Bruno Paillard: da Reims a Brescia in… Jaguar!

Parola chiave: rispetto. Dell’ambiente, del territorio, del consumatore finale. Nicola Bonera ha condotto i soci di AIS Brescia in un percorso tra storia ed etichette di quella che oggi può essere considerata una delle poche grandi Maison rimaste a conduzione famigliare: Bruno Paillard.

Giovanni Sabaini

Forse è andata davvero così, o forse è solo una bella storia, ma pare che Bruno Paillard, per poter dare il via alla sua attività, abbia venduto nel 1981 una vecchia Jaguar da collezione per circa 15.000€, e con quei soldi abbia avviato l’attività che oggi tutti conosciamo.

Da una cantina in affitto e con uve acquistate scaturiscono le prime bottiglie, che negli anni vengono sempre più apprezzate, soprattutto oltremanica. Con l’aumentare del gradimento per i suoi vini, Bruno Paillard si vede costretto a produrre di più e ad aumentare le scorte. Così, nel 1990, nasce la prima cantina fuori terra della Champagne, fatta di acciaio, vetro e legno. Poca forma, sì, ma molta, molta sostanza!

Da qui in poi la crescita del marchio è impetuosa e si può dire che uno dei punti di svolta sia stato l’acquisto nel 1994 di 3 ettari di vigna nella Côte des Blancs . Un primo passo fondamentale, in quello che è stato il percorso di evoluzione verso i 34 ettari che oggi danno vita all’intera produzione della maison.

Dall’81 a oggi, dunque, una serie di scelte azzeccate, tra cui quella di inserire la data di sboccatura sulle etichette e l’utilizzo di una vera réserve perpetuelle negli assemblaggi.

Se oggi, però, Bruno Paillard può dire, a ragion veduta, di essere uno dei più importanti e influenti produttori della Champagne, il merito è soprattutto dei suoi vini, frutto dello straordinario lavoro di una famiglia che ha creduto (e crede tutt’oggi) nella salvaguardia del territorio, tanto da arrivare a dire che “bisogna servire la Champagne, non servirsene”.

È su questa filosofia, infatti, che si fonda “Champagne 2030”, un ambizioso progetto di sostenibilità che mira a ridurre l’impatto ambientale di tutta la filiera produttiva, sostenuto dal Comité Champagne, di cui Bruno Paillard è attore protagonista.

La degustazione

Blanc des blancs grand cru S.A.

100% chardonnay, completamente proveniente dalla Cote des Blacs, sboccatura ottobre 2021. Con la scelta di un tiraggio a 4,5 bar rispetto ai  consueti 6, l’impressione è subito quella di essere di fronte ad un vino di grande tipicità. Al naso è inconfondibilmente champagne, nettissimo sentore di gesso, con note verdi di sedano e finocchietto. L’ingresso in bocca dà l’illusione di un vino tagliente, ma non troppo muscoloso. Poi si aggrappa al palato con la forza di uno stuntman holliwoodiano, che non sarà il protagonista del film, ma senza di lui il film non si fa.

Première Cuvée S.A.

33% chardonnay, 45% pinot noir, 22% pinot meunier, assemblaggio di 30 crus. Al naso esce subito una nota dolce/alcolica, qualcosa che ricorda un pasticcino al liquore. Non c’è la coperta di minerale gessoso che caratterizzava il blanc des blancs, motivo per cui è più semplice godere anche delle note fruttate apportate dal 67% di vitigni a bacca nera. L'ingresso in bocca è elegante, ma austero. Di classe sì, ma timido, e tradisce una certa giovinezza nel sentore di lievito ancora facilmente percepibile. Presumibilmente al top fra un paio d’anni.

Dosage Zéro D:Z

Non è dato a sapere quale sia la ricetta esatta nell’assemblaggio, possiamo solo sapere che c’è una leggera prevalenza del pinot meunier. La sboccatura ad aprile 2020 è un dato confortante, che potrebbe far pensare ad un vino potenzialmente più pronto. Grande impatto al naso, con note nette di zabaione e pasticceria, ma la vera identità del D:Z si rivela in bocca, sia dal punto di vista saporifero che tattile. Al sorso si percepisce subito, infatti, la morbidezza di un meunier probabilmente passato in legno, insieme ad una nota calda egregiamente integrata con la spezia dolce ed un frutto di infinita piacevolezza.

Rosé Brut Premièr Cuvée

Prevalenza pinot noir con una percentuale di chardonnay. Tra tutti i vini della serata, certamente il più giocoso, nell’accezione positiva del termine. Giocoso perché fa pensare di poter essere abbinato ad un un lungo elenco di preparazioni, grazie alla sua bella spalla acida, una leggera dolcezza data dal frutto rosso (lampone, ribes) e persino una leggera astringenza tannica. Ottimo il fine bocca, lungo, lungo, lungo…

Millésimé 2012 Assemblage Energie

40% chardonnay 60% pinot noir. Appena versato il naso è sorprendentemente riservato, rispetto alle aspettative su quella che dovrebbe essere una grande annata, ma le note di vegetale e affumicato sono affascinanti. La sua vera complessità si rivela in bocca, con un mix di aromi di erbe officinali, frutta tropicale, pasticceria dolce. Dalla bocca non se ne va, se non con un bicchiere d’acqua!

N.P.U. Nec Plus Ultra 1999

50% chardonnay, 50% pinot noir. Vinificazione interamente in legno, 12 anni sui lieviti, sboccatura 2012. Prodotto solo nelle migliori annate, il Nec Plus Ultra è un vino che non ha certo bisogno di nascondersi. Al naso la frutta gialla matura si mescola con nettissimi sentori terziari di tabacco e caffè che si integrano perfettamente con qualche nota ossidativa nel contesto molto piacevole. In bocca è esplosivo, non ci si aspetta certo che l’acidità sia ancora così presente da un 1999, eppure c’è e non è sola, perché il sorso è straordinariamente succoso e sapido, con un godurioso finale amarognolo.

Caro Bruno, quanta lungimiranza nella decisione di vendere quella Jaguar…