Bordeaux e i suoi vini: a dieci anni dalla vendemmia

L’universo bordolese è complesso, sfaccettato, di non facile approccio, specie se non si è in condizioni di attenderlo. Sono diversi i fattori che concorrono a creare i vini che hanno reso celebre e ambìto, in tutto il mondo, questo fazzoletto di terra a sud-ovest della Francia. Noi abbiamo provato a fissare un paio di queste variabili, forse quelle più determinanti, e ci siamo approcciati a Bordeaux attraverso sei grandi espressioni del territorio.

Giuseppe Vallone

Il concetto di terroir trova, nella realtà bordolese, un caso di scuola: ancor più che altrove, infatti, la regione che si stende lungo e attorno i fiumi Garonne e Dordogne, fino all’estuario che si getta nell’Atlantico, è un coacervo di fattori strettamente intersecati tra loro. Suoli diversi, microclimi differenti, financo l’utilizzo di quattro diversi vitigni – merlot, cabernet sauvignon, cabernet franc e petit verdot, il cosiddetto “taglio bordolese” – creano una mole impressionante di variabili, spesso difficilmente interpretabile per chi vi si approccia per la prima volta. I vini di Bordeaux, si è portati a semplificare, o si amano o si odiano, ma la diffidenza è spesso frutto della insufficiente comprensione di vini che racchiudono in loro, ripetiamo, ancor più che altrove, una vera e propria fotografia di un certo luogo in un dato momento temporale.

Luisito Perazzo è fuor di dubbio un grande conoscitore dei vini di Bordeaux. Nessuno meglio di lui, dunque, poteva accompagnarci lungo un percorso pensato e voluto proprio per aiutare l’astante a immergersi, comprendere e imparare come – e soprattutto perché – apprezzare questi vini. 

Per farlo, dopo una prima serata dedicata alla regione tout court e a diverse espressioni rappresentative di essa, Luisito ha voluto fare un passo in più: se i vini di Bordeaux soggiacciono a così tanti fattori, proviamo a fissarne almeno due, probabilmente i più importanti nel determinare qualità ed espressività del vino. In primis, l’annata: di anno in anno la qualità delle uve, e dunque dei vini che se ne producono, può mutare profondamente, e quindi è interessante valutare dei prodotti che siano tutti espressione di una medesima stagione. In secondo luogo, quello che potremmo definire, con le parole del valtellinese Arturo Pelizzatti Perego, «il giusto tempo di attesa»: per poter esprimere al meglio il loro potenziale, i vini di Bordeaux - e in special modo le loro vette qualitative -, necessitano di evolvere, di distendersi e allargarsi, di aprirsi e definirsi. Diventa pertanto imprescindibile, per chi voglia avvicinarsene con cognizione di causa, rivolgere l’attenzione verso annate, per quanto possibile, risalenti nel tempo. Dieci anni possono essere un giusto riferimento temporale per degustare vini che iniziano ad affacciarsi all’età adulta.
Il relatore

Annata 2009, dunque. Si è aperta con una primavera piovosa e fresca poi, «come per incanto», racconta Luisito, «ha avuto un mese di giugno perfetto, con un rialzo termico che ha favorito la distensione cellulare degli acini». L’estate fu buona, come spesso accade nel bordolese, e la sostanziale assenza di piogge rilevanti fu decisiva nel consentire la maturazione omogenea dell’uva e un’ottima concentrazione polifenolica. Un’annata che, in definitiva, Luisito ha definito calda e asciutta. Questi fattori, complice anche la vendemmia scalare adottata dai grandi Château al fine di raccogliere l’uva al giusto grado di maturazione, per la cuvée a cui era destinata, ha portato a vini armoniosi ed eleganti.

Determinato il fattore “annata” e fissato in dieci anni il tempo d’attesa per favorire l’evoluzione dei vini, possiamo ora apprezzare le sfumature che a ogni vino portano in dote le diverse zone da cui provengono le uve e le differenti – alcune volte minute, in altri casi rilevanti – percentuali d’utilizzo delle stesse.

Château Brane-Cantenac 2009
Second Cru Classé en 1855 – AOC Margaux
53% cabernet sauvignon, 40% merlot, 7% cabernet franc

L’areale è quello di Margaux e, nello specifico, le vigne sono collocate su un altopiano ghiaioso con sottosuolo calcareo. Frutto di Henri Lurton, che Luisito definisce «un maniaco di tecnica e tecnologia in vigna e in cantina», è un vino che può riassumersi nella «quintessenza dell’equilibrio». Al naso si propone deciso, complesso e definito, con profumi di frutta scura fresca, spezie nere, funghi e terra smossa, con note dolci che si fondono a suggestioni piperite. Evidente il rimando balsamico, quasi da “after eight”, il cioccolato con la menta, su un fondo erbaceo e tostato. L’assaggio rivela un’acidità spiccata e un tannino solido, e in bocca si ripresenta il frutto in chiave di arancia e melagrana. Ha un attacco gentile e timido, poi si esalta in verticalità.

