanguinella, è un vino succoso che invoglia la beva. Ha un ingresso morbido, il tannino cerca di asciugare tutto, è persistente. «È una scossa tra acidità e tannino con una persistenza molto riflessiva» conclude Bovarini.
Bolgheri Superiore DOC "Sondraia" 2020 - Poggio al Tesoro
All’esame visivo è di un bel rosso rubino intenso e ha una massa colorante importante e una buona consistenza. Al naso si percepiscono fiori, violetta, sensazione di mora succosa e sciroppo di sambuco. Ha inoltre una spezzatura dolce che gioca sul cioccolato, c’è una parte vanigliata importante. In bocca si sente l’aroma dell’espresso. Si tratta di un vino vellutato. «All’assaggio arriva un’acidità che ci prova e ci riesce a riequilibrare la favolosa morbidezza», spiega Bovarini. Ha una grande struttura, il tannino è legato al legno, non all’uva. Ha una persistenza molto importante. «Oltre ad essere lungo, è tanto, occupa volume- e conclude- È decisamente un vino gastronomico».