Domaine de Chevalier Rouge 2009
Grand Cru Classé de Graves – AOC Pessac-Leognan
66% cabernet sauvignon, 28% merlot, 6% petit verdot

Posta a sud-ovest di Bordeaux, la zona di Pessac-Leognan ha terreni ghiaiosi e sassosi, con ottimo drenaggio, ed esprime grandi vini sia bianchi che rossi. Il Domaine, di proprietà della famiglia Bernard dal 1983, è uno dei grandi nomi della AOC e ha raggiunto l’assoluta eccellenza grazie alla profonda competenza di Olivier Bernard i cui vini, ci dice Luisito, possono sintetizzarsi in due parole «forti e fini». Di primo acchito, al naso, vien da pensare che va aspettato. Meno floreale del primo vino, si esprime su richiami di spezie dolci e tabacco; poi emergono profumi di cedro, prugna e pepe nero. Il naso è scuro come dimostrano gli accenni di carruba, terra e funghi che arrivano in seguito. In bocca è potente, di una forza coerente con l’austerità del naso, è un assaggio maturo, denso, strutturato, con le giuste proporzioni tra tannino, alcolicità, freschezza e sapidità.


I viniChâteau Léoville Barton 2009
Second Cru Classé en 1855 – AOC St. Julien
77% cabernet sauvignon, 22.5% merlot, 0.5% cabernet franc

Posta a sud di Pauillac, l’AOC St. Julien, con i suoi 900 ettari vitati, è la più piccola del bordolese. I terreni sono calcarei e profondi, con cumuli ghiaiosi che lasciano spazio alle sabbie all’interno dell’areale. Naso sfaccettato, poliedrico, di sacher torte e gelatina di mora, di viola e bastoncino di vaniglia, di chiodi di garofano e scatola di sigari, humus e cuoio. In bocca la struttura è imponente, il tannino deve ancora affinarsi del tutto e il frutto fatica ancora a sganciarsi dalle durezze. È un bimbo, questo vino, ma già ora si vede chiaramente la stoffa del cavallo di razza. 

Château Calon Ségur 2009
Troisième Cru Classé en 1855 – AOC Saint-Estéphe
90% cabernet sauvignon, 7% merlot, 3% petit verdot

Terreni molto argillosi a Saint-Estéphe, con ghiaia, sabbia e substrati calcareo-ferrosi. In termini altimetrici si tratta della denominazione a più bassa quota. Il profilo olfattivo è quantomai definito, prova ne sono i descrittori che Luisito snocciola senza soluzione di continuità: cedro, sandalo, cassis, menta, liquirizia, cioccolato, vaniglia, noce moscata, cuoio, grafite. L’assaggio è voluminoso, pieno e compatto, il tannino è energico, tanto da trattenere un’acidità capace di esprimersi su rimandi agrumati.

Château Pontet Canet 2009
Cinquième Cru Classé en 1855 – AOC Pauillac
65% cabernet sauvignon, 30% merlot, 2.5% cabernet franc, 2.5% petit verdot

Il vino di Pauillac, ci dice Luisito, «è il vino che vede l’acqua», il Bordeaux più evolutivo, nato da terreni secchi e profondi, molto ghiaiosi e ricchi di ferro. Guy Tesseron ieri, e il figlio Alfred oggi, «puntano tutto sulle vigne e sulla loro età». Gli impianti hanno di media 45 anni e sono caratterizzati dalle croupes, avvallamenti ghiaiosi tra i filari che favoriscono un drenaggio ottimale. Vino che al naso si presenta a fuoco, nitido, ben delineato: mirtillo, ciliegia, prugna, poi geranio e viola e quindi timo e alloro, pepe bianco, liquirizia e tabacco dolce. Dopo qualche momento, ecco la foglia di pomodoro, la grafite e la tintura di iodio. In bocca è saporito, ha struttura, con una componente tannica presente ma non invasiva; è armonico in tutte le sue parti. Anche questo vino è ancora un bambino, ma ancor più del St. Julien mostra un destino da vero fuoriclasse.

Château La Conseillante 2009
Pomerol Cru Classé – AOC Pomerol
80% merlot, 20% cabernet franc

La Denominazione si stende su una zona pianeggiante a nord-est di Libourne, caratterizzata da frequenti gelate. I terreni sono argillosi a nord, più sabbiosi a sud e, nel caso specifico dello Château La Conseillante, sono suddivisi in proporzione di 60/40 a vantaggio dell’argilla. Al naso, il vino è dapprima vegetale, poi fieno secco, prugna cotta, sabbia bagnata. Rimandi di pain grillé e caramello fanno da contraltare a richiami di incenso e cardamomo. L’assaggio è l’apologia dell’attesa: pieno, potente, tannico; chiede – anzi, esige – tempo per affinarsi, definirsi e svolgersi.

Un caleidoscopio: così possiamo immaginarci Bordeaux, i cui vini sono frutto di tanti colori e sfumature. Durante questa serata, Luisito Perazzo è stato dunque, per noi, lo specchio capace di ricomporre i diversi fattori e ridurli a unità, così da restituirci la bellezza a trecentosessanta gradi di vini dalla complessità unica.